Il ministro Boccia è in affanno. La legge-quadro non ha superato la verifica di maggioranza, mentre i governatori secessionisti vanno all’attacco. «Raccapricciante» dice Zaia, mentre Cirio dal Piemonte annuncia che si allineerà entro fine anno.
Il punto è che la proposta di Boccia è debole. E non solo perché giuridicamente inidonea – come ho già argomentato su queste pagine qui e qui [del Manifesto, lettura abilitata per gli abbonati NDR] – a porre argine alla bulimia di alcune regioni. È debole anche perché non coglie le coordinate di fondo delle questioni sul tappeto, per almeno quattro punti principali.
Il primo. A partire dalle pre-intese del 28 febbraio 2018 un lungo e talora aspro dibattito ha evidenziato una distribuzione di risorse pubbliche sperequata a danno del Sud, derivante da scelte politiche e indirizzi di governo. Le evidenze sono inconfutabili. Si è anche dimostrata in buona parte falsa e strumentale la rappresentazione di un Sud sprecone incapace quando non malavitoso dedito a succhiare il sangue del virtuoso ed efficiente Nord.
È chiaro che nessuno sconto si può o si potrà mai fare a malapolitica e malamministrazione ovunque si presentino. Ma è evidente che – resa manifesta la sperequazione – si pone la necessità di una distribuzione più equilibrata. La domanda è: la legge-quadro garantisce questo obiettivo, in settori cruciali come istruzione, sanità, trasporti e comunicazioni, servizi sociali? La risposta è no. Non bastano a tal fine i Lep [Livelli Essenziali di Prestazione NDR], e la perequazione infrastrutturale come è prevista.
Il secondo. La pretesa di autonomia differenziata conclude il progressivo abbandono dell’obiettivo esplicitamente sancito in Costituzione fino alla riforma del Titolo V nel 2001 di ridurre il divario Nord-Sud. Ad esso si è sostituito un separatismo che investe sul divario al fine di consentire alla locomotiva del Nord di accelerare per agganciarsi alle economie forti dell’Europa. Si abbandona la centralità nello scacchiere euro-mediterraneo, che si assume come marginale e destinato a una progressiva irrilevanza. Il Sud diventa una palla al piede di chi può e vuole correre, e poco conta che sia una prospettiva di sostanziale subalternità per il paese tutto.
In questa chiave è utile una Italia di staterelli, che si auto-organizzano per inseguire – quelli che possono – le famigerate «catene del valore». Per questo bisogna frammentare tutto il frammentabile, dalle infrastrutture materiali come ferrovie, autostrade, porti, aeroporti, a quelle immateriali, come la scuola. La domanda è: la legge-quadro pone argine a questa deriva? La risposta è: no, per nulla. Prima e dopo la legge-quadro, tutto è regionalizzabile.
Il terzo. In vista di siffatti scenari politici generali la sede appropriata per elaborare una proposta solida non è ovviamente la trattativa bilaterale tra ministero e singole regioni. Ma non è nemmeno la conferenza stato-regioni, per l’ovvio sospetto che i governatori siano disposti a barattare il maggior potere comunque a loro derivante da una autonomia accresciuta con l’interesse dei cittadini che rappresentano.
L’unico luogo appropriato è l’aula parlamentare, per un dibattito senza rete. Lo garantisce la proposta Boccia? No. Anzi, punta alla sede ristretta delle commissioni e per di più per un parere mai vincolante, e persino solo eventuale.
Il quarto. L’obiettivo è una discussione basata su fatti e cifre, e non su stereotipi e luoghi comuni, volta a un nuovo patto per l’unità della Repubblica, basato su un riorientamento delle coordinate politiche e sulla convinzione di una comune utilità. A tal fine l’art. 116 Cost. va ricondotto alla sua natura di strumento per limitati adattamenti a specificità locali, sempre a dimensione regionale. Qui è il vero argine alle aspirazioni separatiste.
Diversamente, diventa realistico lo scenario delineato dalla Svimez [Associazione per lo Sviluppodell’Industria del Mezzogiorno NDR], in specie nel Rapporto 2019 (scarica sintesi rapporto_svimez_2019_sintesi): un futuro di declino per il Nord, e di colonia emarginata per il Sud.
È difficile oggi dire se il raggiunto quorum per il taglio dei parlamentari inciderà sulla vita del governo e della legislatura. Di certo, nella legge-quadro non basta limare qualche parola qua e là, come pure risulta sia stato fatto nelle ultime versioni.
Per quel che vediamo, sono cambiamenti relativamente marginali. Vogliamo sperare che il ministro abbia il tempo di un ravvedimento operoso. Provaci ancora, Frank.
Massimo Villone
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