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Metro C: cosa succede con lo stop al Colosseo

Il progetto iniziale della metro C

Il progetto iniziale della metro C

Pubblichiamo un commento di Paolo Gelsomini sull’ennesima puntata della telenovela “Metro C”,  una delle tante vicende paradossali della nostra città, cominciata nel lontano 1995,   con un progetto poi  inserito nel 2001 nel Programma strategico delle “Grandi Opere” considerate prioritarie per il Paese  dalla Legge obiettivo del Governo Berlusconi.

I tempi di realizzazione programmati sono via via scivolati sempre più in là:  la stazione San Giovanni, che doveva essere terminata nel 2011, è stata inaugurata 7 anni dopo, nel 2018;  l’apertura della  stazione Fori-Colosseo dal 2020 è slittata al 2021, poi  al 2022,  ed ora, come vedremo,  al 2023.

Nel frattempo il previsto percorso di 42 Km,  da Pantano a Tor di Quinto,  è diventato di 25,5 Km da Pantano a Clodio,  mentre i tempi di realizzazione ed i costi sono aumentati nel tempo. Oggi la linea è ancora arenata al Colosseo, dove si parla di seppellire le teste delle talpe che hanno scavato i tunnel insieme alle prospettive di terminare un’opera “strategica”  con la previsione di spesa di oltre due miliardi e mezzo (da Pantano al Colosseo). (AMBM)

 

Stop al Colosseo. Che cosa è successo alla Metro C?

di Paolo Gelsomini

Quello che sta  succedendo sulla Metro C  al Colosseo è  la conseguenza  di una lunga storia, assai diversa da quella di un’ opera dichiarata pomposamente “strategica” dalla Legge obiettivo inventata da Berlusconi nel 2001. C’è da chiedersi come mai  nessun politico o tecnico legato alle istituzioni, nessun docente univeristario sia in questo ultimo decennio insorto, non contro la metro C,  ma contro questo progetto, questo percorso, questa tecnologia pesante impiegata per una linea metropolitana, mentre in tutto il mondo da tempo adottano tecniche più leggere e più flessibili. Quando un progetto non è concepito come parte di un sistema complesso ed interdisciplinare,  capace di dare una visione generale all’interno di una idea di Città, l’opera finisce male. E così è stato della metro C, dove non si è  in grado di  realizzare una stazione con tre uscite a piazza Venezia, tra i resti degli Athenea di Adriano, la Basilica Ulpia e il Vittoriano. E se, come probabile,  la linea si fermerà al Colosseo (doveva arrivare a Tor di Quinto e poi, almeno, a Clodio-Mazzini), si farà  ridere il mondo. E’ banale dire “noi l’avevamo detto”. Ebbene sì, l’avevamo sempre detto ad assessori in carica e ad ex assessori alla mobilità, a partiti politici, a consiglieri comunali e regionali. Ma siamo rimasti sempre soli nonostante gli apporti tecnici e i dati trasportistici che abbiamo sempre fornito, visto che siamo abituati a intervenire solo  dopo esserci confrontati con ingegneri trasportisti, economisti, archeologi ecc.

Lo scavo delle gallerie è stato sospeso al Colosseo perché non c’è il via libera per proseguire fino a piazza Venezia.

Il tracciato delle gallerie della tratta T3 (San Giovanni-Colosseo) in effetti dovrebbe arrivare a piazza Venezia all’altezza del Foro di Traiano per completare il percorso tecnico della tratta T3 ma, l’eventuale impossibilità di scavare questo mezzo Km  di gallerie dopo la stazione Fori Imperiali comporterebbe l’interramento all’altezza di questa stazione del guscio esterno delle talpe costituito dalla testa fresante e, naturalmente, lo stop al Colosseo della linea C.

Il MIT (Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) ed il Cipe (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) avrebbero dovuto approvare il progetto dello scavo fino a piazza Venezia, ma questo non ci risulta che sia avvenuto.

In ogni caso resterebbe  il problema della realizzazione della stazione Venezia con i suoi scatolari in cemento armato posti entro vani scavati dall’alto, secondo le prescrizioni della Soprintendenza. Finora non siamo venuti a conoscenza di un progetto di localizzazione di questi scavi, necessari  per permettere la collocazione delle uscite della stazione. Inizialmente si erano ipotizzate le uscite all’altezza della Basilica Ulpia, a Santi Apostoli e al Vittoriano, ma la Soprintendenza le aveva bocciate.

Inoltre la scoperta della presenza massiccia dei reperti archeologici degli Athenea dell’imperatore Adriano a piazza Venezia, rinvenuti durante gli scavi,  renderebbe molto problematica qualsiasi soluzione di realizzazione  delle uscite della edificanda stazione Venezia.

Inoltre va sottolineato il fatto che una stazione della metropolitana immessa in un contesto archeologico unico al mondo, non dovrebbe seguire solo logiche di funzionalità, ma tener conto dell’impatto visivo in rapporto ad una visione paesaggistica d’insieme, che sarebbe difficile da perseguire con soluzioni progettuali obbligate dall’estrema difficoltà dei luoghi.

Già la stazione Colosseo, posta in un’area delicatissima, non riesce a dare un segno architettonico compatibile con il paesaggio del contesto archeologico e ad avere funzioni che non siano solo quelle di catapultare masse di turisti all’interno di spazi già congestionati. Infatti, non sono più presenti nel progetto gli spazi museali previsti inizialmente,  né  il centro di informazione ed assistenza turistica, che avrebbe connotato lo spazio sotterraneo della stazione strappandolo al suo semplice ruolo di spazio di servizio per le  folle turistiche o i passeggeri che vi transiteranno per  raggiungere lo scambio con  la metro B.

Siamo quindi di nuovo nell’incertezza più profonda, in un quadro di assoluta mancanza di comunicazione con i cittadini, mentre le prospettive di una prosecuzione della metropolitana  fino a Clodio sembrano oramai una favola. E la metro C,  che avrebbe dovuto collegare Pantano a Tor di Quinto con un percorso di 42 Km, se alla fine dovesse fermarsi definitivamente al Colosseo, rischierebbe di complicare i problemi e vanificare la messa a punto di un sistema trasportistico a rete, eliminando di fatto alcune connessioni a piazza Venezia (metro D, tram 8) ed oltre.

Non ci sarebbero  più scambi con la ferrovia Roma Nord a Tor di Quinto perché questa metro non ci arriverebbe mai; nè lo scambio con il tram n.2 all’Auditorium-Maxxi  perché non si realizzerebbe più neanche la tratta T1; non si arriverebbe quasi certamente neanche ad Ottaviano, né a Piazza Risorgimento, e quindi salterebbero le interconnessioni con la metro A nella zona nord e con il tram n.19.

Il rischio dell’arresto al Colosseo,  ampiamente previsto dai cittadini e dalle associazioni ma mai riconosciuto da nessuno, né dalla politica né dalle istituzioni, sarebbe un ulteriore insuccesso per una metropolitana che doveva arrivare allo scambio con l’anello ferroviario di Tor di Quinto collegando il GRA sud-est con il GRA del quadrante nord-ovest.

Paolo Gelsomini

 Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

7 ottobre 2019

Alle radici di un pasticcio che continua – la storia della metro C in breve

Paolo Gelsomini

> vedi anche  Metro C Cronologia e materiali a cura di Paolo Gelsomini

Il tracciato del progetto iniziale della Linea C era lungo complessivamente 42 km e comprendeva 42 stazioni da Pantano a Tor di Quinto. Visti gli alti costi dell’opera che ammontavano a 4 miliardi e 260 milioni di euro il Cipe approvò solo quello che è oggi definito “tracciato fondamentale” Pantano-Clodio Mazzini con un costo di realizzazione posto a base d’asta pari a 3 miliardi e 47 milioni di euro comprese le opere compensative ed accessorie come la costruzione di stazioni museali.

Attualmente è dunque prevista la realizzazione del Tracciato Fondamentale, lunga 25,5 km con 30 stazioni. Nel dettaglio il tracciato fondamentale si articola in 6 tratte:  T2: Clodio/Mazzini–Venezia;  T3: Fori Imperiali/Colosseo-San Giovanni;  T4: San Giovanni-Malatesta; T5: Malatesta-Teano-Alessandrino; T6: Alessandrino-Bivio Torrenova; T7: Bivio Torrenova-Pantano e deposito Graniti.

L’importo complessivo del “tracciato fondamentale” Pantano-Clodio è stato poi rideterminato in 3.739,863 milioni di euro per tener conto dell’importo di 253 milioni di euro (IVA inclusa) riconosciuti con l’atto transattivo del 9.9.2013.

Ma il progetto è finanziato fino alla stazione Fori Imperiali per la cifra ufficiale di 2 miliardi e 650 milioni che copre le tratte da Pantano alla suddetta stazione sotto il Colosseo.

In particolare, il finanziamento della tratta T3 San Giovanni-Colosseo pari a 792 ML per un percorso medio di 3 Km è stato approvato dal CIPE il 22 luglio 2010,  modificando l’iniziale previsione di 1 miliardo e 350 milioni relativa a quella tratta con un definanziamento che ha cancellato molte opere compensative tra cui quella relativa alla stazione Fori Imperiali con annesso museo e centro di servizi turistici.

Se a questa situazione di generale smantellamento del progetto iniziale che è stato oggetto di valutazione ambientale nel lontano 2003, si aggiunge il fatto che sono state tagliate diramazioni importanti a sud-est verso la Serenissima, Ponte Mammolo e Tor Vergata, si può concludere che la V.I.A.del 2003 parla di un’altra metro C sotto i profili programmatico, progettuale ed ambientale

 

 “Roma Metropolitane s.r.l.”, Consorzio di Imprese “Metro C S.c.p.A.” e i primi atti transattivi

Nel 2003 viene istituita una struttura organizzativa con responsabilità connesse al supporto per la realizzazione dei lavori. Prenderà l’attuale denominazione di “Roma Metropolitane s.r.l.”.

Per la progettazione e realizzazione del cosiddetto tracciato fondamentale di 25,5 Km da Pantano a Clodio si aggiudica la gara, nel febbraio 2006, il raggruppamento temporaneo di imprese ATI Astaldi,  cui fanno parte la Astaldi Spa, quale mandataria, e le mandanti Vianini Lavori Spa, Consorzio Cooperative Costruzioni e Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari Spa che costituiscono la Società di progetto “Metro C S.c.p.A.” assumendo il ruolo di Contraente Generale.

Il Contraente Generale notifica, nell’ottobre del 2007, una domanda di arbitrato, concordando con Roma Metropolitane e Metro C un adeguamento del contratto sancito con l’accordo del 12 giugno 2008. Occorre notare i tempi di realizzazione assegnati  ad ognuna delle tre fasi attuative nelle quali è suddivisa la prima fase strategica. La prima riguarda la tratta Pantano – Centocelle la cui conclusione fu prevista per il 31 dicembre 2011; La seconda, Centocelle – Lodi con conclusione il 31 ottobre 2012; la terza, Lodi – S. Giovanni sarebbe stata definita dopo l’approvazione della ‘Variante S. Giovanni’ che fu approvata nel luglio 2009.
Solo un anno dopo Metro C chiede a Roma Metropolitane di stipulare un secondo accordo bonario cambiando il programma dei lavori relativo a quella  prima fase strategica, con una dilazione di un anno delle date di ultimazione delle tre sottofasi. Roma Metropolitane accetta  parzialmente il nuovo programma lavori e Metro C integra la domanda arbitrale con nuove riserve. Roma Metropolitane costituisce un Comitato paritetico, sotto la supervisione di un Magistrato della Corte dei Conti, per valutare le controversie insorte durante l’esecuzione dei lavori.

A conclusione del lavoro del Comitato Paritetico, Roma Metropolitane e Metro C stipulano un secondo Atto di Transazione, approvato poi con deliberazione dell’8 settembre 2011 dal cda di Roma Metropolitane. Metro C S.c.p.A. rinuncia alle pretese oggetto di alcune delle riserve e viene concordato il pagamento forfettario di un importo complessivo di 230 milioni di euro.

Il Ministero dei Trasporti, al quale fu trasmesso l’Atto transattivo, si rivolge all’Avvocatura Generale dello Stato, la quale riconosce al Ministero il potere-dovere di valutare lo schema di accordo. Il CIPE con deliberazione n.127 dell’11 dicembre 2012, approva l’Atto e fissa la copertura economica dello stesso assegnando le quote di finanziamento lorde a carico di Stato, Comune e Regione nelle seguenti misure: Roma Capitale euro 157.932.734,96; Stato euro 81.154.982,35; Regione Lazio euro 13.912.282,69.

Da notare che degli 81,1 milioni di finanziamento statale 33,8 arrivarono dall’azzeramento delle risorse della tratta T2 Colosseo-Venezia-Clodio.

Con quelle decisioni gli oneri complessivi per la realizzazione della tratta fondamentale della linea C, Pantano- Clodio di 25,5 Km, passarono da 3486 a 3706 milioni di euro, di cui 2937 per le tratte da Pantano al Colosseo-Fori Imperiali.

Se poi si sommano i 370 milioni del Decreto del Fare per la tratta Colosseo-Venezia si arriva ad una somma complessiva di 4,1 miliardi da Pantano a piazza Venezia.

A quel punto si calcolò che sarebbe stato possibile completare entro giugno 2013 la tratta Pantano-Lodi di circa 15 Km. E che nella prima metà del 2014 sarebbe stata aperta al pubblico la tratta Lodi San Giovanni. All’ottobre 2014, i tempi sono di nuovo tutti dilatati nonostante il terzo accordo transattivo, pietra dello scandalo, di cui si parla nel paragrafo successivo.

Con la nuova Giunta Marino l’assessore alle Politiche della Mobilità Guido Improta affidò interamente a Roma Metropolitane la valutazione dell’ipotesi transattiva.

Il terzo atto transattivo e il dimissionamento dell’assessore Morgante

Roma Metropolitane e Metro C senza l’assenso preventivo degli enti cofinanziatori (Stato, Comune e Regione), stipularono in data 9 settembre 2013 un ulteriore accordo, il terzo, definito ‘Atto Attuativo della Delibera CIPE n. 127 dell’11 settembre 2012 e conseguente adeguamento del contratto del 12 ottobre 2006”.

L’allora assessore al Bilancio Daniela Morgante rilevò delle irregolarità ritenendo tra l’altro che spettasse a Metro C, in qualità di Contraente Generale, assumersi  l’onere della realizzazione di un’opera strategica della Legge obiettivo con i relativi rischi.

Al contrario, l’Accordo transattivo e l’Atto Attuativo alterano questo rapporto, “riversando sul committente pubblico buona parte dell’alea che invece competerebbe al Contraente Generale”. Non solo. L’Atto attuativo del 9 settembre 2013, adottato al di fuori della procedura di bonario accordo e attuativo del precedente Accordo transattivo e della delibera CIPE n. 127/2012 andò sotto la lente d’ingrandimento della Procura.

In un articolo de “La Repubblica” del 12 ottobre 2013 si leggeva: “i magistrati romani vogliono chiedere ai due ex dirigenti di Roma Metropolitane indagati per abuso d’ufficio il motivo di una differenza così marcata tra l’accordo transattivo e l’atto attuativo. Una discrepanza “di 90 milioni di euro” tra i due documenti: questa è la somma che ricostruiscono i 5 stelle capitolini che a breve depositerranno un esposto in Procura”.

“Si tratta di un fiume di denaro – prosegue La Repubblica – in totale 230 milioni di euro che Roma Metropolitane versò nelle casse del consorzio Metro C, il gruppo di imprese incaricate di costruire la linea C della Metropolitana come stabilito nell’atto attuativo del 9 settembre 2013. Una somma spropositata e che non sarebbe giustificata. Denaro in più che venne infilato nel contratto finale a dispetto del precedente accordo transattivo senza comunicarlo ad altri enti che per legge dovevano essere coinvolti nell’approvazione del documento. Di 90 milioni di euro in più parla l’esposto dei 5 Stelle che fa affidamento a diversi atti del Campidoglio per ricostruire la vicenda”. “Novanta milioni a favore di Metro C – prosegue l’articolo citando testualmente l’esposto del M5S – milioni che non trovano alcuna corrispondenza negli atti precedenti”. Poche righe più avanti si legge anche che  “l’atto attuativo è stato adottato al di fuori della procedura di accordo bonario, cui era invece riferito l’accordo transattivo (…) essendo stato il frutto di una trattativa privata e diretta tra Roma Metropolitane e Metro C.”
Nel 2013 il Sindaco Marino decise di istituire una “Commissione per la verifica della corretta gestione dei rapporti tra Roma Metropolitane e il Contraente generale, relativi alla realizzazione della Linea C della Metropolitana di Roma”, anche in considerazione del fatto, finalmente messo in luce, che Roma Capitale, in qualità di socio unico azionista della suddetta Società, ha l’obbligo di vigilanza sull’andamento generale della stessa.

Le 45 varianti al progetto sono state approvate da Roma Metropolitane, senza un atto di approvazione del Consiglio Comunale”.

Questi elementi, unitamente ai pagamenti conseguenti alla stipula del terzo accordo tra Roma Metropolitane e Metro C, furono a suo tempo oggetto di aspro contenzioso tra gli assessori Improta e Morgante, con il dimissionamento di quest’ultima.                              

Un passo indietro: la relazione della sede centrale di controllo della Corte dei Conti del dicembre 2011

La relazione della Sede Centrale di controllo della Corte dei Conti del dicembre 2011 contenuta nella deliberazione 21/2011/G già muoveva pesanti rilievi sull’andamento dell’opera e invitava  gli organismi istituzionali a rispondere entro sei mesi. In seguito a queste risposte la Corte fece la sua relazione conclusiva che inviò al Parlamento ed al Governo nel corso dell’anno successivo. Chi volesse avere il documento integrale completo di allegati grafici può cercare sul sito da www.corteconti.it la Delibera Corte dei Conti 21/2011/G.

In questa relazione si legge tra l’altro: “L’opera risulta non priva di incognite sulla complessiva fattibilità (……) si sono esaurite anzitempo le risorse per la sua realizzazione integrale (…..) il progetto originario appare notevolmente ridimensionato per l’abbandono di qualificanti opere integrative e complementari nelle tratte centrali (….) la soppressione di alcune stazioni centrali rischia di pregiudicare anche l’effetto rete e di menomare gravemente la funzionalità della linea”

Il programma temporale dei lavori dell’aprile 2006 prevedeva al 30 aprile 2011 l’apertura della tratta Pantano-San Giovanni. Oggi, precisa la Corte dei Conti, “il segmento Pantano-Centocelle sarà aperto il 31 dicembre 2012  e da Centocelle a Piazza Lodi occorrerà aspettare il 31 dicembre 2013  mentre tutta la linea fino a San Giovanni sarà inaugurata non prima del 31 dicembre 2014”.

I costi

I costi sono sempre stati in continua crescita: nel 2001 erano 1 miliardo e 925 milioni; nel 2006 erano cresciuti a 2 miliardi e 600 milioni; successivamente sono lievitati a 3 miliardi e 700 milioni a causa di varianti, imprevisti e contenziosi. E ricordiamo che stiamo parlando solo del cosiddetto tracciato fondamentale di 25,5 Km da Pantano a Clodio-Mazzini.

Riepiloghiamo: il costo in bilancio delle tratte in cantiere da Pantano a San Giovanni ammonta a 1818 milioni, il finanziamento CIPE per la tratta T3 San Giovanni-Colosseo è di 792 milioni ed il costo presunto da semplice progetto preliminare dal Colosseo a Clodio era stato stimato in 769 milioni. Il totale fa 3379 milioni e questa è esattamente la cifra di cui parla la pesante relazione della Corte dei Conti sopra accennata. Ma era tutto qui? No di certo.

Tra le spese ci sono da aggiungere quelle non preventivate relative al contenzioso che si è aperto tra Metro C e Roma Metropolitane che andò in mano ad un costosissimo collegio arbitrale. Fra le richieste di Metro C c’erano quelle relative alla variazione dell’8% del corrispettivo pattuito per gli oneri diretti ed indiretti per la funzione di contraente generale, fino a quella dell’aumento ulteriore del 5% per le maggiori spese per le incombenze antimafia per un totale complessivo di 330 milioni.

Il Rapporto dell’Anticorruzione di Raffaele Cantone

Con delibera 24 giugno 2015 in un fascicolo di 38 pagine l’Autorità anticorruzione fa emergere inefficienze, errori e ritardi della Metro C, riconducibili a 5 punti chiave.

Il primo, e più evidente, è che l’infrastruttura doveva essere pronta, tutta, entro il 2015. A poco più di un mese dalla fine dell’anno manca ancora un terzo della tratta. I restanti due terzi sono stati costruiti in 7 anni. Le indagini di fattibilità, scarse o superficiali, hanno contribuito alla dilatazione della tempistica, non tenendo conto dei pareri della Soprintendenza. “La stazione appaltante – si legge – si è avventurata nell’appalto dell’opera rinviando, è da ritenersi in modo consapevole, la risoluzione della questione archeologica in una fase successiva”. Non solo mancanze dell’amministrazione, ma anche pesanti responsabilità delle imprese, dalla Vianini alla Astaldi e dalla Ccc all’Ansaldo. Per concludere, le 45 varianti al progetto hanno fatto lievitare i costi in maniera esponenziale. Trentatré delle quali hanno contribuito per quasi 316 milioni di euro. Ad infliggere il colpo di grazia anche l’assurdo contenzioso, finito a carte bollate tra l’amministrazione e Roma metropolitane, società controllata al 100% dal Comune.

In particolare dal Rapporto ANAC viene evidenziato:

“di ritenere l’operato della Stazione appaltante (Roma Metropolitane) non coerente con i principi di trasparenza e di efficienza per aver messo a gara un progetto di tale rilevanza in carenza di adeguate indagini preventive, per una parte molto estesa del tracciato, senza tener in debito conto i pareri espressi dalla Soprintendenza archeologica”;

“di rilevare come siano chiaramente rimesse al Contraente generale (Metro C) le attività di progettazione delle indagini archeologiche e la loro esecuzione, anche di fatto contestuali all’esecuzione delle opere (stazioni, pozzi); pertanto, il ritrovamento di reperti archeologici nelle attività di indagine/esecuzione  non  può  qualificarsi  come  evento  di  forza  maggiore,  ma  costituisce circostanza insita nelle attività rimesse al Contraente generale”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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