Ius soli: giusto per capire
Autore : Redazione
(foto ambm)
Pubblichiamo il testo della nuova legge sulla cittadinanza in discussione al Senato, preceduto da un’illuminante riflessione di Chiara Saraceno (da Repubblica 18 giugno) e un’ottima sintesi da Il Post. In calce un riepilogo di come viene applicato il diritto di cittadinanza negli altri paesi (da Skynews24)
scarica il testo dal sito del Senato Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00940816.pdf
> Vai a tutte le notizie sul disegno di legge S.2092 [Ddl Ius Soli] dal sito Open Parlamento
Lo ius soli e l’alibi dei diritti sociali
di Chiara Saraceno
(da Eddyburg) «Mantenere indefinitamente nella non appartenenza migliaia di bambini e adolescenti è non solo ingiusto, ma rischia di produrre estraneità e rancore». la Repubblica
, 18 giugno 2017 (c.m.c.)Diritti sociali contro diritti civili: un copione che in Italia si ripete spesso, non tanto per spingere i primi quanto per bloccare i secondi. Come se i diritti civili (degli altri, naturalmente, non i propri) fossero un lusso che può essere sempre rimandato, e le difficoltà economiche o la mancanza di diritti sociali un buon alibi per non rispettare neppure quelli civili. È successo, a suo tempo, per i diritti delle donne, più recentemente per quelli delle persone omosessuali. Quando non li si negavano
tout court, si diceva che dovevano aspettare, che c’erano altre priorità più urgenti.
Un po’ sorprendentemente, con una notevole dose di cinismo, hanno fatto proprio questo copione anche i Cinquestelle. Il loro aspirante futuro premier Di Maio, per spiegare perché il Movimento non voterà la legge sulla cittadinanza, ha denunciato: «È mai possibile che prima di pensare al lavoro, o a un piano per dare incentivi e sgravi alle imprese che assumono giovani, oppure a un reale sostegno per le famiglie monoreddito con figli a carico, il Pd pensi a far approvare lo ius soli?».
Non sarò certo io a negare che in questo paese manca un sostegno adeguato al costo dei figli e che politiche del lavoro che si limitano al lato dell’offerta non vanno molto lontano. Ma non vedo come questo possa essere contrapposto al diritto di chi nasce e cresce nel nostro paese, sentendosene parte e seguendo le sue leggi, di esserne riconosciuto pienamente come cittadino, se lo desidera, senza essere costretto in un limbo che di fatto lo riduce ad uno status di apolide: perché non è cittadino italiano, ma neppure di fatto del paese da cui provengono i suoi genitori e dove, se questi sono rifugiati, spesso non può neppure andare.
Negando l’importanza di questo riconoscimento, un movimento che si riempie la bocca della parola “cittadinanza” e “cittadini” non sembra davvero aver compreso in che cosa consiste l’essere cittadino: non il sangue, o il colore della pelle, e neppure la nazionalità dei propri genitori, ma l’identificazione con una collettività, incluso l’accesso ai diritti e doveri che ne derivano, così da maturare la disponibilità a partecipare alla formazione del bene comune.
Negare questo accesso, mantenendo indefinitamente sulla soglia e nella non appartenenza migliaia di bambini e adolescenti è non solo ingiusto, ma miope, perché rischia di produrre quel senso di estraneità e di rancore che può sfociare in fenomeni estremi di disidentificazione con la nostra società. Per altro, la legge in discussione, niente affatto affrettata come suggerisce da parte sua Alfano, desideroso anch’egli di defilarsi, stante che se ne sta discutendo da anni e da due anni è già passata al vaglio della Camera, configura uno Ius soli molto temperato.
Richiede che almeno uno dei genitori abbia ottenuto il permesso di lungo soggiorno, quindi abbia risieduto regolarmente in Italia per almeno cinque anni, o, in alternativa, che il bambino o ragazzo (nato qui o arrivato entro i dodici anni) abbia completato almeno un ciclo di studi quinquennale. Non vi è nessun rischio di incentivare arrivi di massa di donne incinte, o pronte a diventarlo, che trasformeranno l’Italia in un enorme reparto di maternità, come ha evocato qualcuno. Il percorso verso la cittadinanza continua ad essere impegnativo.
Anche l’altra obiezione di Di Maio — che la questione della cittadinanza deve essere affrontata a livello europeo — appare strumentale, oltre che paradossale in bocca ad un cinquestelle che di solito condanna gli interventi della Ue come attacchi alla sovranità. Non si capisce perché l’Italia debba demandare alla Ue di regolare l’accesso alla cittadinanza italiana, visto che finora tutti gli altri paesi, anche quando hanno modificato le proprie norme negli ultimi anni, non lo hanno fatto.
Quindi coloro che sono diventati cittadini tedeschi o irlandesi o francesi con regole diverse dalle nostre, in quanto cittadini europei possono circolare liberamente, venendo anche in Italia. Cominciamo a definire le nostre regole e poi impegniamoci pure a verificare l’opportunità di una armonizzazione a livello Ue. Ma non usiamo questa scusa per rimanere fermi e negare la cittadinanza a chi cresce, gioca, studia quotidianamente fianco a fianco con i nostri figli e nipoti, condividendone abitudini, interessi, desideri, aspirazioni.
Il Post 16 giugno 2017
Cos’è lo ius soli, spiegato semplice (Manuele Mangiarotti/LaPresse)
E perché in questi giorni se ne parla a proposito della nuova legge sulla cittadinanza in discussione al SenatoDa ieri in Italia si è tornati a discutere della legge sulla cittadinanza, approvata dalla Camera alla fine del 2015 e da allora in attesa di essere esaminata dal Senato (dove la maggioranza ha numeri molto più risicati). La legge espande i criteri per ottenere la cittadinanza italiana e riguarda soprattutto i bambini nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccoli. La legge è sostenuta dal Partito Democratico, mentre sono contrarie le principali forze di opposizione: Forza Italia e Lega Nord si oppongono in maniera molto visibile – ieri la Lega ha tenuto una manifestazione di protesta all’interno del Senato – mentre il Movimento 5 Stelle ha deciso di astenersi, come già aveva fatto alla Camera.
Come funziona adesso
L’ultima legge sulla cittadinanza, introdotta nel 1992, prevede un’unica modalità di acquisizione chiamata ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”): un bambino è italiano se almeno uno dei genitori è italiano. Un bambino nato da genitori stranieri, anche se partorito sul territorio italiano, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e se fino a quel momento abbia risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”. Questa legge è da tempo considerata carente: esclude per diversi anni dalla cittadinanza e dai suoi benefici decine di migliaia di bambini nati e cresciuti in Italia, e lega la loro condizioni a quella dei genitori (il cui permesso di soggiorno nel frattempo può scadere, e costringere tutta la famiglia a lasciare il paese).
Cosa cambierebbe
La nuova legge introduce soprattutto due nuovi criteri per ottenere la cittadinanza prima dei 18 anni: si chiamano ius soli (“diritto legato al territorio”) temperato e ius culturae (“diritto legato all’istruzione”).
Lo ius soli puro prevede che chi nasce nel territorio di un certo stato ottenga automaticamente la cittadinanza: ad oggi è valido ad esempio negli Stati Uniti, ma non è previsto in nessuno stato dell’Unione Europea. Lo ius soli “temperato” presente nella legge presentata al Senato prevede invece che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore in possesso di permesso di soggiorno non proviene dall’Unione Europea, deve aderire ad altri tre parametri:
– deve avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
– deve disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
– deve superare un test di conoscenza della lingua italiana.
L’altra strada per ottenere la cittadinanza è quella del cosiddetto ius culturae, e passa attraverso il sistema scolastico italiano. Potranno chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie). I ragazzi nati all’estero ma che arrivano in Italia fra i 12 e i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo scolastico.
Un po’ di dati
Secondo uno studio della Fondazione Leone Moressa su dati ISTAT, citato da Repubblica, al momento in Italia ci sono circa 1 milione e 65mila minori stranieri. Moltissimi di questi ragazzi sono figli di genitori da tempo residenti in Italia, oppure hanno già frequentato almeno un ciclo scolastico (a volte le due categorie si sovrappongono). Sempre secondo i calcoli della Fondazione Leone Moressa, al momento i minori nati in Italia da madri straniere dal 1999 a oggi sono 634.592 (assumendo che nessuno di loro abbia lasciato l’Italia). Per quanto riguarda lo ius culturae, sono invece 166.008 i ragazzi stranieri che hanno completato almeno cinque anni di scuola in Italia, non tenendo conto degli iscritti all’ultimo anno di scuole superiori perché maggiorenni.
Ius soli, come funziona nel resto d’Europa
La maggior parte dei Paesi del nostro continente regola il diritto di cittadinanza per i minori con lo ius sanguinis, ma spesso con norme meno rigide rispetto all’Italia. Nessuno applica lo ius soli puro, in vigore invece negli Stati Uniti.
SCHEDA
Cosa prevede il ddl sulla cittadinanza
La bagarre al SenatoIn Italia il disegno di legge sulla cittadinanza, incardinato al Senato, ha sollevato polemiche e proteste dentro e fuori Palazzo Madama. Il testo introdurrebbe due nuove modalità grazie alle quali i figli minori di genitori stranieri diventerebbero italiani: oltre all’attuale ius sanguinis, lo ius soli “temperato” e lo ius culturae. Anche negli altri Paesi europei ci si divide tra ius sanguinis (diritto di cittadinanza per sangue, che quindi passa da genitori a figli) e ius soli (diritto di cittadinanza in base al Paese di nascita). I 27 Stati non hanno una legislazione univoca e di solito temperano un principio con l’altro. Ma tutti, anche quelli più flessibili, non contemplano lo ius soli puro (adottato, invece, negli Usa). Ecco qualche esempio:
Germania
Il diritto di base che viene seguito per l’attribuzione della cittadinanza è quello di sangue, ma dal 2000 sono tedeschi anche i figli di stranieri nati in Germania, purché almeno uno dei due genitori abbia il permesso di soggiorno permanente da almeno tre anni e viva legalmente nel Paese da almeno otto. Entro 5 anni dopo la maggiore età, poi, devono decidere se mantenere la nazionalità tedesca o quella del Paese d’origine dei genitori.
Francia
A Parigi vige una sorta di doppio ius soli. Un bambino nato in Francia da genitori stranieri nati in Francia può diventare cittadino più facilmente. La cittadinanza, altrimenti, può essere acquisita dai 18 anni (ma ci sono delle condizioni).
Regno Unito
Il bambino che nasce su territorio britannico è automaticamente cittadino del Regno Unito se anche solo un genitore ha la cittadinanza britannica o è legalmente residente nel Paese a certe condizioni (si deve possedere l’Indefinite leave to remain, Ilr, oppure il Right of Abode).
Irlanda
Esiste lo ius sanguinis. Ma se uno dei due genitori risiede regolarmente nel Paese da almeno tre anni prima della nascita del figlio, allora il minore ottiene la cittadinanza.
Spagna
Anche qui, versione morbida dello ius sanguinis. Diventa cittadino spagnolo chi nasce da padre o madre spagnola oppure chi nasce nel Paese da genitori stranieri di cui almeno uno nato in Spagna.
Belgio
La cittadinanza si ottiene automaticamente se si è nati sul territorio nazionale, ma quando si compiono 18 anni oppure 12 se i genitori sono residenti da almeno dieci anni.
Ius soli, cosa prevede la legge in discussione sulla cittadinanza
Olanda
La nascita sul territorio non garantisce la cittadinanza. Sostanzialmente la cittadinanza viene conferita solo dopo il compimento della maggiore età e se si è in possesso di un regolare permesso di soggiorno e si è vissuto nel Paese per cinque anni senza interruzioni. Chi invece è nato dopo il 1985 da un padre o madre olandesi e sposati, o da madre olandese non sposata, acquista automaticamente la nazionalità olandese anche se nasce fuori dal territorio.
Svizzera
Anche nella confederazione lo ius soli non conferisce il diritto di cittadinanza. Si ottiene se si è figli di padre o madre svizzeri, se sposati, o di madre svizzera se non sono sposati.
Stati Uniti
Vige lo ius soli puro. Chi nasce negli Usa è cittadino americano, tranne i figli di diplomatici stranieri. E lo è anche chi non nasce in territorio nazionale, ma da genitori americani. È sufficiente anche un solo genitore americano se è vissuto almeno cinque anni nel Paese prima della nascita, di cui almeno due dopo il quattordicesimo anno d’età.