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ATAC, il dibattito (referendum e non solo)

REFERENDUM ATAC SI NOPubblichiamo in questa sezione i contributi che ci vengono inviati che riteniamo possano offrire interessanti punti di vista e approfondimenti sul tema, sulla vicenda ATAC e sul referendum previsto in autunno.Scrivere a : laboratoriocarteinregola@gmail.com oggetto: ATAC, il dibattito

Il Comitato promotore Referendum ATAC: perchè sì (LEGGI TUTTO)

La crisi dell’Atac, le scelte sbagliate e le soluzioni possibili secondo Walter Tocci Pubblichiamo il contributo di Walter Tocci, ex senatore PD e ex Assessore ai trasporti delle Giunte Rutelli. (LEGGI TUTTO)

I motivi del No al referendum sulla “concorrenza/privatizzazione” del trasporto pubblico romano
Pubblichiamo gli argomenti per il NO di Atac Bene Comune, a cura di Paolo Berdini (LEGGI TUTTO)

Comitato Mejo de No: Perchè NO alla liberalizzazione del trasporto pubblico di Roma Pubblichiamo il dossier “Perchè NO – Mejo de no alla liberalizzazione del trasporto pubblico di Roma” del Comitato per il No “un comitato aperto per promuovere il NO al referendum del 3 giugno sulla liberalizzazione del trasporto pubblico e collettivo” (LEGGI TUTTO)

Cominciamo con un contributo di Stefano Caroselli, responsabile Lazio enti locali  Sinistra Italiana

IO DICO  NO Dietro il fumo di ATAC c’è sempre l’arrosto di Stefano Caroselli

Oggi in pieno centro storico, l’ennesimo bus Atac ha preso fuoco. Poi un’altro a Castel Porziano. Il nono mezzo dell’Atac dall’inizio del 2018. Le prime ricostruzioni parlano di problemi all’impianto elettrico. Si saprà meglio nelle prossime ore. Al di là dei sensazionalismi e portando tutta la solidarietà a chi ne è rimasto danneggiato in qualsiasi modo, è comunque l’ennesimo episodio sui quale si avventeranno gli ideologi del privato che risolverà tutti i problemi al posto di Atac. Ennesimo, perchè accade da circa un anno e da tempo anche in periferia. L’impatto visivo è sconcertante e dovrebbe indurre tutti a più ampie riflessioni rispetto allo stato delle vetture con cui Atac è “costretta” da troppi anni a svolgere il servizio. Seguita sulla corta distanza, per guasti e usura, nonostante un parco rotabile più recente anche dal privato Roma TPL nelle periferie. La Giunta Raggi, al di là delle specifiche concause che hanno determinato l’ennesimo incidente, dovrebbe prendere atto che Roma e Atac, visto il pesante pregresso di deficit manutentivo non è nella condizione di poter aspettare che arrivino i pochi bus previsti nel 2019. Dovrebbe prendere atto che fin da subito bisognava approntare una soluzione intermedia anche con il leasing di bus non Atac. Dovrebbe infine, rendersi conto che l’aver sbattuto fuori i 140 lavoratori della Corpa che manutentavano i bus in piazza e li rimorchiavano in caso di guasto e non averli rimpiazzati con soluzioni alternative è stato un errore esiziale. L’effetto che producono queste immagini per un cittadino e per un lavoratore di questa storica azienda, è simile a quello di un piede calpestato. Ma il dolore e lo sconcerto, rischia di far dimenticare il rapporto tra causa ed effetto. Invece è proprio il caso di ricordare, che gestire un servizio pubblico, vuol dire tante cose tra le quali in ordine di importanza c’è la sicurezza di esercizio per chi ci lavora e per chi ha l’esigenza di spostarsi senza l’auto privata. Vuol dire che è sbagliato, tirare il collo ad autobus che macinano milioni di km vettura spesso in condizioni stradali pessime, in situazioni di estrema congestione veicolare, nel quarto territorio più esteso a livello europeo come Area metropolitana. Vuol dire che Atac deve essere rovesciata come un calzino e deve funzionare in modo diametralmente opposto da ciò che è stata e da ciò che constatiamo tutti i giorni. Vuol dire che se si è dei buoni manager o seri dirigenti di azienda bisognerebbe sapere, che non è consentito (anche se costretti dalla penuria di risorse), avere un parco rotabile che non solo “doppia” l’età media europea degli autobus in circolazione (12 anni invece di 7), ma che tira a campare con il metodo della cannibalizzazione di altre vetture in disuso, per poter sopperire a tutta una catena di difficoltà gestionali che persistono e incidono sul ciclo della manutenzione. Le forniture dei pezzi di ricambio che avvengono in ritardo o con il contagocce rispetto per esempio ad un piano cronologico di manutenzioni ordinarie e straordinarie, è causato, spesso, dal pessimo rapporto debitorio tra ditte fornitrici e Atac. Tenere in vita vecchi bus che macinano milioni di km vettura, con l’accanimento terapeutico delle sostituzioni dei pezzi di ricambio oltre una certa soglia temporale, significa, a proposito di deficit aziendale, che oltre a compromettere la sicurezza di esercizio, i costi della manutenzione ordinaria costano ai contribuenti, e quindi a tutti noi, cinque volte di più, di un bus che è dentro una normale media di usura.
A ciò si aggiunge che il blocco del turn over del personale operaio e la mancanza di formazione rispetto all’avvento delle nuove tecnologie certamente non aiuta. Ma tutto questo fa tornare prepotentemente alla ribalta il tema dei temi: le responsabilità. L’aver abbandonato in un cassetto, il progetto evocato da tutte le amministrazioni del passato, utile a fronteggiare una manutenzione costante sul parco rotabile di Atac, come il Polo Unico della Manutenzione.
Responsabilità trasversali del passato e del presente, ed equamente suddivise tra ceto politico incapace e indifferente e ceto manageriale intoccabile e protetto da clausole contrattuali blindate. Ma le vittime di questo perverso connubio sono sempre le stesse, i cittadini che devono poter fruire del servizio pubblico del trasporto in tutta sicurezza, come diritto universale inalienabile e le maestranze che vengono schiacciate dall’alto e dal basso. Perchè questa doppia pressione?
Dall’alto perchè sottoposte a continui e inconcludenti piani di risanamento, sempre molto distanti da seri progetti industriali che interagiscono con la pianificazione pubblica del trasporto, ma che incidono sempre sulle stesse voci: costo del lavoro, aumento dei carichi del lavoro, stress psico-fisico, riduzione degli stipendi, precarietà contrattuale. Dal basso perchè i conducenti di linea, i macchinisti, e gli operatori che stanno sul front line per dissuadere e multare chi non paga il biglietto, sono ormai da tempo oggetto di insulti, aggressioni verbali e fisiche, e vandalismi pericolosi e costosissimi contro i bus nel pieno del servizio. Non ultima l’aggressione di ieri ad una verificatrice (donna) che ha avuto la colpa di tornare a casa dopo il lavoro indossando la divisa di Atac. Un atto spregevole attuato nella totale solitudine e silente complicità della cosiddetta “società civile”. Una lavoratrice, non difesa neanche in quanto “donna” dall’ennesimo atto di violenza, tant’è che i sindacati stanno giustamente pensando ad uno sciopero contro questi livelli apicali di barbarie e ingiustificata aggressività. E la politica che fa?
Tutti gli effetti della delegittimante campagna stampa scatenata contro questa categoria ha origine in centri di responsabilità ben identificabili. Non basta il dovere di cronaca nel riportare il fatto. I grandi giornaloni romani devono fare qualcosa di più… Anche perchè, avviso ai naviganti: gli autoferrotranvieri di Roma e del Lazio, pur non essendo i diretti responsabili dei disservizi e delle ruberie politiche perpretate nel tempo in questa azienda, hanno ormai dato più di quanto dovevano. L’orario di lavoro è aumentato a 39 ore di guida e di produzione per tutti i settori. Per i Bus, metro, tram. Per autisti, operai e impiegati. E’ stato inserito anche …udite…udite…il jobs act! Ma nonostante ciò, da un anno circa, tutte le mattine ci sono autisti che, nelle rimesse di appartenenza più grandi, fanno la fila per poter prendere in consegna tabella di marcia e bus per effettuare il servizio e parte di queste vetture dopo un po’ rientra per guasto. Guasti seri, non capricci di autisti fannulloni come ama dipingerli Il Messaggero. E quand’anche non si verifica il guasto, il trend produttivo è sempre compromesso dalla situazione del traffico e della congestione che fa saltare puntualità e qualità del servizio. Mi piacerebbe essere smentito, ma presumo che, per la gioia degli utenti e de Il Messaggero, e per mandare ancora più a fondo l’immagine di Atac che “deve comunque” essere privatizzata, in prossimità del caldo estivo forse ci ritroveremo con la liturgica problematica dell’aria condizionata che non funziona nei bus, nei tram e nelle metro. A volte la storia col senno del poi la ripercorri comprendendo la contemporaneità con i se e con i ma.
L’incontestabile verità  che non raccontano i sostenitori del SI al referendum è che, se per tempo utile le passate amministrazioni avessero deciso di convertire buona parte della rete bus con una rete di superficie tram su sedi protette, e parte di altri percorsi magari con una flotta di veicoli elettrici, oggi sarebbe tutt’altra storia. Se avessero piazzato con concorsi ad evidenza pubblica, Presidenti e A.D., con autonomia e coraggio tale da battere i pugni sul tavolo nel chiedere’ come da regole date nello Statuto e nella Corporate Governance, all’azionista di maggioranza di risolvere i problemi strutturali, avremmo avuto diverse prestazioni, invece di raccogliere oggi i cocci prodotti da anni di mala politica e consociativismo. Se il Fondo Nazionale Trasporti gestito dai Governi, nel passato e con tempi certi, avesse adempiuto ad un regolare trasferimento di quelle già insufficienti risorse agli enti locali, quali le regioni, e se le regioni avessero a loro volta, trasferito quei fondi senza avere la possibilità di decurtarle “del tutto” ai comuni, come è accaduto nel Lazio in era Polverini, oggi sarebbe tutt’altra storia. Se le opere infrastrutturali di sistema quali le linee metropolitane, i passanti ferroviari, lo SDO, l’anello ferroviario fossero state finanziate e completate nei tempi e nei modi giusti, e se il Nuovo Piano Regolatore non avesse parcellizzato la dimensione urbana permettendo l’espansione  dellla speculazione edilizia ben oltre il perimetro urbanizzato, oggi sarebbe tutt’altra storia. Se fossero stati finanziati puntualmente e gestionalmente rendendoli operativi i PGTU e i PUMS per i municipi che ancora aspettano di diventare comuni metropolitani, altrettanto. Se nella Regione Lazio, si fosse dato seguito al progetto di riforma che prevedeva una integrazione societaria unica dei vari grandi operatori della mobilità, con una unica agenzia di verifica, indirizzo e controllo, non solo sarebbe stata un’altra storia, ma anche un Metrebus più inclusivo. A tale proposito quali sono le intenzioni del Presidente  Zingaretti e della leader dell’opposizione M5S  Lombardi su questo urgente tema? Non pervenute! Anzi, giungono dichiarazioni a mezzo stampa sull’affidamento con gara per le ferrovie concesse (Roma Viterbo e Roma Lido) e il Cotral.
Invece, checchè ne dicano i promotori del referendum per privatizzare Atac, la narrazione attuale è che i problemi “trascendono” Atac, perchè queste sono le motivazioni di “sistema” che, al netto delle troppe malegestioni indotte dalla politica, sono alla base dei guasti non solo di Atac ma di tutto il trasporto di Roma e del Lazio, le 8 FM regionali incluse. A partire da una Cura del Ferro troppo spesso soltanto “evocata” e mai applicata. Tra pochi giorni sapremo se il concordato prefallimentare voluto dalla Giunta Raggi, sarà giudicato positivamente o meno. Ma quale sarà il risultato, non dimentichiamoci che è il prodotto di un pregresso gestionale fallimentare in cui si è deciso “politicamente” di non riconoscere i crediti di Atac verso gli enti locali e di non “ricapitalizzare”. Quindi anche dopo un esito positivo il rilancio di Atac camminerà sempre sul filo di un rasoio, anche grazie a leggi di riforma che complicheranno l’affidamento in house, come i decreti dei ministri Madia e Del Rio, specie se nel tempo, non interverranno le giuste politiche nella pianificazione e nelle risorse. In caso negativo invece, si riaffaccerà prepotentemente, la proposta di commissariamento da parte del Governo nazionale e l’estromissione “consensuale” del Comune di Roma ente locale, che finalmente potrà tirare i remi in barca. Ed allora sarà evidente a tutti, anche a quel M5S inconsapevole, il gioco dell’oca in cui ci si è resi complici o protagonisti. In cui si è fatto e compiuto di tutto e il suo contrario, per ritornare al progetto originario voluto soprattutto dal PD nazionale e locale con quell’OdG di 2 anni fa, approvato dalle commissioni trasporto Camera-Senato a prima firma dell’allora senatore PD Stefano Esposito: conseguentemente, Bad Company (modello Alitalia), esuberi, cassa integrazione, spezzatino di assett pregiati, dismissioni immobiliari attese a bracce aperte dalla speculazione edilizia locali e da RFI; affidamento ai privati sulle linee più redditizie con FSBus Italia in prima fila, RATP e Arriva; conseguente aumento delle tariffe…ma sempre e comunque…. fermi in mezzo al traffico di Roma. Ma…spero comunque di essere smentito….

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bus in fiamme da Stefano Caroselli

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