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Le dismissioni ERP (Edilizia Residenziale Pubblica)

(Foto AMBM)

di Enrico Puccini

da osservatoriocasaroma.it 18 dicembre 2023

La storia delle grandi dismissioni degli alloggi pubblici, o case popolari che dir si voglia, inizia in forma massiccia dopo il 1993, sebbene nella legislazione precedente fosse già prevista la vendita agli inquilini.
Gli anni 90 in generale, con l’abolizione della Gescal, tassa che serviva a finanziare l’edilizia pubblica, con l’abolizione dell’equo canone e con la dismissione del patrimonio pubblico, segnano un punto di svolta nelle politiche italiane sulla casa su cui mai si è aperto un vero ripensamento.
Oltre all’affermazione a livello globale del pensiero neo-liberista, per cui il mercato si sarebbe autoregolato garantendo l’accesso alla casa, in Italia si verificano alcuni accadimenti che fortemente incideranno sull’opinione pubblica. Il primo è la trasformazione degli italiani in un popolo di proprietari – avvenuta nel decennio precedente – che ha relegato il problema della casa ad una fascia minoritaria della popolazione.  Il secondo è il rilievo mediatico del 13 censimento Istat che certificava che a fronte di 24,8 milioni di abitazioni in Italia vi erano 19,7 milioni di famiglie, per cui il problema casa era di fatto risolto. In questo contesto si pensò non solo che gli alloggi popolari non servissero più ma che fossero addirittura dannosi – l’arcinota vicenda del Pruitt Igoe insegna – fonte di degrado fisico e sociale per cui l’unica cura fosse o la demolizione o la vendita agli inquilini. Questi, una volta divenuti proprietari, avrebbero di sicuro trasformato i loro complessi e al tempo stesso garantito una maggiore sicurezza sociale.
In questo quadro viene emanata la legge 560 del 1993 che ha previsto la dismissione del 75% del patrimonio pubblico. Sebbene sia stata ridimensionata nel 2007 dalla Regione Lazio ad una quota del 30%, ancora genera migliaia di alloggi in vendita solo a Roma, mentre è impossibile farne una stima a livello nazionale.
Oggi in uno scenario completamente cambiato con un aumento costante della povertà e delle diseguaglianze determinate da crisi economiche, pandemia, guerra e inflazione, per poter garantire l’accesso alla casa a tutti gli alloggi pubblici sembrano invece essere l’unica soluzione. Ma mentre le amministrazioni locali faticano ad aumentare il loro stock immobiliare di poche centinaia di alloggi all’anno, migliaia vengono cedute agli inquilini o peggio vendute all’asta.
Alcune amministrazioni come Bologna hanno deciso di fermare i piani vendita, una scelta politica logica in questa fase, che speriamo verrà presto emulata da altre amministrazioni.

I piani vendita a Roma

I piani vendita attivi del Comune e di Ater Roma (14.000 alloggi)

Il patrimonio e le dismissioni

La distribuzione del Patrimonio pubblico e delle dismissioni  (ossia cosa rimarrà dopo)

Enrico Puccini

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

vedi anche:

I libri: Verso una politica della casa di Enrico Puccini -7 Dicembre 2023 Continua#

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