Con effetti aggravati dalla durata. Ogni sanatoria non riguarda solo il momento in cui viene approvata, ma si estende anche agli anni precedenti. E in qualche caso vale pure per il futuro. La timeline in questa pagina riassume proprio gli effetti dei condoni cumulati nel tempo: a conti fatti, le annate escluse sono pochissime. E si concentrano nei primi anni Novanta: il periodo di Tangentopoli, quando nessuno osava parlare di amnistia o impunità. Prima e dopo quel quinquennio di guerra legale all’illegalità, i condoni fiscali, previdenziali, edilizi e penali sono continui, permanenti, perpetui.
L’Italia è famosa nel mondo per la bellezza del suo territorio, minato da terremoti, frane, alluvioni che imporrebbero regole urbanistiche rigorose. Il boom edilizio degli anni Cinquanta e Sessanta ha cosparso l’intera nazione di costruzioni senza regole: i primi piani regolatori vengono approvati solo all’inizio degli anni Settanta. E già nel 1985 arriva il primo condono nazionale degli abusi edilizi, intitolato all’allora ministro socialdemocratico Franco Nicolazzi, poi condannato per corruzione. Un colpo di spugna che legalizza milioni di fabbricati fuorilegge: case e palazzi costruiti, per definizione, senza rispettare nessuna regola.
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Il governo di Bettino Craxi annuncia che sarà l’ultima sanatoria edilizia. Invece nel 1994 Silvio Berlusconi vara un nuovo maxi-condono, che viene ripetuto nel 2003-2004. Le sanatorie obbligano le autorità pubbliche a fornire acqua, fognature e servizi a milioni di fabbricati abusivi, con una spesa cinque volte superiore agli incassi delle pratiche di legalizzazione. Oggi la Campania guida il plotone delle regioni che progettano un nuovo condono edilizio: il governatore del Pd Vincenzo De Luca ha promesso in campagna elettorale una sanatoria di «circa 70 mila alloggi» abusivi, polemizzando contro «l’ambientalismo idiota». Forza Italia lo appoggia apertamente, parlando di «abusi di necessità». Il senatore Carlo Sarro stima «270 mila costruzioni» fuorilegge solo in Campania e quantifica in 67 mila quelle «già colpite da sentenze definitive di demolizione».
In attesa delle sanatorie regionali, progettate anche in Sicilia, gli abusivi possono sempre approfittare di un «condono selettivo permanente», previsto dalla legge Nicolazzi e mai cancellato: basta convincere il comune a trasformare l’ex zona verde in area edificabile. L’urbanistica italiana infatti è il regno delle varianti: c’è una procedura legale anche per aggirare le regole. Ma non è finita. Dopo il condono del 2004 i favori ai furbi del mattone hanno cambiato nome: ora si chiamano semplificazioni.
«Nell’edilizia privata tutti i controlli, compresi quelli anti-sismici, sono stati sostituiti da auto-certificazioni», denuncia l’avvocato Emanuele Montini, coordinatore nazionale di Italia Nostra: «A certificare il rispetto delle regole, la qualità e la tenuta del cemento, dei tondini in ferro, delle fondamenta, è un professionista di fiducia, scelto e pagato dal privato. I controlli pubblici sono stati regionalizzati. Quindi ogni pezzo d’Italia ha regole diverse, perfino per le norme di sicurezza contro i terremoti: in Umbria e Toscana i tecnici pubblici verificano tutte le costruzioni, nel Lazio solo il cinque per cento, in altre regioni il 15». E in quelle regioni come si decide quali case controllare? «Con un’estrazione a sorte», risponde Montini con tono disperato. Ci mancava solo la lotteria dei terremoti.
Dall’edilizia al fisco, la situazione peggiora. La doppia sanatoria varata dal governo Renzi con il decreto legge che il 24 ottobre ha abolito Equitalia, in particolare la rottamazione delle cartelle esattoriali e la nuova sanatoria dei capitali esteri (voluntary disclosure), è una riedizione temperata dei condoni tradizionali. Correva l’anno 1973 quando il repubblicano Bruno Visentini, per cambiare il vecchio sistema tributario fondato sull’evasione di massa e sulla crescita continua del debito pubblico, varò la prima grande riforma fiscale. Irpef, Iva, verifiche e processi tributari nascono allora. Insieme a un condono generale, che doveva essere l’ultimo.
La Corte dei conti, nei suoi rendiconti sui bilanci dello Stato, chiarisce che una sanatoria per il passato è giustificabile proprio e soltanto quando una riforma strutturale fa da spartiacque e cambia tutte le regole per il futuro. Ma in Italia lo stop ai condoni fiscali resiste solo negli anni neri della prima crisi petrolifera. Poi, si ricomincia. Tra il 1982 e il 1991, i due più famosi «condoni fiscali generali» sono intitolati all’ex ministro socialista Rino Formica. All’epoca il professor Giulio Tremonti denunciava il condono come «un suicidio fiscale», «immorale» e «criminogeno».
Diventato ministro nel 1994 con Silvio Berlusconi, però, ha cambiato idea: nel 1994 ha lanciato il «concordato fiscale di massa», valido fino al 1997. Tremonti ha dato il massimo nel 2002-2003 e nel 2009-2010, con le due grandi novità dello scudo fiscale: gli evasori con i soldi all’estero hanno potuto mettersi in regola con una tariffa bassissima (appena il 5 per cento) e addirittura con la garanzia dell’anonimato. Solo l’ultima edizione dello scudo ha permesso a 180 mila misteriosi evasori di ripulire ben 105 miliardi di fondi neri. Decine di inchieste giudiziarie hanno poi accertato che, dietro l’anonimato, si nascondevano anche mafiosi, narcotrafficanti, bancarottieri e squali della finanza. Il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha definito lo scudo «la più grande operazione di riciclaggio di denaro sporco della storia d’Italia».
La voluntary disclosure del 2015, invece, ha limiti molto più rigorosi: il ministro Pier Carlo Padoan ha adottato una procedura-standard, regolata da autorità internazionali come l’Ocse. Ora l’evasore deve autodenunciarsi al fisco, spiegare come ha creato il nero, pagare tutte le imposte con gli interessi: il premio è un forte sconto sulle sanzioni. L’effetto-condono è stato però accentuato dalle modifiche attribuite al sottosegretario Enrico Zanetti, passato dal partito di Mario Monti al gruppo di Denis Verdini: tra i cavilli salva-furbi spicca l’abolizione della norma Visco-Prodi del 1997 che permetteva al fisco di chiedere dieci anni di arretrati ai grandi evasori.
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Così la ex Cirielli, voluta da Berlusconi per i suoi processi, si è trasformata nel più grande condono penale quotidiano. Lasciando impuniti migliaia di procedimenti. Dal caso Stamina a Denis Verdini. Dai disastri ambientali all’enorme buco nero della malasanità
Anche la rottamazione delle cartelle esattoriali, presentata dal premier Matteo Renzi come una riparazione per quei tartassati da Equitalia spesso oberati da interessi moltiplicati a dismisura, in realtà cancella tutte le sanzioni applicate in tutti i casi di evasione già accertata dal 2000 al 2015. Quindi è un vero condono generale, valido anche per i contributi previdenziali, che rischia di aprire una voragine nei conti dell’Inps, come ha denunciato il suo presidente Tito Boeri. Si tratta dei contributi obbligatori per pagare le pensioni e l’assistenza pubblica: l’evasione contributiva è l’altra faccia del lavoro nero. Ma dal 1973 ad oggi non c’è stato un solo anno senza un qualche condono previdenziale.
L’illegalità al potere si completa con le amnistie che hanno cancellato perfino i reati. E con gli indulti che hanno ridotto o azzerato le condanne penali già definitive. Fino al 1989 l’Italia ha varato, in media, un’amnistia ogni cinque anni. Il padrino politico era quasi sempre Giulio Andreotti. Dopo la bufera di Mani Pulite, la classe dirigente ha cambiato tecnica. Nel 1997 una legge proposta dal senatore azzurro Marcello Pera ha modificato le regole sulle prove, azzerando i verbali d’accusa non ripetuti in aula da un complice, anche se aveva già confessato durante le indagini. Quella riforma viene dichiarata incostituzionale, perché esageratamente favorevole agli accusati. A quel punto una larga maggioranza bicamerale destra-sinistra cambia la Costituzione, raccontando agli elettori di aver varato il «giusto processo». L’effetto-amnistia per i tangentisti è documentato dal crollo delle condanne per corruzione e concussione: tra il 1996 e il 1999 si sono più che dimezzate, scandendo da 1.712 a 809.
Alla fine del 2005 il governo Berlusconi ha riscritto anche le regole sulla prescrizione, stravolgendo una legge intitolata al parlamentare Edmondo Cirielli, che ha ritirato la firma. Prescrizione significa che il reato c’è, l’imputato lo ha commesso, ma non è più punibile perché sono scaduti i termini di legge. La ex Cirielli ha ridotto al minimo i termini di punibilità di tutti i reati dei colletti bianchi, dalla corruzione ai delitti economici. Già nel 2006 le condanne definitive per tangenti sono crollate a 239 in tutta Italia. Oggi, solo nelle Corti d’appello, un colpevole su tre si vede azzerare la condanna. E così la sanatoria diventa perpetua. L’amnistia perdona solo i delinquenti del passato, ma la prescrizione è il condono del futuro.