Rifugiati sgomberati, cosa è successo, cosa sta succedendo
Autore : Redazione
Dopo lo sgombero violento del palazzo in cui vivevano decine di rifugiati a via Curtatone, proponiamo un diario degli avvenimenti. La questione riguarda 700 eritrei, rifugiati tutelati dalla UNHCR, agenzia dell’Onu per la tutela dei migranti che sfuggono da guerre e persecuzioni. I piu fragili, circa 100, hanno accettato ospitalità presso sedi comunali di emergenza.
In questa pagina pubblicheremo un diario con gli aggiornamenti della situazione.
Vai alla pagina Immigrazione- normative (rifugiati, migranti, transitanti)
(in ordine cronologico rovesciato, con le date più recenti all’inizio)
(Diario del 4 settembre)
Dal sito di Roma Capitale. Si dà notizia che la Sala Operativa Sociale avrebbe preso in carico 29 persone dopo la rimozione del presidio a Piazza Madonna di Loreto effettuato dalla Questura.
http://www.comune.roma.it/pcr/it/newsview.page?contentId=NEW1698833
https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/09/04/piazza-indipendenza-presidio-eritrei
(Diario 2 settembre)
Dal sito di Roma Capitale e del Ministero dell’Interno – Comunicato stampa congiunto
Si è tenuto al Viminale un incontro tra il Ministro dell’Interno, Marco Minniti, e la sindaca Virginia Raggi.
Nel corso della riunione, svoltasi in un clima pienamente costruttivo, si è convenuto sull’importanza di una collaborazione interistituzionale, come quella già in corso con la Regione, per affrontare il tema dell’emergenza abitativa, delle politiche migratorie e dell’accoglienza, stabilendo delle priorità nel rispetto dei principi di legalità e di umanità.
Il ministro Minniti ha illustrato le linee guida in via di definizione da parte del Ministero, fondate su due pilastri, uno nazionale e uno territoriale a partire dalle Città Metropolitane per affrontare il problema degli sgomberi e il tema delle fragilità sociali.
Link: http://www.comune.roma.it/pcr/it/newsview.page?contentId=NEW1694932
(Diario 1 settembre )
Sul sito istituzionale del Comune si dà notizia dell’incontro della sindaca Raggi e dell’assessora Laura Baldassarre con Stéphane Jaquemet, Delegato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per il Sud Europa.(dal sito comunale )Nel corso del colloquio è stato fatto il punto sulle iniziative già intraprese da Roma Capitale per migliorare il sistema di accoglienza dei migranti e, in particolare, dei richiedenti asilo e rifugiati in un percorso di legalità e di ascolto.Il nuovo incontro con il delegato, che fa seguito a quello avvenuto lo scorso gennaio, rientra nell’ambito del continuo confronto e dialogo tra Roma Capitale e l’UNHCR sui temi dell’accoglienza e dell’inclusione di immigrati, rifugiati e richiedenti asilo in ambito cittadino.E’ stato ricordato e sottolineato l’impegno dell’Amministrazione capitolina nell’ambito della sua adesione al sistema SPRAR, oltre alle azioni per qualificare i servizi a sostegno dei migranti ed il Protocollo di Intesa già siglato con la Prefettura per sostenere attività di volontariato per i richiedenti asilo.E’ già in corso una mappatura delle competenze dei richiedenti asilo presenti in tutti i centri SPRAR con l’attivazione di singole sperimentazioni: tra queste la cura del verde. L’obiettivo è dare ai migranti una possibilità concreta di contribuire alle necessità della comunità ospitante in un percorso di legalità.
(Diario 31 agosto)
Appare finalmente in home page del Comune un’informazione approfondita sugli sviluppi della situazione dopo lo sgombero di Via Curtatone (in calce). Su Internazionale la scrittrice Igiaba Scego pubblica l’articolo Storie di sgomberi e colonialismo in piazza Indipendenza a Roma “…Lo sgombero sarebbe stato grave anche se si fosse trattato di romeni, nigeriani, maliani, bengalesi. Ma il fatto che si trattasse di Eritrei lo ha reso più grave ai miei occhi” (> leggi l’articolo) Sul sito di Business Insider Italia, la versione Italiana del sito Americano di riferimento per le news di tecnologia, finanza, mercati, business e management, appare un articolo che svela molti inquietanti intrecci tra alcuni soggetti pubblici e privati cpinvolti in operazioni immobiliari nella capitale, tra cui quella dell’edificio di Via Curatone (> leggi l’articolo Le speculazioni immobiliari di Idea-Fimit dietro allo sgombero e alle violenze di piazza Indipendenza di Andrea Sparaciari)
(dal sito del Comune) (http://www.comune.roma.it/pcr/it/newsview.page?contentId=NEW1691972) Emergenza abitativa, con fondi regionali priorità a famiglie in graduatoria e assistenza alle fragilità
Nell’ottica di individuare soluzioni condivise al problema dell’emergenza abitativa nella città di Roma, il Campidoglio ha avviato un percorso comune con la Regione Lazio per giungere, il prima possibile, alla stipula della convenzione per l’attuazione della delibera regionale 303/2017. Come ribadito nell’ambito del vertice alla Prefettura di Roma, saranno rivisti i criteri di utilizzazione dei 40 milioni di euro messi a disposizione dalla Regione, di cui 10 milioni destinati alla riqualificazione del complesso dell’Ipab San Michele. Tali fondi, coerentemente con la strategia di contrasto al disagio abitativo messa a punto da Roma Capitale, dovranno prioritariamente essere destinati ai soggetti in graduatoria per l’assegnazione di un alloggio popolare e ai nuclei familiari in condizioni di fragilità sociale.
È quanto rende noto il Campidoglio a margine dell’incontro del 30 agosto, presieduto dal Prefetto di Roma, con i vertici delle Istituzioni locali volto a verificare le misure attuabili per far fronte all’emergenza abitativa presente nella Capitale e dopo lo sgombero di via Curtatone.
Alla riunione, oltre alla Sindaca di Roma Capitale, hanno partecipato il Segretario Generale della Regione Lazio, l’Assessore regionale alle infrastrutture, politiche abitative, enti locali; l’Assessore comunale al patrimonio e alle politiche abitative e l’Assessore comunale alla Persona, alla Scuola e alla Comunità Solidale.
Il Comune di Roma Capitale e la Regione hanno espresso la massima disponibilità a riprendere da subito un percorso comune volto a mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione, al fine di dare risposte efficaci, nel solco della legalità, alla grave situazione esistente.
Nel corso della riunione è stata ricevuta una delegazione del Movimento per il diritto all’abitare, accompagnata da due rappresentanti degli ex occupanti dello stabile di via Curtatone.
L’Amministrazione comunale, dopo aver illustrato le misure già adottate per valorizzare ed implementare – in un percorso di medio termine – gli strumenti da attivare, ha ribadito la propria disponibilità a farsi carico, nell’immediatezza, di tutte quelle persone che versano in situazioni di maggiore difficoltà (mamme con bambini, donne in gravidanza, anziani e disabili) mediante le misure assistenziali già esistenti, più volte offerte e più volte rifiutate.
A tal fine, è stato rivolto un invito affinché venga favorito l’inserimento delle “fragilità” nei percorsi assistenziali, proprio da parte dei rappresentanti del Movimento per il diritto all’abitare.
La delegazione, al termine dell’incontro, si è riservata di verificare la volontà delle famiglie, ribadendo la propria contrarietà alle posizioni espresse dai rappresentanti istituzionali presenti al Tavolo. (fine comunicato)
Un altra disamina della problematica è inserita anche nella pagina della comunicazione istituzionale “La Sindaca informa“, in una edizione curiosamente datata 26 agosto [anche se almeno fino al 28 non cabbiamo visto il testo in calce]
dal sito del Comune di Roma La Sindaca informa 26 (?) agosto
In Italia l’accoglienza è ormai una vera e propria emergenza ma, piuttosto che affrontare la questione, stiamo assistendo a un vergognoso scaricabarile. C’è chi si indigna ma poi volta la faccia dall’altra parte. C’è ipocrisia.
Mi riferisco allo sgombero di via Curtatone a Roma. Un edificio occupato abusivamente e sottratto ad un gruppo di imprenditori. Mi riferisco a centinaia di uomini, donne e bambini finiti in strada senza un tetto. Questa è la conseguenza di anni di disinteresse, è il segno dell’inadeguatezza della attuale politica sull’immigrazione e sull’accoglienza.
Il Comune di Roma ha compiuto fino in fondo il proprio dovere, attenendosi alla legge e offrendo un’alternativa alloggiativa a coloro che tra gli occupanti dello stabile ne hanno diritto: madri con bambini, anziani, disabili, tutti quelli che vengono definiti soggetti con fragilità. Nei mesi scorsi abbiamo provato a fare un censimento per capire chi avesse diritto a ricevere assistenza ma agli operatori del Comune di Roma è stato impedito più volte di entrare nel palazzo dagli stessi occupanti. La Prefettura nei dati che ci ha comunicato il giorno dello sgombero non ha citato la presenza di 37 bambini. Siamo stati avvisati dello sgombero a poco più di 12 ore dall’inizio. Abbiamo messo in campo tutte le nostre forze, offrendo accoglienza mediante la Sala Operativa Sociale (SOS).
Un dovere che non tutti hanno compiuto. Mi riferisco senza mezzi termini alla Regione che ha disatteso il decreto legge Minniti che la chiama direttamente in causa. Ma mi riferisco anche all’assenza di adeguate politiche nazionali.
Tra le persone che occupavano lo stabile di via Curtatone erano presenti anche rifugiati politici che possono accedere al cosiddetto sistema Sprar che offre accoglienza per un massimo di sei mesi, in alcuni casi rinnovabili una volta, e punta sull’integrazione attraverso percorsi di inserimento lavorativo e inclusione sociale sul presupposto che in questo lasso di tempo tali persone diventino autonome. Tuttavia, la realtà dei fatti dimostra in modo inequivocabile che, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, questo non avviene e così, allo scadere di questo periodo, queste persone vengono di fatto abbandonate a sé stesse. Uscite dal sistema Sprar, quindi, o trovano una sistemazione o, come in questo caso, occupano stabili. Ricordo che si tratta di un percorso di accoglienza che a volte, come in questo caso, viene rifiutato da alcune persone.
Nel tempo l’amministrazione di Roma Capitale, che ha 46 centri Sprar, ha cercato soluzioni e, attraverso propri fondi, fornisce assistenza alle fragilità. Ho anche attivato gare per il reperimento di immobili, ma sono andate deserte perché nessuno ha messo a disposizione le proprie strutture per i migranti. Anche gli occupanti abusivi dello stabile di via Curtatone hanno già usufruito del percorso Sprar. Sono stati abbandonati da quattro anni. E, di conseguenza, il Comune se ne fa carico anche dal punto di vista economico attraverso le tasse dei cittadini. Si tratta di persone che, pur volendo, non possono lasciare l’Italia e raggiungere gli altri Paesi europei in quando il Trattato di Dublino, sottoscritto sempre dal Governo, li obbliga a risiedere nel Paese di prima accoglienza, ovvero l’Italia. Questo è assistenzialismo forzato.
Insomma queste persone sono costrette a vivere in Italia e i Comuni a farsene carico. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa l’Anci.
Chiediamo quindi che, con grande senso di responsabilità, il Governo prenda atto che il sistema Sprar, a causa di numerosi fattori, sta collassando e deve quindi essere riformato.
L’assenza di una politica nazionale seria (o come ci ricordano le cronache una gestione dettata non poche volte da interessi affaristici) crea soltanto guerre tra poveri che contrappongono gli stranieri agli italiani. Non dobbiamo creare polveriere delle quali si avvantaggiano solo esponenti estremisti che vedono nelle ruspe le soluzioni a tutti i problemi. Dobbiamo risolvere queste emergenze.
E’ bene sapere che a Roma ci sono un centinaio di stabili occupati abusivamente che – è inutile nasconderlo – attirano l’attenzione della criminalità e di alcune frange estremiste dei movimenti per la casa. Negli scorsi anni l’accoglienza dei migranti è finita nel mirino di Mafia Capitale come testimoniano le inchieste e le condanne. Significa che dobbiamo intervenire per ristabilire la legalità. Non servono solo più fondi, ma un vero e coraggioso cambio di visione.
(fine comunicato)
(Diario 30 agosto)
Alla fine è successo. Un eritreo è stato accoltellato fuori dal centro gestito dalla Croce Rossa in Via del Frantoio, al Tiburtino Terzo . La procura di Roma ha aperto un’indagine per tentato omicidio. Si tratta del drammatico epilogo di un diverbio tra un eritreo con ospite della struttura e una residente, ma le cricostanze sono tutte da appurare. Un episodio frutto del clima sempre più arroventato della Capitale dopo i fatti di Via Curtatone, che tutti dovrebbero impegnarsi a disinnescare. La violenza non è mai giustificata da qualsiasi parte essa provenga, serve ad aggravare i problemi e le tensioni e non a risolvere le emergenze.
(29 agosto)
Post su Facebook di Virginia Raggi, Sindaca di Roma, che annuncia varie misure del Comune auspicando anche interventi governativi (Leggi il post su facebook o in calce all’articolo)
* Post Fb Raggi 29 agosto
Duecentomila abitazioni vuote, oltre diecimila persone in lista d’attesa addirittura da decenni per un alloggio popolare e lo scandalo delle occupazioni abusive di centinaia di immobili. Questi sono i numeri di Roma; questo è il vero volto dell’emergenza abitativa e la conseguenza di politiche dell’accoglienza totalmente inadeguate rispetto alla realtà di questi anni.
In questo quadro di desolazione e zone d’ombra, che si traduce in ingiustizia e sofferenze per i più deboli, abbiamo avviato un piano per cambiare il sistema dell’accoglienza e ripristinare la legalità con la dovuta attenzione nei confronti dei soggetti socialmente più fragili: anziani non autosufficienti, madri con bambini, persone disabili. Tuttavia, è sotto gli occhi di tutti come già questa “classificazione” non tenga conto delle nuove povertà e tenda a dividere le famiglie.
La questione di fondo resta l’emergenza casa. Ci stiamo lavorando dallo scorso anno. Nei mesi scorsi, molto prima che il problema esplodesse mediaticamente, abbiamo approvato due delibere per superare il disagio abitativo e tutelare le fragilità. Abbiamo tracciato un percorso: stiamo effettuando la ricognizione di tutti gli immobili del patrimonio di Roma Capitale e dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata. Vogliamo destinarli a nuclei familiari in condizioni di fragilità all’interno del nuovo Servizio di assistenza e sostegno socio alloggiativo temporaneo (Sassat). Entro il 31 ottobre termineremo il censimento e avvieremo le attività di stima economica per gli interventi di manutenzione necessari a renderli abitabili.
Una seconda tappa è quella del 31 dicembre. Entro quella data presenteremo in Assemblea Capitolina un “Piano di azione per superare il disagio abitativo”: l’obiettivo è potenziare lo scorrimento delle graduatorie di chi ha diritto a un alloggio di Edilizia residenziale pubblica (Erp). Abbiamo già iniziato con la chiusura dei famigerati Centri di assistenza alloggiativa temporanea (Caat): sono residence che, pur costando milioni di euro ai cittadini, non risolvevano dell’emergenza abitativa dei più deboli. Mettiamo così fine a uno spreco di risorse pubbliche che riutilizzeremo – meglio – per le famiglie più in difficoltà.
C’è poi la questione dei circa 100 immobili, pubblici e privati, occupati abusivamente in tutta la città. Abbiamo già avviato un’indagine, partendo dagli stabili che risultano più a rischio dal punto di vista della sicurezza, per verificare se al loro interno vi siano persone che hanno diritto ai servizi di assistenza alloggiativa previsti per le fragilità. Ricordiamo, tuttavia, che l’ingresso viene spesso impedito ai nostri operatori sociali proprio da una parte degli occupanti che vogliono nascondere le reali condizioni all’interno degli immobili.
Insomma, il Comune sta facendo la sua parte ma deve essere chiaro che non dovranno essere tollerate nuove occupazioni: su questo, gli interventi per ristabilire la legalità da parte delle forze dell’ordine avranno il pieno sostegno dell’amministrazione capitolina.
Servono azioni di sistema, altrimenti si continuerà a rincorrere le emergenze come nel caso dello sgombero di via Curtatone. Sono necessari strumenti normativi nuovi, perché quelli esistenti non sono più adeguati a gestire un fenomeno profondamente diverso rispetto a quello di pochi anni fa. Bisogna adeguare le norme ai mutamenti della società. Tutte le istituzioni, a partire da Governo e Regione, devono essere consapevoli di questo mutamento in atto.
Il Governo dovrebbe studiare misure urgenti per disincentivare il fenomeno degli immobili sfitti o invenduti. Solo a Roma si trovano circa 200mila case vuote, che in alcuni casi formano veri e propri quartieri fantasma. È uno scandalo a cui bisogna porre rimedio, un’offesa a chi non ha un tetto ed è costretto a vivere da anni in condizioni di disagio. Soprattutto dopo la crisi economica che ha colpito l’Italia.
Il Governo, inoltre, ha a sua disposizione un immenso patrimonio che potrebbe mettere a disposizione dei Comuni per superare l’emergenza abitativa: basterebbe potenziare l’attuazione del federalismo demaniale e assegnare alle amministrazioni locali le caserme e i forti; e, beninteso, le relative risorse per riqualificarli e renderli disponibili. Darli alle famiglie.
Con la Regione Lazio abbiamo già avviato un dialogo per modificare le condizioni per utilizzare i 30 milioni di euro previsti da una recente delibera. Questi stanziamenti vanno resi realmente utilizzabili: il vincolo di destinarne una percentuale agli occupanti abusivi non ci convince.
C’è poi la questione della politica migratoria. Al momento non esiste un piano nazionale di inclusione dei migranti successivamente all’uscita dal circuito Sprar che, di fatto, sono abbandonati a carico dei Comuni. Persone che non possono neanche lasciare l’Italia, come vorrebbero, perché il Trattato di Dublino firmato dal governo glielo impedisce.
Immigrazione, accoglienza e emergenza abitativa sono temi legati tra loro. Serve una visione complessiva, nuova. (FINE COMUNICATO)
(DIARIO 28 agosto 2017)
Riunione tecnica al Viminale sul tema migranti per evitare sgomberi come quelli verificatisi in Via Curtatone (da Sole24ore 28 agosto 2017) Una delle ipotesi è quella di utilizzare i beni confiscati alle mafie per dare alloggio alle persone sgomberate da edifici occupati. In agenda un incontro tra il ministro e la sindaca di Roma Virginia Raggi e, il 29, con l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) sul tema degli sgomberi degli edifici occupati abusivamente e dell’emergenza abitativa. Viminale studia piano su beni confiscati mafie Il problema tocca soprattutto le grandi città e non riguarda solo migranti, ma anche cittadini italiani, centri sociali, aree occupate da nomadi. La direttiva ministeriale sarà una costola del pacchetto sulla sicurezza urbana varato ad aprile, che già prevede misure sugli sgomberi per prefetture e sindaci: la circolare vuole responsabilizzare i soggetti coinvolti, in modo che le esigenze di ordine pubblico, quelle delle famiglie più esposte e anche quelle della proprietà degli immobili non entrino in conflitto. Un ruolo in questo processo lo giocherà anche chi si occupa di sociale, negli assessorati come nelle associazioni qualificate. L’obiettivo è evitare sgomberi ‘manu militari’ in assenza di alloggi per sistemare le persone. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-08-28/sgomberi-riunione-viminale-uso-beni-confiscati-mafie-093921.shtml?uuid=AE6PCYIC
(Diario 27 agosto)
Grande corteo “Stop sgomberi in corso a Roma”. In testa alla manifestazione, i migranti sgomberati dal palazzo di via Curtatone. Molti i bambini che, anche in carrozzina, sfilano lungo via Cavour, nel centro della Capitale.
ANSA Migranti sgomberati a Roma, corteo: ‘Siamo oltre 5.000’ ‘Chiediamo tavolo con Comune, Regione, Prefetto,Questura’. Transennamenti e varchi di accesso con controlli delle forze dell’ordine
Video il Corriere.it
(Diario 26 agosto)
Anche la Santa Sede condanna le modalità dello sgombero. La Repubblica 26 agosto Sgombero a Roma, corteo migranti e senza casa. Santa Sede: “Violenza inaccettabile” Nel dibattito sugli scontri di piazza Indipendenza intervengono il segretario di Stato vaticano e la presidente della Camera Boldrini.
Il Movimento “Possibile” pubblica una Lettera aperta alla Prefetta di Roma in cui sono sintetizzate tutte le normative che dovrebbero regolare i diritti dei rifugiati, questo un estratto:
(vai al testo integrale Lettera aperta alla Prefetta di Roma.(di Andrea Maestri Quaderni )
(Diario 24 agosto – L’INIZIO )
Cominciamo dal resoconto pubblicato da Valigiablu.it “Lo sgombero di piazza Indipendenza. I fatti” di Angelo Romano del 25 agosto , il video di Repubblica sull’intervento della polizia nel piazzale della Stazione Termini, e una riflessione sugli avvenimenti di Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale.Sulla pagina del sito istituzionale di Roma capitale, un laconico comunicato del 24 agosto assicura che Roma Capitale ha “garantito prima assistenza a tutte le persone sgomberate” e che ” prosegue la presa in carico delle situazioni di fragilità”. Ma ci si chiede come si è potuti arrivare a questo punto, quando la situazione dei rifugiati di Via Curtatone era nota da tempo. (il comunicato è stato sovrascritto su un precedente, in cui si parlava di “tavoli” avviati da tempo con i rappresentanti dei rifugiati e delle associazioni, cenno ora scomparso – il 25 un’ulteriore aggiunta in home page con una dichiarazione del delegato all sicurezza del Comune Franco Cardilli*). Resta il fatto che in un fragente così drammatico, ci risulta che nè l’Assessora Baldassarre, nè altri rappresentanti istituzionali del Campidoglio, abbiano ritenuto di venire di persona dove si stava consumando l’ennesimo dramma ai danni dei più deboli [lo stesso si può dire della Regione Lazio] . E come denunciato da Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia, dopo aver visitato i migranti accampati in piazza Indipendenza e le famiglie sgomberate che da giorni vivono in piazza Santi Apostoli, la Capitale non può essere “come una favela” dicendo che è “inaccettabile che la soluzione sia quella di dividere mamme e bambini dai papà” così come è inaccettabile “tenere i bimbi per strada”. Unicef Italia ha chiesto alla Sindaca Raggi “un reale progetto di assistenza e accoglienza, diverso dalle soluzioni fino ad ora proposte“.
In calce un report della riunione del 24 agosto di molte delle associazioni e delle realtà che si occupano dei migranti a Roma si di Stefania Favorito
Il 24 agosto alle 15:00 c’è stata una riunione nella sede municipale di via Goito. Erano presenti l’assessore alle Politiche Sociali alcuni consiglieri del Primo Municipio e una folta rappresentanza della comunità Eritrea, La Rete Roma, che accoglie moltissime associazioni quali Libera, Baobab, ecc. Sono state chieste dalla comunità Eritrea molte giustificazioni sul comportamento estremo della Polizia. Erano molto arrabbiati naturalmente. Il Baobab ha messo a disposizione piazzale maslax cioè la sede dove attualmente ci sono le tende dei rifugiati transitanti per farli dormire, la Comunità ha detto che per una notte si poteva fare. Gli assessori e i consiglieri sono andati invece a chiedere in Prefettura una posizione di mediazione per evitare nuove violenze, dato che gli eritrei comunque vogliono continuare ad occupare la piazza Indipendenza per protesta; quindi alla fine della riunione si è deciso che parte della Comunità avrebbe avuto disponibilità dal Baobab per dormire. Stanotte circa cento di loro erano lì. Oggi invece alle 11:30 ci sarà una riunione alla piazza Indipendenza per fare il punto della situazione. (Stefania Favorito)
… La polizia in assetto antisommossa ha continuato l’inseguimento, usando anche le camionette fra lo stupore dei passeggeri che si trovavano nel piazzale dello scalo ferroviario. Durante l’inseguimento il funzionario che guidava la celere ha gridato: “Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio”…
La Repubblica – Video di MARCO BILLECI
Perché nessun rappresentante delle istituzioni si è affacciato a piazza Indipendenza in questi giorni? Perché Roma da anni non riesce a varare un piano per l’accoglienza? La risposta è semplice nella sua brutalità: i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati che vivono nelle nostre città non sono considerati parte delle nostre comunità, anche se sono al nostro fianco e nelle nostre vite da anni.
Annalisa Camilli, Internazionale
“Mettiamola così. Due anni fa, da prefetto di Roma, insieme all’allora commissario straordinario Tronca, avevamo stabilito una road map per trovare soluzioni alle occupazioni abusive. E questo perché il tema delle occupazioni non si risolve con gli sgomberi ma trovando soluzioni alternative”. Quindi?“Quindi è accaduto che non ho più avuto contezza di cosa sia accaduto di quel lavoro fatto insieme a Tronca. Era previsto da una delibera un impegno di spesa di oltre 130 milioni per implementare quelle soluzioni alle occupazioni abusive. Qualcuno sa dirmi che fine ha fatto quel lavoro, e se e come sono stati impegnati quei fondi?“
Franco Gabrielli, intervistato da Carlo Bonini, La Repubblica 25 agosto 2017
(da Valigia Blu 25 agosto 2017) Lo sgombero di piazza Indipendenza. I fatti di Angelo Romano > Vai alla versione con le immagini e i video sul sito di valigiablu.it)
Sgomberare gli sgomberati, titola Internazionale. È durato una mattinata lo sgombero di piazza Indipendenza, a Roma, a pochi passi dalla stazione Termini, dove erano accampati da cinque giorni centinaia di rifugiati e richiedenti asilo eritrei, mandati via lo scorso 19 agosto da un palazzo occupato da tempo in via Curtatone.
Lo sgombero, annunciato già il giorno prima, si è concluso con almeno quattro ragazzi fermati per violenza e resistenza a pubblico ufficiale e cinque persone in ospedale. A ora di pranzo era già finito tutto.
L’operazione è iniziata all’alba di ieri, quando la polizia in assetto antisommossa si è presentata in piazza Indipendenza per disperdere i rifugiati eritrei che stavano ancora dormendo o si erano appena svegliati, usando idranti e manganelli. «Sono venuti questa mattina presto e ci hanno detto di andarcene. Ci hanno picchiato», racconta a Redattore Sociale tra le lacrime una ragazza eritrea. «Hanno picchiato diverse persone, anche delle donne», dice a Internazionale Simon, un rifugiato eritreo che al momento dello sgombero si trovava al primo piano del palazzo insieme a una cinquantina di persone, tra cui venti bambini. Un video di RepubblicaTV mostra chiaramente la polizia usare l’idrante su persone che stavano dormendo e sui loro oggetti personali, e successivamente caricare e minacciare alcuni dei rifugiati. Per tutta la mattina sul posto a prestare soccorso era presente il team di Medici Senza Frontiere. Un medico dell’organizzazione internazionale ha detto che in piazza al momento dello sgombero non erano presenti ambulanze. MSF ha dichiarato di aver curato in tutto 13 persone, la maggior parte donne di aver chiamato l’ambulanza in 4 casi per fratture e lesioni causate da idranti e manganelli. Una donna ha riportato una lesione a un piede mentre un ragazzo ha avuto un sospetto di crisi epilettica. Tra le persone colpite anche una reporter dei Radicali e Gemma Vecchio, di Casa Africa, finita in ospedale, dopo essere stata colpita da un idrante e aver perso i sensi. I rifugiati eritrei, ricostruisce Annalisa Camilli su Internazionale, hanno cercato di opporre resistenza, lanciando dal primo piano del palazzo di via Curtatone oggetti, barattoli di vernice e una bombola del gas. La polizia ha risposto caricando e inseguendo chi cercava di scappare. Dopo il primo intervento all’alba, le forze dell’ordine sono entrate anche nell’ex palazzo occupato dove il giorno prima era stato concesso di rientrare solo alle famiglie con bambini. Anche qui gli occupanti hanno fatto resistenza. Alcuni sono stati fatti salire su un pullman diretto alla questura, altri, tra cui anche un ragazzo con una gamba amputata, si sono inginocchiati per evitare nuove cariche. Alle persone ancora presenti sulla piazza, la polizia ha chiesto di recuperare le valigie e gli oggetti personali. Dopo essere stati sgomberati, parte dei rifugiati è rimasta per diverse ore seduta sotto il sole nelle vie adiacenti piazza Indipendenza. Successivamente ha deciso di dirigersi verso uno spazio verde vicino alla stazione Termini, dove sono stati nuovamente inseguiti e caricati dalle forze dell’ordine. La polizia in assetto antisommossa ha continuato l’inseguimento, usando anche le camionette fra lo stupore dei passeggeri che si trovavano nel piazzale dello scalo ferroviario. Durante le operazioni il funzionario che guidava la celere ha gridato: «Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio». La questura di Roma ha giustificato in una nota l’intervento dicendo che i rifugiati avevano rifiutato una soluzione presentata dal Comune di Roma e “soprattutto per le informazioni di alto rischio pervenute, inerenti il possesso da parte degli occupanti di bombole di gas e bottiglie incendiarie”. La nota prosegue specificando che “all’atto dell’intervento le forze dell’ordine sono state aggredite con lancio di sassi e bottiglie”, che l’utilizzo dell’idrante si è reso necessario per evitare “che venissero accesi fuochi e liquidi infiammabili” e che nel corso sgombero sono state lanciate bombole del gas aperte e peperoncino. “Tutte le persone presenti sui giardini”, si legge ancora nel testo della questura, “sono state allontanate”, mentre gli occupanti del palazzo sono stati trasferiti in un ufficio immigrazione dove sono stati assistiti dalla sala operativa sociale del Comune di Roma. Quattro persone sono state fermate dopo aver isolato le immagini delle aggressioni alle forze dell’ordine, “effettuate anche attraverso bombole del gas, lanciate o accese”. I reati ipotizzati, scrive Repubblica, sono tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale. Inoltre, rispetto ai video diffusi da Repubblica, la questura ha dichiarato di aver aperto una “formale inchiesta” dopo la “visione dei filmati pubblicati su alcuni siti che riportano una frase di un operatore che invita ad usare metodi violenti in caso di lancio di sassi”. Nelle successive contromanifestazioni, spiega la Questura, le “unità impiegate in quel contesto non sono state ulteriormente utilizzate nel servizio di ordine pubblico”. “Un’operazione mal pensata e mal organizzata” Diverse organizzazioni, associazioni e rappresentanti della Chiesa hanno commentato le operazioni di sgombero. Per Intersos, un’organizzazione umanitaria che da anni lavora nel palazzo di via Curtatone, si è trattato di un’operazione mal pensata e mal organizzata. «L’uso della violenza su donne e bambini è una vergogna per Roma. Una situazione dolorosa che doveva e poteva essere evitata. Ci sono gravi responsabilità di chi in questi giorni ha gestito la situazione. Come Intersos avevamo un progetto all’interno, lavoravamo con i bambini che frequentano le scuole del municipio. Ora questi percorsi sono stati interrotti da trasferimenti forzati». Il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini ha sottolineato con durezza come lo sgombero sia avvenuto con violenza sotto gli occhi terrorizzati dei bambini. «Questi bambini, dopo aver assistito a scene di guerriglia urbana, sono stati caricati sui pullman delle forze dell’ordine e portati in Questura. Alcuni testimoni ci hanno raccontato che continuavano a gridare e battere le mani sui vetri durante tutto il tragitto, in preda al terrore. Sconvolti. È una situazione molto triste: parliamo di 800 persone con status di rifugiato, sopravvissute a guerre, persecuzioni o torture che in alcuni casi hanno anche ottenuto la cittadinanza italiana, buttate in strada in condizioni disumane senza una reale alternativa sostenibile (non il meno peggio) da parte del Comune di Roma, che abbiamo invano atteso in piazza». La Caritas ha sollecitato la costruzione di un tavolo permanente sulle occupazioni. «Lo sgombero dell’immobile a piazza Indipendenza, occupato dal 2013 da una numerosa comunità di rifugiati e titolari di protezione internazionale di origine etiope ed eritrea, era un intervento che gli addetti ai lavori (amministratori, operatori sociali e giornalisti) sapevano da tempo che sarebbe avvenuto. (…) Quello che lascia interdetti è il modo in cui questo è avvenuto, senza alcuna programmazione ed in una logica emergenziale che non può far altro che portare all’escalation cui abbiamo assistito stamane». Il vescovo delegato Migrantes della Conferenza episcopale del Lazio, monsignor Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma si è detto preoccupato di quanto avvenuto e per l’assenza di risposte progettuali e strutturali. Il vescovo si è detto disponibile «a partecipare a incontri di programmazione con le istituzioni e con chi ha a cuore questi problemi per trovare vere e proprie soluzioni per garantire un futuro diverso a questi uomini, donne e bambini che hanno solo la colpa di essere fuggiti da realtà di guerra e povertà nella speranza di un futuro diverso». Il Vaticano si è detto disponibile a ospitare i rifugiati sgomberati nelle loro diocesi. Anche Amnesty International e la Comunità Sant’Egidio hanno espresso perplessità sulle politiche di assistenza e alloggio a Roma. «Paradossale è la circostanza che lo stato italiano, concedendo l’asilo politico, abbia deciso di dare protezione a molte di queste persone per poi negare loro, successivamente, ogni forma di assistenza», ha dichiarato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia. «Occorre che le autorità nazionali e cittadine trovino al più presto una risposta alla situazione che si è venuta a creare, anche con soluzioni diversificate. […] Lasciare per strada centinaia di immigrati non fa altro che aumentare nella Capitale il numero di quanti — e non sono pochi — non hanno un riparo notturno o vivono in alloggi di fortuna», ha spiegato la Comunità di Sant’Egidio in una nota. Come si è arrivati allo sgombero della piazza L’occupazione dei giardini di piazza Indipendenza è avvenuta dopo lo sgombero di sabato 19 agosto del palazzo di via Curtatone, dove vivevano dal 2013 circa 800 rifugiati e richiedenti asilo, etiopi ed eritrei. Il palazzo di via Curtatone, di proprietà della Federconsorzi e poi rilevato dal fondo immobiliare Omega della IDeA Fimit, è occupato dalla fine del 2013, quando scrive il sito DinamoPress, “centinaia di rifugiati, soprattutto somali ed eritrei, avevano aperto le porte di un enorme palazzo abbandonato a pochi passi dalla stazione Termini”. L’occupazione era stata appoggiata dai movimenti per il diritto all’abitare ed era diventato “un punto di riferimento per diverse mobilitazioni anti-razziste e per i diritti di migranti e rifugiati”. Lo sgombero del palazzo era stato più volte annunciato dall’ex ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e promesso dal commissario Francesco Paolo Tronca, che aveva amministrato la città prima della vittoria di Virginia Raggi alle ultime elezioni. Non se ne era fatto nulla fino al 19 agosto, ricostruisce Leonardo Bianchi su Vice, la polizia si è presentata con degli idranti e ha iniziato le operazioni di sgombero. Un ampio contigente di forze dell’ordine si era presentato per allontanare i rifugiati. Gli agenti avevano però incontrato la resistenza dei migranti che, grazie anche all’aiuto di attivisti per il diritto all’abitare e di alcune Ong, avevano organizzato un sit-in spontaneo di protesta. Di fronte alla minaccia dell’uso della forza, i manifestanti hanno intonato slogan quali «noi siamo rifugiati, non terroristi!». I primi rifugiati cacciati dall’edificio erano stati portati in questura per essere identificati e successivamente rilasciati perché avevano i documenti in regola, cioè erano titolari dello status di rifugiato o di qualche forma di protezione internazionale. A sgombero e controlli ultimati, a 107 persone, fra cui donne con bambini e anziani, era stata lasciata la possibilità di rimanere nel palazzo, circa 150 di loro si erano accampati nei giardini di piazza Indipendenza in attesa di poter recuperare le proprie cose. Dopo lo sgombero, grazie anche alla mediazione di Padre Zerai, prete candidato al premio Nobel per la pace nel 2015, che da anni è un punto di riferimento per la comunità eritrea italiana, la Sala operativa sociale del Comune di Roma si è recata a via Curtatone per fare un censimento dei casi più vulnerabili. Dopo una lunga negoziazione, il Comune ha proposto agli sgomberati 80 posti in centri di prima accoglienza temporanei: 46 a Torre Maura e 30 a Boccea. Parallelamente, dopo un tavolo in prefettura, la proprietà dell’immobile ha offerto un alloggio temporaneo (per 6 mesi) per le famiglie, in una zona fuori Roma (probabilmente in provincia di Rieti). I rifugiati hanno però rifiutato entrambe le offerte, per non essere sradicati da una zona dove ormai vivevano da 4 anni. Inoltre, la proposta presentava almeno due criticità: molti degli occupanti non avrebbero potuto beneficiare dei posti nei centri Sprar perché avevano ottenuto l’asilo da più di sei mesi e per sistemare tutte le famiglie dell’edificio sgomberato sarebbero stati necessari almeno altri trecento posti. In una nota Unhcr Italia, ha espresso “profonda preoccupazione per uso della forza: poteva essere evitato con soluzioni tempestive e condivise. Le alternative proposte oltre a essere state individuate tardivamente risultavano inadeguate poiché non avrebbero garantito una sistemazione a tutte le persone presenti e non erano accompagnate da garanzie per soluzioni credibili di lungo periodo”. L’Unhcr ha così chiesto l’istituzione di un tavolo di concertazione e la richiesta di una soluzione tempestiva per tutte le persone sgomberate da piazza Indipendenza. “Davvero si pensa che amministrare consista nel prendere atto dell’intervento della forza pubblica o nell’auspicarlo e la responsabilità trovi in questo il proprio compimento e il proprio scopo? O amministrare è inventarsi soluzioni perché un problema non resti tale o evolva nel suo multiplo?”, si chiede Enrico Bellavia su Repubblica. “Chiediamoci con tutta onestà se ha un senso sgomberare 200 famiglie con bambini al seguito dal palazzo occupato di via Curtatone, per lasciarle in piazza Indipendenza in un campeggio improvvisato nel cuore di Roma e tardivamente correre ai ripari invocando un circuito istituzionale che si sa già carente”. Le occupazioni abusive degli “hotel” per migranti, prosegue Bellavia, sono stata la risposta sbagliata a un problema reale: l’assenza di strutture di accoglienza immaginate per un esodo previsto, prevedibile, continuo e purtroppo inarrestabile. Lo sgombero di piazza Indipendenza, scrive Annalisa Camilli su Internazionale, è rappresentativo della gestione improvvisata dell’accoglienza a Roma. Una improvvisazione che può essere riassunta in tre punti: “l’assenza strutturale di politiche di lungo corso su un tema così complesso come quello dell’integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati a Roma, la mobilitazione autorganizzata degli stessi richiedenti asilo e rifugiati – sostenuti da organizzazioni umanitarie e associazioni – per difendere i loro diritti nella città in cui vivono e lavorano da anni, e infine il ruolo decisivo, ma spesso ambivalente, dei mezzi d’informazione”. Un corto circuito che fa sì che l’accoglienza diventi una questione di ordine pubblico.
La Repubblica – Video di MARCO BILLECI
Dopo essere stati sgomberati dal piazzale in cui avevano dormito gli ultimi giorni, i rifugiati ex occupanti del palazzo di piazza Indipendenza sono rimasti per diverse ore seduti sotto il sole nelle vie adiacenti. Alla fine hanno deciso di dirigersi verso uno spazio verde vicino alla stazione Termini. Qui però le forze dell’ordine hanno nuovamente caricato i rifugiati che sono fuggiti in direzione della stazione. La polizia in assetto antisommossa ha continuato l’inseguimento, usando anche le camionette fra lo stupore dei passeggeri che si trovavano nel piazzale dello scalo ferroviario. Durante l’inseguimento il funzionario che guidava la celere ha gridato: “Devono sparire, peggio per loro. Se tirano qualcosa spaccategli un braccio”. Una nota informa che nel “contesto di un corretto comportamento delle forze dell’ordine impegnate ad effettuare lo sgombero di palazzo Curtatone, abusivamente occupato ed oggetto di un sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria”, la Questura di Roma ha aperto una “formale inchiesta” dopo la “visione dei filmati pubblicati su alcuni siti che riportano una frase di un operatore che invita ad usare metodi violenti in caso di lancio di sassi”. Nelle successive contromanifestazioni, spiega la Questura, le “unità impiegate in quel contesto non sono state ulteriormente utilizzate nel servizio di ordine pubblico”.
24 agosto 2017 Internazionale
Sgomberare gli sgomberati, il fallimento dell’accoglienza a Roma
di Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale
Con le prime luci dell’alba, giovedì mattina, la polizia in assetto antisommossa è arrivata di nuovo a piazza Indipendenza, a Roma, per disperdere i rifugiati eritrei che dormivano sulle aiuole da cinque giorni, dopo lo sgombero del palazzo in cui vivevano a via Curtatone, vicino alla stazione Termini. Poco dopo le sei di mattina, gli agenti si sono fatti strada con gli idranti e hanno caricato le persone che dormivano sulle aiuole e i marciapiedi.
Come fanno da giorni, i rifugiati eritrei hanno cercato di opporre resistenza: dal primo piano del palazzo di via Curtatone hanno lanciato oggetti e barattoli di vernice. Questa volta la polizia ha usato la violenza. I poliziotti si sono messi a rincorrere chi scappava. Secondo Medici senza frontiere, nelle cariche sono state ferite 13 persone e due sono state portate in ospedale. “Hanno picchiato diverse persone, anche delle donne”, racconta Simon, un rifugiato eritreo che al momento dello sgombero si trovava al primo piano del palazzo di via Curtatone insieme a una cinquantina di persone, tra cui venti bambini.
Dopo aver sgomberato la piazza, gli agenti sono entrati nel palazzo occupato. I bambini dal balcone dello stabile gridavano: “Vogliamo giocare, vogliamo giocare”. I poliziotti hanno costretto le persone all’interno dell’edificio a seguirli in questura. “Ci siamo nascosti, ma quando ci hanno trovato ci hanno manganellato per costringerci a uscire, due donne sono state picchiate”, racconta Simon. Nella piazza sono rimaste le valigie e gli oggetti delle famiglie sgomberate, e la polizia ha detto ai pochi ancora sulla piazza di recuperare le loro cose. “Non sappiamo che succederà ora, in questura siamo una cinquantina di persone, non sappiamo dove ci vogliono portare”, afferma Simon, mentre aspetta di sapere che ne sarà della sua vita. Almeno tredici persone sono state medicate da Msf.
Dopo lo sgombero di sabato, mercoledì c’era stato un primo tentativo di dispersione degli occupanti della piazza da parte della polizia. Mussie Zerai, il prete candidato al premio Nobel per la pace, che da anni è un punto di riferimento per la comunità eritrea italiana, alle 7.51 aveva mandato un messaggio a tutti i suoi contatti: un appello al ministro dell’interno Marco Minniti. “La prego d’intervenire, la polizia sta usando la forza per sgomberare le persone anche dalla piazza, ma queste persone non hanno dove andare”, era scritto nel messaggio che poi è stato ripreso da diverse agenzie di stampa. “Vi prego di trattarli come esseri umani”, concludeva.
L’intervento della polizia a piazza Indipendenza, Roma, 24 agosto 2017. (Stefania Mascetti, Internazionale)
Due ore dopo l’appello di Mussie Zerai, un gruppo nutrito di giornalisti, attivisti e operatori umanitari si era raccolto sulla piazza, a pochi passi dalla stazione Termini di Roma, senza che gli fosse concesso di avvicinarsi al palazzo o agli occupanti. Ma di politici o rappresentanti delle istituzioni nemmeno l’ombra. L’assessora ai servizi sociali di Roma, Laura Baldassarre, non è stata raggiungibile al telefono per tutta la mattina. La prefetta Paola Basilione ha convocato una riunione d’emergenza in prefettura.
Dopo una lunga negoziazione, la sala operativa sociale del comune di Roma ha proposto agli sgomberati 80 posti in un centro d’accoglienza del servizio Sprar a Torre Maura e un’altra ottantina di posti a Rieti per sei mesi, messi a disposizione dalla proprietà dell’edificio di via Curtatone. Le organizzazioni non governative, le associazioni e alcuni sacerdoti hanno fatto da mediatori, ma gli eritrei di piazza Indipendenza hanno rifiutato la proposta. C’è da considerare che molti degli occupanti non possono comunque beneficiare dei posti nei centri Sprar perché hanno ottenuto l’asilo da più di sei mesi.
Per sistemare tutte le famiglie dell’edificio sgomberato, inoltre, sarebbero necessari almeno altri trecento posti. Infine chi ha figli piccoli teme che un trasferimento possa impedire il regolare rientro a scuola dei minori tra qualche settimana. La verità è che la resistenza degli occupanti eritrei nessuno se l’aspettava. “Abbiamo fatto la guerra d’indipendenza, siamo scappati da una dittatura, abbiamo attraversato il Mediterraneo, resistiamo e andiamo avanti”, dice Simon.
Soluzioni improvvisate
Nella mattinata di mercoledì sui social network c’è stata un’esplosione di domande: “C’è un piano?”, “Dove li portano?, “Come si fa a sgomberare gli sgomberati?”, “Li sgomberano dalle aiuole per portarli in altre aiuole?”. Queste domande sono state rivolte ai giornalisti, che a loro volta le hanno rivolte ai politici, senza ricevere risposta per ore. “Quando si arriva allo sgombero si tratta di un problema di ordine pubblico”, ha dichiarato il sottosegretario del ministero dell’interno Domenico Manzione, intervistato da Daniele Biella di Vita.
“Come ministero, possiamo e stiamo cercando di mettere a disposizione strutture di accoglienza temporanee”, ha aggiunto. La sindaca Virginia Raggi per ora non ha commentato l’accaduto. Lo sgombero di piazza Indipendenza, tuttavia, è stato l’ultimo di una serie di provvedimenti, che negli ultimi anni ha affidato a soluzioni improvvisate la gestione dell’accoglienza nella capitale.
Questa tendenza può essere riassunta in tre punti: l’assenza strutturale di politiche di lungo corso su un tema così complesso come quello dell’integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati a Roma, la mobilitazione autorganizzata degli stessi richiedenti asilo e rifugiati – sostenuti da organizzazioni umanitarie e associazioni – per difendere i loro diritti nella città in cui vivono e lavorano da anni, e infine il ruolo decisivo, ma spesso ambivalente, dei mezzi d’informazione.
Tre anni fa raccontai la storia di tre ragazzi eritrei minorenni – Robiel, Bilal e Mengis – scappati dall’Eritrea per sottrarsi alla leva obbligatoria che nel paese si trasforma spesso in servizio militare a vita. Nella primavera del 2015 Robiel, Bilal e Mengis avevano trovato rifugio a Roma nel borghetto occupato di Ponte Mammolo, sgomberato l’11 maggio 2015 dalla giunta di Ignazio Marino senza una soluzione alternativa per gli occupanti di quella baraccopoli che sorgeva a pochi passi dalla stazione della metropolitana.
Piazza Indipendenza, Roma, 24 agosto 2017. (Rosy Santella, Internazionale)
I tre ragazzi, dopo aver dormito qualche giorno al centro Baobab di via Cupa e poi in un convento di suore nel rione Monti, decisero di raggiungere illegalmente la Germania e la Svizzera dove avevano conoscenti e familiari e dove sapevano che avrebbero potuto lavorare con più facilità. Robiel e Mengis, che oggi sono maggiorenni, vivono ad Amburgo, in Germania, dove hanno ottenuto asilo politico. Il governo locale gli ha trovato una sistemazione in un appartamento vicino al centro della città e gli ha concesso un piccolo contributo mensile. In questi tre anni hanno frequentato corsi di tedesco e scuole professionali, che gli stanno permettendo di gettare le basi per trovare un lavoro e integrarsi nella società tedesca, versare le tasse e diventare cittadini. Bilal vive a Zurigo, in Svizzera, in condizioni simili.
La vita dei tre ragazzi eritrei è migliorata radicalmente da quella notte di giugno in cui salirono su un treno per Bolzano alla stazione Termini di Roma. Invece il sistema di accoglienza per i migranti e i richiedenti asilo nella capitale italiana è decisamente peggiorato. “Mai più situazioni come Ponte Mammolo, senza un piano alternativo prima di uno sgombero”, aveva detto ai volontari della Baobab experience e agli operatori di Medici per i diritti umani (Medu) all’indomani del suo insediamento l’assessora ai servizi sociali Laura Baldassarre, che prima di assumere l’incarico nell’amministrazione cinquestelle ha maturato una lunga esperienza nell’Unicef.
Eppure i tavoli istituzionali sull’immigrazione aperti dalla giunta guidata da Virginia Raggi sono tutti naufragati e nel corso del tempo non è stata elaborata nessuna strategia a lungo termine per l’accoglienza, nessuna alternativa agli sgomberi, che creano allarme sociale e rafforzano nel senso comune l’idea che la migrazione sia legata all’ordine pubblico, alle misure contro il terrorismo e a un’ipotetica invasione fuori controllo. “Siamo rifugiati, non terroristi”, era scritto in uno degli striscioni appesi al palazzo sgomberato di via Curtatone.
Numeri sotto controllo
Secondo i dati della prefettura di Roma, nella capitale risiedono meno richiedenti asilo di quelli previsti dall’accordo tra stato e regioni. Nei centri di accoglienza romani ci sono circa ottomila richiedenti asilo (5.581 nei centri di accoglienza straordinaria e 3.028 nei centri Sprar), una cifra molto al di sotto degli undicimila previsti dall’Anci. A questi si devono aggiungere i circa novemila richiedenti asilo e rifugiati che vivono in emergenza abitativa, cioè in stabili occupati, in situazioni di fortuna o per strada. Inoltre ogni giorno arrivano a Roma decine di transitanti: cioè migranti di passaggio che vogliono raggiungere i paesi del Nordeuropa. Ma nella capitale non esistono centri per accogliere questo tipo di migranti, anche se erano stati progettati già dall’ex assessora ai servizi sociali Francesca Danese nel giugno del 2015.
A tre anni dallo sgombero di Ponte Mammolo, i migranti che transitano dalla capitale dormono per strada o si rivolgono ai volontari dell’associazione Baobab experience, che hanno organizzato un presidio a loro spese e senza l’autorizzazione delle autorità, insieme ad altre associazioni come Medici per i diritti umani (Medu), il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), Intersos, Action, Radicali Roma e A buon diritto. Il presidio si trova in un parcheggio dietro alla stazione Tiburtina, chiamato dai volontari piazzale Maslax (in ricordo di un richiedente asilo somalo di 19 anni che si è suicidato dopo essere stato rimandato in Italia dal Belgio a causa del regolamento di Dublino). Ma è stato costretto a cambiare varie sedi ed è stato sgomberato venti volte in tre anni.
Piazza Indipendenza, Roma, 24 agosto 2017. (Rosy Santella, Internazionale)
Nell’ultimo sgombero di piazzale Maslax, l’ingresso del parcheggio è stato chiuso con dei blocchi di cemento per impedire ai volontari di entrare con l’auto a scaricare il cibo, l’acqua e i vestiti per i migranti. Oggi nel presidio dormono circa cento persone, affermano i volontari. La promessa, che era stata fatta dall’amministrazione capitolina, di istituire un centro informazioni vicino alla stazione Tiburtina per l’orientamento logistico e legale dei migranti non è stata mai mantenuta. Infine c’è una struttura d’emergenza gestita dalla Croce rossa a via del Frantoio che dà ospitalità a un’ottantina di persone, di solito i casi più vulnerabili come le donne e le famiglie con bambini che sono segnalati dai volontari della Baobab experience. Ma per sua stessa natura la struttura è temporanea e la convenzione che la istituisce viene rinnovata ogni sei mesi.
Un dibattito tossico
Qualche giorno fa in un bellissimo articolo sulle condizioni dei campi di detenzione per i migranti in Libia, Domenico Quirico sulla Stampa ha scritto: “Il mestiere che faccio non è discutere se una politica è efficace o no, è semplicemente raccontare quali sono le conseguenze della politica sugli esseri umani. Alla fine di tutto, ogni volta, c’è sempre una scelta morale. Poi deciderete, ma dovete sapere qual è il prezzo che fate pagare. Non potrete dire: ignoravo tutto, credevo, mi avevano detto”. Con le dovute differenze, penso che lo stesso ragionamento possa valere per qualunque politica dell’immigrazione anche al livello locale.
Perché nessun rappresentante delle istituzioni si è affacciato a piazza Indipendenza in questi giorni? Perché Roma da anni non riesce a varare un piano per l’accoglienza? La risposta è semplice nella sua brutalità: i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati che vivono nelle nostre città non sono considerati parte delle nostre comunità, anche se sono al nostro fianco e nelle nostre vite da anni.
Negli ultimi mesi il dibattito pubblico sui migranti in Italia ha assunto toni ancora più foschi, perché abbiamo cominciato a desiderare o ad augurarci che si facciano da parte, che spariscano. Mi ha colpito la conclusione del messaggio di Mussie Zerai al ministro Minniti: una supplica a considerare “esseri umani” gli occupanti eritrei di piazza Indipendenza. Evidentemente abbiamo dimenticato che lo sono.
* dalla home del comune di Roma 25 agosto 2017 “Lo sgombero dell’immobile privato di via Curtatone avvenuto sabato 19 agosto è stato disposto dalla Prefettura. Noi abbiamo appreso venerdì 18 agosto, che l’operazione sarebbe avvenuta in quella data. Nei mesi precedenti, tramite gli operatori della Sala Operativa Sociale (SOS), abbiamo tentato più volte di effettuare il censimento delle persone presenti nell’immobile, ma non era stato possibile a causa dell’opposizione degli occupanti. Un impedimento che era stato segnalato alla Prefettura. Successivamente la stessa Prefettura ci ha consegnato un censimento che non segnalava, ad esempio, la presenza di minorenni tra gli occupanti. Al momento dello sgombero erano, invece, presenti 37 minorenni”. È quanto riferisce in una nota il delegato alla Sicurezza di Roma Capitale, Marco Cardilli.