Carteinregola al Forum di Repubblica sulla Legge regionale per la Rigenerazione urbana
Autore : Redazione
Pubblichiamo l’articolo di Paolo Boccacci sul Forum che si è svolto presso la sede di Repubblica il 19 aprile 2018, a cui ha partecipato anche Anna Maria Bianchi, presidente di Carteinregola, sulla Legge regionale per la Rigenerazione urbana 7/2017. La legge è oggetto da tempo di un dibattito pubblico anche in seguito al rischio abbattimento di villini della città storica come già per il “Piano Casa 2” prorogato dalla Giunta regionale nell’ottobre 2014 fino al 31 maggio 2017, che è stato poi superato dalla legge per la rigenerazione di cui si discute nel Forum.
La Repubblica 20 aprile 2018 Il Forum di Repubblica Roma sulla rigenerazione urbana: dai villini alle periferie, “Regole e tutele certe così rinasce la città”
Incontro tra ambientalisti, costruttori e architetti che incalzano Comune, Stato e Regione affinché venga messa mano alla legge: “Dovrebbe riguardare il sociale e porre un freno alle ruspe” a cura di PAOLO BOCCACCI
Si è tenuto nella sede di Repubblica un forum sulla rigenerazione urbana. Hanno partecipato Anna Maria Bianchi, presidente dell’associazione “Carteinregola” creata 5 anni fa in difesa dell’interesse pubblico. Edoardo Zanchini, dal 2011 vicepresidente nazionale di Legambiente e responsabile dei settori Clima e Internazionale. Matilde Spadaro, ambientalista ed ex assessora al Municipio VI, oggi consigliera della associazione Italia Nostra (Roma). Edoardo Zanchini, dal 2011 vicepresidente nazionale di Legambiente e responsabile dei settori Clima e Internazionale. Paolo Desideri, progettista e docente, tra i maggiori architetti italiani. Nicolò Rebecchini, presidente dell’Acer, associazione che riunisce i costruttori della Capitale. Vittorio Emiliani, giornalista, saggista, ex deputato, presidente del Comitato per la bellezza.
Repubblica: “Volevamo ringraziarvi per essere venuti a discutere del tema che riguarda la legge della Rigenerazione urbana e i suoi effetti a Roma. Lo abbiamo affrontato perché si sono manifestati nella città casi eclatanti di manomissione con demolizione e ricostruzione, in particolare di villini storici degli inizi del secolo scorso. Naturalmente è un problema a due facce. Da una parte c’è la necessità di tutela, dall’altra quella, imprescindibile, di ricostruire soprattutto la periferia”.
Nicolò Rebecchini (presidente Acer): “Purtroppo noi costruttori siamo sempre chiamati in causa, ma siamo solo dei trasformatori. Non siamo quelli che propongono o fanno le leggi. Partiamo da un assunto: ci poniamo all’interno di regole precise, rispettando una legge legittimamente approvata, che nasce dalla necessità di rifunzionalizzare il patrimonio esistente e di evitare il consumo del suolo. Oggi fare polemiche senza dare importanza all’obiettivo finale della legge rischia di far buttare l’acqua sporca insieme al bambino. Lo Stato ha investito molto per limitare i costi sociali che riguardano i consumi energatici e la sismicità. Così la Regione Lazio ha emanato una legge che sicuramente è perfettibile, ma non dobbiamo generalizzare. Un problema legittimo cme quello dei villini non può allargarsi a demonizzare una legge. Se la parola rigenerazione non entrerà nel sangue degli italiani, rimarremo sempre all’idea che rigenerare sia sinonimo di brutto, di sbagliato, da perseguire. Facciamo partire questi processi. E ci renderemo anche conto dei punti da limare”.
Edoardo Zanchini (Legambiente): “Nessuno può negare che abbiamo estremo bisogno di interveti di rigenerazione. Il punto è come, insieme, riusciamo a determinare un processo culturale, con il rischio che la legge, che noi riteniamo in parte anche positiva, non porti alla rigenerazione, ma solo a interventi diretti di cui nessuno sa nulla. La Regione non può dire al Comune che deve imporre tutele, e viceversa. Così non va e credo che, su questo, tutti dobbiam chiedere un chiarimento”.
Anna Maria Bianchi (Carteinregola): “Chi è chiamato a dare le regole è l’istituzione. Il privato sfrutta le possibilità che ci sono. Quindi, le vere responsabilità sono della Regione e del Comune. A noi sta a cuore l’interesse pubblico. La rigenerazione urbana è diventata uno slogan, ma poi le ricadute reali sono diverse. Nelle legge c’è incistato un piccolo “Piano Casa”. È l’articolo 6 che prevede demolizioni e ricostruzioni senza che il Comune possa intervenire. Noi abbiamo chiesto che questo articolo venga soppresso. Non siamo soli: lo ha chiesto anche l’Istituto nazionale di urbanistica”.
Matilde Spadaro (Italia Nostra): “La mia associazione si batte da anni per la salvaguardia del Centro storico e della Città storica. Roma ha vissuto una storia dolorosa. In Europa tutto è in movimento ma non è certo quello di chi pensa di abbattere in quartieri di pregio come il Coppedè. L’abbattimento del villino e la ricostruzione non portano nulla alla comunità di riferimento. Una legge che permette solo interventi puntuali privati che cosa serve alla collettività? E il Mibact dov’è?
Cancelliamo la storia per l’economia? Bisogna godere di una bellezza diffusa non di una privata. Il principio delle deroghe è proprio di un capitalismo da fine impero”.
Paolo Desideri (architetto): “È molto difficile un ragionamento sulla città continuando a parlarne solo come l’urbs latina, la città di pietra, e non come civitas, ovvero la società civile. Qualsiasi seria politica di rigenerazione dovrebbe riguardare non solo le polis dei costruttori, degli architetti, delle associazioni, ma anche la riqualificazione sociale. La società civile inquina la storia, che può diventare il cadavere di se stessa. Oggi è più periferica Campo dei Fiori con la delinquenza, le risse, la droga, i fast food, di quanto non lo sia Corviale. Lo dico in maniera provocatoria. O noi siamo in grado di guardare anche questo o continueremo, come i capponi di Renzo, a litigare sul villino da demolire. È necessario riuscire nella trasformazione urbana a sviluppare un patto tra capitale e politica che, in Italia, non è mai avvenuto per l’urbanistica. Colpa anche di una sinistra che ha sempre respinto il costruttore di destra spingendolo non al patto, ma alle clientele”.
Vittorio Emiliani (Comitato per la Bellezza): “L’Italia è la nazione con il maggior numero di singoli proprietari della propria casa. E noi abbiamo favorito questa tendenza. Ciò ha determinato la cultura della città. L’impatto con Roma mi ha scioccato quando ho visto le sue periferie sviluppate a macchia d’olio. Con le borgate del regime, ad esempio Primavalle, e quelle nuove che nascevano per “murati vivi”, come diceva Antonio Cederna. Ancora adesso a Ponte di Nona le case di edilizia economica e popolare e la città di Caltagirone non sono nemmeno collegate da strade, al punto che gli abitanti se ne sono fatti una, abusiva, intitolata “Meglio che niente”. C’è una doppia crisi, quella del Centro, sempre più svuotato, e della periferia. La rigenerazione deve anzitutto investire le periferie. Per quanto riguarda i villini, io non andrei a toccare Delle Vittorie, o San Saba, o il quartiere Trieste. Se poi a Tor Bella Monaca ci fosse anche un museo archeologico tutta la zona avrebbe una rigenerazione culturale. Mentre a Ponte di Nona, dove doveva nascere il più grande centro culturale d’Europa, è arrivato il centro commerciale di Roma Est. Questo è un delitto”.
Repubblica: “Desideri, lei ha lavorato al Palazzo delle Esposizioni di Pio Piacentini. Possiamo considerarlo come un modo di approcciarsi alla storia e di calarsi nel contesto vincolato in chiave di restauro e rigenerazione?”.
Desideri: “In qualche modo sì. Salvo alcune falle che vanno corrette, l’Italia non ha uguali al mondo per vincoli e lo dico con orgoglio. E noi architetti ci alimentiamo con i vincoli, alimentiamo la nostra creatività. Io non insisterei sul tema dei vincoli, delle regole. Il problema grande è quello della qualità e della cultura del progetto degli operatori che deve tenere insieme tutela e sviluppo. È la mia cifra, come nel restauro del Museo di Reggio Calabria di Marcello Piacentini. Ma anche negli interventi nuovi sempre c’è un legame con il contesto della città, come per l’Auditorium di Firenze. I tre interlocutori principali sono un buon progettista, che non sempre c’è, una buonissima amministrazione, il Comune e le Soprintendenze che possono essere preziose. Che possono giocare in partita un ruolo fantastico, come è successo a Firenze con Martinez e a Reggio Calabria con Prosperetti. Infine, terzo punto, servono buone imprese, che a volte abbiamo e a volte no. All’estero i tre fattori ci sono tutti, da noi spesso no”.
Repubblica: “Ci sembra che il problema da affrontare sia quello di una possibile convergenza tra tutela e rigenerazione”.
Bianchi: “Oltre al problema dei villini, c’è anche quello delle periferie. Il punto è questo: se un privato deve demolire e ricostruire nella zona periferica un palazzo deve avere un margine di profitto. La legge invece dà il premio uguale, il 20%, a Prati e a Tor Bella Monica. E questo è un disastro. Non c’è nessun paletto. Tutto ciò andrebbe ripensato. La Regione deve finire di dire che la legge sulla Rigenerazione è diversa dal Piano Casa e mettere mano all’eliminazione dell’articolo 6. Mentre per la legge della Rigenerazione a luglio scade l’anno per chiarire dove si possono fare interventi e dove no. E il Comune lo dovrebbe fare chiedendo anche l’abolizione dell’articolo 6”.
Zanchini: “La rigenerazione in tutta Europa è fondamentale. È fatta per questioni ambientali e sociali perché bisogna dare una casa a chi non ce l’ha. Questa città ha periferie bruttissime con molti palazzi vuoti che non si vendono e poi tante persone che avrebbero bisogno di un’abitazione. Anche per far lavorare i costruttori e non fargli consumare suolo. Insieme dobbiamo chiedere alla Regione le tutele. Ma bisogna anche dire che il Piano Regolatore spesso rende veramente impossibile la rigenerazione. Ma nella stessa legge c’è un articolo che dice che i Comuni possono presentare programmi di rigenerazione. Dettando le regole. E il patrimonio edilizio del Comune perché non entra in questi processi? Se il Comune non lo farà tutto rimarrà fermo”.
Spadaro: “Io a Tor Bella Monaca ho aperto una biblioteca pubblica. Le cose si possono fare anche nelle periferie, che hanno aspetti di creatività impensabili.
Ma noi della ricaduta sociale e dunque culturale nell’urbanistica non parliamo mai. Anche nelle periferie sono orgogliosi di appartenere a Roma e dunque dobbiamo ripartire da lì. Bisogna dare spazio ai cittadini che vogliono partecipare con investimenti alla rigenerazione. Sulla legge al Mibact abbiamo chiesto che siano tutelati il Centro Storico e la Città storica. Mentre la Regione deve dare anche spazio ai fabbricati rurali”.
Repubblica: “A via Ticino è stato abbattutto un villino degli anni Trenta e un altro simile, quello di Villa Paolina, potrebbe essere demolito. Che fare? Si possono porre limiti alle 500 richieste che ci sono?”.
Emiliani: “Quello che manca nella legge è una visione del tessuto complessivo. Se dai solo premi il costruttore si indirizzerà su quelli che gli offrono più profitto. Non può bastare. Lo stesso Centro non è tutto vincolato. E anche la città di Nathan richiede vincoli. L’altro aspetto è che la Regione non ha un piano paesaggistico completo e aggiornato. Siamo in un deficit di pianificazione grave. Si può cominciare insieme con un tavolo comune da organizzare alla Regione. C’è da immetere la cultura nuova della Rigenerazione, dell’edilizia aggiornata. Gli automastismi rozzi della legge stanno provocando disastri, anche nei Comuni del Lazio. Tutto deve scendere nel dettaglio con una pianificazione attenta e indicazioni chiare”.
Rebecchini: “La storia dei villini riguarda 500 richieste su un patrimonio abitativo di 800mila immobili e di queste richieste quelle che riguardano edifici di valore si potranno contare sulle dita di due-tre mani. Sono d’accordo col fare proposte che devono esser gestite dalla mano pubblica, che deve decidere ciò che deve essere tutelato e cosa no. Speriamo che il Comune vari subito gli ambiti di rigenerazione all’interno dei quali chiunque possa intervenire. Ma il Campidoglio, e chi è preposto alla tutela, come la Soprintendenza, fissino ciò che deve essere salvaguardato. Così si sgombra il campo. L’incremento edificatorio
paga solo la rendita fondiaria non i costruttori. E poi: a Tor Bella Monaca basterebbe il 20% di premio? In ogni caso emerge la mancanza della mano pubblica, che deve tenere conto di tutela e sviluppo. L’articolo 6, se il pubblico facesse la sua parte, non servirebbe. Le buche sono l’altra faccia della medaglia di quello che avviene in edilizia, non si va mai a dama. Invece, senza agire sul momento, correggiamo le cose che vanno corrette e andiamo avanti”.