Referendum ATAC: il Campidoglio lo fa slittare in autunno
Autore : Redazione
Quello che non spiega l’Amministrazione pentastellata è perchè abbia rifiutato di abbinare il referendum locale alle elezioni politiche e regionali del 4 marzo scorso, scelta che avrebbe fatto risparmiare molto di più il Comune e che avrebbe anche messo in atto tempestivamente quella “democrazia diretta” tanto caldeggiata dal MoVimento, ma finora messa assai poco in pratica…
Il Comune rinvia ancora una volta il referendum “MobilitiamoRoma” indetto da Radicali italiani e sottoscritto da 33 mila romani, le cui firme sono state consegnate ad agosto 2017. I promotori volevano che i cittadini si esprimessero sulla possibilità di affidare i vari settori del trasporto pubblico della Capitale tramite gara pubblica (in calce una sintesi dei punti e delle posizioni (1), ma si dovrà aspettare il prossimo autunno. L’ha comunicato una nota sul sito istituzionale di Roma Capitale, che spiega la decisione con “l’esigenza di evitare confusione tra consultazioni di differente natura che dovrebbero svolgersi nello stesso arco temporale” dato che “la legge impedisce lo svolgimento di differenti operazioni elettorali nello stesso giorno, quindi obbligherebbero di fatto i cittadini a recarsi alle urne per tre votazioni nel solo mese di giugno” e anche con motivi economici, visto che “La consultazione del 3 giugno avrebbe un costo di 16 milioni di euro” e che tale cifra potrebbe ridursi in autunno in quanto “è allo studio la possibilità di impiegare un sistema elettronico dedicato alla votazione“(2). Quello che non spiega l’Amministrazione pentastellata, da sempre schierata per il “NO”, è perchè abbia rifiutato di abbinare il referendum locale alle elezioni politiche e regionali del 4 marzo scorso – scelta più che aminissibile secondo il TUEL (Testo Unico Enti Locali), che impedisce solo la sovrapposizione di referendum locali con elezioni provinciali e comunali (3) – con un risparmio per la città assai più consistente. E non spiega neanche come mai in questi mesi – anche in vista della data ora cancellata di inizio giugno – non abbia svolto alcuna forma di informazione alla cittadinanza sul referendum consultivo, che è pur sempre un momento di partecipazionee di dibattito sui temi che riguardano la nostra città. Oltretutto a gennaio è stato approvato il nuovo Statuto di Roma Capitale, fortissimamente voluto dal MoVimento, vantato come uno straordinario strumento per la democrazia diretta, che estende l’istituto rendendolo anche propositivo e abrogativo e togliendo addirittura il “quorum”, cioè il numero minimo di votanti per renderne valido ed effettivo il risultato (4) . Ma il referendum, come la democrazia, non può essere a corrente alternata: valido quando propone cambiamenti graditi alla maggioranza e un adempimento da procrastinare quando chiede ai cittadini di esprimersi su temi scivolosi come il futuro dell’azienda pubblica comunale del trasporto. E un’istituzione come il Comune ha il dovere di facilitare la partecipazione dei cittadini e l’esercizio dei loro diritti indipendentemente dalle posizioni politiche di chi è al governo. Predisponendo quanto previsto dalle leggi e dai regolamenti e, in seconda battuta, scegliendo le soluzioni economicamente più convenienti per le casse pubbliche, cioè per le tasche dei cittadini.
Così si comporta un’Amministrazione che rispetta le regole, l’interesse pubblico e i cittadini.
Anna Maria Bianchi Missaglia
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
Post scriptum: Carteinregola non è schierata nè con il SI nè con il NO, ma si impegna a svolgere un compito informativo e a favorire il dibattito tra i cittadini e scelte consapevoli
(1) Referendum ATAC – Sintesi a cura di Marina Pescarmona
SITUAZIONE ATTUALE DELL’ATAC
L’attuale amministrazione capitolina ha scelto, come strada verso il risanamento dell’azienda in forte perdita, la forma giuridica del concordato preventivo in continuità. Si tratta di una procedura a cui può ricorrere un debitore per tentare il risanamento, congelando momentaneamente i debiti, previa presentazione di un piano d’impresa di riorganizzazione interna che deve essere approvato da un giudice.
VANTAGGI: la possibilità di proseguire la continuazione dell’attività, quella di congelare la situazione debitoria e la possibile ricontrattazione degli importi. In altre parole di avviare il risanamento dell’Atac senza il fiato sul collo dei creditori, che in questa fase non possono presentare ingiunzioni di pagamento.
RISCHI: possibilità che possano essere cedute parti dell’attività a un soggetto terzo e possibile liquidazione di parte del patrimonio per usare il ricavato per sanare i crediti
REFERENDUM
La sindaca Virginia Raggi ha firmato l’ordinanza per indire i referendum consultivi promossi dal Comitato “Mobilitiamo Roma” per la data del 3 giugno 2018. Quorum valido se vota il 33%.
Promosso dal Partito Radicale, è incentrato sulla liberalizzazione del servizio, per introdurre un regime di concorrenza che possa andare incontro alle esigenze dei cittadini. Non si tratterebbe di un acquisto da parte di soggetti necessariamente privati dal momento che la gara sarebbe aperta anche a soggetti pubblici. Il referendum, ottenuto in seguito alla raccolta di 30.000 firme, è di tipo consultivo, cioè non comporta alcun obbligo per l’Amministrazione, di dare seguito con atti di governo alla volontà espressa dall’esito del voto
I QUESITI REFERENDARI
“Volete voi che, a decorrere dal 3 dicembre 2019, Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, prevedendo clausole sociali per la salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?”
Secondo quesito: “Volete voi che Roma Capitale, fermi restando i trasporti relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e rotaia comunque affidati, favorisca e promuova altresì l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza?”
POSIZIONE DEL SI’ IN SINTESI
Si supererebbe il debito accumulato negli anni dall’azienda con operazioni finanziarie a lungo termine, mentre il servizio verrebbe aperto alla concorrenza con gare europee. Con la liberalizzazione verrebbe affidata ai privati solo la produzione (mezzi e guida) mantendendo pubblico il servizio (linee, frequenze e tariffe) L’apertura alla concorrenza introdurrebbe anche forme più moderne e innovative di trasporto.
POSIZIONE DEL NO IN SINTESI
La concorrenza esiste già e non ha funzionato. Preoccupazione che le tratte periferiche non vengano adeguatamente servite se gestite da privati con logica di profittoFocus sugli ampliamenti delle linee metropolitane e tranviarie per decongestionare il traffico e migliorare il servizio periferico.Timore che il Comune si ritrovi in difficoltà di gestione della parte privata
(2) (dal sito di Roma Capitale) Campidoglio, rinviato il referendum Tpl al prossimo autunno 26 aprile 2018
L’Amministrazione capitolina ha deciso di rinviare al prossimo autunno i referendum consultivi in materia di trasporto pubblico, precedentemente fissati per il 3 giugno 2018. Lo riferisce in una nota il Campidoglio.
La scelta è maturata in considerazione dell’indizione delle elezioni amministrative nei Municipi III e VIII in programma il prossimo 10 giugno 2018, data definita successivamente a quella del referendum. Si sottolinea che la legge impedisce lo svolgimento di differenti operazioni elettorali nello stesso giorno, quindi obbligherebbero di fatto i cittadini a recarsi alle urne per tre votazioni nel solo mese di giugno
La ratio di tale divieto risiede anche nell’esigenza di evitare confusione tra consultazioni di differente natura che dovrebbero svolgersi nello stesso arco temporale. La nuova data, d’altronde, favorisce le operazioni di campagna elettorale da parte dei comitati referendari che potrebbero risultare limitate dalla vigente normativa sulla comunicazione durante il periodo elettorale.
Inoltre, lo spostamento dei referendum consultivi potrà produrre un notevole risparmio economico. La consultazione del 3 giugno avrebbe un costo di 16 milioni di euro. Tale cifra potrebbe ridursi in autunno: è allo studio la possibilità di impiegare un sistema elettronico dedicato alla votazione.
Il rinvio della consultazione e la fissazione della nuova data saranno oggetto di una successiva ordinanza che la Sindaca di Roma adotterà dopo aver sentito, come da regolamento, la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari e i rappresentati dei comitati promotori del Referendum.
(3) Vedi Data referendum TPL: Radicali Vs Sindaca (2 febbraio 2018)
(Nota di Alberto Mencarelli) Era davvero vietato, dalla vigente normativa nazionale e comunale, fissare la data della consultazione referendaria in coincidenza con le elezioni politiche e regionali del 4 marzo, come ha sostenuto l’amministrazione di Roma Capitale anche con appositi comunicati sui social? La risposta è negativa. Il comune poteva fissare la data anche al 4 marzo, così come legittimamente poteva differirla ad altra data posteriore. Fissare dunque il referendum consultivo comunale sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico locale a Roma al 3 giugno era una scelta legittima ma non obbligata. Vediamo perchè. L’art. 8 co. 3 d.lgs. 267/2000 (Testo unico sugli enti locali) prevede quanto segue: “Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali”scarica D_lgs_267_2000_agg_15gennaio2016 TUEL. Cosa si ricava da questa disposizione? Si ricava che per il legislatore statale il divieto di accorpamento con i referendum locali riguarda solo le elezioni locali (e ciò per ragioni di coincidenza degli ambiti elettorali e di chiarezza del responso popolare, che proverò a illustrare più avanti). Dal canto suo, l’art. 12 co. 3 del regolamento di Roma Capitale* sugli istituti di partecipazione – richiamato a supporto della tesi secondo cui sarebbe stato vietato fissare il referendum per la stessa data delle elezioni politiche e regionali – stabilisce che: “ Quando, successivamente all’indizione dei referendum, siano stati convocati i comizi elettorali per altre operazioni di voto in coincidenza con la data prescelta, il Sindaco, sentiti la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari ed i rappresentanti dei Comitati promotori dei referendum, indice i referendum per altra data, nel medesimo periodo di cui al precedente comma, ovvero, in casi eccezionali, per una domenica compresa tra l’1 ottobre ed il 30 novembre”. Seppure tale ultima norma non si riferisca espressamente alle sole elezioni locali, essa prefigura un rimedio volto a garantire l’osservanza del divieto di cui al comma 3 dell’articolo 8 del TUEL nei casi in cui il referendum locale sia stato indetto prima delle elezioni comunali, provinciali o circoscrizionali. Tale disposizione – che oltre tutto non è di rango statutario ma solo regolamentare e dunque ha valenza meramente attuativa di quanto stabilito dalle fonti primarie – non ha e non potrebbe avere alcuna portata innovativa sulla disposizione statale, per la quale il divieto in parola sussiste solo in caso di accorpamento con elezioni locali. E la delimitazione di tale divieto alla sola fattispecie della concomitanza di referendum ed elezioni locali risponde ad una ratio precisa: quella di evitare che gli elettori della medesima comunità territoriale siano chiamati a pronunciarsi contemporaneamente più volte su temi identici o connessi, in un caso sotto forma di consultazione referendaria monotematica, nell’altro caso nel più ampio contesto di una tornata elettorale locale in occasione della quale il tema oggetto di referendum sarebbe comunque tra gli argomenti rimessi alla valutazione del corpo elettorale e concorrerebbe, con altri temi, alla determinazione della volontà elettorale. Insomma: il divieto di accorpamento vuole evitare che l’esito di un referendum locale possa di fatto essere ignorato o minimizzato invocando un diverso risultato elettorale della consultazione generale, o viceversa, e ciò per salvaguardare, da una parte, un minimo di coerenza e omogeneità del voto popolare e, dall’altra, l’efficacia e l’utilità dell’istituto referendario. Tutte finalità che, anche in caso di accorpamento al 4 marzo, non sarebbero risultate compromesse, considerato il rilievo nazionale e sovra-comunale delle elezioni e la conseguente inidoneità dei rispettivi esiti a porsi potenzialmente in conflitto con l’esito (peraltro solo consultivo) del referendum comunale.
*Art. 12 comma 3 del Regolamento degli istituti di partecipazione di Roma Capitale
Quando, successivamente all’indizione dei referendum, siano stati convocati i comizi elettorali per altre operazioni di voto in coincidenza con la data prescelta, il Sindaco, sentiti la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari ed i rappresentanti dei Comitati promotori dei referendum, indice i referendum per altra data, nel medesimo periodo di cui al precedente comma, ovvero, in casi eccezionali, per una domenica compresa tra l’1 ottobre ed il 30 novembre.
scarica All. 2 REGOLAMENTO_ISTITUTI_PARTECIPAZIONE_E_INIZIATIVA_POPOLARE (1)
(4) vedi
(15 gennaio, ultima modifica 17 gennaio) Alla vigilia dell’approvazione definitiva del nuovo Statuto di Roma Capitale, lanciamo un ultimo grido di allarme sull’ambiguità delle nuove norme per la partecipazione dei…
Redazione –15 gennaio 2018 Continua#