Greenreport: dall’alleanza M5S+Lega neanche un numero (e molte contraddizioni) sull’ambiente
Autore : Redazione
Adesso che il nuovo Governo è decollato, è necessario entrare nel merito delle scelte contenute nel cosiddetto “contratto” tra Salvini e Di Maio. Sull’ambiente, pubblichiamo un contributo di Luca Aterini su Green Report
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[Da Greenreport 18 maggio 2018]Dall’alleanza M5S+Lega neanche un numero (e molte contraddizioni) sull’ambiente
Acqua pubblica, agricoltura e pesca made in Italy, green economy, rifiuti zero, reati ambientali e tutela degli animali. I contenuti del “contratto di governo” appena ufficializzato
di Luca Aterini
Pochi giorni dopo le elezioni del 4 marzo i cittadini italiani avevano già chiaro quale potesse essere il governo migliore per il Paese, e per l’ambiente in particolare: secondo il sondaggio presentato da Lorien Consulting insieme a Legambiente, gli intervistati «gradiscono maggiormente una soluzione M5S+Lega e la considerano anche (nel 36% dei casi, ndr) quella che potrebbe fare di più per l’ambiente». Adesso che l’auspicio di un terzo dell’elettorato si sta avverando, con Lega e Movimento 5 Stelle ormai alle soglie di un’alleanza di governo e un programma congiunto appena ufficializzato, è possibile dare un’occhiata ai suoi contenuti.
Nelle 58 pagine del “contratto di governo per il cambiamento” i temi ambientali spiccano al punto 2 (acqua pubblica), al punto 3 (agricoltura e pesca – made in Italy), al punto 4 (ambiente, green economy e rifiuti zero) e al punto 12 (nel paragrafo su reati ambientali e tutela degli animali). In tutti questi punti compaiono desiderata, linee d’indirizzo generale senza neanche un numero che possa offrire orizzonti quantitativi e verificabili, ad esempio, sulle risorse da investire per il concreto sviluppo dell’economia verde nazionale.
Del resto i numeri sono pochissimi in tutto il programma degli alleati di governo. L’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, diretto dall’ex commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli, prova a metterci una pezza quantificando le proposte contenute nel contratto di governo in 108,7-125,7 miliardi di euro di misure espansive (minori entrate e maggiori spese per lo Stato) a fronte di coperture pari a 500 milioni di euro, ma non dà indicazioni aggiuntive in merito alle proposte di governo sul tema ambiente.
Il punto sull’acqua pubblica rinverdisce il vecchio cavallo di battaglia del M5S (come nel punto sull’agricoltura è chiaro l’imprinting della Lega), tralasciando però tutto quello che è successo dal referendum del 2011 a oggi. Al proposito EurEau, l’associazione europea che riunisce le associazioni e i gestori dei servizi idrici degli Stati membri – rappresentata da Utilitalia nel nostro Paese – si limita a notare che «l’acqua non è un prodotto commerciale come gli altri e va protetta, difesa, trattata, distribuita equamente e reimmessa nell’ambiente. Questo richiede capacità industriali, investimenti importanti e una funzione di regolazione e garanzia. Indipendentemente da una gestione pubblica o privata. Tutti i Paesi dell’Unione Europea, Italia inclusa, negli ultimi anni hanno fatto progressi importanti, soprattutto nella regolazione e negli investimenti. Qualsiasi modello di gestione verrà scelto in Italia, una chiara struttura di governance è un requisito chiave – sottolineano da EurEau – insieme alle dimensioni e alle capacità industriali necessarie per affrontare i cambiamenti climatici, i parametri di qualità introdotti dalle direttive Europee sull’acqua, gli obblighi da rispettare per la responsabilità ambientale».
Per il resto occorre soffermarci sul poco disponibile: è dunque utile approfondire i temi contenuti nel più corposo dei punti ambientali presenti nel patto di governo tra M5S e Lega, quello dedicato a “ambiente, green economy e rifiuti zero”. «Il nostro compito – scrivono gli alleati – è quello di sostenere la “green-economy”, la ricerca, l’innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico e per la rinascita della competitività del nostro sistema industriale, con l’obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza e promuovendo l’economia circolare». Come?
L’unico riferimento a un impianto specifico guarda all’Ilva di Taranto, per la quale si prospetta «un programma di riconversione economica basato sulla progressiva chiusura delle fonti inquinanti, per le quali è necessario provvedere alla bonifica, sullo sviluppo della green economy e delle energie rinnovabili e sull’economia circolare», senza però accennare a come si pensa di ricollocare i circa 12 mila dipendenti dell’acciaieria più grande d’Europa.
Per il resto, il programma ambientale rimane sui generis. Si accenna al consumo di suolo affermando che «va completamente eliminato attraverso un’adeguata politica di sostegno che promuova la rigenerazione urbana». Per contrastare il rischio idrogeologico si spiega che sono «necessarie azioni di prevenzione che comportino interventi diffusi di manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo su aree ad alto rischio, oltre ad una necessaria attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico». Nell’unico accenno al cambiamento climatico si afferma che «sono necessari interventi per accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori». Riguardo ai temi energetici si aggiunge poi che gli «immobili capaci di autoprodurre energia rappresentano la sfida del futuro», e che è «necessario avviare azioni mirate per aumentare l’efficienza energetica in tutti i settori, e tornare ad incrementare la produzione da fonti rinnovabili». Pochissimi i riferimenti all’inquinamento atmosferico: «Andranno avviate con piani specifici per le aree più colpite del nostro Paese. Pensiamo, ad esempio, al bacino della Pianura Padana».
Sono invece più corposi i riferimenti all’economia circolare e alla gestione dei rifiuti. Il patto di governo immagina la «progettazione di beni e fiscalità premianti per chi produce beni riciclabili e riutilizzabili» (un tema sul quale il M5S ha già riscosso un primo successo nella legge di Bilancio 2018, rimasto però ancora al palo) e di «incrementare i fondi a disposizione delle Regioni per incentivare e semplificare l’avvio di iniziative imprenditoriali legate al recupero e al riciclo della materia». Positiva anche la necessità di «snellire i procedimenti di bonifica definendo accuratamente responsabilità e metodologie».
Si anticipa però che «una corretta e virtuosa applicazione dell’economia circolare, in linea con la gerarchia europea nella gestione dei rifiuti, comporta una forte riduzione del rifiuto prodotto, una crescente percentuale di prodotto riciclato e contestualmente una drastica riduzione della quota di rifiuti smaltiti in discarica ed incenerimento, fino ad arrivare al graduale superamento di questi impianti, adottando metodi tecnologicamente avanzati ed alternativi. A tal proposito – si legge – il sistema di economia circolare di riferimento è quello oggi adottato dal servizio pubblico della provincia di Treviso, studiato in tutto il mondo».
Si dimentica dunque ad esempio di dire che in questo modello virtuoso il Comune di Treviso, affidando la gestione dei rifiuti alla Contarina Spa, agisce lungo tutta la gerarchia dei rifiuti urbani anche attraverso «impianti per trattamento del secco non riciclabile finalizzato alla produzione di CSS/CDR, ovvero Combustibile Solido Secondario/Combustibile Da Rifiuti», e anche con un «centro attrezzato allo stoccaggio di rifiuti urbani pericolosi», per poi precedere «all’avvio a recupero o smaltimento».
L’unico riferimento indiretto ai rifiuti speciali riguarda infine l’amianto: «È necessaria una mappatura capillare di tutte le eventuali strutture a rischio amianto partendo dalle scuole, al fine di intervenire per la rimozione e lo smaltimento presso siti idonei dei materiali contenenti amianto», un punto che risulta in contrasto con il «graduale superamento» delle discariche di cui sopra. Come spiegato dal ministero dell’Ambiente un anno fa proprio durante un convegno organizzato dal M5S alla Camera (e recentemente confermato da un rapporto firmato Legambiente e Cnr), uno dei principali ostacoli alla bonifica delle 32-40 milioni di tonnellate d’amianto ancora presenti in Italia sta proprio nella cronica mancanza di discarica dove smaltire in sicurezza i materiali bonificati.
In sintesi, sono dunque questi i punti fondanti avanzati sul fronte dello sviluppo sostenibile dall’alleanza M5S e Lega, quella che apparentemente “potrebbe fare di più per l’ambiente” secondo l’elettorato. Adesso il “contratto di governo” viene sottoposto all’elettorato sulla la piattaforma Rousseau per il M5S (ci sono 10 ore per votarlo, dalle 10 di stamani alle 20 di stasera) e attraverso “mille gazebo in mille piazze d’Italia” nel fine settimana per la Lega. Poi non resta che metterlo alla prova.