L’approvazione di un unico piano consentirà di racchiudere in un solo unico strumento l’intera disciplina del paesaggio regionale con il definitivo superamento dei vecchi PTP.
La terza generazione discende poi dal Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, presentato dal ministro Urbani, di cui porta il nome, e varato dal Governo presieduto dall’allora presidente Berlusconi nel corso della XVII legislatura.
Il codice attribuisce al MiBACT la competenza sulla tutela e la conservazione del patrimonio culturale del paesaggio in attuazione ai princìpi costituzionali. Ricordo l’articolo 9 della Costituzione, che recita: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione mentre demanda alle Regioni la realizzazione dei piani paesaggistici”.
Ad oggi risultano approvati in Italia quattro piani paesistici secondo i criteri fissati dal Codice nelle Regioni Puglia, Toscana, Lombardia e Sardegna, mentre sono diversi i piani che vigono in regime di adozione, ma mai approvati dai loro Consigli.
Successivamente la specializzazione e l’evoluzione tecnica e normativa sia degli approcci nelle materie ambientali sia del loro sviluppo nell’azione amministrativa hanno ridefinito la collocazione della pianificazione paesaggistica in un preciso e più ampio ambito, introducendo nel nostro ordinamento numerose disposizioni regionali, nazionali e comunitarie che hanno modificato il campo di azione del Piano paesistico e ne hanno specializzato ed esteso le finalità.
Le disposizioni sulla difesa del suolo, sulla protezione civile, sulla salute, sulle valutazioni ambientali, sulla difesa degli inquinamenti di acqua, aria e suolo hanno consentito che gli aspetti relativi alle discipline scientifiche e alle funzioni istituzionali acquisissero una propria
specializzazione. Pertanto, la sfera di competenza della pianificazione paesaggistica assume le funzioni di un piano quadro con valenza territoriale che persegue la salvaguardia dei valori culturali, del paesaggio e del patrimonio naturale definendone un sistema identitario della nostra regione sia come comunità che come territorio.
Il piano, quindi, si configura come uno strumento di pianificazione territoriale di settore, con attenzione ai valori e ai beni del patrimonio paesaggistico naturale e culturale del Lazio. Ottempera poi agli obblighi previsti dall’articolo 156 del richiamato codice del 2004 in ordine alla verifica e all’adeguamento dei piani paesistici vigenti; applica i princìpi, i criteri e le modalità contenute nell’articolo 143 e più in generale nella terza parte del codice; accoglie e trasferisce in ambito regionale gli obiettivi e le opzioni politiche per il territorio europeo relative ai beni del patrimonio naturale e culturale contenuto nello Schema di sviluppo dello spazio europeo, meglio conosciuto con l’acronimo SSSE. Applica altresì i princìpi contenuti nella Convenzione europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel 2000, sottoscritta dallo Stato e ratificata con la legge n. 14 del 2006, in cui si mira a promuovere la protezione, la gestione e la pianificazione dei paesaggi europei e di favorire la cooperazione europea. La Convenzione è il primo trattato internazionale esclusivamente dedicato al paesaggio europeo nel suo insieme.
Un altro aspetto innovativo che viene sviluppato nel Piano riguarda l’individuazione di obiettivi di qualità paesaggistica, che si concretizzano in descrizioni, prescrizioni e indirizzi volti a consentire l’attuazione della tutela per la conservazione e la creazione dei paesaggi.
Gli obiettivi di qualità paesaggistica riguardano il mantenimento delle caratteristiche dei paesaggi, i valori costitutivi, le morfologie, le tipologie architettoniche, le tecniche e i materiali costruttivi tradizionali, le linee di sviluppo compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti senza diminuire il pregio paesistico, la salvaguardia delle aree agricole, la riqualificazione di parti compromesse o degradate, il recupero dei valori preesistenti, la creazione di nuovi valori paesistici coerenti e integrati.
Il Piano, dunque, non è uno strumento urbanistico, in quanto questa competenza resta in capo alle Amministrazioni comunali, ma ha una forza cogente per orientare e armonizzare lo sviluppo del territorio all’interno di un dettagliato sistema di tutele.
Il perseguimento di questi obiettivi avviene in coerenza con le azioni degli investimenti di sviluppo economico e produttivo delle aree interessate, attraverso progetti, con misure incentivanti di sostegno per il recupero, la valorizzazione e la gestione finalizzata al mantenimento dei paesaggi e con l’indicazione di idonei strumenti di attuazione.
Il lavoro di redazione del Piano si è rivelato molto complesso e non di semplice definizione, in quanto perseguiva due precise direzioni: trasferire su una cartografia omogenea e aggiornata ai PTP vigenti tutte le informazioni sul regime vincolistico, ma soprattutto rendere uniforme e univoca tali piani su tutto il territorio regionale, evitando disparità di comportamento nell’azione amministrativa. Allo stato attuale, i PTP convivono con il Piano adottato del 2008, producendo un conflitto a volte eccessivo tra i livelli di tutela, con la prevalenza della misura più restrittiva.
Il nuovo Piano ha, quindi, rispettato questi obiettivi e ha tenuto in considerazione l’evoluzione della legislazione e degli indirizzi intervenuti nel frattempo sia a livello nazionale che europeo.
Il Piano, in sintesi, si prefigge i seguenti obiettivi: riorganizzare e sistematizzare l’intera normativa, tenendo conto della prassi di applicazione dei Piani paesistici provinciali approvati, nella definizione della normativa transitoria posta dalla legge n. 24 del 1998, e l’introduzione di disposizioni che integrano e colmano i vuoti normativi dei precedenti Piani paesistici provinciali, previsione del sistema del paesaggio con cui viene classificato l’intero territorio regionale in sostituzione delle attuali, quelle dei piani paesistici, classificazioni di livello di tutela, a cui si attengono anche i beni diffusi. Sono stati, inoltre, definiti gli usi compatibili per ciascun paesaggio.
Costruzione di un quadro conoscitivo certo e condiviso contenente tutte le informazioni utilizzate nel piano attraverso la realizzazione della nuova cartografia e la realizzazione di un geo-portale web contenente tutte le informazioni, che garantisce trasparenza e accessibilità. Trasformazione del piano in uno strumento più flessibile, con un quadro normativo e conoscitivo che viene aggiornato periodicamente.
Il Lazio presenta un vasto e diversificato patrimonio paesaggistico e culturale. Questo bene comune, universale, di elevato valore storico, ambientale e sociale deve essere adeguatamente protetto e gestito anche in funzione della propria valorizzazione e promozione, per essere vissuto e tramandato alle nuove generazioni. Questo è un po’ il valore del Piano paesistico.
Il piano riconosce l’importanza della salvaguardia e, nello stesso tempo, intende rendere più semplici le procedure per intervenire in modo corretto ed efficace sul patrimonio paesaggistico. Si arricchisce di contenuti e di strumenti volti a supportare le Amministrazioni locali, sia nella definizione dei contenuti paesaggistici dei propri strumenti di pianificazione che degli ambiti assoggettati a tutela. La pianificazione locale, quindi, potrà essere sostenuta nella disciplina del territorio e del paesaggio.
Il codice ha introdotto con maggiore chiarezza e omogeneità il concetto di “paesaggio”, attribuendo al territorio la capacità di esprimere una chiara identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni nel tempo. La tutela del paesaggio, dunque, è stata definita per salvaguardare e recuperare i valori culturali che esso esprime. A questo fine le Amministrazioni sostengono azioni volte ad attività di conoscenza, informazione e formazione per la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati. Lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, nonché tutti i soggetti che nell’esercizio di pubbliche funzioni intervengono sul territorio sono tenuti a orientare la loro attività secondo i princìpi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche, prestando attenzione anche alla realizzazione di nuovi valori paesaggistici che rispondono a criteri di qualità e sostenibilità.
Il piano, altresì, assume come riferimento la definizione di “paesaggio” contenuta ‒ come detto ‒ nella Convenzione europea del paesaggio, in base alla quale esso designa una determinata porzione di territorio così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali o umani e dalle loro interrelazioni. Questo piano riconosce il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita della nostra collettività e ne promuove la fruizione uniformandosi a princìpi e metodi che assicurano il concorso degli Enti locali e l’autonomo apporto delle formazioni sociali sulla base del principio di sussidiarietà.
Pertanto, il paesaggio è la parte del territorio che comprende l’insieme dei beni costituenti l’identità della nostra comunità locale sia sotto il profilo storico-culturale che sotto il profilo geografico-naturale garantendone la permanenza e il riconoscimento.
La tutela del paesaggio ha una cogenza che deriva dai princìpi costituzionali e da leggi nazionali che la rendono inaggirabile. Questo è un po’ il tema al cuore di questo strumento. L’individuazione delle categorie dei paesaggi deriva dall’ipotesi che la rappresentazione del paesaggio sia riconducibile a due configurazioni fondamentali: il paesaggio naturale e il paesaggio antropico che riguarda i fattori agroforestali e insediativi. Quest’ultima, a sua volta, può suddividersi in un paesaggio agricolo e paesaggio dall’insediamento umano insediativo.
Nelle realtà queste configurazioni generali del paesaggio sono costituite da complesse tipologie di paesaggio che interagiscono tra loro. Per cui, ogni configurazione acquisisce il termine di sistema dei paesaggi. Abbiamo il sistema dei paesaggi naturali, caratterizzati da un elevato valore di naturalità e semi naturalità. Tale categoria riguarda principalmente aree interessate dalla presenza di beni elencati nella legge Galasso, aventi caratteristiche di naturalità o territori più vasti che li ricomprendono, il sistema dei paesaggi agricoli, paesaggi caratterizzati dall’esercizio dell’attività agricola e suddivisi in rilevante valore agricolo e agricolo di continuità, il sistema dei paesaggi insediativi caratterizzati dai processi insediativi delle attività umane, storico e culturali.
In ultima sintesi, la definizione delle tipologie del paesaggio è basata sulla conoscenza del territorio attraverso l’analisi delle specifiche caratteristiche. Il processo di elaborazione del piano è stato avviato nel 1999 attraverso il Comitato tecnico- scientifico formato dal direttore della Direzione regionale del territorio e urbanistica, dai direttori delle altre Direzioni regionali interessate, dai rappresentanti del Ministero e da docenti dell’Università Roma Tre.
In quella fase è stata istituita una consulta permanente delle associazioni ambientaliste e culturali del PTPR tramite il Comitato Regione autonomie funzionali e organizzazioni economiche e sociali nonché attraverso la presentazione degli obiettivi e delle finalità proposte da questa nuova pianificazione del paesaggio mediante varie illustrazioni nelle diverse sedi provinciali.
A questo è succeduta alla pubblicazione a cui sono pervenute 16.000 osservazioni, che hanno comportato 22.897 esiti, di cui 7.828 dei Comuni e 15.069 dei privati, dei quali 20.632 riguardanti le richieste di modifica di contenuto del piano.
Le osservazioni presentate contro il Piano adottato e le relative controdeduzioni non sono state rappresentate sugli elaborati del Piano, ma sono state riportate negli allegati della relazione istruttoria. In seguito, grazie al protocollo d’intesa tra Regione Lazio e MiBACT, è stato possibile rielaborare congiuntamente il Piano e finalmente approvarlo dalla Giunta.
È bene ricordare che le previsioni del Piano sono direttamente efficace e le sue disposizioni sono, inoltre, prevalenti su quelle degli strumenti di pianificazione territoriale, compresi quelli delle aree protette, come abbiamo avuto modo di specificare anche attraverso l’attività normativa di aggiornamento della legge regionale n. 7 del 2018.
Il PTPR in discussione è quello che è stato esaminato dalla Commissione presieduta dall’onorevole Cacciatore, che ringrazio per l’efficace lavoro, in tantissime sedute di audizione e di approfondimento. È un testo quello che arriva oggi in Aula sul quale la maggioranza della Commissione ha operato una scelta precisa, le cose che richiamavano prima i proponenti della pregiudiziale, a cui ho tentato di dare una prima parziale risposta. La maggioranza della Commissione ha apportato una modifica sostanziale, ma che non ritengo possa snaturare in nessun modo l’efficacia e l’impianto del Piano adottato e aggiornato, con tutti gli adeguamenti normativi e vincolistici, un Piano che ho portato per due volte all’approvazione, in questa consiliatura, in questa legislatura, in Giunta.
Comprendo e ritengo legittime le scelte fatte in quella sede dalla Commissione, perché sono abituato a esprimere sempre in modo trasparente il mio punto di vista, l’ho fatto anche durante la presentazione del Piano. Alcune perplessità, che erano oggettive, contenute nel Piano copianificato le ho sempre espresse in modo trasparente.
Provo a riassumere con estrema sintesi alcuni passaggi che sono intercorsi all’adozione del Piano dal 2008 ad oggi.
Il primo passaggio attiene alle osservazioni, la spada di Damocle che pende sull’approvazione definitiva del Piano. Durante la fase istruttoria, la Direzione regionale ha operato su criteri assai stringenti e schematici, stabiliti congiuntamente al MiBACT per la valutazione di tutte le osservazioni pervenute, stabilendo di non inviare quelle che avevano già avuto in fase istruttoria un esito negativo, ma trasferendo al Ministero per l’opportuna valutazione tutte le altre che avevano avuto un esito positivo e quelle che erano state parzialmente accolte.
La X Commissione ha deciso di recuperare quelle osservazioni, quasi 500, 500 casi rispetto a una mole ben più vasta, il cui esito, dopo le verifiche del Ministero, ha avuto un segno opposto rispetto a quello proposto dai tecnici regionali, cioè quelle osservazioni, le 500, erano entrate in copianificazione con un giudizio positivo della Regione, ma non condivise nel tavolo di copianificazione dal
Ministero all’epoca. La Commissione ha deciso di recuperare queste 500 osservazioni puntuali, che riguardano osservazioni prodotte da molti Comuni e da molte situazioni specifiche.
Non possono sfuggire, ma di certo non possono essere taciuti in questo momento, anche gli obblighi di pubblicità e trasparenza in materia di attività di pianificazione e governo del territorio, disciplinati con nettezza a partire dall’articolo 39 del decreto legislativo n. 33/2013. Sul tema degli obblighi di trasparenza, infatti, è intervenuta anche l’Autorità nazionale anticorruzione, da ultimo con la delibera n. 1310/2016, chiarendo che la pubblicità di questi atti è condizione imprescindibile per l’acquisizione di efficacia degli stessi, secondo quanto previsto dal citato articolo 39.
A fronte di oltre ventimila osservazioni, avremmo adottato, forse, una procedura completamente diversa per una parte dei cittadini della regione, introducendo nuovi obblighi di legge per non essere riusciti a definire con sufficiente precisione cosa vorremmo tutelare. Quindi, con comprensibile precauzione si è scelto un testo sempre condiviso e aggiornato di Piano adottato e pubblicato nel 2008 e non quello copianificato, proprio con l’obiettivo di evitare una massa infinita di ricorsi per difetto di pubblicazione, soprattutto in relazione agli ulteriori vincoli che sono stati inseriti, tra cui quelli più preponderanti riguardanti le aree di interesse archeologico.
Un’istanza di segno opposto, invece, è contenuta in diverse proposte di emendamento presentate dai Consiglieri regionali volte ad utilizzare la cartografia di base del Piano con la Carta tecnica regionale affinché questa cambi i paesaggi attribuiti nella tavola A. La nuova base cartografica è stata inserita, ma non può portare alla modifica dei paesaggi. Un’iniziativa, oggi, da questo punto di vista sarebbe impossibile perché contraria a quanto previsto dal codice, che necessariamente comporterebbe una ripubblicazione dell’intero Piano, portandoci ‒ come è facile intuire ‒ ad un meccanismo vizioso che non ci farà mai approvare nulla di definitivo.
Questa fase di aggiornamento puntuale sull’aggiornamento della cartografia sarà, invece, possibile una volta approvato il Piano nei due anni successivi, così come prevedono le norme di cui ci siamo dotati.
A parte questi due aspetti, il Piano non differisce in null’altro da quello uscito dalla copianificazione con il MiBACT. È sostanzialmente la stessa identica cosa. Aggiungo che sul dibattito sviluppatosi in questi giorni intorno alle sorti del centro storico di Roma, la disciplina stabilita dal comma 17 dell’articolo 43 delle norme del Piano è la medesima convenuta con il Ministero, tanto che se voleste riprendere l’allegato A della delibera che abbiamo approvato in Giunta, quello copianificato, trovereste la stessa identica disposizione che rimanda alla disciplina del sito UNESCO di Roma.
In questi anni, le Istituzioni di Roma non hanno mai ‒ sottolineo “mai” ‒ chiesto alla Regione di intervenire sulle tutele del centro storico rispetto alla normativa vigente.
Su questo aspetto, come io ho sempre detto in queste settimane, siamo pronti a fare una proposta, come Amministrazione regionale, per assicurare al centro storico della Capitale tutte le ulteriori garanzie per la sua salvaguardia e conservazione. Quello che oggi vige nella disciplina del centro storico di Roma è quello che la città di Roma con le sue istituzioni elette ed rappresentative in tutti questi anni hanno voluto. Se c’è una volontà di superare questo meccanismo è assolutamente legittimo porre questa questione, ma è singolare che siamo arrivati all’approvazione di questo Piano dentro il Consiglio regionale del Lazio senza una, dico una, indicazione di merito su questo punto da parte di nessun ente che rappresenta istituzionalmente, non parlo dei comitati, parlo delle Istituzioni, parlo del Comune, Sovrintendenze e quant’altro. Su questo Piano non ci è mai arrivata nessuna osservazione.
Si apre oggi, in conclusione, la fase finale di un percorso complesso e lungo almeno due decenni, volto a favorire una migliore e più incisiva tutela del territorio della Regione Lazio, del suo patrimonio naturale e agricolo, dei suoi complessi urbani e delle aree periferiche; un percorso che ha avuto avvio alla legge regionale n. 24 del 1998, varata proprio in funzione della predisposizione e dell’approvazione di un Piano paesistico regionale che finalmente trattiamo per la sua approvazione definitiva, con l’obiettivo di individuare le più opportune disposizioni per garantire una salvaguardia omogenea sull’intero territorio del Lazio.
Possiamo segnare un passo fondamentale per la protezione del patrimonio regionale.
Con questa approvazione, che auspico, saranno adeguati alle sue previsioni anche i Piani urbanistici generali e di settore. Qualora l’adeguamento messo in atto dagli enti locali evidenzi la necessità di una modifica puntuale degli elaborati del Piano, il Comune stesso può formulare motivate e documentate proposte di variante al Piano che saranno valutate congiuntamente dalla Regione e dal Ministero.
In ultima analisi l’approvazione del Piano comporta la possibilità, nel corso del biennio successivo, come previsto dalla legge n. 2 del 2018, l’avvio dell’aggiornamento del Piano finalizzato all’adeguamento dei contenuti del PTPR. Comporterà, come detto, il superamento dell’esistenza di due distinti strumenti di tutela, ovvero i PTP ormai superati, datati, e permetterà la definizione delle istanze dei cittadini e degli enti disattese dal 1998, ovvero tutte le osservazioni promosse e dichiarate ammissibili.
Consentirà di accogliere e correggere le effettive caratteristiche di alcune categorie di beni diffusi, laghi e corsi d’acqua pubblica, e la loro puntuale rappresentazione secondo le osservazioni di Comuni e privati. Renderà effettivo quanto previsto per le aree urbane e i paesaggi degli insediamenti urbani in materia di fascia di rispetto dei corsi d’acqua.
In definitiva, approvare il Piano vuol dire fare un salto di qualità nel Lazio e soddisfare le richieste di amministratori locali, operatori economici, associazioni ambientaliste e cittadini, che attendono da anni questo strumento per dare certezze, tutele e diritti, ma anche per garantire maggiore trasparenza e mettere in sicurezza il territorio della regione più bella d’Italia.
Grazie.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Cacciatore. Ne ha facoltà.
CACCIATORE (M5s). Grazie, Presidente. Ritengo assolutamente dovuto il mio intervento, chiedendo ai colleghi di saper distinguere l’intervento di un Consigliere da quello di un Presidente di Commissione, che per tre mesi ha svolto il lavoro come da Regolamento e il Regolamento non fa sconti, una Presidenza porta avanti gli atti e li conduce in porto per quello che riguarda lo
spazio della Commissione.
Già in apertura tengo a ringraziare tutti i
colleghi membri della Commissione che hanno partecipato assiduamente, e senza fare nomi sanno benissimo i colleghi a chi mi sto riferendo.
Tanto per cominciare qualche piccola annotazione di sorta. Io non sono un tecnico, però mi piacerebbe fare qualche considerazione da umile studente della materia e anche da cittadino.
Il PTPR è un Piano innanzitutto paesistico e poi territoriale, è un Piano territoriale di settore, quindi, votato allo sviluppo, ma che tiene ben fissa la priorità sul rispetto, la valorizzazione, la preservazione dei beni paesaggistici e archeologici. Lo dice bene il Codice Urbani, che fa una sorta di lista alla quale il PTPR si rivolge, elementi essenziali che il PTPR non può avere, e tra questi non trovo l’esigenza di uno sviluppo o, meglio, trovo l’esigenza che lo sviluppo sia sostenibile.
Qui consentitemi un piccolo accento da cittadino che un po’ riporta in Aula la sua traiettoria. Lo sanno tutti, io vengo da
territori che stavano per essere dilaniati definitivamente, lo sono già stati probabilmente, ma sarebbe stata probabilmente la pietra tombale sulla vivibilità del mio territorio, la pianificazione edilizia più grande del Lazio, che non serve rinominare, a parte dire che è omonima di un santuario storico. Ebbene, quella operazione, quella pianificazione, la più grande del Lazio (guardo chi mi ha accompagnato anche da diverse posizioni e vedute) stava per nascere senza una variante. Quindi, la cosa più importante che ci riporta all’esigenza di avere un PTPR è che si riparta con la tutela definitiva delle aree vincolate e dei paesaggi con le relative destinazioni d’uso e, dall’altra parte, che chi si vuole insediare si presti a dei procedimenti che dimostrino la sostenibilità delle sue operazioni, cosa che fino ad oggi nel Lazio è mancata, e non è mancata dal 2007. È mancata dal ‘98. La legge regionale disciplina a partire da quell’anno la procedura di un PTPR che non è mai arrivato ad approvazione. C’è la famosa “doppia vigenza” dei PTP. L’Assessore li definiva “datati”. Io li definirei quasi “storici”.
A volte ho sentito in Commissione professionisti che si occupano della materia. I professionisti tante volte sollevavano il problema della semplice leggibilità delle carte dei PTP, tanto sono datati. Chiaramente tutti d’accordo sul fatto che di una materia univoca e disciplinata ci sia bisogno, fermo restando che il PTPR non è l’unico dei Piani territoriali. Noi abbiamo, da legge n. 38, il Piano territoriale regionale generale. Anche quello, che deve pensare allo sviluppo, così come il PTPG provinciale, ha come grimaldello il rispetto della valorizzazione e della preservazione dei beni paesistici e archeologici.
Se l’articolo 9 della Costituzione riporta tra i suoi princìpi fondamentali la tutela paesaggistica, mentre la libera impresa è disciplinata dall’articolo 41, fuori dai princìpi generali, non è perché sia di minor conto, ma perché quella libertà di impresa si può svolgere solo laddove annovera l’importanza e la priorità dell’utilità sociale. Altrimenti non è impresa. È qualcos’altro, che probabilmente lede i territori che abbiamo visto sotto i nostri occhi prendere luce un po’
in tutti i quadranti della regione Lazio, soprattutto intorno alla Capitale, e che in assenza di disciplina, purtroppo, rischia sempre di più di sottoporre la vivibilità dei territori a una minaccia compromettente.
A questo punto, io vorrei fare un piccolo passaggio relativo ai lavori in Commissione. Si è parlato di procedura abbreviata in Commissione. Tre mesi e mezzo di audizione non direi che sia una procedura abbreviata. Sentendo i molti soggetti di tutte le nature, di tutte le visuali, tutti condividevano che avere un PTPR che è incondivisibile, tutto… La stratificazione storica e la sua complessità porta a non poterlo condividere tutto, ma chiaramente tutti condividevano l’esigenza di averlo, purché nel Lazio ci fosse una disciplina omogenea, concreta, definitiva.
A questo punto, dopo tre mesi e mezzo di audizioni, si arriva alla fase politica. È innegabile che da Presidente ho assistito anche a una sorta di colpo di mano, perché, chiaramente, il problema della pubblicazione lo conosciamo tutti e sappiamo che ripubblicando saremmo probabili probabilmente subissati di altre osservazioni e questo significherebbe non avere un PTPR per un altro decennio.
Così come eravamo tutti quanti d’accordo che sulle controdeduzioni che hanno un’incidenza diretta sulle cartografie era meglio non intervenire proprio per dotare la Regione Lazio di uno strumento magari non completo, ma che intanto desse una disciplina e poi procedere dal giorno dopo a tutte le fasi e gli espletamenti che lo potessero perfezionare, dall’accordo con il MiBACT alle varianti puntuali.
Un Presidente io ritengo che in Commissione debba sempre astenersi dal votare e non deve mai essere determinante all’interno della discussione e della decisione. Qualcuno ha definito questo ruolo da passacarte. Io me lo prendo volentieri. Non è questo il problema.
Confesso che nel momento in cui ho visto la deliberazione che avevamo sotto esame completamente variata ho preferito continuare a non votare, ma pretendere che da quel momento in poi la nuova delibera andasse in Aula con tutti i suoi emendamenti, perché con quei nove emendamenti erano
decaduti centinaia di altri emendamenti e rimanevano in piedi soltanto quelli che sarebbero stati chiaramente privilegiati perché discussi in una sede ristretta come la Commissione.
L’ho preteso e ottenuto e ci ritroviamo oggi in Aula. È la prima volta che chiaramente discutiamo il PTPR nella sede plenaria.
A questo punto il mio ruolo di Presidente di Commissione ha avuto termine e quindi entro nel merito da Consigliere.
Da Consigliere credo di essere stato quello che ha presentato la maggior mole di emendamenti, e lo dico apertamente: questi emendamenti servono a funzionare da deterrente perché quello che è rimasto del PTPR sotto esame sia alla portata degli strumenti di tutela necessari. Di questo PTPR cosa contesto? Qualcosa che non ho sentito dire dai colleghi che, secondo me, non hanno approfondito abbastanza.
Le cartografie aggiornate che per paradosso ci ritroviamo su un PTPR invece più vecchio significano in molti casi impedire una ricognizione sui piani attuativi, anche quelli che sono avvenuti senza variante come è successo nel mio territorio.
Ho visto dei territori dove una norma tecnica attuativa che consentiva un deposito mezzi per fini agricoli, questa norma tecnica attuativa diventava fondamento per costruire un centro commerciale di 2.000 metri cubi. Questo succede senza una disciplina.
A situazioni come queste ci troveremo, purtroppo, a dare legittimità senza la possibilità di tornare a ritroso e sollevare le eventuali responsabilità, anche eventualmente accollando le dovute spese al risarcimento dei territori. Vero è che su un territorio edificato ormai non si può più pensare di rivalorizzare elementi naturali e ambientali, siamo d’accordo. Quindi, quello che rimane di questo PTPR, all’oggetto dei miei oltre 1.000 emendamenti, al netto di quelli non imputabili, io intenderò non certo negoziare, ma battagliare per ottenerlo. Un rappresentante dei cittadini deve ai suoi elettori e ai suoi non elettori, a tutti i cittadini che come lui vivono sulla pelle i problemi, e venendo da quel territorio so cosa significa, deve assolutamente lottare per conseguire un risultato, che in Aula si ottiene con l’alzata di
mano e che serve a mettere nero su bianco nuove tutele per i cittadini. È quello che intendo fare. Tra i miei molti emendamenti alcuni chiaramente sono cavalli di battaglia, pertanto il centro storico di Roma, signori, è vero anche sul Piano oggetto dell’intesa lo troviamo nominalmente tutelato in maniera più stringente perché è oggetto di una convenzione UNESCO, dall’altra parte dalla Convenzione UNESCO gli atti che dovevano dare seguito e concretizzare quella tutela più stringente non sono mai entrati in vigore, anzi il Piano di gestione del sito UNESCO, e qui in parte contraddico l’Assessore, è stato firmato sotto il Commissariamento Tronca del Comune di Roma ed è stato un momento di accordo interistituzionale. Ebbene, il Comune di Roma, il MiBACT e la Regione Lazio, lì presenti tutti e tre, hanno stabilito che il Piano di gestione, contrariamente a quanto dice il PTPR, non può portare tutele prescrittive, perché il Codice Urbani assegna le prescrizioni paesaggistiche al Piano territoriale paesistico di una Regione. Pertanto, è lo stesso atto di gestione del sito UNESCO che rinvia al mittente questa competenza. Allo stato dell’arte, pertanto, nonostante il comma 17 dell’articolo 43 richieda maggiori tutele, noi ci troviamo a non averle.
Allora che cosa chiedo io sui miei emendamenti? Due cose relativamente al centro storico di Roma. Uno, che la tutela sia continuativa, perché il centro storico di Roma è il più bello al mondo. Quindi, intanto si tutela come si tutelano tutti gli altri centri storici. Poi, se dei piani amministrativi, che vedano coinvolti tutti gli Enti competenti, un domani vorranno tutelare in maniera più stringente quello spazio meraviglioso e prezioso, ben venga. Ma intanto la tutela deve essere continuativa.
Secondo: l’individuazione di questo centro storico. Chiaramente un PTPR non si può adeguare ai PRG. Questo è chiaro. Vero è che parliamo di un sito UNESCO e la Convenzione UNESCO una perimetrazione la dava più ampia di tutte le cartografie che chiediamo. Quello che io richiedo con il mio emendamento è di prendere in considerazione la cartografia di maggior tutela. Tanto, signori, il primo progetto che sta fuori dalle
Mura Aureliane, ma all’interno di un centro storico per un’altra cartografia ufficiale esce fuori in sede di VIA. Pertanto, chiaramente, risulterà bloccante, ostativo e molto impopolare sia per gli uffici tecnici che per quelli politici che dovessero prendersene la responsabilità.
Altri emendamenti che presento credo che una maggioranza di centrosinistra non dovrebbe avere difficoltà a condividerli. Vogliamo discariche nei paesaggi agrari, vogliamo impianti di recupero energetico, vogliamo distese di fotovoltaici sui paesaggi agrari di rilevante valore? Io non credo. Vogliamo antenne all’interno di questi paesaggi pregiati? Vogliamo non riconoscere che abbiano diritto a una fascia di rispetto come dispone la stessa legge? Non direi.
Chiaramente, altri emendamenti riguardano le premialità sulle cubature, che considero un male e continuerò a considerare un male. Così come le distanze dei radiotrasmittenti e delle antenne, compreso il 5G, contro il quale continuo a schierarmi in maniera diametralmente opposta: debbono essere ubicati a una distanza considerevole e congruente dalle abitazioni, perché ancora non è dimostrato, secondo il principio di precauzione, che non possano far male.
Questo è lo spirito che accompagna la mia attività emendativa e la mia volontà di incidere all’interno di questo Piano.
Credo che tra uomini, guardandoci nelle palle degli occhi, come succede, ci riscopriamo tutti quanti cittadini. A un certo punto, quando si considerano obiettivi che oggettivamente sono di tutela, che oggettivamente rientrano nel quadro dovuto da un PTPR alle comunità, da qualunque visuale e secondo qualunque colore politico si voglia affrontare la materia, credo sia impossibile, nel nome dei cittadini, non riconoscere la tutela degli interessi pubblici che, da legge e non secondo me, resta prioritaria.
[la posizione del Presidente Cacciatore non collima con quella di altri consiglieri M5S, come la Consigliera Pernarella, il cui intervento non è ancora presente nel resoconto NDR]
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Parisi. Ne ha facoltà.
PARISI (Laz18). Grazie, Presidente.
La discussione che iniziamo oggi è molto importante, ovviamente, per il futuro di questa regione. Non possiamo non prendere atto del fatto che oggi ci troviamo in una condizione, da un lato, di forte depressione economica, come sappiamo, e, dall’altro, purtroppo, anche di importante degrado paesaggistico.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PORRELLO
(ore 17,36)
La decisione che viene presa oggi e la discussione che viene svolta oggi affronta un tema molto importante, una delle attività centrali di un Ente, come la Regione, ossia quella di programmare il futuro. Non si tratta di programmare il passato, ma di programmare il futuro, cioè capire come tra vent’anni vogliamo che sia la nostra regione. Se pensiamo che questa Regione, come io credo, abbia una forte vocazione turistica, culturale, di attrazione di tutto il mondo verso di noi, verso il nostro territorio, dobbiamo fare in modo di darci gli strumenti di programmazione e ovviamente gli strumenti di regolazione del territorio perché fra vent’anni il Lazio sia meglio dal punto di vista paesaggistico e dal punto di vista economico. Credo che sarebbe sbagliato oggi mettere di fronte ai vincoli di fronte allo sviluppo.
Pensiamo che oggi si possa tutelare il nostro paesaggio dando importanti strumenti di sviluppo. Anzi, pensiamo di più, pensiamo che la tutela del paesaggio non è una tutela vincolistica, non è congelare le cose come stanno, ma anzi avere gli strumenti di rigenerazione, ristrutturazione, ammodernamento che possano fare in modo di aumentare la qualità del nostro paesaggio, migliorarne la tutela, la capacità di tutela e ridurne il degrado.
“Tutela” non vuol dire congelare la situazione com’è, ma vuol dire un’attiva azione di sviluppo del territorio e di miglioramento del territorio perché questo possa, nel tempo, migliorare. Oggi stiamo per discutere un documento che ci porterà alla fine della discussione davanti a una scelta, a un bivio: fra vent’anni vogliamo una Regione
bloccata, una Regione degradata nella quale ci sia forte incertezza del diritto, dove ci siano processi decisionali lunghissimi e dove ci sia addirittura il rischio di un forte contenzioso amministrativo o vogliamo fare in modo che ci sia un quadro chiaro di norme che diano la possibilità di avere una riqualificazione del nostro territorio, che il nostro territorio possa essere più attrattivo con maggiore sviluppo, maggiore certezza amministrativa e brevità nei tempi di decisione?
Le decisioni vanno prese in tempi rapidi. Non è vero che una procedura burocratica che aumenta i vincoli e aumenta i processi decisionali dia maggiore tutela del nostro territorio.
Non c’è uno scontro tra chi vuole vincoli e chi vuole lo sviluppo, ma c’è la possibilità di dare una tutela avendo importanti strumenti di sviluppo e dando certezza e opportunità di crescita a tutti quanti. È necessario essere trasparenti, è necessario essere razionali, è necessario sapere che se ci sono stati lunghi processi, e parlo dell’articolo 62, così come oggi è presentato, dove già processi che sono stati completati o che sono in fase di completamento o che hanno avuto tutte le loro autorizzazioni con l’entrata in vigore di questo PTPR, non si può tornare indietro, non si può bloccare l’intera Regione per ridare un peso burocratico a processi decisionali all’interno degli ambiti dei Consigli comunali, ma bisogna fare in modo che, se questi processi, come immaginiamo e come sappiamo, sono compatibili con i vincoli che abbiamo dato e che abbiamo imposto nel tempo, possano essere rapidamente completati. Bloccare un processo decisionale non vuol dire andare nella direzione di migliorare il patrimonio.
Il contributo che ha dato il centrodestra con la stragrande maggioranza dei suoi emendamenti va in questa direzione. In modo responsabile noi pensiamo che sia importante che il nostro territorio abbia questo strumento di pianificazione, pensiamo che il contributo che abbiamo dato e che daremo in questi giorni in questo dibattito di Aula con gli emendamenti che abbiamo presentato vada a migliorare molto in questa direzione il PTPR, non considerandolo come un rischio, ma
considerandolo come una grande opportunità. Il lavoro che abbiamo fatto va in questa direzione.
Pensiamo che il territorio debba essere più moderno, che il territorio possa essere di migliore qualità, possa attrarre più investimenti, possa dare certezze a chi ha investito, ma che nello stesso tempo possa essere anche uno strumento di riqualificazione proprio di quelle aree così delicate come sono quelle dello straordinario patrimonio paesaggistico che abbiamo nel nostro territorio.
Anche quello che è stato detto fino adesso sul centro storico di Roma, a parte la forza politica da cui proviene questo appello, che il centro storico in questi tre anni l’ha molto degradato, perché non è che bloccando tutto si può pensare di tutelare. Anzi, è proprio attraverso il consentire azioni di rigenerazione, di ristrutturazione e di riorganizzazione si può migliorare un patrimonio importante come quello del centro storico di Roma. Non è certo bloccandolo e non è certo riempiendolo di rifiuti che si può pensare che quella è la strada per la sua riqualificazione.
Il nostro contributo va in questa direzione, il nostro contributo è un contributo a voler costruire un una regione attrattiva, una regione dove chi vuole venire può trovare straordinari patrimoni culturali e paesaggistici da poter godere e pensiamo che tutto questo vada fatto in una logica di sviluppo di tutte le attività economiche, a cominciare da quelle agricole, a cominciare dalle attività industriali, a cominciare dall’attività dei servizi, che tutte possono avere una grande opportunità di sviluppo tenendo insieme sviluppo e sostenibilità, non considerando lo sviluppo subalterno alla sostenibilità. Questo è l’approccio che noi abbiamo voluto dare, il contributo che daremo in questi giorni e pensiamo che, di fronte a questo, la Giunta si ponga davanti a un bivio: o segue questa strada, la strada dello sviluppo compatibile, la strada della tutela vera, dinamica, moderna del nostro paesaggio o, se vogliamo riempire di vincoli e burocrazia il futuro della nostra economia, è evidente che non saremo d’accordo.
Su questo e solo su questo abbiamo