Rifiuti radioattivi, una patata bollente affrontata con trasparenza
Autore : Redazione
Ha scatenato forte allarme la notizia della pubblicazione della mappa dei siti idonei a ospitare un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Ma prima di tutto è necessario approfondire tutte le informazioni su un sito dedicato, che è anche uno spazio per inviare contributi al dibattito pubblico e osservazioni in vista della scelta finale.
E’ stata pubblicata ieri 5 gennaio la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee per la realizzazione del Deposito nazionale dei
rifiuti radioattivi (Cnapi) da parte di Sogin, società pubblica che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico. Il primo consiste in strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e per lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività (che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro
sistemazione definitiva); il secondo è un centro di ricerca applicata e di formazione nel campo del decommissioning nucleare, della gestione dei rifiuti radioattivi e della radioprotezione, oltre che della salvaguardia ambientale. Entrambi saranno costruiti all’interno di un’area di circa 150 ettari ( 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco), ancora da scegliere tra 67 siti
che sono stati individuati in varie Regioni da Sogin, tenendo conto dei criteri previsti nella Guida Tecnica n. 29 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) elaborati sulla base degli standard dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) con un ordine di idoneità sulla base di caratteristiche tecniche e socio-ambientali delle suddette aree (vedi video in calce) .
La Direttiva 70 del 2011 dell’Unione europea(1) prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati. La maggior parte dei Paesi europei si è dotata o si sta dotando di depositi per mettere in sicurezza i propri rifiuti a molto bassa e bassa attività; in Italia invece il progetto si era incagliato anche per la scarsa volontà della politica di diverso colore che non si decideva ad affrontare una questione spinosa e impopolare (2). Ora, anche in seguito all’apertura di una procedura d’infrazione nei nostri confronti (2), il progetto ha finalmente ricevuto il nulla osta dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, e passa alla fase preliminare che prevede il dibattito pubblico e la raccolta delle osservazioni sui siti individuati, anche se c’è già stata un’aprioristica levata di scudi da parte della maggioranza degli amministratori locali e di molti parlamentari, che hanno promesso di dare battaglia contro la possibile scelta del proprio territorio.
Invitando chiunque sia interessato al tema a leggere attentamente tutte le informazioni sul sito dedicato https://www.depositonazionale.it, invero assai approfondito ed esaustivo, proponiamo alcune riflessioni:
IL PROBLEMA DEI RIFIUTI NUCLEARI ESISTE Anche se l’Italia ha detto no alle centrali con i referendum del 1987 e ancora nel 2011, oltre ad avere la pesante eredità delle scorie prodotte delle centrali nucleari, attualmente ancora depositate in vari siti italiani inidonei e pericolosi (3), ha sempre il problema dello smaltimento dei rifiuti nucleari derivanti dalla medicina nucleare e dagli usi industriali (sui quali forse sarebbe il caso di approfondire, specialmente quelli della “sterilizzazione di derrate alimentari”).
I RIFIUTI NUCLEARI DEVONO ESSERE SMALTITI IN SICUREZZA. Esistono varie strategie e tecniche di gestione dei vari tipi di rifiuti nucleari, sia per quelli a molto bassa e bassa attività, che dovrebbero essere definitivamente smaltiti nel sito da individuare in Italia, sia per quelli a media e alta attività che dovrebbero esservi solo stoccati in attesa della destinazione definitiva (4). E se da un lato non è accettabile pensare che possano continuare a restare nei citati siti non idonei (con i relativi rischi per l’ambiente e per le popolazioni), dall’altro non si può ipotizzare, non solo perchè non lo consentono le normative europee, ma anche da un punto di vista etico, che si cerchino siti fuori dall’Italia, magari in Paesi del terzo e quarto mondo in cui sono già andati finire rifiuti pericolosissimi portati dai trafficanti delle mafie internazionali (5).
DEVE ESSERE GARANTITA TRASPARENZA, INFORMAZIONE, PARTECIPAZIONE (e MONITORAGGIO TRASPARENTE). Bisogna riconoscere che il citato sito www.depositonazionale.it contiene approfondite informazioni sui molti aspetti del progetto e, anzi, potrebbe essere preso ad esempio dalle Amministrazioni di qualsiasi grado per condividere – e possibilmente orientare – con la cittadinanza scelte importanti per i territori. Sul sito web esiste anche una sezione per chi, una volta autenticato, desideri inviare osservazioni; la fase di consultazione dei documenti ha la durata di due mesi, all’esito della quale si terrà, nell’arco dei quattro mesi successivi, un seminario nazionale di confronto tra le parti.
ANCHE I POLITICI, LE ASSOCIAZIONI E I CITTADINI DEVONO FARE LA PROPRIA PARTE. E’ certamente preoccupante vedere nella mappa dei luoghi papabili siti di alto pregio paesaggistico come la Tuscia – per fare un esempio che ha suscitato molte reazioni (6) – e sicuramente è importante che le associazioni ambientaliste e per la tutela paesaggistica e culturale intervengano per portare argomenti alle obiezioni e siano sempre in prima linea nel monitorare il processo. Ma non è accettabile la solita manfrina della politica a cui preme solo di allontanare il deposito dai territori dei propri elettori. E i cittadini dovrebbero cogliere con impegno e serietà l’occasione della consultazione. Petizioni e manifestazioni, a fronte di nessun confronto e contributo nei canali istituzionali che si sono aperti, sarebbe una sconfitta per chi, come Carteinregola, chiede da sempre all’Amministrazione che le scelte impattanti vengono prese con la consultazione e la partecipazione dei cittadini.
I POSTI DI LAVORO NON BASTANO Si legge nel sito che all’estero molti comuni si sono candidati a ospitare analoghi siti (7), ma i benefici che dovrebbero ottenere i territori e la popolazione dalla costruzione e dalla gestione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, sebbene oggetto di un’ insolitamente accurata previsione (8), rientrano più o meno nel solito obiettivo dei nuovi posti di lavoro. Ecco, forse per inaugurare processi innovativi, affrontando una situazione che crea un notevole allarme sociale, sarebbero necessarie visioni e proposte più ampie e creative (9)
Anna Maria Bianchi Missaglia
6 gennaio 2020
Post scriptum: perchè chiamare “Parco” tecnologico una struttura che si può immaginare che abbia poco a che fare con un parco naturale o un grande giardino? Rischia di sembrare una delle trovate linguistiche usate dal marketing per rendere “green” progetti che non lo sono. Non c’era bisogno.
NOTA: trattandosi di un tema delicato e controverso, pubblicheremo altri contributi che dovessero pervenirci da altri comitati e associazioni con cui collaboriamo.
Per osservazioni e precisazioni : laborartoriocarteinregola@gmail.com
1. Gli Stati membri istituiscono e mantengono politiche nazionali relative alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 3, ciascuno Stato membro ha la responsabilità ultima riguardo alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi generati nel suo territorio.
2. Qualora rifiuti radioattivi o combustibile esaurito siano spediti in uno Stato membro o un paese terzo per il trattamento o il ritrattamento, la responsabilità ultima dello smaltimento sicuro e responsabile di questi stessi materiali, inclusi eventuali rifiuti come sottoprodotti, è dello Stato membro o del paese terzo da cui il materiale radioattivo è stato spedito.
3. Le politiche nazionali sono basate su tutti i seguenti principi:
a)
la generazione di rifiuti radioattivi è tenuta al minimo ragionevolmente praticabile, tanto in termini di attività quanto di volume, mediante adeguate misure di progettazione e pratiche di esercizio e disattivazione, compresi il riciclaggio e il riutilizzo di materie prime;
b)
sono tenute in considerazione le interconnessioni tra tutte le fasi della generazione e gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi;
c)
il combustibile esaurito e i rifiuti radioattivi sono gestiti in sicurezza, anche nel lungo periodo con caratteristiche di sicurezza passiva;
d)
l’attuazione delle misure segue un approccio calibrato;
e)
i costi per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi sono sostenuti da coloro che hanno prodotto questi stessi materiali;
f)
si applica un processo decisionale documentato e basato su prove in relazione a tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi.
4. I rifiuti radioattivi sono smaltiti nello Stato membro in cui sono stati generati, a meno che, all’epoca della spedizione, tra lo Stato membro interessato e un altro Stato membro o un paese terzo non sia in vigore un accordo che tiene conto dei criteri stabiliti dalla Commissione conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2006/117/Euratom, per utilizzare un impianto di smaltimento situato in uno di essi.
Prima di una spedizione ad un paese terzo, lo Stato membro esportatore informa la Commissione circa il contenuto di tale eventuale accordo e adotta misure ragionevoli volte ad assicurare che:
a)
il paese di destinazione abbia concluso un accordo con la Comunità in materia di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi o è parte della convenzione congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi («convenzione congiunta»);
b)
il paese di destinazione disponga di programmi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi con obiettivi indicativi di un elevato livello di sicurezza, equivalenti a quelli stabiliti dalla presente direttiva; e
c)
l’impianto di smaltimento nel paese di destinazione sia autorizzato ai fini della spedizione di rifiuti radioattivi, sia operativo prima della spedizione e sia gestito conformemente ai requisiti previsti nei programmi di gestione e smaltimento dei rifiuti radioattivi di tale paese di destinazione.
“…dopo oltre 30 anni dall’uscita – provvidenziale – dal nucleare, l’Italia continua trattare i suoi rifiuti nucleari (sia le scorie ereditate da quell’avventura fortunatamente fallita, sia i rifiuti che si producono quotidianamente negli ospedali e nell’industria) in maniera precaria, approssimativa e insicura, tanto che la Commissione Europea dopo averlo annunciato sin dal 2017 si è scocciata di aspettare e da ottobre scorso ha aperto una procedura d’infrazione nei nostri confronti su questo tema“.
(3) Il Manifesto 6 gennaio 2020: …”ATTUALMENTE I RIFIUTI radioattivi si trovano in una ventina di siti provvisori ritenuti inidonei, per esempio a Saluggia (Vercelli), che detiene la maggior parte dei rifiuti italiani compresi i più pericolosi (con Trino Vercellese, l’80% delle scorie italiane). Sono collocati accanto alla Dora Baltea, dove secondo il premio Nobel Carlo Rubbia, con l’alluvione del 2000 si sfiorò la «catastrofe planetaria». A Saluggia non c’è mai stata una centrale ma solo l’impianto di riprocessamento Eurex, che negli anni catalizzò tantissimo materiale radioattivo. Gli altri rifiuti sono sparsi tra le vecchie centrali di Latina, Trino, Garigliano (Caserta), Caorso (Piacenza) e negli impianti di Rotondella (Matera), Bosco Marengo (Alessandria), Casaccia (Roma), Ispra (Varese)“.
(4) dal sito deposito nazionale : “Per sistemare definitivamente i rifiuti a media e alta attività, alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno la possibilità di studiare la localizzazione di un deposito profondo (geologico) comune in Europa allo scopo di fruire dei potenziali vantaggi di una soluzione ottimizzata in termini di quantità di rifiuti, costi e tempi di realizzazione, così come prospettato dalla Direttiva EURATOM 2011/70″.
Della Seta cit. : “…le scorie ad alta attività, residui delle vecchie centrali, seguiranno tutto un altro percorso per essere sepolte, ci si augura, in un deposito geologico scelto a livello europeo e di cui auspicabilmente si faranno carico soprattutto quei Paesi che nell’azzardo dell’energia nucleare ci sono tuttora dentro fino al collo“.
Comunque interessante la prospettiva del Parco tecnologico: “Assieme al Deposito Nazionale sarà realizzato un Parco Tecnologico, che comprenderà un centro di ricerca applicata e di formazione, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere studi nel campo dello smantellamento delle installazioni nucleari, della gestione dei rifiuti radioattivi, della radioprotezione e della salvaguardia ambientale. Tali studi avranno il duplice obiettivo di stimolare l’innovazione scientifica e tecnologica dell’industria nazionale e costituire un polo di attrazione per occupazione qualificata. Oltre a un centro studi e sperimentazioni, il progetto prevede un laboratorio ambientale e una scuola di formazione. Le attività di ricerca da svolgere al suo interno saranno concordate con le comunità che vorranno ospitare il Deposito Nazionale, con l’obiettivo di valorizzare le caratteristiche e le vocazioni del territorio, favorendone lo sviluppo economico e industriale.