Gli angeli non abitano più qui La Sapienza , 7 Maggio 2015
Peripherein, l’intervento dell’Assessore Giovanni Caudo
- Peripherein è un verbo che in greco antico significa letteralmente tracciare una circonferenza. Disegnare una linea che divide un interno e segna un esterno.
Non un centro e una periferia, un dentro e un fuori come nella vecchia periferia di cui parla Enzo quando cita Pasolini, ma tanti centri e tante periferie, tanti dentro e tanti fuori, sempre più piccoli e articolati, sempre più sparsi e disorientati. Non più centri che si orientano verso un unico centro ma verso molteplici centri. slittamenti di giacitura che corrispondono a specificità sociali, antropologiche. Ecco perché poi prevale il “paese” nel racconto della periferia, la comunità radicata e insediata. Un paese ci vuole per riorientarsi verso qualche centro, per guardare da qualche parte e considerare quello il centro o i centri. Periferia come luogo del sociale e di politiche pubbliche ma come non vedere e com’è possibile che nella nuova periferia non sono stati visti, neppure avvistati, i tanti cancelli? Cosa c’è oltre il cancello in quella geografia privatizzata?
In quelle periferie nuove, tanto diverse da quelle in cui le donne lottavano per una linea di autobus, penso alle battaglie di Pietralata, il processo di borghesizzazione è stato palese con i cancelli prima che con il voto depositato nelle urne, come ci restituisce il lavoro di Federico Tomassi ripreso da Valter Tocci.
Non esiste la periferia intesa come luogo della costruzione della polis, esiste invece un territorio abitato, esteso e differenziato segnato da tanti dentro e tanti fuori, da tante peripherein. Per questo come assessorato abbiamo promosso un lavoro di ricerca e di indagine che si chiama Roma2025,Nuovi cicli di vita per la metropoli dove 24 università dodici italiane e dodici straniere stanno leggendo ognuno un quadrato di una griglia estesa 50km per 50km, da Riano a Valmontone, da Castelromano a Civitavecchia. Un reticolo cartesiano e non gerarchico per un territorio abitato senza soluzione di continuità. Un territorio nel quale con l’indagine tirare fuori, mettere in rilievo la Roma tendenziale quella che si sta costruendo da qui al 2025. Ad esempio Santa Palomba, dove insieme ai gasometri, alla Procter e gamble c’è il residuo vulcanico della solfatara, le grotte del fauno, e una forra che segna il territorio e gli da forma tra i castelli e verso la costa.
- Niente a Roma è centrale come le periferie. Come gli interessi politici ed economici sulle periferie che devono diventare città. E molti di questi discorsi hanno inseguito il riordino fisico e legale degli insediamenti fuori dalla programmazione: dalle borgate e dalle lottizzazioni fuori dal piano del 1931, alle zone F del piano regolatore del 1965, alle zone O, i nuclei abusivi fuori dal Piano del 1965 e infine (speriamo) ai toponimi, l’ultima città abusiva costruita riconosciuta dal piano del 2008. Una storia lunga 70 anni che si ripete e che nel ripetersi ha progressivamente smarrito il suo carico di senso sociale e politico. Dalle indagini di Giovanni Berlinguer sulle Borgate di Roma, oggi direi che nulla assomiglia a quella stagione, anzi in molti casi ho visto esattamente l’opposto di quello che era il punto di partenza. Oggi nel recupero dei nuclei edilizi abusivi riconosco solo uno dei caratteri della dimensione del territorio abitato dell’area romana, sono una ulteriore dimostrazione che la ricchezza dell’area romana sta anche nella sua capacità di offrire modelli abitativi alternativi, la città storica e monumentale, l’impianto borghese ottocentesco, la casa per tutti del dopoguerra, i quartieri privati, in alcuni casi chiusi a residence, gli aggregati urbani a bassa densità, i nuovi insediamenti nella forma quasi di suburbi nei comuni di cintura fino al recupero, grazie agli immigrati, dei centri storici dei piccoli e medi comuni di cintura, passando per la presenza residenziale nelle tenute agricole. In questo quadro la centralità dei nuclei edilizi ex abusivi può costituire un’ulteriore peculiarità del territorio abitato che non è solo di Roma Capitale ma che è ormai della città metropolitana e oltre.
Non c’è dubbio che oggi il richiamo al civismo di queste esperienze deve fare legittimamente i conti e anche in parte limitare, l’affermazione di una dimensione privatista e proprietaria a favore non tanto di un ritorno alla dimensione collettiva tout court, ma a una visione d’insieme di quello che questi interventi comportano e delle loro conseguenze. Dall’esame dei piani condotti in questi mesi sono emerse criticità che non sono ascrivibili solo ad errori o a difficoltà tecniche, le incongruenze rivelate rispetto alle norme, ai vincoli, possono essere viste come la prevalenza di una dimensione localistica, autocentrata, rispetto alla dimensione d’insieme della città, alla carenza di una visione complessiva. Allo stesso modo si può discutere della gestione delle risorse economiche che trattenute alla scala locale sono motivate dalla necessità di una redistribuzione locale a favore di parti di città considerati deboli. Risorse economiche che trattenute alla scala locale motivano la possibilità di rafforzare queste parti di città proprio grazie alla loro capacità di sviluppo (che non deve essere solo immobiliare) che i piani riescono a determinare al loro interno. Non c’è più quindi un rapporto nella redistribuzione della ricchezza tra centro e periferia, tra aree forti e deboli della città, l’autorecupero si presenta autocentrato localmente. Qui si conferma il punto di vista che Ernesto D’Albergo e Giulio Moini sostengono nel loro ultimo libro: Il regime dell’Urbe. ovvero di un motore locale per lo sviluppo economico di Roma ancora centrato sulla costruzione e sul cemento.
Roma è una gigantesca periferia. Si, perché l’economia di Roma è un economia periferica nel mondo globalizzato e come in tutte le periferie lo sviluppo è centrato su base locale, a volte lo è su contesti più strutturati a volte lo è su contesti più de-strutturati ed articolati puntualmente. Periferia dentro a un sistema finanziario globalizzato. Parlare di Roma vuol dire assumere un punto di vista locale. Ma questo meriterebbe un discorso, il discorso su Roma.
Per questo anche , come dice nella sua relazione Scandurra parlare di periferia a Roma vuol dire parlare di città-
- La periferia, la città pubblica. Circa 30 quartieri costruiti con il secondo PEEP, pianificati negli anni 80 e costruiti negli anni 90 e ancora oggi a pezzi, a frammenti, per comparti edificatori. é la periferia centrata sul GRA. Quella città che voleva insegnare alle borgate abusive cosa era e cosa non era la città. Localizzati lì a ridosso della città senza servizi, si costruivano quartieri con extrastandard per donare i servizi alla città abusiva che ne era priva. Un carico di servizi e di risorse necessarie che non erano sostenibili dentro alle logiche costruttive del singolo intervento. Il paesaggio urbano è una conseguenza di questa scelta, pochi grumi di case in lande di terreno ampie quanto desolate. Lì dove mancano spesso pochi centinai dai metri di strade per risolvere la vita a migliaia di persone, dove c’è una chiesa e manca una piazza, brandelli di tessuto civico, interrotto e slabbrato.
Abbiamo immaginato che questo potessero essere i luoghi dove il giubileo straordinario potesse lasciare la sua migliore eredità. Dieci luoghi per il giubileo della chiesa di strada e di piazza. Il programma vuole offrire all’Anno Santo i luoghi per dare corpo alla Chiesa di strada e di piazza. Luoghi già abitati ma dal corpo urbano derelitto, deprivati nei servizi e nelle condizioni sociali. Luoghi di disagio che aspettano di uscire dalla marginalità. Luoghi abitati con chiese, piazze, parchi e spazi per accogliere eventi e manifestazioni del giubileo e contemporaneamente luoghi dove il lascito del Giubileo sarà duraturo nel tempo.
Dieci luoghi individuati nel cuore dell’ultima città, l’ultima città costruita in termini cronologici, ma non la città degli ultimi, ma la città dove vive un ceto medio a basso reddito in quartieri spesso senza servizi e attrezzature. L’ultima città ancora in costruzione, dove forte è però il radicamento attorno al sociale, alla costruzione di relazioni e alla ricerca di forme di comunità che possano aiutare i più deboli. Ma nello stesso tempo sono luoghi in cui il lascito del Giubileo può risolvere questioni cruciali per la vita quotidiana degli abitanti. Sono stati individuati per ogni luogo quegli interventi che si possono realizzare in pochi mesi, un grande piano di piccoli interventi per migliorare la vivibilità dello spazio di prossimità: completare una strada, fare la manutenzione di un parco, di una scuola, realizzare una piazza dinanzi alla chiesa, realizzare un percorso ciclabile, ma anche mettere la prima pietra per la costruzione di una nuova chiesa.
Per ogni luogo sono stati individuati i progetti nel cassetto, in alcuni casi serve accelerare la procedura di approvazione, in altri casi servono le risorse economiche, in tutti i casi sono interventi e opere che si trascinano da anni e che sono attesi dagli abitanti. Dieci luoghi oltre il Gra, tre a est, Ponte di Nona, noto per il centro commerciale di Roma Est ma in realtà un insediamento residenziale importante con una parte di edilizia sociale che deve ancora essere ultimata nelle urbanizzazioni primarie. Tor Bella Monaca, uno dei quartieri emblematici del disagio sociale ma allo stesso tempo un luogo particolarmente ricco di realtà sociali impegnate su diversi fronti. Infine Tor Vergata, un quartiere di edilizia sociale, prossimo all’incompiuta delle cosiddette ”vele di Calatrava” costruito attorno ad un parco archeologico che versa però in condizioni di abbandono e di cui è necessario procedere alla manutenzione straordinaria.
Due a sud, Spinaceto e Acilia Dragona. Quattro a ovest, Ponte Galeria e Monte stallonara, due quartieri diversi, uno in prossimità dell’omonima stazione sulla FL1, quella per Fiumicino, e il secondo a ridosso della ex discarica di Malagrotta. Massimina invece è un quartiere adiacente alla omonima borgata, è lo stesso comprensorio sul quale verrà realizzata la nuova centralità urbana. Più a nord ci sono gli insediamenti di Torresina e di Colle Fiorito, quest’ultimo con ancora le strade sterrate, senza asfalto e senza marciapiedi. Infine i comprensori di Palmarola, Selva Candida, Primavalle e Valle Aurelia che si intrecciano con il tratto urbano del percorso della Francigena. A Nord, gli ultimi due luoghi: Val Melaina-Bufalotta, a ridosso del centro commerciale di Porta di Roma e San Basilio-Casal Monastero. Le parrocchie coinvolte sono in tutto 21, tre appartenenti a diocesi diverse da quella di Roma, in particolare a quella di Porto e Santa Rufina e di Frascati. Diversi sono i luoghi con anche tre parrocchie già presenti e attive che possono essere coinvolte e che potranno animare il programma degli eventi e delle manifestazioni, e comunque fare da riferiemnto sul territorio delle iniziative. Il programma per il giubileo presentato dall’assessorato è orientato tutto sui luoghi dell’oltre GRA, nei quartieri popolari dove ci sono le case e mancano talvolta anche le strade. Dieci luoghi per il giubileo della Misericordia e per la chiesa di strada. Nella Bolla papale di indizione del giubileo, papa Francesco ha fatto capire che sarà un giubileo aperto al mondo e non centralizzato. Potrebbe essere un segnale in coerenza con questa impostazione quello di organizzare qualche evento anche nei luoghi dell’oltre Gra. Si potrebbe addirittura pensare di aprire una porta dell’anno santo anche in qualcuna delle chiese presenti sul territorio dell’oltre gra.