L’insegnamento gratuito dell’italiano agli immigrati e ai richiedenti asilo, l’assistenza ai senza fissa dimora, la terapia ai disabili attraverso la musica e la formazione dei musicoterapisti, la ludoteca per bambini e ragazzi che vivono in situazione di degrado sociale, la promozione della memoria, della storia orale e della cultura popolare, sono queste, insieme a molte altre ugualmente significative, le attività che il Comune di Roma – in anni recenti, ma che per certi versi appaiono lontanissimi – aveva ritenuto meritevoli di ottenere la concessione d’uso di beni comunali ad un canone ridotto rispetto al valore di mercato. Beni comunali, peraltro, nella maggior parte dei casi da tempo non utilizzati ed abbandonati, il cui estremo degrado è stato superato solo per il rilevante impegno, anche economico, delle medesime associazioni.
In tal modo l’Amministrazione comunale favoriva la realizzazione di rilevanti interessi sociali e di fondamentali diritti delle persone, salvaguardando al tempo stesso il proprio patrimonio ed ottenendo anche il pagamento di un canone determinato in considerazione del valore sociale perseguito.
Un modo equo per integrare interessi pubblici e privati ed una ragionevole incentivazione di attività non misurabili secondo parametri economici, che ha contribuito a produrre negli anni alcuni dei più luminosi esempi di attività sociali e culturali del nostro paese.
Ora tutto questo è sotto attacco.
Un bombardamento sul tessuto sociale e comunitario della città che è senza precedenti e che viene attuato, come ha scritto Sandro Portelli, in nome di una astratta legalità che solo occasionalmente coincide con la giustizia. Astratta legalità che, tuttavia, in questo caso appare fondarsi su basi giuridiche fragili e comunque meramente formalistiche.
Ed è questo l’equivoco di fondo su cui occorre fare chiarezza.
Quando si parla di “arretrati” richiesti dal Comune alle associazioni, come si legge nelle ricostruzioni giornalistiche sulla vicenda, si è indotti a ritenere che si tratti di debiti delle associazioni che hanno omesso di pagare il dovuto all’Amministrazione. Ma questo non corrisponde al vero e costituisce il nodo su cui si rischia l’equivoco.
Nella maggior parte dei casi, le associazioni hanno sempre corrisposto il dovuto, vale a dire il canone determinato dal Comune in considerazione dell’attività sociale svolta.
Solo dopo molti anni dalla costituzione del rapporto concessorio l’Amministrazione, sulla base di una interpretazione fuorviante, che le è stata imposta impropriamente dalla Procura della Corte dei conti, ha rimesso in discussione le assegnazioni per fini di utilità sociale, negando i rinnovi delle concessioni ed ha iniziato a pretendere di punto in bianco il pagamento del canone al presunto valore di mercato, anche per gli anni pregressi.
Così, dall’oggi al domani le associazioni che avevano sempre pagato il dovuto sono diventate morose per somme rilevantissime. E sono sorti gli “arretrati” e le richieste di rilascio dei beni, fondate su un mutamento unilaterale dell’importo del canone con effetti retroattivi, che risulta del tutto arbitrario e viola fondamentali principi di diritto.
In questo modo l’Amministrazione, e prima ancora la Procura della Corte dei conti, non solo hanno determinato una evidente ingiustizia, che compromette il vitale tessuto sociale e comunitario di questa città, ma hanno generato una situazione di illegalità, a cui ora la Politica e le Istituzioni sono chiamate a porre rimedio, assumendosi le proprie responsabilità.
ANCHE IL VALORE SOCIALE SUL PIATTO DELLA BILANCIA NELLE CONCESSIONI DEL PATRIMONIO COMUNALE
di Maurizio Geusa
Lo scorso 9 marzo, su impulso del Centro di iniziativa per la legalità democratica (CILD), del Centro servizi per il Volontariato (CESV), dell’Osservatorio Pubblica Amministrazione (OPA), del Forum terzo settore e del Coordinamento Periferie è stata consegnata alla Corte dei Conti la richiesta di deferimento del Vice Procuratore della Corte Regionale del Lazio dott. Guido Patti alla Commissione Disciplinare (4). L’atto certamente innovativo e forte nei confronti della Magistratura è stato sottoscritto da 15 associazioni no-profit, a cui si sono aggiunte circa 30 adesioni e molte altre se ne stanno aggiungendo. L’istanza è la prima azione, con rilevanza giuridica, in risposta alla difficile condizione che in questi ultimi mesi stanno vivendo sia le organizzazioni concessionarie del patrimonio comunale e sia i funzionari comunali, per altro tutte donne, che in passato hanno avuto responsabilità nella gestione dello stesso Patrimonio comunale. Infatti, le organizzazioni concessionarie, negli ultimi mesi, sono state oggetto di sfratti, richieste di risarcimento e sgomberi delle sedi già assegnate secondo i regolamenti vigenti.In questa situazione è stato richiesto il deferimento del vice procuratore in quanto non ha avviato un unico procedimento per danno erariale generato dall’applicazione del regolamento, ma bensì ha notificato 200 inviti a dedurre e 132 atti di citazione a singoli funzionari che hanno applicato quel regolamento. La presentazione della richiesta di deferimento è la prima di una serie di iniziative collaterali come la lettera ai Dirigenti Capitolini (4) e una alla Politica e all’Amministrazione (5) per portare all’attenzione il tema della gestione dal patrimonio comunale.
Il patrimonio comunale, in realtà si presta ad una un duplice lettura, non solo come risorsa monetaria per fronteggiare il debito, quanto anche come risorsa concreta per erogare servizi sociali, educativi e culturali ad integrazione di quelli erogati direttamente dal Comune. Questo secondo aspetto, fin’ora solo enunciato, comporta evidenti ricadute sullo stesso Bilancio comunale.
Di conseguenza, per avviare proprio un percorso virtuoso le associazioni hanno anche predisposto uno schema di deliberazione che introduce il Valore sociale per quantificare il contributo delle associazioni nella contabilità capitolina (6).
Diversi provvedimenti legislativi e l’avanzamento disciplinare consentono oggi di affrontare l’argomento. A questo scopo nello schema di deliberazione si propone l’istituzione di una specifica commissione per definire il metodo di valutazione del Valore sociale dei servizi erogati da Roma Capitale attraverso il ricorso ad organizzazioni sociali e culturali. I risultati di tale commissione, da raggiungere in quattro mesi, e la successiva applicazione dovranno inoltre essere oggetto di verifica, aggiornamento e riconsiderazione dopo 18 mesi da parte dell’Assemblea Capitolina. (MG)
Per osservazioni e precisazioni : laboratoriocarteinregola@gmail.com
(1) > Vai a Patrimonio comunale e trasparenza
(2) Fonte: I beni patrimoniali (www.StudioCataldi.it)
I beni pubblici patrimoniali possono essere indisponibili, quelli che sono destinati a un pubblico servizio e al conseguimento di fini pubblici e quelli disponibili che hanno un carattere strumentale alla produzione dei redditi. I beni patrimoniali disponibili non sono beni pubblici ma di proprietà di enti pubblici. I beni patrimoniali indisponibili, sono beni pubblici mobili o immobili ( differenza di quelli demaniali che possono essere solo immobili) e possono appartenere a qualsiasi ente pubblico, non solo territoriale. Tra questi abbiamo le foreste, le miniere, le acque minerali e termali, le cave e le torbiere, la fauna selvatica, beni di interesse storico, archeologico, artistico, beni militari non rientranti nel demanio militare, edifici destinati a sede degli uffici pubblici, beni costituenti la dotazione del Presidente della Repubblica, aree espropriate dai Comuni nell’ambito dei piani di zona per l’edilizia economica e popolare e dei piani per gli insediamenti e i beni di interesse naturalistico e ambientale.
Il regime giuridico di questi beni è l’inalienabilità, prevista dall’art.824 in cui viene affermato che i beni patrimoniali indisponibili non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi previsti dalla legge.
Sono, a differenza dei beni demaniali, suscettibili di essere acquistati per usucapione ma solo nel caso in cui siano stati sottratti alla loro destinazione a non domino e trasferiti ad un terzo in buona fede. Sono insuscettibili di espropriazione forzata.
I beni patrimoniali disponibili, sono tutti quei beni diversi da quelli indisponibili e dai beni del demanio. Non sono propriamente beni pubblici ma appartenenti ad enti pubblici e si distinguono dai beni indisponibili per il loro carattere prevalentemente redditizio e per la mancanza di una destinazione attuale ad un pubblico servizio. Sono praticamente beni privati a tutti gli effetti e sono soggetti alle regole del codice civile. Per quanto riguarda l’alienazione, questa è possibile ma deve avvenire nei modi e nelle forme del diritto pubblico o attraverso pubblici incanti, asta pubblica o in alcuni casi attraverso la licitazione privata.