scarica FARE SPAZIO ALLE ATTIVITÀ CULTURALI 2018 EDDYBURG – Fare spazio alle attivita culturali
Una guida per l’azione (da Eddyburg)
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Ad esito di un percorso di ricerca e di confronto, abbiamo constatato che gli spazi culturali conviviali sono – oggi – un servizio d’interesse generale, indispensabile per rispondere all’istanza di costruzione di una società multiculturale, più solidale e coesa. Gli spazi culturali che abbiamo in mente sono, principalmente, luoghi conviviali. Non serve definirli in modo preciso, ma è importante sottolineare che cosa li rende speciali: sono luoghi inclusivi, flessibili, accessibili, belli ma non omologati, democratici e attivi. La varietà delle strutture ne rende possibile la diffusione nelle città e nei paesi più piccoli, nelle aree centrali e in quelle più esterne, nei luoghi aulici e nelle frange urbane.
Abbiamo costatato il loro potere generativo: ovunque sono presenti, gli spazi culturali diffondono effetti positivi sulle persone coinvolte direttamente, sui fruitori assidui e occasionali, sul contesto circostante. La loro presenza contribuisce a costruire quotidianamente la multiculturalità, a legare in maniera costruttiva le diversità, a rendere la società più solidale, e a fare della città un luogo vivibile e accogliente.
Sostenere le iniziative. L’esperienza ci ha insegnato che le norme urbanistiche non possono, da sole, assicurare la presenza diffusa di spazi culturali accoglienti, democratici e vitali. Per di più, cambiare le leggi e i piani richiede tempo e una sensibilità politica differente. Tuttavia, i seminari, le visite guidate e gli incontri con le persone impegnate in questo campo ci hanno aiutato a individuare cinque passi che possono essere compiuti fin d’ora, da amministrazioni locali virtuose o da associazioni civiche che intendano mobilitarsi. Ad ognuno abbiamo dedicato un paragrafo di queste linee guida, nella convinzione che possa essere utile per fare in modo che qualcosa accada.
CINQUE PASSI DA COMPIERE
PER FARE SPAZIO ALLE ATTIVITÀ CULTURALI
1. Mappare i luoghi da riservare
Uno spazio ci vuole. Una sede è importante, non solo perché consente di svolgere le attività in modo continuativo e di programmarle nel tempo, ma anche perché gli spazi culturali sono un punto di riferimento della vita di quartiere e della città. Sono un luogo conosciuto e riconosciuto. Non occorre necessariamente costruire nuove strutture e grandi contenitori: le città sono ricche di spazi dismessi, sottoutilizzati o in via di trasformazione, che possono essere adibiti, in modo temporaneo o permanente a spazi culturali, con interventi ridotti e con l’impiego di materiali, elementi, tecniche facilmente riciclabili e reimpiegabili. Mapparli è il primo passo.
2. Individuare i soggetti da ingaggiare
Il tutor è la figura chiave. Non basta disporre di uno spazio. Perché diventi un punto di riferimento della città occorre progettarlo, attrezzarlo e gestirlo. Si devono mettere in relazione saperi e competenze differenziate, nel pubblico e nel privato, nell’economia e nell’amministrazione. Servono energie e competenze che non necessariamente sono possedute dagli operatori culturali, dalle associazioni civiche, dalla pubblica amministrazione.
È necessaria una figura di pivot che sappia concepire un solido piano d’azione e operi con continuità e per un periodo di tempo sufficiente ad assicurare la sostenibilità delle iniziative. Le professionalità esistono. Ingaggiare i soggetti giusti è il secondo passo.
3. Trovare le risorse da impiegare
I soldi servono, ma non sono il problema. Si possono fare molte cose, anche con lepoche risorse disponibili, se impiegate con intelligenza. Esistono modelli consolidati di finanziamento che possono essere calibrati sulle specifiche iniziative, basate su un mix di attività economiche e no-profit, su finanziamenti a lungo termine di banche etiche e fondazioni, sul sostegno attraverso misure pubbliche ( anche di tipo indiretto, riguardanti i canoni di concessione, le spese di manutenzione straordinaria, ecc.), sul crowdfunding. Si può sfuggire alla trappola della valorizzazione market-oriented finalizzata alla sola estrazione del valore immobiliare: guardare a modelli consolidati, europei e italiani, è il terzo passo.
4. Individuare gli ostacoli da rimuovere
Aggiornare le regole per cambiare passo. Affidi, concessioni, comodati, bandi. Manutenzione e ristrutturazione. Le istituzioni possono intervenire nell’ambito della regolazione minuta (in capo ai settori del patrimonio, del commercio, della pubblica sicurezza, dell’edilizia, degli appalti, …) per non ostacolare e, se possibile, per dare gambe alle iniziative della cittadinanza attiva. Allo stesso tempo, solo le istituzioni possono garantire che gli spazi culturali possano sopravvivere, anche in caso di declino dei soggetti che ne hanno promosso l’attivazione. E possono collaborare con tutti i soggetti coinvolti, e soprattutto con il tutor, affinché siano verificate nel tempo le sue ricadute delle iniziative, sul corpo sociale e sulle politiche urbane. Adattabilità è la parola chiave per assicurare il presidio delle iniziative, per correggerne i difetti, per apprendere e fare leva sui successi. Stabilire una collaborazione fattiva tra pubblica amministrazione e iniziative civiche è il quarto passo.
5. Dimostrare che si può fare
Puntare su un esempio per ispirare altre azioni e costruire una rete. La città e le politiche urbane costituiscono un milieu necessario per fare sì che le iniziative possano darsi forza l’una con l’altra, contagiarsi, collaborare. Tuttavia, le cose non nascono dal nulla. I progetti bandiera hanno un potere al contempo concreto e ispirativo perché incidono nel reale e modificano l’immaginario collettivo. Per questo occorre puntare su un esempio che faccia da capofila. Sostenerlo e comunicarlo è il quinto passo.
Documento scritto da Mauro Baioni, in collaborazione con: Donato Belloni, Ilaria Boniburini, Edoardo Salzano (associazione eddyburg) Daniela Patti, Levente Polyak e Jorge G. Mosquera (eutropian.org)