Stadio Flaminio 2: Lo Stadio e il Piano Urbano Flaminio
Autore : Redazione
Riqualificazione dello Stadio Flaminio – Stato dell’arte.
di Maurizio Geusa*
Come noto, lo Stadio Flaminio, di proprietà di Roma capitale, è stato realizzato per i Giochi della XVII Olimpiade nel 1960, su progetto degli ingegneri Antonio e Pier Luigi Nervi, a seguito di apposito concorso.
Dalla sua costruzione l’impianto è stato concesso in uso al Comitato Olimpico Nazionale Italiano ed utilizzato prevalentemente come impianto sportivo spettacolare per il calcio e per il rugby.
In particolare per rispondere alle esigenze del Rugby erano stati avviati lavori di ristrutturazione, ora sospesi in quanto è risultato impraticabile l’ampliamento a 40.000 spettatori richiesto per ospitare le partite del Trofeo sei Nazioni.
Cessato l’interesse della Federazione Rugby, l’impianto è stato affidato in concessione, per un anno rinnovabile, alla Federazione Italiana Gioco Calcio[1]. Ma anche la FIGC il 23 dicembre 2014 ha riconsegnato la struttura a Roma Capitale.
Le rinunce all’uso sportivo, della FIR prima e della FIGC poi, hanno esplicitato come ormai la struttura risulti inadeguata mantenere la funzione sportiva spettacolare per la quale era stata progettata. Esattamente come il preesistente Stadio Torino del 1927 nel 1960 era inadeguato per ospitare gli eventi sportivi delle Olimpiadi.
A differenza dello Stadio Torino, integralmente demolito per la realizzazione del nuovo, l’attuale rappresenta oggi una testimonianza dello sviluppo dell’architettura moderna e come tale riveste interesse culturale di carattere generale di cui occorre promuovere la conoscenza ed assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica attraverso la riqualificazione della struttura oggi compromessa e degradata.
Sotto il profilo urbanistico lo Stadio ricade nella componente Città Storica, classificato come Caposaldo architettonico urbano. La disciplina urbanistica prevede essenzialmente interventi di conservazione dei caratteri storico-artistici, tipo-morfologici, formali e architettonici con riferimento delle tecnologie e del sistema strutturale e costruttivo, con particolare attenzione alla valorizzazione degli elementi formali, architettonici e decorativi, esteso alla conservazione dei caratteri storico-testimoniali, architettonici e urbani, degli spazi aperti ad essi connessi.
Le destinazioni d’uso ammesse nei Capisaldi architettonici, come nel caso dello Stadio Flaminio, oltre alle “attrezzature collettive” a Carico Urbanistico /alto, sono anche i “pubblici esercizi” e le “medie strutture di vendita” con specialità merceologiche confacenti al pregio architettonico degli edifici e fino al 20% della Superficie Utile Lorda complessiva esistente mediante specifico programma coordinato di valorizzazione funzionale del caposaldo.
Alla luce di questi presupposti e preso atto della condizione di progressivo degrado, il Sindaco uscente aveva affidato all’Assessore ai Lavori Pubblici e ai Progetti Speciali il mandato di porre in atto le azioni e le attività necessarie ad avviare il progetto di riqualificazione e valorizzazione dello Stadio Flaminio. Pertanto i Dipartimenti Sviluppo infrastrutture – manutenzione urbana, Programmazione Attuazione urbanistica e Sport avevano provveduto ad analizzare lo stato di fatto, i vincoli e le condizioni formulando, altresì, gli indirizzi per il recupero sia dal punto di vista funzionale che procedurale, attività rimasta purtroppo senza esito.
Intanto però, a dicembre dello scorso anno il Consiglio del Municipio II ha reso il parere favorevole sullo “Schema di Assetto Preliminare del Progetto Urbano Flaminio”[2] Il documento non si limita a valorizzare e rafforzare i caratteri peculiari dei quartieri ma indica anche i limiti per la trasformazione delle parti ancora incomplete o abbandonate del quartiere come nel caso dello Stadio Flaminio.
In particolare per quanto riguarda il complesso dello Stadio Flaminio si ribadisce che “l’area in fregio alla via Flaminia è caratterizzata dalla presenza di importanti preesistenze archeologiche segnalate ed indagate in occasione di ogni intervento effettuato sull’area. Lo stesso Stadio Flaminio era stato realizzato con il vincolo di rimanere sull’impronta del preesistente Stadio Nazionale del 1927.
La seconda condizione essenziale da rispettare, nella progettazione dell’area, riguarda la continuità longitudinale del Parco della Musica verso il MAXXI, la Città della Scienza e il Tevere. L’attuale percorso pedonale in fregio all’Auditorium deve trovare autonoma continuità fino a riprendere via Guido Reni anche attraverso una modalità di sottopasso della direttrice Viale Tiziano- Via Flaminia.
Quindi la trasformazione dell’area deve sviluppare dall’intersezione della spina pedonale lungo via De Coubertin con l’attacco a terra dello Stadio recuperato e rifunzionalizzato.
Le residue aree di parcheggio rappresentano una risorsa essenziale da amplificare con soluzioni multipiano in elevazione essendo precluso l’interrato per motivi archeologici ed idraulici.”
Infine, sempre per il per quanto riguarda il complesso dello Stadio Flaminio nel documento si richiamano gli obiettivi individuati in sede di Laboratorio di partecipazione:
- Mantenere la vocazione sportiva dell’area integrando le attrezzature sportive esistenti (piscina e palestre) con nuove attrezzature per rispondere alla domanda di emergente di benessere.
- Conservare il monumento culturale adeguandolo alle nuove esigenze
- Verificare le esigenze di spazio non soddisfatte all’interno dell’Auditorium (Cinema per Roma), allo scopo di attribuire al monumento culturale funzioni coerenti con l’intorno
- Riconfigurare le aree verdi circostanti in coerenza con le nuove funzioni e con i relativi fabbisogni di parcheggio
- Comprendere nel progetto anche l’area pubblica all’incrocio fra Viale Tiziano e Via De Coubertin.
All’interno di queste condizioni si apre, quindi, una prospettiva di riqualificazione dello Stadio Flaminio anche tramite la concessione a terzi della gestione delle attività economiche, ove la gestione diretta da parte della stessa Amministrazione si dimostri meno conveniente rispetto all’obiettivo della massima fruizione pubblica dello Stadio.
A tale scopo, come fissato dall’art. 153 del Codice di contratti, l’Amministrazione potrebbe mettere a base di gara pubblica uno Studio di fattibilità, rispettoso dei limiti fissati dal PRG, finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente a carico dei soggetti proponenti.
> vedi anche : Stadio Flaminio: può diventare lo Stadio della Lazio?
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Maurizio Geusa – Architetto – Funzionario del Comune di Roma dal 1981 successivamente Dirigente tecnico dal 1998 al 2015. – Membro effettivo dell’Istituto Nazionale di Urbanistica – Consigliere dell’Ordine degli Architetti di Roma Direttore della rivista mensile “AR” dal 1986 al 1990 – Ha contribuito all’elaborazione del Piano Regolatore Generale del Comune di Roma (mobilità) villec@alice.it – https://www.facebook.com/maurizio.geusa
[1] deliberazione della Giunta Capitolina n. 36 del 26 febbraio 2014
[2] http://www.urbanistica.comune.roma.it/partec-quart-scienza/laboratori.html