Una sentenza del TAR conferma che è rigenerazione urbana solo se consegue le finalità di interesse pubblico
Autore : Redazione
(che il Comune deve valutare caso per caso)
Il TAR del Lazio con una sentenza pubblicata il 23 dicembre 2024 ha respinto il ricorso di un privato che in una zona di Roma di alto valore immobiliarevoleva demolire e ricostruire un edificio con aumento di cubaturadel 20% ai sensi dell’Art. 6 della Legge Regionale della Rigenerazione urbana del Lazio n. 7/2017. L’articolo 6 è quello di cui Carteinregola da anni chiede la modifica per evitare demolizioni e ricostruzioni di immobili pregiati in zone storiche della città che non rispondono a interventi di rigenerazione urbana ma solo a operazioni speculative di rinnovo edilizio e moltiplicazione delle cubature.
Il ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento con il quale gli uffici del Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale nel 2020 avevano respinto l’istanza per ottenere il permesso di costruire.
Ebbene per la seconda volta – dopo la precedente sentenza del dicembre 2022 (1) – il Tribunale amministrativo ha dato ragione agli uffici comunali, che hanno motivato il mancato rilascio del PdC sostenendo che le premialità concesse dalla Legge regionale valgono “esclusivamente “per le finalità di cui all’art. 1”della medesima legge”. Mentre “- l’edificio non risulta ubicato in un territorio soggetto a situazioni di disagio o degrado sociale ed economico; – non limita, ma aumenta di contro il consumo del suolo; – non aumenta, ma diminuisce di contro le dotazioni territoriali di aree pubbliche; – non è promosso, pertanto, alcun intervento finalizzato ad una razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente” e quindi “per queste ragioni, “l’intervento non sarebbe ammissibile“.
La sentenza fornisce anche un importante orientamento rispetto a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente e da molti – anche Carteinregola l’aveva ipotizzato nei suoi allarmi ricorrenti per le possibili trasformazioni edilizia della Città Storica (2) – cioè che l’articolo 6 della legge regionale, “interventi diretti” (3), fosse “immediatamente e direttamente applicabile, senza necessità di delibere comunali e senza che all’Amministrazione Comunale sia riconosciuto alcun potere di escludere, con proprie prescrizioni, ambiti o particolari tipologie di intervento”, in quanto si “tratterebbe di una deroga al PRG del Comune di Roma imposta da una norma di legge sovraordinata [regionale NDR] rispetto alla pianificazione comunale“.
Su questo la sentenza è molto chiara: “quelli che il legislatore enuncia quali principi di scopo a fondamento di misure eccezionali di intervento costituiscono altrettanti parametri vincolanti per il contenuto dei progetti edilizi che devono assolvere, nel concreto, al raggiungimento di quelle specifiche finalità e tale riscontro va operato caso per caso dall’Ufficio procedente, con pieno riferimento, quindi, al “merito” urbanistico dell’intervento proposto (laddove per esso si voglia usufruire delle premialità di legge; altrimenti, l’iniziativa edilizia rimarrà soggetta alle consuete norme di piano).
“Si rivela così priva di fondamento l’asserzione della parte ricorrente secondo la quale l’Ufficio comunale, nell’esame del progetto edilizio presentato ai fini della LR 7/2017, non potrebbe sindacare l’effettiva corrispondenza tra l’operazione edilizia e gli scopi di tutela che la legge presuppone“, perchè “l’Ufficio comunale che procede (al rilascio di un permesso di costruire o al controllo di una SCIA edilizia) deve riscontrare la effettiva e concreta corrispondenza, a seconda delle evenienze del caso concreto, tra la misura edilizia proposta o posta in essere e le finalità di rigenerazione urbana che la legge vuole, determinandosi in conseguenza“.
E per il tribunale amministrativo non esistono dubbi che “per gli interventi ricadenti in Carta per la Qualità – fattispecie in cui ricade l’area oggetto di intervento – l’approvazione dei relativi progetti è subordinata al parere favorevole della Sovrintendenza comunale”, “Ufficio cui compete, peraltro, anche la valutazione rispetto al rispetto delle condizioni previste dall’art. 1 della L.R. Lazio n. 7/2017 per poter accedere alle possibilità offerte dalla normativa in materia di Rigenerazione Urbana“.
Resta da verificare, dopo le recenti modifiche alle NTA del Piano Regolatore Generale della Proposta di Delibera adottata dall’Assemblea Capitolina (4), soprattutto dopo quelle introdotte dai vari emendamenti approvati, se la base normativa che riguarda questo tipo di trasformazioni edilizie sia rimasta solidamente radicata. (AMBM)
(le evidenziazioni e gli OMISSIS sono di Carteinregola)
REPUBBLICA ITALIANA.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio(Sezione Seconda Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6400 del 2020, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato OMISSIS,
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sua sede, in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
per l’annullamento
della Determinazione Dirigenziale del 29/05/2020 Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica Direzione Edilizia Rep. QI/668/2020, Protocollo n. QI/59385/2020 notificata a mezzo PEC il 17/6/2020 e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 24 maggio 2024 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO e DIRITTO
Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce contro Roma Capitale per l’annullamento del provvedimento in epigrafe con il quale, previa la rimozione in autotutela di un precedente diniego, veniva respinta l’istanza da egli presentata per ottenere un permesso di costruire ex LR 7/2017.
Più precisamente, l’istanza edilizia prot. OMISSIS del 15/2/2018 era rivolta alla realizzazione di un intervento su di un immobile sito in Roma, OMISSIS, consistente indemolizione di esistente volumetria e sua ricostruzione, con incremento della S.U.L. del 20% ai sensi dell’art. 6 della Legge Regionale n. 07/2017.
L’ufficio, annullando una precedente Determinazione di diniego del 24/1/2020 Rep.118 Prot.QI 11722, denegava nuovamente l’istanza prot. QI 27243/2018, enunciando – a parere del ricorrente – esclusivamente i seguenti motivi (e non anche quelli posti a fondamento del precedente atto di diniego): contrasto con quanto disposto dall’art.16, comma 3 delle vigenti NTA del PRG; contrasto con l’art.1 della L.R. n.7/2017, in quanto l’intervento non limita ma aumenta il consumo del suolo.
Con il ricorso introduttivo chiede l’annullamento del diniego che sarebbe illegittimo per le seguenti ragioni di censura.
1. Violazione e falsa e/o errata applicazione dell’art.16 comma 3 delle NTA (Norme Tecniche Attuazione) del PRG (Piano Regolatore Generale) del Comuna di Roma, anche in relazione della violazione di disposizioni di legge sovraordinate di cui all’art.117 Costituzione, all’art.5 comma 9 della Legge n.106/2011 e degli artt. 1 e 6 della Legge Regionale Lazio n.7/2017, e genericità, carenza, errore di motivazione sul punto del provvedimento impugnato (in quanto l’intervento di ristrutturazione di cui all’istanza OMISSIS del 15/2/2018 sarebbe realizzabile secondo la vigente normativa e non in contrasto con il suddetto art. 16 comma 3 delle NTA del PRG; ed in quanto le norme sovraordinate non possono esser ostacolate o limitate dalle prescrizioni contenute nel PRG e nei suoi allegati; la motivazione del provvedimento impugnato, limitandosi a denegare l’istanza del ricorrente per “contrasto con l’art.16 comma 3 delle vigenti NTA del PRG” si configurerebbe come assolutamente generica; l’elaborato G2 che elenca gli interventi possibili nella zona dell’ OMISSIS ai sensi dell’art. 16, comma 3, delle NTA, ammette gli interventi di cui alle sotto-categorie RE1, RE2, RE3 così come individuate dall’ art.9 delle NTA del PRG; l’intervento d’interesse del ricorrente corrisponderebbe alla sottocategoria RE2, poiché è l’unico che prevede ampliamento di SUL ed è diverso dai casi contemplati da RE1 e RE3; ad ogni buon conto, l’intervento di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione con premio del 20% di SUL è sempre possibile, come disposto dalla Legge Regionale n.7/2017, art. 6).
Prosegue argomentando sulla coerenza degli effetti dell’intervento edilizio con le finalità che il legislatore ha inteso tutelare con le disposizioni in esame ed evidenzia come l’intervento di demolizione-ricostruzione riguardi un immobile in evidente stato di degrado (trattasi di vecchio immobile sorto abusivamente, privo di fondamenta e soltanto poggiato sul suolo, con locali di altezza inferiore a quella minima consentita, dismesso e con vistose e pregiudizievoli crepe; manufatto, quindi, che proprio per lo stato in cui versa rende opportuna la sua demolizione; circostanze queste che venivano tutte esposte nella relazione tecnica).
Con un secondo ordine di doglianze contesta il presupposto motivazionale dell’Amministrazione, secondo il quale il progettato intervento non limiterebbe ma aumenterebbe il consumo del suolo. Del tutto arbitrariamente e senza che alcuna norma lo preveda, il Dipartimento pretenderebbe che la volumetria premiale debba esser collocata sul suolo in altezza piuttosto che in larghezza, e senza modificare la sagoma dell’immobile da ristrutturare: sia in base alla legge statale (legge n.106/2011) che a quella regionale (L.R.n.7/2017) nell’ambito del lotto in cui si realizza l’intervento di demolizione-ricostruzione con premio di volumetria del 20%, sia la preesistente volumetria, sia quella aggiuntiva, potrebbero venir delocalizzate ovunque, quindi potendosi anche modificare la sagoma dell’immobile; tale conclusione sarebbe confermata dal D. Legge n.76 del 16/7/2020 che modifica l’art. 3 del T.U.E. prevedendo che “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma …….”.
Si è costituita Roma Capitale che resiste al ricorso del quale chiede il rigetto.
Secondo l’Amministrazione, l’Ufficio, con la Determina impugnata, avrebbe esercitato il potere di autotutela con l’annullamento d’ufficio della D.D. n. 118/2020, richiamandone però integralmente i contenuti; ne deriverebbe che a fondamento del diniego si porrebbe anche la ragione di contrarietà espressa dalla Sovrintendenza Capitolina. In particolare, Roma Capitale evidenzia come l’Ufficio procedente abbia rilevato che l’area oggetto di intervento – ricadente nel Sistema dei Servizi e delle Infrastrutture-Servizi-Verde privato attrezzato, di cui all’art. 87 delle N.T.A. – assoggetta l’intero complesso immobiliare esistente ed il terreno circostante alle previsioni della “Carta per la Qualità” – “Morfologie degli Impianti Urbani moderni, comprensori a carattere estensivo, di case unifamiliari isolate o aggregate”. Ai sensi dell’art. 16, comma 10 delle N.T.A., per gli interventi ricadenti in Carta per la Qualità, l’approvazione dei relativi progetti “è subordinata al parere favorevole della Sovrintendenza comunale”.
Ne deriva che, per poter essere assentito, prima di qualsiasi altra valutazione, un progetto edilizio ricadente in Carta per la Qualità andrebbe vagliato dalla Sovrintendenza Capitolina, Ufficio cui compete, peraltro, anche la valutazione rispetto al rispetto delle condizioni previste dall’art. 1 della L.R. Lazio n. 7/2017 per poter accedere alle possibilità offerte dalla normativa in materia di Rigenerazione Urbana.
Con nota prot. OMISSIS del 07.05.2019, pervenuta agli atti dell’Ufficio procedente con prot. QI OMISSIS del 8.05.2019, la Sovrintendenza Capitolina ha espresso parere contrario al progetto edilizio in argomento, rilevando quanto segue.
a) L’intervento si pone in contrasto con quanto disposto dall’art. 16, comma 3 delle vigenti NTA del PRG: la Guida per la qualità degli interventi, nell’ottica della salvaguardia dei caratteri peculiari dell’insediamento, chiarisce che le trasformazioni consentite sono attuabili mediante interventi di Ristrutturazione Edilizia di tipo RE1 e RE2; solo qualora ne venga dimostrata la necessità, è ammesso il tipo RE3 (demolizione e ricostruzione totale o parziale con mantenimento delle condizioni preesistenti e senza la modifica al lotto di pertinenza).
b) L’intervento descritto in premessa, non rispettando le condizioni sopra richiamate, non persegue pertanto l’obiettivo di migliorare gli aspetti urbanistici ed edilizi fissati dall’Assemblea Capitolina, per l’area di cui trattasi, nella Carta della Qualità.
c) L’art. 6 comma 1 della L.R. 7/2017, richiamato nella nota Dip. PAU prot. OMISSIS consente gli “…. Interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20% della volumetria o della superficie lorda esistente” esclusivamente “per le finalità di cui all’art. 1” della medesima legge. Posto che: – l’edificio non risulta ubicato in un territorio soggetto a situazioni di disagio o degrado sociale ed economico; – non limita, ma aumenta di contro il consumo del suolo; – non aumenta, ma diminuisce di contro le dotazioni territoriali di aree pubbliche; – non è promosso, pertanto, alcun intervento finalizzato ad una razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente; per queste ragioni, l’intervento non sarebbe ammissibile.
Riferisce la difesa di Roma Capitale che dopo aver proposto il ricorrente documentazione integrativa (nota prot. OMISSIS del 27.06.2019 e nota prot. QI OMISSIS /2019) con nota prot. OMISSIS 2019, e prot. OMISSIS del 7.01.2020, la Sovrintendenza Capitolina rilevava che “il progetto attualmente in analisi, del tutto consimile a quello originariamente presentato (prot. n QI/2019/ OMISSIS, acquisito agli atti con prot. RI/2019/ OMISSIS), non risulta ammissibile. Nel caso in esame, infatti, come già indicato nel precedente parere di questa Sovrintendenza, la Guida per la qualità degli interventi per la Morfologia di cui al punto 2 consente”, “… non solo tutti gli interventi di Ristrutturazione edilizia di tipo RE1 (senza e con variazione di tipologia e/o sagoma, senza ampliamento della SUL), di tipo RE2 (con ampliamento della Sul) e, qualora ne venga dimostrata la necessità, di tipo RE3 (demolizione e ricostruzione totale e parziale con mantenimento delle condizioni preesistenti e senza modifiche al lotto di pertinenza)” e solo in aggiunta si specificava che “..“Il progetto così come attualmente presentato non comporta alcuna limitazione al consumo del suolo, secondo il dettato dell’art. 1, comma c della LR 7/2017 né in assoluto né rispetto al progetto originariamente formulato. Esso si presenta carente anche sul piano della componente vegetazionale…. La vegetazione di prima forza specie ad alto fusto), che attualmente cinge completamente il lotto, è eliminata su tre dei quattro lati del lotto a meno del reimpianto di n. 4 esemplari di quercius Ilex (leccio),non potendosi intendere quale reimpianto in sostituzione la siepe di Lauris nobilis (alloro) schematicamente rappresentata a delimitare i confini di proprietà; sul viale d’accesso l’attuale vegetazione è eliminata a meno di alcuni esemplari di leccio e sostituita da specie miste approssimativamente graficizzate e spesso di dimensioni comunque limitate”.
Specifica Roma Capitale, quindi, che le previsioni della legge regionale sono finalizzate ad incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, promuovere la riqualificazione di aree urbane degradate e di tessuti edilizi disorganici o incompiuti e riqualificare edifici a destinazione residenziale e non residenziale mediante interventi di demolizione e ricostruzione, adeguamento sismico ed efficientamento energetico.
Nulla di quanto richiesto dalla legge emergerebbe dall’istruttoria tecnica effettuata, come sopra dettagliatamente specificato.
Deduce poi che l’interpretazione della L.R. Lazio 7/2017 alla base della presente memoria è stata confermata in diverse occasioni dalla giurisprudenza; come ribadito nella recente sentenza TAR Lazio del 27.12.2022, n. 17543; infine, rimarca come non sia stato provato nell’istruttoria il presupposto rigenerativo di degrado dell’immobile.
Da qui anche profili di inammissibilità ed infondatezza del gravame, essendo fondato il nucleo motivazionale del diniego sul parere della Soprintendenza.
Nella pubblica udienza straordinaria del 24 maggio 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è inammissibile e comunque infondato, come puntualmente argomentato da Roma Capitale agli atti di causa e del procedimento.
Deve premettersi che, richiamando le conclusioni cui è pervenuta la Sezione II B di questo TAR nella sentenza nr. 17543 del 27 dicembre 2022, invocata da Roma Capitale ed alla quale si può rimandare per un più completo approfondimento, “l’art. 1 della L.R. Lazio n. 7/2017 – al pari dell’art. 5, comma 9, del d.l. n. 70/2011, di cui la prima costituisce attuazione – nel consentire interventi di razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente, anche mediante la previsione del riconoscimento di una volumetria aggiuntiva quale misura premiale – rappresenta una normativa di carattere eccezionale e derogatorio la quale, pertanto, non è suscettibile di interpretazione estensiva al di fuori dei casi e delle ipotesi in esse strettamente contemplate.L’art. 1, comma 1, lett. b) della suddetta legge regionale, nel consentire gli interventi previsti dalla medesima legge, subordina l’assentibilità degli stessi al conseguimento delle finalità di interesse pubblico da essa contemplate. In particolare, la medesima norma, in tanto permette di intervenire su edifici in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare in quanto, attraverso di essi, si pervenga a concorrere alla riqualificazione di aree urbane degradate o di aree produttive, con l’esclusione di ogni generalizzata “liberalizzazione” degli interventi edilizi ampliativi dell’esistente ove non connessi al perseguimento delle finalità previste dalla legge, tra le quali rientra la riqualificazione di contesti urbani degradati, la cui individuazione è rimessa, dall’art. 3 della legge regionale in parola, ai consigli comunali.”
Tenuto conto di quanto dedotto nell’odierno giudizio in ordine alla asserita irrilevanza dei principi generali della LR 7/2017 in ordine al contenuto motivazionale del provvedimento impugnato, si può ulteriormente soggiungere – sulla base di quanto sopra – che la LR Lazio nr. 7/2017 disciplina una serie di misure premiali e di incentivazione al rinnovo del patrimonio edilizio che consentono la deroga a determinati standard urbanistici nella misura (e nei limiti in cui) dette misure sono ritenute idonee a perseguire un obiettivo di efficentamento del patrimonio edilizio esistente, al contempo garantendo la riduzione del consumo di suolo; si vuole, cioè, garantire il recupero di fabbricati già esistenti (che dunque hanno già impegnato le relative superfici urbanistiche) per soddisfare il fabbisogno abitativo dei comprensori interessati, rendendo economicamente (più) conveniente l’operazione edilizia sotto il profilo economico dei costi – benefici a carico dell’operatore del mercato immobiliare con l’aumento di volumetria che è possibile consentire dall’intervento.
Tenuto conto dello stretto collegamento tra scopo (urbanistico) delle misure di legge e incremento volumetrico consentito, non può condividersi la tesi sottesa alle ragioni dell’azione, ossia che la legislazione regionale si esaurirebbe nella mera enunciazione di principi generali e correlativa regolazione di “tipi” nominati di interventi edilizi con relative premialità volumetriche, quasi che i primi costituiscano nulla più che una “motivazione” espressa dei secondi.
Al contrario, quelli che il legislatore enuncia quali principi di scopo a fondamento di misure eccezionali di intervento costituiscono altrettanti parametri vincolanti per il contenuto dei progetti edilizi che devono assolvere, nel concreto, al raggiungimento di quelle specifiche finalità e tale riscontro va operato caso per caso dall’Ufficio procedente, con pieno riferimento, quindi, al “merito” urbanistico dell’intervento proposto (laddove per esso si voglia usufruire delle premialità di legge; altrimenti, l’iniziativa edilizia rimarrà soggetta alle consuete norme di piano).
Si rivela così priva di fondamento l’asserzione della parte ricorrente secondo la quale l’Ufficio comunale, nell’esame del progetto edilizio presentato ai fini della LR 7/2017, non potrebbe sindacare l’effettiva corrispondenza tra l’operazione edilizia e gli scopi di tutela che la legge presuppone. Le finalità tipiche dell’art. 1 della LR Lazio n. 7/2017 concorrono a definire causalmente l’esercizio del potere (che è eccezionale, come detto e quindi di stretta interpretazione) con il rilascio del titolo ampliativo al richiedente (o, non dissimilmente, l’esercizio delle facoltà private che viene attuato mediante la SCIA edilizia) e dunque, pure in presenza di un progetto edilizio che risponda nominalmente ad uno dei casi previsti e consentiti dalla legge o dallo strumento urbanistico (con riferimento alle ragioni di censura con le quali il ricorrente si sforza di ricondurre il proprio progetto alla categoria R2), in ogni caso l’Ufficio comunale che procede (al rilascio di un permesso di costruire o al controllo di una SCIA edilizia) deve riscontrare la effettiva e concreta corrispondenza, a seconda delle evenienze del caso concreto, tra la misura edilizia proposta o posta in essere e le finalità di rigenerazione urbana che la legge vuole, determinandosi in conseguenza.
Nel caso di specie, il progetto di parte ricorrente è stato ritenuto non idoneo a garantire gli scopi di legge per due ordini di ragioni che sono rimasti insuperati dalle difese della parte ricorrente, ciò che determina il rigetto del ricorso.
In primo luogo, è erroneo il principale presupposto da cui muove la tesi di parte ricorrente e cioè che il secondo diniego (quello che è stato impugnato) abbia “novato” e quindi interamente sostituito il precedente (così obliterando il corredo motivazionale di quest’ultimo che, in quanto non riportato espressamente nel provvedimento finale, non sarebbe da considerarsi parte del relativo diniego).
Vero è il contrario, invece, in quanto con il secondo provvedimento l’autotutela dell’Ufficio si è limitata a riproporre il primo diniego, integrandolo ulteriormente e così valorizzandone i contenuti in una sorta di fattispecie a formazione progressiva che è culminata nel provvedimento finale, ma senza pretermissione delle motivazioni del primo diniego.
Ciò conduce a rilevare come il parere della Soprintendenza (essenziale, ricadendo l’immobile in Carta Qualità), abbia puntualmente messo in evidenza sia l’assenza di uno dei presupposti per la rigenerazione urbana (ossia che l’immobile ricada in zona degradata, non che l’immobile in quanto tale sia degradato, circostanza che ne consentirebbe il recupero per le vie ordinarie, non con l’aumento della volumetria) sia l’assenza dei presupposti per dislocare le volumetrie aggiuntive in una forma e con un sedime diversi da quelli originari. Sul punto, si può discutere se la volumetria premiale possa o meno venire localizzata in aree di sedime diverse da quella dell’immobile al quale accede; ma ciò che in questa sede rende superfluo tale accertamento è che essendo l’immobile in Carta Qualità, la proprietà è soggetta al mantenimento delle originarie consistenze di natura qualitativa e quindi anche di sagoma e stile che ne hanno determinato la qualificazione (sulla quale non v’è contestazione).
Peraltro, le conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione resistente e che hanno determinato il rigetto del progetto edilizio, sono fondate su elementi di fatto che sono di immediata e semplice percezione – anche nei limiti di un giudizio estrinseco sulla qualità del progetto e la sua coerenza con le finalità di legge – all’esame delle tavole di progetto (come prodotte in allegato al ricorso, v. in particolare l’all. 2 bis). Infatti, il raffronto tra lo stato ante operam e quello previsto quale risultante della demolizione e ricostruzione, lascia emergere in tutta evidenza la maggior superficie impegnata (con aumento del consumo di suolo a discapito della corte dell’edificio, impegnata da alberature che il provvedimento impugnato sottolinea senza censura che verrebbero sacrificate e non rimpiazzate adeguatamente) ed il mutamento delle condizioni di sagoma, prospetti e qualità dell’edificio (che sono tutelate dall’inserimento in “carta qualità”), a favore di uno stile architettonico del quale non viene dimostrato (e nemmeno dedotto) il rispetto con i caratteri tutelati d’origine.
Pertanto, nessuna delle censure dedotte può trovare accoglimento.
Con il primo argomento di censura, la difesa del ricorrente sostiene che l’art.6 della L.R. n.7/2017 è immediatamente e direttamente applicabile, senza necessità di delibere comunali e senza che all’Amministrazione Comunale sia riconosciuto alcun potere di escludere, con proprie prescrizioni, ambiti o particolari tipologie di intervento; si tratterebbe di una deroga al PRG del Comune di Roma imposta da una norma di legge sovraordinata rispetto alla pianificazione comunale; l’attuazione degli interventi di cui alla Legge Regionale n.7/2017 avverrebbe in modo diretto senza poter essere limitata da previsioni contenute nel PRG e nei suoi allegati.
Si tratta di un’affermazione generica e priva di rilievo, analoga a quanto già esaminato dal Tribunale nella sentenza nr. 17543/2022 che dunque è sufficiente richiamare.
Il secondo argomento di ricorso, secondo il quale l’intervento sarebbe conforme alla disciplina di piano (oltre che a contraddire e rendere palese l’irrilevanza del primo) è comunque inammissibile in quanto non è oggetto di censura il presupposto dell’assoggettamento dell’intervento alle previsioni della “Carta di Qualità” ed al correlativo parere della Soprintendenza i contenuti del quale sono in gran parte privi di censura (sulla rilevanza della “Carta Qualità” ,quale strumento cogente di tutela contenuto nel Piano regolatore di Roma Capitale, si veda da ultimo, la sentenza nr. 9177/2023 della Sez. II B, che richiama TAR Lazio, Roma, II bis, 10 marzo 2014, nr. 2744).
Ne deriva, conclusivamente, il rigetto del ricorso con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta e condanna parte ricorrente alle spese di lite che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Gatto Costantino, Presidente, Estensore
Maria Grazia D’Alterio, Consigliere
Benedetto Nappi, Consigliere
IL SEGRETARIO
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(2) vedi tra i tanti articoli e iniziative Intellettuali e associazioni ai candidati del Lazio: impegno a modificare la legge demolisci villini Tomaso Montanari, Vezio de Lucia, Pier Luigi Cervellati, insieme a decine di esponenti del mondo della cultura e delle associazioni per la tutela del patrimonio storico e del paesaggio chiedono ai candidati alle elezioni del Lazio l’ impegno a modificare l’articolo “demolisci villini” della legge regionale per la rigenerazione urbana -28 Gennaio 2023Continua#
Comma 1 Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.
Comma 2 Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 sono consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti, indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche.
(…)
Comma 6 Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR.