Dopo il referendum ATAC (alla faccia della democrazia diretta)
Autore : Redazione
Il Referendum su ATAC dell’11 novembre si è concluso in un nulla di fatto, visto che non è stato raggiunto il quorum del 33% . Infatti complessivamente hanno votato circa 386.900 cittadini su 2.363.989 iscritti al voto, pari al 16,38% . Il “SI” ha raggiunto il 74%, quindi la maggioranza. Ma in ogni caso si trattava di un referendum consultivo, quindi se anche il numero di elettori avesse superato la soglia richiesta, il responso delle urne avrebbe fornito solo un’indicazione politica, nessuna scelta obbligatoria.
Però la vicenda mette in evidenza due cose.
La prima: la scarsa partecipazione dei romani potrà avere molte cause, come un quesito principale poco comprensibile ai più, in generale e nelle sue ricadute pratiche. E anche che il referendum, come molte consultazioni che non sono contestuali ad altri appuntamenti elettorali (ad esempio le elezioni dei Municipi separate da quelle comunali), è riuscito a coinvolgere solo i cittadini più informati e motivati. Ma va detto che l’Amministrazione cittadina pentastellata, quella della “democrazia diretta” e dell’uso del web per condividere le scelte con la cittadinanza, è stata scandalosamente muta e inattiva, così che moltissimi romani non sapevano nemmeno dell’esistenza dell’appuntamento referendario. Nessuna comunicazione a domicilio, o affissioni, ben pochi interventi pubblici sui social. Addirittura è stato negato il permesso al comitato promotore di mettere manifesti elettorali a pagamento nelle stazioni delle metropolitane e nei luoghi frequentati dagli utenti del trasporto pubblico.
Ma “democrazia diretta” vuol dire impegnarsi per dare agli elettori la possibilità di fare la propria scelta in uno scenario in cui le posizioni diverse si confrontano lealmente e vince il più convincente. La vittoria della Sindaca e della sua maggioranza, schierate per lo status quo, sarebbe stata davvero tale se gli elettori fossero andati a votare in gran numero dopo un’ampia campagna informativa, e avessero vinto i “NO”. Così viene da dire: “ti piace vincere facile…”
La seconda: la maggioranza pentastellata ha approvato quasi un anno fa alcune modifiche allo Statuto di Roma Capitale anche e soprattutto per introdurre nuovi strumenti che dovrebbero favorire per l’appunto la “democrazia diretta”. Carteinregola all’epoca aveva sollevato, inutilmente, molte critiche, perchè temeva le possibili distorsioni di un sistema che cancellava il quorum e introduceva i referendum abrogativo e propositivo, con l’obbligo quindi, per l’Assemblea Capitolina, di adottare obbligatoriamente le scelte emerse dalle urne, qualunque fosse risultato il numero dei votanti.
Ecco, la vicenda di questo referendum può rappresentare perfettamente il perchè delle nostre obiezioni.
Infatti se non fosse stato promosso prima delle modifiche allo Statuto e quindi sottoposto alle regole precedenti, il referendum su ATAC sarebbe stato sicuramente propositivo: avendo la possibilità di influenzare concretamente le decisioni, chi infatti si impegnerebbe a raccogliere tutte quelle firme in poco tempo per un referendum solo consultivo?
E una volta raccolte le firme, non essendoci più alcuna soglia minima di votanti, il SI e il NO avrebbero potuto giocarsela anche con un assai risicato raccolto di voti. E in questo caso avrebbe vinto il SI.
E l’Assemblea Capitolina sarebbe stata tenuta “a deliberare, entro centoventi giorni dalla data di proclamazione dei risultati, nel senso espresso dal risultato del referendum“(*). Cioè avrebbe dovuto calare sull’intera città le decisioni di una minoranza, anche risicatissima di cittadini, senza poter battere ciglio.
In un’epoca in cui la gente ha – o ricorre a – sempre meno strumenti per informarsi, in cui ognuno nuota nella sua bolla di conferme alle sue credenze, in cui gli algoritmi dei social propongono gruppi ed eventi omogenei alle opinioni e agli stili di vita, in cui la curiosità è sopraffatta dalle risposte preconfezionate, il referendum può diventare un’arma assai poco controllabile dalla ragionevolezza.
In ogni caso, nella maldestra gestione di questo referendum, il MoVimento è caduto, come tanti altri prima di lui, nel “due pesi due misure”, esaltando in teoria la partecipazione popolare che dovrebbe sostituire sempre di più la rappresentanza politica tradizionale, ma ostacolando, nei fatti, quella che rischia di andare in una direzione indesiderata.
Anna Maria Bianchi Missaglia
Per informazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
Vedi anche Nuovo Statuto, i rischi per la democrazia della “democrazia diretta” (15 gennaio 2018) Alla vigilia dell’approvazione definitiva del nuovo Statuto di Roma Capitale, lanciamo un ultimo grido di allarme sull’ambiguità delle nuove norme per la partecipazione dei…Continua#
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(*) NUOVO STATUTO DI ROMA CAPITALE
ART.10 REFERENDUM
(…)
6(…)L’Assemblea Capitolina, entro trenta giorni dalla data di proclamazione dei risultati del referendum consultivo, si determina sugli stessi, motivando pubblicamente l’eventuale non accoglimento dell’indirizzo politico espresso dagli appartenenti alla comunità cittadina.
7. Qualora il risultato del referendum sia favorevole all’abrogazione di un provvedimento dell’Assemblea Capitolina ovvero di singole disposizioni di esso, il predetto organo, con propria deliberazione da adottare entro trenta giorni dalla data di proclamazione dei risultati, dà atto dell’avvenuta abrogazione del provvedimento o delle singole disposizioni. L’abrogazione ha effetto dalla data di esecutività della predetta deliberazione di presa d’atto.
8. Qualora il risultato del referendum propositivo sia favorevole all’adozione di un provvedimento dell’Assemblea Capitolina, il predetto organo è tenuto a deliberare, entro centoventi giorni dalla data di proclamazione dei risultati, nel senso espresso dal risultato del referendum. Roma Capitale disciplina i referendum ispirandosi ai principi della Carta Europea dell’Autonomia Locale e del Codice di buona condotta sui Referendum del Consiglio d’Europa.