Referedum ATAC: i motivi del NO di CALMA
Autore : Redazione
Referendum 11 novembre sul servizio di trasporto pubblico
Documento sui motivi del NO
SINTESI
Lo sfascio di Atac è innegabile, il crollo recentissimo di una scala mobile della metropolitana, gli incendi di autobus fanno capire il livello insopportabile raggiunto dal degrado del servizio, simboli dell’odissea quotidiana che soffrono ogni giorno i romani, Ma il referendum proposto dai Radicali indica una possibilità reale di cambiamento? Nel documento si ripercorrono sinteticamente i motivi del degrado Atac per misurare se potrà essere una efficace alternativa.
Il testo individua le responsabilità specifiche di Atac e quelle del Comune, sia come azionista dell’azienda sia come momento di governo della mobilità cittadina e metropolitana risultando, da questo esame, che la messa a gara dell’esercizio, ovvero il cambiamento delle proprietà nella gestione non basta a rimuovere le troppo gravi insufficienze nella regolazione della mobilità, negli investimenti tecnologici e infrastrutturali, Per i quali occorrono massicci investimenti al di fuori della portata di chi fosse chiamato a gestire l’esercizio.
Peraltro i romani possono già farsi un’idea da quanto avviene in periferia in cui il servizio è gestito da un consorzio privato titolare di una autonoma concessione con il Comune (non un subappalto Atac). Né l’eventuale vincita della gara da parte di FS spa può essere rappresentata come efficace, se abbiamo presente l’odissea delle linee pendolari. Sorge l’interrogativo: le S.p.A. che pur sempre hanno il fine di lucro, per quale nonsenso sono chiamate aziende pubbliche?
Perciò vengono individuate alcune alternative che riguardano sia come si costruisce la programmazione di un’azienda pubblica e che tipo di azienda debba essere e con quale scelta degli amministratori, sia come debba mutare l’Amministrazione comunale per essere in grado di programmare. indirizzare e controllare il servizio.
Su tali alternative si dovrebbe aprire il dibattito abbandonando ricette preconfezionate e miraggi, agendo da subito nei modi e con i finanziamenti esistenti per cominciare ad alleviare le sofferenze dei lavoratori e degli utenti
Calma Coordinamento Associazioni Lazio Mobilità Alternativa www.calmamobilita.net ottobre 2018
Sfascio di Atac e del servizio di trasporto pubblico. Situazione insostenibile. Lo status quo proposto dal referendum voluto dai Radicali. L’alternativa c’è.
Il primo passo per realizzarla Votare No
L’11 novembre i cittadini romani si pronunceranno, con voto consultivo, sul Referendum radicale di mettere a gara tutti i servizi di trasporto pubblico di linea e non di linea Essa viene presentata come l’alternativa in grado di modificare una situazione collassata poiché, si argomenta, Il problema ha origine nella condizione di monopolio in cui viene svolto il servizio, mentre la concorrenza determinerebbe migliori prestazioni e migliori indirizzi e controlli da parte del Comune. Ma è proprio così?
1.- RESPONSABILITA’ DI ATAC. Atac è indifendibile per la disinvolta gestione che la caratterizza da molti decenni, con la produzione di un abnorme debito, un pesantissimo invecchiamento delle vetture e delle infrastrutture, una formidabile obsolescenza tecnologica, una incapacità grave nell’organizzazione del personale sui cui autisti – cui si deve di aver retto quel che resta del sevizio – si riversa la rabbia degli utenti in quanto visibili rappresentanti dell’azienda. Una “mala gestione” costellata da fenomeni di corruzione, prodotta da una elefantiaca dirigenza frutto del clientelismo partitico. È lampante la corresponsabilità di questa dirigenza e del Comune, unico azionista di Atac, nella crisi di Atac.
2.- RESPONSABILITA’ DEL COMUNE. Il quale è colpevole non solo per come vertici inadeguati gestiscono l’azienda, ma ancor più perché le politiche comunali di governo della città e della mobilità presentano un deficit strutturale impressionante in termini di regolazione della mobilità privata, intermobilità, tutela dell’ambiente e del paesaggio, investimenti, tecnologie, finanziamenti. Sintomaticamente non c’è alcuna iniziativa del Comune, e della Regione, che esamini l’evoluzione delle forme di mobilità, per governarle, ed è occasionale pure l’attenzione a quegli interventi minori e fattibili che potrebbero alleviare le condizioni disastrose di viaggio. L’assenza di direttive e controlli del Comune, e della Regione, i mancati finanziamenti comunali, regionali e statali sono le cause dell’indebitamento dell’azienda e del caos della mobilità.
3.- PRIVATO E PUBBLICO. I cittadini romani possono avere un termine di paragone guardando allo stato delle periferie dove il Comune ha affidato il 20% circa del servizio ad un Consorzio di imprese private (TPL). Lì la situazione è ancora più grave che nella parte di città servita da Atac. E il confronto con altre capitali europee chiarisce che le società pubbliche che ne gestiscono i servizi, oltre ad essere ben amministrate hanno come programmatori Enti pubblici capaci di governare i complessi problemi del settore. Laddove i fallimenti della privatizzazione si sono resi irrimediabili si è determinato un avvio di rinazionalizzazione come nelle ferrovie inglesi. In un contesto concorrenziale è difficile imporre standard normativi a tutela dell’utenza, dei lavoratori, dell’ambiente non più garantiti dall’intervento pubblico. Ma c’è una ulteriore notazione: l’Atac è una società per azioni, ovvero un’impresa in cui la proprietà interamente pubblica non ne modifica lo scopo di lucro (nel nostro caso con effetti disastrosi). Prevalgono così sugli obiettivi sociali le valutazioni economiche ed è per questo che i problemi Atac li ha finora affrontati al modo delle aziende private: con i tagli di linee e fermate, la precarizzazione del lavoro, il dumping sociale, l’appalto di proprie funzioni primarie a ditte esterne all’azienda, il silenzio sulle osservazioni e proposte degli utenti.
4.- LO STATUS QUO DELLA LIBERALIZZAZIONE. Tutti questi aspetti sostanziali i Radicali li liquidano sostenendo che in caso di gara la programmazione “resta” al Comune. Mai parola fu più ingannevole! Resta qualcosa che non c’è ed è concausa del disastro! Questo occultamento testimonia che le cose con il sì “resteranno” come sono oggi, non potendo i punti critici della mobilità – che condizionano Atac – neppure essere sfiorati da aziende private. Lo può fare solo un Ente pubblico di governo, come è in tutte le altre capitali europee. Se non si prende di petto questo punto fondamentale la concorrenza resta del tutto marginale, ininfluente con alte probabilità, semmai, di aggravare la situazione con ulteriori tagli di corse, incessante degrado delle vetture e delle infrastrutture, sicuro aumento delle tariffe.
- – L’ALTERNATIVA allo status quo del concordato preventivo e della liberalizzazione referendaria è l’avvio di un processo di drastico cambiamento del “piano industriale” di Atac, e delle politiche della mobilità, nonché la ricostruzione della capacità effettiva del Comune di governarlo mediante una nuova organizzazione del servizio in una dimensione di effettiva e non formale partecipazione decidente. Ciò condensa un programma di autentica rinascita del servizio pubblico che oggi non c’è.
5a. – IL PIANO INDUSTRIALE. Con questo termine si indica il programma di governo pluriennale dell’Azienda. Per le ragioni dette tale Piano non può più essere definito solo all’interno delle mura aziendali ma trovare la sua sede di elaborazione nel confronto con i temi di fondo della città. Nel senso che l’organizzazione del servizio è elemento qualificante nella vita quotidiana, parte centrale del sistema di mobilità complessiva interagente con vari altri sistemi: sociali, culturali, civili, economici, tecnologici. Cosicché la redazione del piano industriale deve proporsi l’obiettivo di avviare e consolidare quelle azioni tecnologiche, infrastrutturali, regolative, organizzative che rendano effettivamente integrato l’intero sistema, garantendone l’efficienza, la sicurezza, la sostenibilità sociale e ambientale. Valida alternativa all’inondazione congestionante delle auto private. L’apporto indispensabile delle conoscenze e competenze aziendali debbono integrarsi con le aspettative delle persone, di lavoratori, imprese, amministrazioni, associazioni, centri di ricerca, università. Insomma guidare l’evoluzione della mobilità di passeggeri e merci nella città con il contributo largo dei soggetti sociali esistenti, a partire da quelli più penalizzati.
5b.- Il PIANO ISTITUZIONALE: riappropriazione democratica del governo della città. Nel Comune può riemergere la funzione di regia della programmazione e del cambiamento – il governo dei mutamenti in atto e anticipatore degli anni a venire – introducendo modalità e strumenti di partecipazione nella programmazione dei trasporti, nella definizione delle priorità, nell’esecuzione delle opere infrastrutturali e delle modalità di regolazione, nella pianificazione e nella stessa gestione del servizio. Il Comune non può farcela da solo, deve aprirsi al sostegno di conoscenze, esperienze, progetti, ricerche di altri organismi istituzionali e sociali, delle reti esistenti, confrontandosi con i trend attuali e potenziali della domanda di mobilità e dell’evoluzione dell’offerta. Per innescare rafforzare ed espandere la qualità del trasporto pubblico, priorità irrinunciabile per la quotidiana vita civile e lavorativa. Aprirsi significa organizzare luoghi e tramiti adeguati di relazioni e implica l’impegno a reperire e dedicare con certezza durature e consistenti risorse pubbliche, mediante la gestione di un bilancio unitario e trasparente in cui confluiscano tutti i finanziamenti in corso e prevedibili nel Comune, nella Area Metropolitana, nella Regione.
. 5c.- LA NUOVA ATAC. Trasformazione di Atac S.p.A. in Azienda Speciale, ovvero, secondo la legge, un ente strumentale del Comune senza scopo di lucro. Vi possono essere diverse varianti che sarà necessario approfondire per individuare quella migliore. Un altro tipo di trasformazione potrebbe però essere la riassunzione del servizio all’interno delle strutture amministrative del Comune. Le ipotesi qui suggerite sono contemplate nell’ordinamento giuridico italiano e non contestate dall’ Europa e sarà compito del dibattito pubblico indicare la strada giusta, per l’alternativa migliore Trasformazioni che non pongono problemi giuridici e contrattuali particolari nel trasferimento del personale, ad eccezione dei dirigenti, o del debito nell’Azienda speciale (che resterebbe in ogni caso in carico al Comune). L’individuazione del management, sottratto al clientelismo partitico e di indipendenza e competenza riconosciute, è uno dei problemi aperti che dovrà essere immediatamente affrontato nel dibattito pubblico.
VOTARE NO. Porre rimedio alla degenerazione di un’azienda pubblica, ripristinando un servizio efficace ed efficiente per la cittadinanza comporta la ricerca di vie concrete e non la somministrazione di ricette già confezionate o di miraggi. VOTARE NO è l’impegno a percorrere l’itinerario qui proposto e, soprattutto, a tradurlo in indicazioni concrete, in tempi ragionevoli. Quello che è certo è che in caso di vittoria del sì, il problema uscirà definitivamente dal campo visuale dei cittadini romani e dei loro rappresentanti. Per essere gestito da altri. Ragione ad un tempo necessaria e sufficiente per VOTARE NO.
Calma ottobre 2018
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