Paolo Gelsomini: evacuato dalla mia casa al Celio
Autore : Redazione
Il cedimento della strada avvenuta stamattina 20 gennaio 2020 ha interessato l’abitazione del nostro Paolo Gelsomini, che racconta la disavventura (e la lezione che bisognerebbe trarne)
Eccomi qua a descrivere l’ennesima disgrazia di Roma che stavolta coincide con una mia disgrazia. Da oggi sono uno sfollato perché il palazzo fine 800 in via Marco Aurelio al Celio dove abito, praticamente da sempre, è stato evacuato dai Vigili del Fuoco. Che cosa è successo? Domenica mattina siamo stati svegliati da una fuga di gas e lunedì mattina da un abbondante zampillare di acqua da una tubazione dell’Acea. Ha ceduto il terreno sottostante il marciapiede e parte della sede stradale prospiciente il portone di ingresso del palazzo di cinque piani di via Marco Aurelio 20. Il terreno ha ceduto quasi certamente per una perdita d’acqua da una tubazione di collegamento della rete idrica che va verso l’edificio o per la perdita di un tratto fognario delle acque bianche. Il dilavamento del terreno, che presumibilmente dura da qualche anno, ha causato l’erosione e l’abbassamento della massa di terra sotto il marciapiede. Prima si è rotto un tubo dell’Italgas, che non ha più avuto il sostegno del sottostante terreno, conservando però tutto il peso di quello sovrastante. Quindi domenica mattina il gas è stato chiuso a monte in attesa del lavoro di riparazione concordato per il lunedì mattina. Ma, la mattina dopo, per la stessa ragione, si è rotto anche il tubo di derivazione dell’acqua causando un copioso flusso idrico che ha contribuito ad ammollare il terreno, che a questo punto si è trascinato dietro tutto il marciapiede ed ha aperto una voragine e causato ulteriori paurose ondulazioni al marciapiede davanti il portone d’ingresso e nuove preoccupanti crepe sulla sede stradale. Dopo il gas quindi chiusa anche l’acqua dall’intervento urgente dell’Acea. Arrivano i Vigili del Fuoco, la Polizia del vicino Commissariato, i Carabinieri, gli ingegneri del Simu dell’Assessorato ai Lavori Pubblici di Roma Capitale, l’ufficio Tecnico del primo Municipio, la Polizia Municipale, la Protezione civile. Nel frattempo il palazzo viene evacuato. Si tratta di 24 appartamenti, dei quali tre sono case vacanza e uno è occupato da uno studio medico. In tutto una cinquantina di persone con cinque bambini molto piccoli. Nella tarda mattinata arriva anche la Sindaca Raggi che assicura il suo interessamento, anche per trovare ricoveri d’urgenza a chi ne avesse fatto richiesta. Ora, nell’ordine, ci deve essere una videoispezione alle condutture per individuare il danno idrico, la riparazione del danno, un riempimento e consolidamento del terreno dilavato, il rifacimento del manto di asfalto, sia del marciapiede che della sede stradale. Solo allora si potrà riaprire quel tratto di strada e riabitare il palazzo. Quali riflessioni generali pone questa situazione? Innanzitutto occorre rimettere al centro la questione irrisolta della manutenzione programmata periodica delle strade, delle reti tecnologiche, degli alberi. Poi c’è il grave problema degli scavi per riparare le reti tecnologiche di acqua, luce, gas e delle successive operazioni di ripristino che consistono in riempimenti delle trincee eseguiti da ditte in subappalto, spesso con discutibili metodi che non assicurano la compattezza necessaria al nuovo terreno riportato nelle buche. Quindi riteniamo indispensabile adottare forme di manutenzione programmata, di controllo periodico della funzionalità degli elementi tecnici stradali e delle reti tecnologiche. Non si può agire solo per riparare i guasti, ma occorre prevenirli investendo risorse ed attivando competenze. Non si possono continuare a fare nuovi manti di asfalto che alterano le pendenze che indirizzano lo smaltimento delle acque piovane e che otturano tombini e caditoie. Le acque piovane non dirottate correttamente si sommano alle continue perdite delle tubazioni idriche di adduzione e fognarie e così l’acqua penetra nel terreno causando gli smottamenti come quello visto oggi in via Marco Aurelio. Se poi le acque di dilavamento dovessero arrivare a scavare intorno ai piani di fondazioni continue dei vecchi edifici in muratura, la situazione diventerebbe drammatica. Riusciremo a trarre qualche insegnamento da vicende come quella di oggi? Unica nota positiva da registrare è stata quella della solidarietà della comunità del rione Celio. Sarà merito della piccola umana dimensione del rione? Sarà merito della nostra Associazione Progetto Celio e della rete di conoscenze e di solidarietà che attiva? Certamente si, e nella disgrazia ce ne rallegriamo. Roma, per fortuna, è anche questa.
La foto in apertura è una veduta del palazzo di via Marco Aurelio con la strada transennata. E’ mia. La foto in calce (di Franco Stovali) si riferisce all’agosto 2019 in occasione dei lavori di una ditta in sub appalto per il ripristino degli scavi effettuati dall’Acea Luce. Il luogo è lo stesso. A sinistra il marciapiede e la sede stradale davanti il palazzo di via Marco Aurelio. A destra il palazzo dirimpetto sempre dell’anno 1885.
Per osservazioni e precisazioni. laboratoriocarteinregola@gmail.com
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