Scarica la Bozza di Statuto pubblicata sul sito della Provincia di Roma il 17 novembre 2014 20141119 sito Provincia di Roma PROPOSTADISTATUTO17112014
LEGGE 7 aprile 2014, n. Disposizioni sulle citta’ metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni. (14G00069) (GU n.81 del 7-4-2014 ) note: Entrata in vigore del provvedimento: 08/04/2014 – sintesi_legge_Senato cità metropolitane 2 citta-metropolitana-e-sviluppo
> scarica il documento Audizione carteinregola Statuto di Roma metropolitana 26 novembre 2014 a cura di Giorgio Bertini, Anna Maria Bianchi, Claudio Lombardi. Hanno collaborato alla stesura del documento: Alessandro Giangrande, Cristina Lattanzi, Giorgio Panizzi, Alfonso Pascale, Aldo Pirone, Maria Spina. Si ringrazia il Coordinamento dei Comitati Milanesi
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CONTRIBUTI
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GIORGIO PANIZZI 14 dicembre 2014
ELEZIONE DIRETTA DELLA CITTÀ METROPOLITANA
L’elezione diretta del Sindaco e del consiglio metropolitano, prevista dalla proposta di Statuto dell’apposita commissione della Città Metropolitana di Roma, comporta forti rischi di inefficienza della nuova configurazione politico/istituzionale.
Dal punto di vista istituzionale le procedure per l’elezione potranno andare in vigore solo dalla prossima elezione, sempre che a quell’epoca, svolti gli adempimenti amministrativi di Roma capitale verso i Municipi, sia stata varata un’apposita legge elettorale statale.
Dal punto di vista politico si ripete lo stesso limite di rappresentanza che ha oggi l’Assemblea capitolina rispetto alla cittadinanza romana. Un bacino elettorale così vasto non consentirà infatti agli elettori della Città metropolitana, come non consente oggi agli elettori di Roma capitale, di avere un organismo immediatamente corrispondente per funzioni e per territorio alle proprie istanze.
Il meccanismo elettorale, qualunque esso sia, richiederà ingenti impegni finanziari per sostenere le candidature, con conseguenti oneri difficilmente sopportabili, data la natura gratuita delle funzioni politiche da svolgere negli organi della Città metropolitana. Di conseguenza si perpetueranno situazioni non trasparenti di sostegno finanziario e di deviazioni dalla corretta amministrazione come attualmente si sta costatando, almeno a Roma.
L’esclusione di Roma come comune principale nella Città metropolitana, qualora nel tempo i Municipi, assurti al rango di Comuni vi si sostituirebbero, determinerebbe uno svantaggio evidente con le disfunzioni amministrative conseguenti.
Nel frattempo, in attesa che i Municipi divengano Comuni, almeno in astratto, è da prevedere che le elezioni favoriranno i candidati dell’Assemblea capitolina e lo stesso Sindaco di Roma, oppure avremmo l’aberrante situazione di un Sindaco della Città metropolitana, facente parte dell’Assemblea capitolina, che ha più poteri e più rappresentanza del Sindaco di Roma che pure fa parte della stessa Assemblea capitolina.
Di fatto il decentramento amministrativo di Roma, che già prevede per Statuto, il conferimento ai Municipi dell’autonomia amministrativa e finanziaria, verrà ritardato fino alla vigilia delle elezioni, quando si avrà la legge apposita già ricordata. Anche perché l’Assemblea capitolina sarà comunque restia, come avviene ormai dal 1966, a cedere immediatamente i propri poteri.
Oggi l’autonomia dei Municipi e una maggiore trasparenza dell’operato dei consiglieri comunali di Roma passa per una possibile e rapida trasformazione della stessa Assemblea capitolina: questa dovrebbe essere eletta in secondo grado dai Consigli municipali e quindi divenire un organo federale. Basterebbe sostenere una leggina che modifichi la struttura dell’Assemblea capitolina.
Con questa configurazione il Comune di Roma, attraverso il Sindaco, manterrebbe per intero il suo ruolo nella Città metropolitana.
Le rappresentanze territoriali degli elettori sarebbero più garantite dai consiglieri municipali, sia nell’Assemblea capitolina, sia nella Conferenza metropolitana, sia nel Consiglio metropolitano.
Il Sindaco di Roma, eletto sì a suffragio universale, rappresenterebbe come emblema l’intera città, anche nella Città metropolitana.
I poteri del comune di Roma nella Città metropolitana avrebbero la loro dimensione naturale ma anche culturalmente di guida in tutti glia aspetti, sia quelli amministrativi, in particolare con la Regione, sia in quelli funzionali come centro delle più importanti reti istituzionali e logistiche su cui la città metropolitana dovrebbe svilupparsi.
Questi argomenti, più compiutamente sviluppati, avrebbero potuto essere oggetto di maggiore attenzione se la proposta di Statuto della Città metropolitana fosse stata portata in discussione nei municipi e nei comuni con un invito alla cittadinanza partecipare.
Gli elettori si troveranno invece a votare per una ‘cosa’ di cui non conoscono per ora le ragioni.
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da Il Foglietto della ricerca del 9/11/2014
Il caso Roma, figlio di un meccanismo perverso, vero cancro per l’Italia
di Adriana Spera
A settembre scorso, il debito pubblico italiano ammontava a 2134,017 miliardi di euro (fonte: Bankitalia), mentre a maggio 1994 – quando entra per la prima volta Silvio Berlusconi a Palazzo Ghigi, alla fine di quella che comunemente chiamano prima repubblica – esso era pari a 1004,864 miliardi di euro, ossia 1130 miliardi in meno rispetto ad oggi.
Si sono alternati governi di centro-destra e governi di centro-sinistra, sia a livello nazionale che locale, ma tutti, proprio tutti, non hanno fatto altro che far crescere il disavanzo pubblico e, conseguentemente, hanno aumentato imposte e tasse e tagliato i servizi pubblici essenziali.
Ma cosa è successo dopo gli anni di tangentopoli, che ha fatto accelerare la crescita del debito?
In questi giorni, dopo quanto è emerso nella città di Roma, tutti si dicono scandalizzati, inorriditi per quanto accadeva, molti affermano che una buona politica avrebbe dovuto avere gli anticorpi per bloccare tutto in tempo.
Ma è colpa solo della “politica”? Possiamo definire politica quella le cui gesta vediamo e leggiamo ogni giorno? Non si direbbe proprio. Sono anni che in questo paese non c’è più la Politica, quella con la P maiuscola, salvo sporadici casi di singole persone attente al bene pubblico, subito espulse dal sistema che le percepisce come pericolosi corpi estranei.
Dove erano gli scandalizzati corsivisti e redattori che oggi gridano allo scandalo mentre per anni tutto ciò accadeva alla luce del sole? Intenti forse ad esaltare la bontà delle scelte amministrative in un coro beota senza voci stonate così come accade ogni giorno da febbraio ad oggi rispetto ai provvedimenti di questo governo.
Dove era la magistratura romana che solo oggi con un procuratore capo abituato a riconoscere e combattere la mafia sembra uscire dal porto delle nebbie?
Nessuno vedeva, nessuno sentiva, facile allora per le mafie affermarsi.
Dove sono finiti i partiti capaci di discutere al proprio interno democraticamente? Dov’è finita la stampa capace di fare inchiesta? Tutti spariti.
I primi dipendono dai finanziamenti privati, la seconda è nelle mani dei finanziatori.
In vent’anni si è parlato solo del conflitto di interessi di Berlusconi, ma televisioni e stampa sono tutte nelle mani di soggetti capaci di condizionare pesantemente le scelte economiche del paese, ora più che mai con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Lo dimostrano le foto delle cene che vediamo in questi giorni sui giornali.
Tant’è che nessuno ha affrontato alla radice le ragioni reali degli accadimenti romani, accadimenti probabilmente comuni a quasi tutti gli enti locali della penisola. Prime tra tutte le privatizzazioni striscianti o palesi dei servizi pubblici.
Nel caso di Roma, si iniziò nel 1997 con la (s)vendita della Centrale del Latte, operazione annullata 14 anni dopo dal Consiglio di Stato, e si continuò con le trasformazioni in Spa di interesse privato ma a totale capitale pubblico di Ama e Atac e in Spa quotata in borsa di Acea.
Tutte trasformazioni che hanno rappresentato un’autostrada per la crescita del debito della capitale e di quel patto scellerato che sembra emergere dall’ordinanza dei magistrati inquirenti. Come? Le società di diritto privato sono molto più libere nelle gare d’appalto e nel “figliare” altre società (infatti siamo arrivati ad oltre 100, ma nessuno sa dire quale sia il numero preciso, se non che ci costano intorno ad 1,5 miliardi l’anno), sono più libere nel collocare ai vertici e all’interno parenti, amici e conoscenti della classe politica locale e non.
Poi dalle società si è passati alle fondazioni, alle istituzioni, alle esternalizzazioni dei servizi e così via, purché non si applicasse ad esse nessuna norma di diritto pubblico ma il ben noto principio della socializzazione delle perdite e della privatizzazione degli utili.
Tutti felici e contenti.
L’imprenditoria locale, che poteva accedere facilmente agli appalti spuntando prezzi assolutamente fuori mercato, e la classe politica, perché poteva collocare i propri clientes. Ma non basta, in cambio di un tariffario di favore negli appalti c’era un ritorno a partiti e singoli politici, sotto forma di finanziamenti più o meno in chiaro.
Un sistema in cui, fino a oggi, gli unici che non ci hanno guadagnato ma che anzi ci hanno rimesso sono i cittadini, perché hanno ottenuto e, chissà fino a quando, otterranno servizi sempre peggiori ma a costi crescenti.
Se ci fosse stata una informazione degna di tal nome sarebbe bastato andare a vedere i bilanci degli imprenditori, quelli dei partiti depositati presso la presidenza della Camera e soprattutto i costi delle campagne elettorali. Ma sarebbe bastato semplicemente guardarsi attorno proprio durante le campagne elettorali e vedere quanti manifesti di questo o quel candidato venivano affissi per strada, quante cene con centinaia di invitati venivano organizzate e poi seguire l’attività di quei politici una volta eletti.
Come fa uno che nella vita non lavora o svolge un’attività mediamente remunerata a fare campagne elettorali faraoniche? C’è qualcosa che non torna o che, comunque, non tornerà quando avrà uno scranno.
A Roma, poi, c’è un’ulteriore aggravante: il grosso dei servizi sociali erogati alle persone in difficoltà è da sempre nelle mani di privati. In passato, di enti religiosi o, comunque legati alla Chiesa; negli anni più recenti, invece, di cooperative sociali.
Un sistema tanto dispendioso per le casse comunali quanto capace di produrre un esercito di persone in difficoltà economiche, nel senso che all’interno vi sono operatori sottopagati e sotto inquadrati, con contratti che si tradurranno in futuro in misere pensioni. Giovani preparati e motivati che, nella gran parte dei casi, sono sfruttati, precari, licenziati con estrema facilità.
Se invece vi fossero servizi pubblici strutturati, ben si potrebbero erogare le medesime prestazioni, spendendo la metà e con personale a tempo indeterminato.
Ovviamente, non tutto il terzo settore è composto da soggetti come quelli giunti in questi giorni alla ribalta delle cronache, vi sono anche strutture oneste e motivate, rispettose dei diritti dei lavoratori, memori ancora delle origini e delle finalità del sistema cooperativo.
Purtroppo, però, gli amministratori disonesti sono funzionali alla cattiva politica; in cambio di appalti super pagati, sono pronti all’occorrenza ad elargire finanziamenti illegali e ad assumere le persone indicate dai politici, senza distinzione di schieramento. Un meccanismo perverso, che è un vero cancro per l’Italia.
Dinanzi a tutto questo il governo come risponde? Premendo l’acceleratore sulle privatizzazioni.
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CALMA Comitati e Associazioni per La Mobilità Alternativa Invito alla organizzazione del dibattito pubblico per l’elaborazione dello Statuto i Roma Città Metropolitana
28 novembre 2014
L’avvio delle Città Metropolitane può essere visto come la sostituzione di alcune Provincie per meglio corrispondere al coordinamento istituzionale tra i vari Comuni che ne facevano parte, particolarmente necessario in presenza di aree vaste, ma può anche essere visto come la presa d’atto dell’urgenza di profonde modifiche nel governo locale, regionale e sub regionale, creando una significativa discontinuità con prassi politiche e amministrative che mostrano chiaramente tutte le loro insufficienze. La Città Metropolitana, insomma, dovrebbe riuscire a governare le trasformazioni in atto dirigendole verso una più elevata qualità dell’abitare e del lavorare, nel rispetto degli ecosistemi ambientali gravemente compromessi, affrontando gli ostacoli, culturali, sociali, produttivi, finanziari che ne impediscono l’affermazione. Si tratta di una potenzialità che, nel tempo, potrebbe concorrere in modo significativo all’attenuazione delle diseguaglianze sociali, e delle sofferenze ad esse connesse, all’affermazione della dignità dei lavoratori e della parità di genere, alla lotta contro l’esclusione e la violenza, per il risanamento dell’economia e della pubblica amministrazione dai mali della corruzione e del precariato > leggi tutto Scarica Nota_sullo_Statuto_di_Roma_Citt_Metropolitana CALMA pdf