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La lunga marcia delle donne

murale bimba straniera (foto ambm)Il desiderio di realizzarsi nelle diverse dimensioni della vita potrà tradursi in realtà solamente in un’ Italia più equa, dove la libertà femminile non incontri ostacoli, dove le donne possano realmente affermare i loro diritti

di Linda Laura Sabbadini*

da La Stampa  08/03/2018

Sono molto onorata di essere qui, ringrazio il Presidente della Repubblica per l’invito. Hanno una grande forza le parole della Costituzione, quelle dell’art.3, nella loro chiarezza splendente, che centra il problema dell’uguaglianza tra uomini e donne, della pari dignità sociale e chiama la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza. Alla forza delle parole dobbiamo affiancare la forza dei numeri, di quelli veri, rigorosi, ufficiali, che ci permettono di capire quanta strada abbiamo fatto nel perseguimento del sogno dell’uguaglianza di genere da quel lontano 1948.

Una grande rivoluzione femminile si è compiuta nell’istruzione. Una lunga marcia che ha visto le donne recuperare lo svantaggio rispetto agli uomini, fino a superarli. L’onda rosa è arrivata nel mondo del lavoro. Dagli anni ’90 le donne hanno cominciato a svolgere ogni tipo di lavoro, anche tradizionalmente maschile, è cresciuta la loro presenza nei luoghi decisionali. La differenza tra tassi di occupazione maschili e femminili è diminuita di 10 punti percentuali. Nonostante la crescita solo il 49% delle donne lavora, ben lontano dai livelli europei , e negli ultimi dieci anni la qualità del lavoro è peggiorata, cosa che accomuna uomini e donne. Crescono le professioni non qualificate e spesso le competenze non sono valorizzate. Si diffonde la precarietà del lavoro e il part time da strumento di conciliazione dei tempi di vita è diventato sempre più spesso involontario.

Permane una significativa differenza nelle retribuzioni di uomini e donne che cresce con l’età, conseguenza dell’ accumularsi di ostacoli e svantaggi nel corso della vita lavorativa. Siamo al 12,2% per le retribuzioni orarie nel privato, ma cresce nei settori dove gli uomini hanno retribuzioni più alte. Nel settore delle attività finanziarie arriva al 28%. Il divario si accresce ulteriormente considerando i redditi annuali.

Per la difficoltà di ingresso nel mercato del lavoro e la precarietà dell’occupazione, le giovani, e buona parte dei loro coetanei, rinviano il momento della costruzione di una propria vita indipendente. Un quarto delle madri lascia il lavoro alla nascita dei figli, ed è elevato lo scarto tra il numero di figli desiderato (2)e quello che le donne riescono effettivamente ad avere(1,3). Non essere discriminate non è solo un sacrosanto diritto, presuppone l’agire del criterio del merito, basato su reali pari opportunità di accesso, senza incrostazioni e privilegi, l’ unico che può garantire il progresso sociale ed economico dell’intero Paese.

Il sovraccarico di lavoro di cura sulle spalle delle lavoratrici è elevato. Il 67% del lavoro familiare della coppia in cui la donna lavora è opera delle donne. Le donne dedicano 306 minuti al giorno al lavoro familiare contro i 131degli uomini. Le nonne da sempre pilastro del welfare hanno sempre più difficoltà a svolgere un ruolo di supplenza perché non hanno lo stesso tempo di prima; tante lavorano fino a 67 anni, hanno genitori anziani non autosufficienti di cui farsi carico, oltre ai nipoti da accudire. E non bastano le cure così importanti delle donne migranti a risolvere il problema. Non bastano i servizi ancora troppo scarsi e costosi, specie al Sud. Occorre agire perché coloro che hanno bisogno di aiuti rischiano di riceverne sempre meno da donne troppo sovraccariche. La Francia, i Paesi nordici e altri hanno affrontato questo nodo da vari anni. Bisogna ridare centralità alla cura nelle politiche.

La strada per le donne è stata lunga e faticosa dal 1948, abbiamo dovuto aspettare il 1976 per avere finalmente una grande donna come Tina Anselmi nel ruolo di Ministra della Repubblica, il 1979 per la prima donna Presidente della Camera Nilde Iotti e altri 20 anni per avere la prima donna giudice della Corte Costituzionale Fernanda Contri e il 2000 per un pieno ingresso delle donne nelle Forze Armate. Le donne sono cresciute nei Cda delle società quotate in borsa dal 7,4% prima della approvazione della Legge Golfo Mosca al 33%, segno che questo tipo di norme sono fondamentali. La presenza delle donne in Parlamento è arrivata al 30%, abbiamo raggiunto anche il 50% tra i ministri, ma sono ancora molto poche le sindache e le Presidenti di Regione, meno di un quarto le donne tra i professori ordinari, e solo il 15% le donne nei Cda delle banche che ne avrebbero molto bisogno.

Segnali positivi emergono nella battaglia contro la violenza sulle donne, grazie a una maggiore coscienza femminile e alla capacità, soprattutto delle donne più giovani, di interrompere una relazione prima che si inneschi l’escalation della violenza. Ciò nonostante la violenza contro le donne continua ad essere molto diffusa, circa 9milioni di donne l’hanno subita e quando esplode è più grave che in passato. Le donne che hanno subito la violenza dal partner e hanno avuto paura per la loro vita raddoppiano dal 18,8% al 34,5% in 8 anni. Molti uomini tra quelli che adottano un approccio di dominio e di possesso della donna reagiscono con sempre maggior violenza all’aumento di coscienza e libertà femminile.

I ricatti sessuali sul lavoro rappresentano un grave ostacolo da rimuovere, 1 milione e 170 mila donne sono state costrette a subirli, solo lo 0,7% ha avuto la forza di denunciarli e appena il 20% ne ha parlato con qualcuno. La stragrande maggioranza dei ricatti sessuali sul lavoro rimangono impuniti. Il movimento me too negli USA sta avendo un’ampia risonanza nell’opinione pubblica e una serie di conseguenze rilevanti in diversi ambiti professionali. Ophrah Winfrey nel suo commovente discorso ai Golden Globe, interpretando sentimenti ampiamente diffusi nella società americana, ha affermato il tempo è scaduto. Non si può più aspettare. Le donne devono essere credute. L’incattivimento dei fatti di violenza anche nel nostro Paese esige che sia sviluppata una nuova cultura del rispetto nelle relazioni personali, lavorative, sociali e di un impegno concreto e fattivo delle istituzioni. L’assumere i diritti, la libertà e la dignità delle donne come una priorità di tutti ha già permesso di arrivare al diritto di famiglia, alla legge sulla parità salariale, a quella contro la violenza sulle donne. Un ruolo importante è stato svolto dalle Ministre delle Pari opportunità che, pur nelle differenze di provenienza politica, hanno mostrato l’importanza di quel presidio nel governo, sarebbe bene valutare di ripristinarlo in futuro. Molti degli ostacoli che dovremo rimuovere sono di natura culturale, come si evince dalle ricerche anche dell’Istat.

Gli stereotipi che ostacolano le donne sono ancora duri a morire. Gli uomini sono chiamati a fare la loro parte e alcuni già lo stanno facendo. Il nostro Presidente della Repubblica esattamente due anni fa aveva fatto un monito ‘non è vera libertà piena quando una conquista è pagata con l’esclusione di altri.’ Dobbiamo farne tesoro. Il desiderio delle donne di realizzarsi nelle diverse dimensioni della vita potrà tradursi in realtà solamente in un’ Italia più equa, dove la libertà femminile non incontri ostacoli, dove le donne possano realmente affermare i loro diritti. Di strada ne abbiamo fatta tanta. Ora ci sono le condizioni per fare un balzo. Non c’è progresso del Paese senza un reale progresso delle donne.

*Linda Laura Sabbadini è una statistica italiana nota in particolare come pioniera europea delle statistiche per gli studi di genere e commendatrice

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