Forum su ATAC e il trasporto pubblico – il dibattito continua
Autore : Redazione
Da Sin. Paolo Gelsomini, Walter Tocci, Paolo Berdini, Vittorio Sartogo, Enrico Stefàno e Riccardo Magi al Forum del 23 maggio 2018
Quello che abbiamo capito in più sull’Atac e sul trasporto pubblico
di Paolo Gelsomini
“Un mercoledi da leoni” era il titolo di un film del 1978 che narrava le avventure di tre amici che praticavano il surf sulle spiagge della California. Mercoledi 23 maggio gli “amici” erano cinque e si sono ritrovati presso l’accogliente salone della sede dell’Associazione Per Roma in via Nazionale per parlare di Atac, trasporto pubblico, concordato fallimentare, referendum, liberalizzazione. Come dire, su quelle onde altissime e pericolose i cinque amici, come nel film di John Milius, hanno fatto surf.
Il Forum è stato organizzato dalle associazioni PerRoma, Carteinregola, FuturaAncislink, Simmachia e CALMA (Comitati e Associazioni per la Mobilità Alternativa) e, di fronte ad un folto e qualificato pubblico, ha visto la partecipazione del presidente della commissione mobilità di Roma Capitale Enrico Stefàno, dell’ex senatore ed ex assessore ai trasporti pubblici delle Giunte Rutelli Walter Tocci, del presidente dei Comitati Atac Bene Comune ed ex assessore all’Urbanistica della Giunta Raggi Paolo Berdini, del portavoce dell’Associazione C.a.l.m.a. esperto di politiche dei trasporti Vittorio Sartogo, e di Riccardo Magi segretario dei Radicali italiani, ex consigliere comunale con il Sindaco Marino, attuale deputato di Più Europa e promotore del Referendum per la liberalizzazione dei servizi di trasporto pubblico.
Le due ore abbondanti di domande, risposte, argomentazioni, repliche e controrepliche le potrete ripercorrere visionando il video registrato da Angelo Frezzotti che ha permesso anche la visione in streaming del Forum.
Qui ci preme solo mettere a fuoco i punti che abbiamo posto e le risposte che abbiamo sollecitato sulle questioni fondamentali per capire un po’ meglio la natura della situazione problematica – per non dire disastrosa – non solo dell’Atac, ma di tutto il sistema della rete del trasporto pubblico romano.
Su un primo punto tutti hanno convenuto, e cioè che la crisi dell’Atac è parte della crisi del sistema generale della rete della mobilità romana che non riesce a darsi una geometria compiuta, non riesce a funzionare come un sistema integrato di autobus, tram, metropolitane, ferrovie regionali, parcheggi di scambio con la mobilità privata.
Inoltre, l’irrazionale sviluppo urbanistico di Roma ha creato sacche di città a bassa densità ed a grandi distanze, rendendo altamente problematica l’offerta del servizio di trasporto pubblico.
Terzo nodo di crisi strutturale di sistema esterno alla crisi endemica dell’Atac è l’ambito di riferimento territoriale ed istituzionale che dovrebbe corrispondere alla Città Metropolitana, l’Ente territoriale di area vasta, nato nel 2015 sulla scia della Legge n.56 del 7 aprile 2014, che conta quasi 4 milioni e mezzo di abitanti. Ma questo Ente non è mai decollato e la rete del trasporto pubblico risente di questa mancanza di programmazione su più ampia scala. Inoltre, anche a livello regionale si avverte la mancanza di una programmazione a quel livello del trasporto pubblico che penalizza in primo luogo i pendolari.
Il quadro negativo illustrato dai partecipanti sulla situazione della rete del trasporto pubblico e dello sviluppo caotico ed irrazionale della città, non deve assolutamente costituire un alibi per l’Atac, la cui offerta da anni non riesce né a soddisfare la domanda dei cittadini utenti né gli obblighi imposti dal Contratto di Servizio con il Comune, che da anni ha visto susseguirsi innumerevoli proroghe nonostante che tutti gli indici prodotti da Osservatori istituzionali fossero nettamente e progressivamente in caduta libera.
Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che l’Atac deve trasformarsi per fare fronte alle esigenze poste all’interno di una situazione infrastrutturale ed urbanistica difficilissima.
Come? E qui le strade ovviamente si dividono tra i partecipanti. Il nostro obiettivo era mettere a fuoco le diverse soluzioni senza cedere alla tentazione tutta ideologica di produrre due schieramenti “pro-liberalizzazione” e “contro-liberalizzazione”. Il Referendum, se si farà, esigerà naturalmente un Sì o un No, ma il ragionamento collettivo che abbiamo cercato di produrre ed alimentare nel Forum si è sviluppato attraverso dati, riflessioni e motivazioni alle quali nessuno dei partecipanti si è sottratto.
Chiara la posizione di Walter Tocci che punta il dito contro il concordato preventivo voluto dalla Giunta Raggi, perché a suo avviso si sarebbe potuta evitare la procedura fallimentare dell’Atac, se il Comune si fosse preso il debito di 200 milioni che grava sul bilancio di Atac e che potrebbe essere attribuito dalla Magistratura ad accordi e scelte del Comune o ad oneri dei contratti nazionali che ha gestito il Comune e non l’Atac.
In questo quadro il risanamento si sarebbe potuto avviare senza il concordato fallimentare che, sotto il controllo del Tribunale, gestisce il contenzioso con i creditori (e tra questi c’è anche il Comune di Roma che vanta un credito di circa 500 milioni per anticipazioni all’Atac di contributi regionali mai restituiti). Se l’esito del concordato fosse negativo, e lo sapremo il 30 maggio, il fallimento ordinario sarebbe affidato ad un commissario straordinario che porterebbe al fallimento dell’Atac con esiti imprevedibili per il servizio pubblico ai cittadini.
Enrico Stefàno ha difeso il concordato preventivo perché a suo dire consente di programmare un piano di rientro del debito che comunque sarebbe scaricato sulle spalle di un qualsiasi soggetto pubblico o privato se restasse in piedi. E quindi, in questo senso, risanare il debito dell’Atac vuol dire risanare Roma perché se il rientro del debito aziendale non fosse programmato, sarebbe il Comune di Roma Capitale a ritrovarselo sul suo bilancio.
Questa posizione di Stefàno è diametralmente opposta a quella di Tocci che parla invece della necessità di fare incamerare il debito dell’Atac al Comune alla luce del sole e di adottare gli strumenti legislativi e finanziari che permetterebbero all’Ente pubblico di gestire la fase debitoria.
E’ necessario parallelamente – secondo Tocci – separare il debito dal servizio, perché l’Atac, sotto la spinta dei commissari nominati dal Tribunale in caso di fallimento della procedura, potrebbe essere tentato di raggiungere gli obiettivi finanziari riducendo le risorse per il servizio pubblico di trasporto per poter pagare i creditori, con modalità pertanto molto penalizzanti ed incerte per i creditori stessi.
Nell’ambito di una profonda trasformazione, inoltre, occorre separare il servizio dalla produzione. Il servizio – secondo Tocci – deve essere svolto da un Atac che abbia funzioni radicalmente diverse dall’attuale, nel senso che dovrà diventare una tecnostruttura con una forte sezione di ingegneria per la programmazione e per la progettazione ed una per la redazione e gestione dei contratti di servizio. Il servizio non deve andare a gara e quindi non è oggetto della liberalizzazione, che dovrà invece essere applicata alla parte della produzione del servizio che dovrà essere soggetto a gare con capitolati chiari e controllabili nelle fasi di esercizio del servizio.
Sulla stessa linea Riccardo Magi secondo cui la riforma dell’Atac non ha trovato uno sbocco istituzionale e si è passati di proroga in proroga del contratto di servizio senza rompere il monopolio e senza mai mettere in discussione il ruolo funzionale e la struttura aziendale dell’Atac ed in particolare della sua dirigenza. Non ci si è mai mossi dall’affidamento in house, ma l’affidamento in house è possibile solo se si dimostra che quell’affidamento è la forma più economica ed efficiente ed è motivata da una indagine di mercato. Interessi politici e clientelari hanno creato un muro, con una ragnatela consociativistica di resistenze ad ogni cambiamento da parte della politica, del sindacato e dei vertici aziendali, ma anche da parte degli interessi indotti di ditte fornitrici di pezzi di ricambio o di altri tipi di servizi ai mezzi con prezzi assolutamente fuori mercato e senza nessun controllo. Quindi – conclude Magi – questa resistenza al cambiamento per via politica ed istituzionale ha portato alla esigenza di raccogliere le firme per questo referendum che si dovrebbe fare in autunno e, comunque la si pensi, il referendum è un’istituzione democratica.
Di diverso parere e di contrapposta filosofia sul servizio pubblico Paolo Berdini e Vittorio Sartogo.
Dice Berdini: “Una gigantesca azienda come l’Atac non ha una testa. La politica ha cambiato i vertici infinite volte, ma la politica deve restare per sempre fuori dall’azienda. Deve essere un soggetto terzo a nominare i vertici e non la politica”. Il referendum è sicuramente un istituto democratico ma non si risolvono i problemi dell’Atac e del trasporto pubblico liberalizzando la produzione del servizio né mettendolo a bando perché il soggetto privato ha come finalità la massimizzazione del profitto e non certo la realizzazione di un’offerta adeguata alla domanda di trasporto pubblico da parte dei cittadini utenti. Il privato che è entrato all’interno dei processi urbani per esempio, ha stravolto lo sviluppo della città e la stessa cosa potrebbe fare nel trasporto pubblico. “Perché non si parla mai dell’esperienza privatistica negativa messa in piedi con l’istituzione di Roma TPL che gestisce le linee periferiche romane per 27 milioni di Km?”. Il TPL nasce in un contesto in cui il privato era indicato come il salvatore – prosegue Berdini – ma il privato non ha salvato nulla perché le linee periferiche gestite da TPL hanno un rendimento molto basso a fronte di buoni profitti privati in quanto il contratto di servizio Comune-TPL si basa sui Km percorsi in territori in cui la velocità commerciale è più alta di quella delle zone semiperiferiche e centrali gestite dall’Atac. Quindi, secondo Berdini, occorre cominciare a ricostruire il pubblico, a dirigere i processi del trasporto pubblico senza l’intromissione della politica, e a investire risorse. Infatti per costruire una rete di trasporto pubblico occorrono grandi investimenti pubblici. Con le ristrettezze del bilancio Atac sono state tagliate linee periferiche anche sotto l’Amministrazione Marino. I debiti dell’Atac non possono essere sanati con la diminuzione dell’offerta di servizio pubblico di trasporto né con la compressione dei diritti dei lavoratori.
Vittorio Sartogo si domanda per quale ragione le gare dovrebbero avere una proprietà salvifica verso Atac che, secondo Tocci, diventerebbe una tecnostruttura a forte componente ingegneristica e giuridica; perché dovrebbero avere una proprietà salvifica verso una politica da risanare e perfino verso un sindacato da riformare; perché dovrebbero magicamente migliorare il servizio ed aumentare l’offerta di trasporto pubblico rispetto all’attuale, largamente sotto la domanda. Secondo Sartogo occorrono una serie di azioni capaci di intervenire sulla riforma dell’Ente pubblico attraverso un processo che riorganizzi il servizio e cambi profondamente la struttura aziendale dell’Atac. Questa riforma della struttura dell’Atac dovrà avvenire con criteri di flessibilità e di innovazione che la situazione complessa della città impone. L’Ente pubblico (in tutte le sue centrali dedicate alla mobilità) non è capace di programmare. Come lo potrà fare dopo la liberalizzazione e dopo le gare? La modalità di riorganizzazione dell’azienda deve tener conto del fatto che l’Atac è una SpA che si muove con criteri di economia e non di servizio. L’Atac si muove nell’ambito del diritto privato e con le esternalizzazioni ha già privatizzato buone parti del servizio. La sua finalità principale è quella del ritorno economico e, nel caso attuale, della gestione del debito e del piano industriale di rientro. Inoltre, se si liberalizza la produzione del servizio, il gestore opererà a rischio zero perché interverrà sempre il finanziamento pubblico. Anche le auspicate trasformazioni dell’Atac in tecnostruttura ingegneristica non sembrano operazioni sufficienti e praticabili come non appare risolutiva la separazione tra progettazione pubblica del servizio e produzione privata del servizio. Occorre secondo Sartogo ripensare l’Atac come impresa capace di soddisfare la domanda di trasporto pubblico, come nodo centrale del sistema di mobilità costruito con il concorso dei cittadini utenti dei quadranti della città e dei lavoratori.
L’ultima replica di Riccardo Magi chiude il Forum: “Il referendum popolare del 1908 del sindaco Ernesto Nathan, al quale ha fatto giustamente riferimento Berdini, consentito dalle leggi nazionali dell’epoca in occasione della creazione di aziende municipalizzate, fu indetto per rompere un monopolio privato che rendeva servizi di trasporto a basso livello e ad alto costo. E’ la situazione di oggi nella quale si è creato un blocco di interessi che va spezzato con la messa in gara della produzione del servizio che deve essere separata dalla programmazione e dalla gestione dei contratti di servizio.
Il Forum per il momento è finito qui, ma ci piacerebbe fare ancora degli approfondimenti su tante opzioni messe in campo dai partecipanti. Tutte opzioni interessanti e dignitose ma suscettibili di approfondimenti. In particolare tre domande ancora aspettano risposte esaurienti:
Si puà conciliare la gestione pubblica della programmazione del servizio con la produzione privata del servizio?
Come potrà essere mantenuto un margine di profitto soddisfacente per le imprese private che parteciperanno al bando in caso di liberalizzazione se tutte le scelte strategiche di indirizzo (dai percorsi, alle fermate, ai tempi, alle frequenze, alle tariffe) stanno in mano al soggetto pubblico?
Che cosa vuol dire nei fatti cambiare radicalmente l’Atac, salvando però la sua struttura pubblica anche nella fase della produzione del servizio e non solo della sua progettazione e organizzazione?
Crediamo che questo Forum abbia costruito delle basi per l’approfondimento delle problematiche del trasporto pubblico e sui soggetti chiamati a progettarlo e a realizzarlo, con un dibattito che Per Roma, Carteinregola e le altre associazioni continueranno a proporre nel dibattito pubblico della Capitale.
Paolo Gelsomini
> Vai al video del Forum del 23 maggio 2018 (a cura del canale YouTube L’altraNews)
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