Sta arrivando la legge regionale che trasforma i cinema in maxi negozi e centri commerciali
Autore : Redazione
Una sentenza del TAR boccia il ricorso della proprietà del Cinema Metropolitan e conferma la legittimità della legge del Lazio del 2020 per la tutela e il rilancio delle sale cinematografiche. Ma sta già arrivando al voto del Consiglio regionale una Proposta della Giunta Rocca che ribalta la legge vigente e dà il via libera alle trasformazioni di cinema e centri culturali in spazi commerciali.
A pochi metri da Piazza del Popolo, uno dei luoghi più iconici e famosi della Capitale, all’inizio di via del Corso si trova la sequenza di porte chiuse dell’ex cinema Metropolitan, su cui campeggiano da qualche anno scritte bianche in campo nero: “Dopo 12 anni di burocrazia la Regione Lazio non approva l’Accordo di Programma rinunciando a 7 milioni di euro di investimenti per la città, 60 posti di lavoro, tre cinema riaperti, un negozio di elevato standard qualitativo”.
Il motivo è che anni fa la proprietà dello storico cinema, chiuso dal 2010, aveva presentato un progetto per “la riconversione funzionale “e per realizzare uno “spazio commerciale unitario non alimentare” di 1800 mq, con 51,30 mq di uffici e una residua sala cinematografica di 318 mq al piano interrato. Per realizzarlo era necessaria una “variante urbanistica mediante la procedura di accordo di programma” (ADP), visto che il Piano Regolatore di Roma non consentiva – e ancora non consente – il cambio di destinazione da sala cinematografica a struttura commerciale per circa il 90% della superficie esistente, in quanto nella componente della “Città Storica” (in questo caso anche Centro Storico – zona UNESCO) la superficie massima di vendita non può essere superiore ai 250 mq [1].
A un passo dall’approvazione, nel giugno 2022, di un nuovo progetto avanzato dopo un cambio di proprietà [2], l’operazione era però stata fermata dalla Giunta Regionale Zingaretti perché in contrasto con una legge regionale nel frattempo approvata e tuttora vigente[3], che prevede che “All’interno degli edifici destinati a teatri, sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali, ivi inclusi gli edifici riattivati o rifunzionalizzati … è consentito l’esercizio di attività commerciali, artigianali e di servizi, fino ad un massimo del 30 per cento della superficie complessiva, purché tali attività siano svolte unitamente all’attività prevalente…”.
Di qui i cartelli affissi sulle porte dell’ex cinema e anche un ricorso al TAR del Lazio, che si è espresso poche settimane fa, bocciando le tesi della società ricorrente e confermando la correttezza e la ragionevolezza della legge regionale “dedicata al sostegno del cinema e dell’audiovisivo nel Lazio” che “ha dettato unadisciplina volta a riconoscere, sostenere, valorizzare e promuovere le attivitàcinematografiche, audiovisive e multimediali, quali forme di libera manifestazionedel pensiero e di espressione artistica in grado di contribuire alla valorizzazione eallo sviluppo culturale, economico e sociale del territorio regionale”[4]
Sempre secondo il TAR la legge regionale “lungi dal precludere in via perentoria ed assoluta qualsiasi riconversione commerciale delle sale cinematografiche in disuso si limita soltanto a fissare dei limiti quantitativi a tale riconversione, realizzando quindi un equo contemperamento tra libertà di iniziativa economica e tutela di valori socio-culturali”[5].
Ma tale saggia sentenza è destinata purtroppo ad essere azzerata da una nuova Legge regionale già approvata dalla Giunta Rocca nell’agosto scorso che presto approderà al voto del Consiglio e che riguarda decine di sale cinematografiche, in disuso e non solo, del Lazio.
La Proposta di legge dell’Assessore all’urbanistica Ciacciarelli “Semplificazioni e misure incentivanti il governo del territorio”(PL 171)[6] interviene su molte leggi che trattano il Governo del territorio, comprese le norme regionali che riguardano i teatri, le sale cinematografiche, i centri culturali polifunzionali [7], modificando regole introdotte dalla precedente maggioranza, snaturandole e cancellandole, in questo caso addirittura capovolgendole.
Così per i cinema chiusi da almeno 10 anni, o dopo 15 anni di chiusura continuativa se chiusi successivamente all’entrata in vigore della legge, si consentiranno in modalità diretta interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione senza incremento della superficie lorda (SUL) esistente “per l’introduzionedi cambi di destinazione d’uso finalizzati alla completa – completa! –riconversione funzionale, verso le destinazioni consentite dalle norme dello strumento urbanistico comunale”, lasciando solo come mera ipotesi il caso in cui “venga mantenuto alla destinazione originaria – cioè a cinema e/o centro culturale – almeno il 30 per cento della superficie lorda esistente“. che permette di ottenere un (ulteriore?) incremento di superficie [8]. Nessuna esclusione per le zone degli “insediamenti urbani storici dal PTPR” (Piano territoriale Paesaggistico Regionale), seppure “limitatamente agli interventi di ristrutturazione edilizia”.
La Proposta Ciacciarelli introduce novità anche per i cinema e i teatri ancora in attività, questa volta “per la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale” o “per realizzare nuove sale per l’esercizio cinematografico e per i teatri e nuovi centri culturali polifunzionali”, consentendo “in tutte le zone di piano regolatore generale, gli interventi diretti” e la “rifunzionalizzazione”, che insieme alla realizzazione di “un complesso di sale cinematografiche, teatri, cineteche, biblioteche, musei, sale per concerti, sale per conferenze, spettacoli e mostre d’arte”, permette “di destinare fino al 50 per cento della superficie di progetto ad attività commerciali, quali bar, ristoranti, tavole calde, sale da thè, librerie, palestre ed attività ad esse assimilabili“, attività che per la legge oggi vigente devono rientrare nel 35% della superficie. Anzi, “previa sottoscrizione di accordo di programma”, si può arrivare a “una superficie superiore al 50 per cento”.
In pratica tutti i cinema dismessi da 10 anni potranno diventare maxi negozi o centri commerciali, e quelli ancora in esercizio potranno trasformare il 50% e oltre della propria superficie in spazi di somministrazione, attività commerciali, palestre e quant’altro. Si pensi al Metropolitan per la prima categoria e, per la seconda – come pura ipotesi – al Cinema Adriano di Piazza Cavour.
Un grave danno per il nostro patrimonio culturale in tutta la città e un passo ulteriore verso la trasformazione del centro storico in un supermercato per turisti. Pezzi di memoria storica, patrimonio culturale collettivo – di Roma ma anche delle altre cittadine del Lazio – saranno cancellati per sempre, non più luoghi di vita e di cultura, ma ulteriori anonimi templi del profitto.
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
13 gennaio 2025
NOTE
[1] Al momento in cui scriviamo non sappiamo come queste norme si combineranno con le recenti modifiche al PRG adottate dall’AC l’11/12, non ancora pubblicate vedi Modifiche PRG cronologia materiali
[2] Il primo progetto, dopo una Conferenza dei servizi preliminare e un passaggio di proprietà, era rimasto fermo fino al 2017, quando la società nel frattempo subentrata aveva deciso di presentare una nuova proposta, che metteva sul piatto più soldi e la riqualificazione di due sale cinematografiche comunali in disuso in altri quartieri. Nel luglio 2019 l’Assemblea Capitolina – Giunta Raggi – aveva approvato gli “ indirizzi al sindaco per la sottoscrizione dell’ADP in variante al PRG e in deroga al documento programmatico regionale per il commercio* e si era proceduto con la Conferenza dei servizi decisoria.
“4. All’interno degli edifici destinati a teatri, sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali, ivi inclusi gli edifici riattivati o rifunzionalizzati ai sensi del comma 3, è consentito l’esercizio di attività commerciali, artigianali e di servizi, fino ad un massimo del 30 per cento della superficie complessiva, purché tali attività siano svolte unitamente all’attività prevalente, come definita dall’articolo 78, comma 1, lettera a), della legge regionale 6 novembre 2019, n. 22 (Testo unico del commercio).”.
2. Alla l.r. 22/2019 sono apportate le seguenti modifiche:
a) la lettera g) del comma 2 dell’articolo 5è sostituita dalla seguente:
“g) ai teatri, alle sale cinematografiche e ai centri culturali polifunzionali anche a seguito di riattivazione o rifunzionalizzazione di cui all’articolo 6, comma 3, della legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 (Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio), per lo svolgimento delle attività commerciali, artigianali e di servizi, all’interno degli edifici all’uopo destinati, nel limite massimo del 30 per cento della superficie complessiva, purché gli spazi ricavati dove svolgere le suddette attività commerciali, artigianali o di servizi, anche in condivisione di sede, non superino le dimensioni massime previste per un esercizio di vicinato e le attività siano svolte unitamente all’attività prevalente, come definita dall’articolo 78, comma 1, lettera a);”;
b) alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 78, le parole: “ovvero nei medesimi spazi in cui si svolge detta attività” sono sostituite dalle seguenti: “, anche se avente accesso dalla via pubblica e con orari di apertura e chiusura non coincidenti con detta attività” e sono aggiunte, in fine, le seguenti: “Per le sale cinematografiche e i centri culturali polifunzionali l’attività si considera prevalente se è svolta per almeno duecentocinquanta giorni all’anno con riferimento al territorio di Roma capitale, o per almeno cento giorni all’anno con riferimento al territorio degli altri comuni della Regione, e se la superficie dei locali utilizzati per essa è pari ad almeno il 70 per cento della superficie della struttura complessivamente a disposizione per lo svolgimento delle attività, esclusi magazzini, depositi, uffici e servizi”.
[4] Vedi Sentenza N. 09377/2022 pubblicata il 19 dicembre 2024 scarica la sentenza (da cui sono tratte alcune informazioni qui riportate sulla vicenda )
[5] (dalla sentenza del TAR 19 12 24 ) “…il censurato art. 9 della legge Regione Lazio n. 5 del 2020 rispetta pienamente tali parametri [“i parametri euro-unitari invocati dalla parte ricorrente”] atteso che tale norma:
a) è obiettivamente finalizzata al perseguimento di un interesse generale, e cioè quello di preservare, tutelare e valorizzare l’attività cinematografica e la sua immanente valenza culturale;
b) ha previsto un’opportunità nuova (e cioè quella di svolgere anche attività commerciali all’interno di edifici adibiti a destinazione d’uso cinematografica), ampliando dunque le occasioni di sfruttamento della proprietà di tali edifici, sebbene entro il limite del 30%, con la conseguenza che non può parlarsi affatto di alcuno svuotamento (o alterazione) dei contenuti essenziali del diritto di proprietà individuale degli edifici in questione, ben sì soltanto di delimitazione di dette nuove occasioni di sfruttamento commerciale” (…)
[7] Art. 2 (Modifiche alla legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio” e successive modificazioni),
Art. 5 (Disposizioni in tema di cinema e audiovisivo)
Art. 19 (Interpretazione autentica dell’articolo 9 della legge regionale 2 luglio 2020, n. 5 “Disposizioni in materia di cinema e audiovisivo” e successive modificazioni).
[8] in realtà nel testo della PL 171 , c’è una contraddizione: nell’art. 2 che si intitola Modifiche alla legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio” e successive modificazioni)
alla lettera r) si dice che il comma 3 dell’articolo 6, è abrogato:
Articolo 6 legge 7/2017:
comma 3 In applicazione dell’articolo 28, comma 5, della legge 14 novembre 2016, n. 220 (Disciplina del cinema e dell’audiovisivo), previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, al fine di tutelare la funzione degli immobili già destinati alle attività cinematografiche e a centri culturali polifunzionali, di agevolare le azioni finalizzate alla riattivazione e alla rifunzionalizzazione di sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali chiusi o dismessi, di realizzare nuove sale per l’esercizio cinematografico e nuovi centri culturali polifunzionali e i servizi connessi, di realizzare interventi per la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale, sono consentiti:
a) interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione con un incremento della volumetria o della superficie lorda esistente fino a un massimo del 20 per cento degli edifici esistenti;
b) interventi per il recupero di volumi e delle superfici accessorie e pertinenziali degli edifici esistenti.
all‘ Art. 2 comma 1 lett s) si dice che il comma 4 dell’articolo 6, è sostituito da un nuovo testo, nel quale si prevede una premialità aggiuntiva a quella prevista nel comma abrogato
comma 4. Per le sale cinematografiche e i centri culturali polifunzionali chiusi o dismessi alla data del 31 dicembre 2023, sono consentiti, in modalità diretta e dopo il decimo anno dalla data di chiusura o dismissione, interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione, senza incremento della superficie lorda esistente, per l’introduzione di cambi di destinazione d’uso finalizzati alla completa riconversione funzionale, verso le destinazioni consentite dalle norme dello strumento urbanistico comunale. Nel caso venga mantenuto, alla destinazione originaria, almeno il 30 per cento della superficie lorda esistente, l’incremento di cui al comma 3, lettera a), è aumentato di un ulteriore 10 per cento.Per le sale cinematografiche e i centri culturali polifunzionali attivi e funzionanti alla data del 31 dicembre 2023, sarà possibile il mutamento di destinazione d’uso finalizzato alla completa riconversione, solo ove siano trascorsi 15 anni continuativi dalla data di chiusura o dismissione dell’attività.”;
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