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Anticipazioni sul Decreto trasparenza: per FOIA (Freedom of Information Act) Italia non è vero FOIA

areoplanino nel neroIl Fatto pubblica bozza del Decreto Trasparenza: senza drastiche modifiche al testo, non è vero FOIA

da Foia4Italy 27 gen 2016 — Il Decreto Trasparenza, approvato nel Consiglio dei Ministri del 20 gennaio, non è ancora stata pubblicato dal Governo (già, non c’è stata trasparenza sulla legge sulla trasparenza!) ma il 27 gennaio, Il Fatto Quotidiano (1) e Valigia Blu (2) ne hanno pubblicato una bozza.
Purtroppo, già alla prima lettura questo testo è assai deludente e sicuramente non all’altezza delle promesse che il Ministro Madia e lo stesso Presidente Renzi hanno ripetuto pubblicamente nei mesi scorsi.

Il decreto, infatti, istituisce una nuova tipologia di accesso che non sostituisce quella prevista dalla Legge n. 241/1990. Anzi, il nuovo “accesso civico”rappresenta una sorta di accesso di serie B in quanto consente a chiunque di vedere ed avere copia di dati e documenti solo ove non ricorrano una serie di numerosissime eccezioni che, di fatto, attribuisce un ampio potere discrezionale alle pubbliche amministrazioni.
Inoltre:
– non è previsto che l’accesso ai documenti informatici sia sempre gratuito
– non sono indicati precisamente i costi che potranno essere richiesti al richiedente (es. per riproduzione e spedizione)
– non è previsto che quando un’informazione sia stata oggetto di un certo numero di richieste di accesso, l’amministrazione debba pubblicare l’informazione nella sezione “Amministrazione Trasparente”
– i rimedi giudiziari previsti non sono veloci e poco onerosi e non è previsto alcun rimedio stragiudiziale (es. ricorso ad ANAC)
– non sono previste adeguate sanzioni in caso di accesso illegittimamente negato;
– le pubbliche amministrazioni possono continuare ad applicare il silenzio-diniego rendendo molto arduo il percorso di richiesta.

Se il testo non sarà modificato nelle prossime settimane, questa sarà l’ennesima occasione perduta per fare dell’Italia un paese più democratico e giusto. Oggi siamo solo 97° su 103 paesi nel ranking internazionale di accesso all’informazione e secondo l’ultimo rapporto di Transparency International penultimi in Europa e 61° nel mondo per lotta alla corruzione.

Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi chiediamo di modificare il decreto per far sì che gli italiani possano beneficiare della trasparenza che si meritano e di cui hanno bisogno per partecipare attivamente alla vita della democrazia.

Come Foia4Italy chiediamo inoltre al Parlamento, che sul testo proposto dal Governo dovrà esprimere un parere obbligatorio anche se non vincolante, disegnalare queste manchevolezze e vigilare affinché la normativa sull’accesso sia davvero evoluta e all’altezza delle promesse fatte fin qui dai rappresentanti dell’Esecutivo, all’altezza degli altri Paesi e del nostro futuro.

vedi anche

L’espresso 28 gennaio 2016 Foia, ma quale trasparenza: “Il Governo sta tradendo le richieste dei cittadini” Le bozze che circolano pongono molti limiti al diritto del cittadino. Ernesto Belisario, avvocato e tra i principali promotori dell’iniziativa Foia4Italy: “Questo non è un vero Foia”. Guido Scorza: “Formulazione ambigua, vaga e generica” di Alessandro Longo

(1) scarica dal sito del fatto Quotidiano la bozza del testo http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2016/01/Rel-ill-Foia-Anticorruzione-2.pdf

Il fatto quotidiano 27 gennaio 2016 Decreto Madia, la nuova trasparenza fa calare il silenzio. Su casi come Rolex, conti di Expo e concessioni statali

Il governo ha approvato la riforma della Pa digitale che contiene il suo Freedom of information act (FOIA), adattamento alla legge Usa che garantisce l’accesso ad ogni informazione in possesso dello Stato. Pubblichiamo in esclusiva i testi che da sette giorni (a proposito di trasparenza) girano solo tra gli addetti ai lavori, molti dei quali storcono il naso: le troppe scappatoie prestano il fianco a maggiori dinieghi. Sette motivi per cambiarlo

(…) il governo ha appena varato la sua trasposizione in chiave nazionale del celebre Freedom of information act (Foia), la legge americana che dal 1966 garantisce al cittadino l’accesso ad ogni informazione in possesso dello Stato che non contrasti con la privacy e la sicurezza nazionale. A distanza di una settimana, a proposito di trasparenza, il testo della riforma entrato a Palazzo Chigi sul sito della Pcdm ancora non c’è. Circola da giorni tra gli addetti ai lavori che dibattono tra loro. Chi lo difende, sostenendo che sia un passo avanti rispetto alla legge 241/1990 perché amplia la legittimazione soggettiva dei richiedenti a tutti e non a chi può rivendicare un interesse “diretto, concreto e attuale corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al dato al quale si chiede di accedere”. I detrattori lo hanno ribattezzato invece il “Foia all’amatriciana”, ritenendolo più vicino alla supercazzola che allo standard americano.

Lo pubblichiamo integralmente sul nostro sito, sia lo schema di decreto da 42 articoli (sotto) che la relazione illustrativa (scarica). Il testo, va precisato, dovrà ottenere il parere – non vincolante – del Parlamento e fare un ulteriore passaggio in Consiglio, ma chi temeva un provvedimento “annacquato” troverà almeno sette spiacevoli conferme. Eccole, punto per punto.

1) Gratuità dell’accesso. Il ministro Madia ha sostenuto che l’accesso civico è gratuito perché così si incentivano i cittadini a pretendere la trasparenza. In realtà l’art. 6 a pagina 5 specifica che “il rilascio di dati in formato elettronico o cartaceo è subordinato soltanto al rimborso del costo sostenuto dall’amministrazione”. Senza specificare però come viene calcolato.

2) Le eccezioni. Sono elencate all’art. 5 e rappresentano altrettante scappatoie per non divulgare un bel nulla: sicurezza nazionale, difesa e questioni militari, relazioni internazionali, politica e stabilità finanziaria dello Stato, indagini sui reati e loro perseguimento, attività ispettive, segreto di Stato.

3) Il pregiudizio “verosimile”. A decidere quando rigettare o accogliere la richiesta è la stessa amministrazione secondo un criterio soggettivo (“verosimile”) rimesso alla valutazione del dirigente.

4) La responsabilità. Se non perviene alcuna risposta dopo 30 giorni significa che la richiesta è stata rigettata e non viene fornita alcuna motivazione, così nessuno si assume la responsabilità di spiegare all’esterno perché cela la documentazione richiesta.

5) I costi. Resta la possibilità di fare un ricorso al Tar che costa 500 euro di tasse, l’onorario dell’avvocato e sei mesi per arrivare a sentenza. E se poi si scopre che il dirigente ha sbagliato?

6) La sanzione. L’amministrazione e il suo personale che nega illegittimamente l’accesso non ha sanzioni o altre forme di deterrenza e piena rispondenza alle prescrizioni di legge. Neppure a seguito di giudizio soccombente.

7) Complessità. La legge non abolisce le precedenti, in particolare la 241/90 che norma l’accesso. Una sovrapposizione di prescrizioni che sarà recepita dagli uffici come ulteriore onere e non come adempimento civico a tutela di un diritto che nella società della conoscenza è divenuto primario.

(2) Valigia blu 27 gennaio 2016 Dati pubblici: così il governo vuole negare l’accesso ai cittadini di Fabio Chiusi

Ce lo ha detto anche il creatore del web, Tim Berners-Lee: «Dovete fare un Freedom of Information Act vero, con poche scuse per negare i dati ai cittadini». Tradotto: anche l’Italia, come promesso da Matteo Renzi fin dalle primarie del 2012, deve dotarsi di una norma che consenta davvero a chiunque – e non solo a chi abbia un «interesse diretto, concreto e attuale» – di esercitare il proprio diritto di accedere ai dati e alle informazioni di cui dispongono le amministrazioni e gli enti pubblici. Come ha scritto l’associazione Diritto di Sapere, del resto, «l’Italia rimane una delle poche democrazie occidentali a non riconoscere ancora questo diritto fondamentale». Dopo svariati rinvii, siamo in dirittura d’arrivo. Nel Consiglio dei Ministri dello scorso 21 gennaio, infatti, si legge dell’approvazione di una norma – sotto forma di decreto legislativo in esame preliminare – secondo cui «i cittadini potranno chiedere di conoscere dati e documenti alla Pubblica amministrazione». Non solo: «L’accesso ai dati è gratuito e la richiesta andrà soddisfatta entro trenta giorni». Semplice? Sì, troppo. Se non bastasse, il governo ha riassunto l’annunciato cambiamento di prospettiva rispetto alla (insufficiente) normativa vigente in una apposita slide: Screen Shot 2016-01-27 at 11.22.27 Come di consueto, tuttavia, l’esecutivo non ci ha detto altro. Abbiamo chiesto al ministero della Funzione Pubblica di avere accesso al testo che dovrebbe dettagliare quanto genericamente promesso dal ministro Marianna Madia e dal consiglio dei ministri, ma senza ricevere risposta. A quanto ci risulta, del resto, quel testo ancora non esiste. Ma dato che nemmeno sulla trasparenza c’è trasparenza, Valigia Blu ha potuto consultare quella che secondo fonti bene informate è la migliore approssimazione della legge che verrà. La pubblichiamo affinché i lettori possano farsene un’idea e il dibattito, per una volta, ruoti intorno a questioni puntuali e circostanziate piuttosto che sui proclami propagandistici della comunicazione governativa. La norma, è bene precisarlo, dovrà in ogni caso passare il vaglio del Parlamento e della Conferenza Stato-Regioni, ma il testo già ora rivela una impostazione di fondo che fa dubitare si possa anche solo parlare di un “FOIA italiano”.  I punti critici Le criticità infatti sono molteplici. Prima di tutto, come sottolineava già l’avvocato ed esperto della materia, Ernesto Belisario, non è prevista nel testo alcuna sanzione per l’amministrazione che non dovesse adempiere alla richiesta di accesso ai dati da parte di un cittadino. “Colpisce”, ha scritto Belisario su agendadigitale.eu, quanto anticipato dal Ministro Madia in conferenza stampa in ordine all’assenza di sanzioni per le amministrazioni inadempienti. Infatti, da più parti si era richiesto che le nuove norme venissero accompagnate da sanzioni che spingessero le amministrazioni ad essere davvero trasparenti e garantissero realmente il diritto dei cittadini. Il motivo è semplice: Senza sanzioni, la nuova norma rischia di avere uno scarso impatto. Ancora, le eccezioni che consentono alle amministrazioni pubbliche di negare il rilascio dei dati ai cittadini sono talmente tante da mettere in dubbio che, annunci a parte, con la nuova normativa cambierà realmente qualcosa. A elencarle è l’articolo 6 del testo, secondo il principio per cui l’accesso deve avvenire “nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti”. Di che interessi si tratta? Quelli pubblici sono i seguenti: “a) la sicurezza pubblica; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive; h) il segreto di Stato; i) gli altri divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990”. Quelli privati: “a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”. I modi per opporre un rifiuto, insomma, non mancano. E del resto, si legge in un ulteriore passaggio che lascia più di qualche dubbio, “decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta”. A quel punto al cittadino non resta che fare ricorso al TAR, con tutto ciò che comporta in termini di costi e tempi per l’esercizio del proprio diritto di accesso. Da ultimo, il testo smentisce anche la gratuità dell’accesso promessa dal ministro Madia, prevedendo invece che “il rilascio di dati in formato elettronico o cartaceo è subordinato soltanto al rimborso del costo sostenuto dall’amministrazione”.

Ricorda di citare la fonte: http://www.valigiablu.it/dati-pubblici-accesso-cittadini-foia/

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