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Un piano senza piano. Le priorità di Roma Ricerca Roma per l’attuazione del PNRR

di Barbara Pizzo

Proponiamo il testo dell’intervento di Barbara Pizzo, presidente di Roma Ricerca Roma, sul tema: “L’attuazione del PNRR a Roma e il ruolo del Terzo settore. Come ridurre le disuguaglianze”, iniziativa organizzata da Roma Futura, Sala della Protomoteca, Lunedì 17 gennaio 2022.

L’Associazione Roma Ricerca Roma, che rappresento, ha accolto con grande interesse l’invito a questo primo confronto sul tema proposto:

L’attuazione del PNRR a Roma e il ruolo del Terzo settore. Come ridurre le disuguaglianze”.

Quello che vogliamo evidenziare e discutere può essere sintetizzato in tre punti, che svilupperò, seppur brevemente, nel mio intervento:

  1. Il PNRR, ossia la versione italiana del Next Generation EU, per la sua genesi e per il modo in cui è stato finora interpretato, rischia di aumentare squilibri territoriali e disuguaglianze, piuttosto che ridurle.
  2. Si tratta di un piano senza piano, o meglio, di un piano senza pianificazione, nonostante il termine “piano” sia nel titolo della misura straordinaria. Si tratta, infatti, di un impressionante elenco di opere pubbliche che interesseranno il territorio nazionale e in particolare le aree urbane, delle quali non esiste nessuna visione d’insieme, nessuna mappatura, neppure semplicemente quantitativa, per capire perlomeno quante opere saranno realizzate dove.
  3. Poiché pensiamo non abbia molto senso, a questo punto, discutere del ‘cosa’, poiché gli interventi sono definiti, ci interessa capire ‘come’ il PNRR verrà realizzato, e come si potrà contribuire concretamente alla sua attuazione limitando il più possibile i due rischi sopra nominati.

Prima di entrare nel merito di questi tre punti, penso sia necessaria una brevissima presentazione di Roma Ricerca Roma: una associazione nata circa tre anni fa che raccoglie ricercatori delle diverse università romane, di altre istituzioni di ricerca, e ricercatori sociali, e che mobilita circa 200 studiosi attenti al, e attivi nel, contesto romano.

Tra l’estate e l’autunno del 2020, quando si iniziava a discutere del fondo straordinario europeo per contrastare la crisi (co)determinata dalla pandemia, abbiamo sentito l’urgenza di seguire questo processo: peraltro si era in una fase pre-elettorale e, oltre all’intenzione di capire il significato e il ruolo di questa misura straordinaria per Roma, volevamo capire come i rappresentanti delle forze politiche, economiche e sociali la interpretavano, come era (o poteva essere) interpretato politicamente, offrendo un nostro contributo, sia analitico, sia (quantomeno) meta-propositivo o meta-progettuale.
Quindi dall’autunno 2020 all’inverno dello scorso anno abbiamo realizzato una serie di interviste (una quindicina) ad attori con i quali volevamo interloquire: da economisti attenti alla dimensione sociale e urbana delle politiche economiche come Fabrizio Barca e Gianfranco Viesti, a rappresentanti di importanti associazioni imprenditoriali (ad es. Unindustria), oltre a presidenti di municipi, candidati a sindaco, ecc.
A tutti ponevamo le stesse 5 domande, che contenevano i nodi essenziali della questione, ed esprimevano le preoccupazioni che iniziavano ad emergere, essenzialmente riconducibili ai tre punti sopra elencati.
Ora che il Recovery Plan è diventato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono state definite le modalità di attuazione dopo una accelerazione nel passaggio tra il precedente e l’attuale Presidente del Consiglio, e abbiamo un nuovo Sindaco e una nuova amministrazione comunale, pensiamo che sia assolutamente necessario proseguire questo impegno, che costituirà infatti la linea di lavoro principale dell’associazione nei prossimi anni, nella forma di un OSSERVATORIO sul PNRR a Roma, che abbiamo pensato anche come una sorta di ‘bilancio sociale’ del PNRR, ovvero mettendo al centro l’impatto (potenziale) degli interventi sulle disuguaglianze socio-spaziali della nostra città. Siamo convinti che non possa che essere un osservatorio indipendente a riflettere, valutare, cercare di (re-)indirizzare le scelte, con l’intento di ridurre gli effetti non desiderati. (Il nostro osservatorio, potrà costituire il nodo romano di uno -o più- degli osservatori di scala nazionale che si stanno organizzando).

Ciò che, già con le interviste, si voleva mettere in evidenza è legato al carattere di questa misura.
Tralasciamo qui le varie critiche che sono emerse rispetto all’assenza di discussione (anche parlamentare) e alla scarsa trasparenza del processo che ha portato a definire il PNRR nei suoi contenuti più generali (incluse le modalità di attuazione) e particolari (la definizione/selezione dei progetti). Sostanziando e definendo un poco meglio i punti precedentemente elencati, diremo che:

  1. PNRR e disuguaglianze. Dovremmo interrogarci tutti e riflettere sul tipo di razionalità che questo modello di intervento esprime, la politica che è incorporata al suo interno. Si danno delle condizioni (le opportunità di finanziamento) che i territori devono cogliere. Il problema è che non tutti i territori sono ugualmente pronti e capaci di cogliere le opportunità che la misura prevede: in termini di progettualità, di gestione dei processi, di capacità di utilizzare i finanziamenti entro la data stabilita e, quando ottenuti, di usarli al meglio. Tanto a livello nazionale, quanto a livello locale, il rischio che intravediamo è che, per le ragioni ora citate, i finanziamenti arrivino in misura molto superiore e siano usati in modo molto più efficiente nei territori già più solidi[1]: economicamente, socialmente e amministrativamente.
    Ad esempio, e più nello specifico, è stato chiarito che i fondi sono intesi come co-finanziamento e che saranno erogati in tranche rispetto all’avanzamento dei lavori. Questo implica che i finanziamenti del PNRR dovranno essere messi in coerenza con il bilancio comunale, mentre è purtroppo frequente che le amministrazioni (tra cui, purtroppo, anche quella romana) dimostrino grandi difficoltà a spendere i soldi.
    In questo modo, il rischio che gli squilibri territoriali e le disuguaglianze siano ulteriormente accentuati, piuttosto che diminuire, è elevato.
  2. PNRR: un piano senza un piano. Si tratta di finanziamenti straordinari che ‘atterreranno’ sul territorio nazionale, ma che non ‘delineano’ o non ‘disegnano’ alcuna idea di futuro per il paese. Il PNRR lavora attraverso ‘riparti’, linee settoriali rispetto alle quali peraltro già emerge un problema di discrezionalità dei ministeri. È, in buona sostanza, un piano senza piano. Questa (non)logica guida l’allocazione delle risorse sia a livello nazionale che a livello locale, rendendo molto difficile l’azione di coordinamento e di messa a sistema che una misura del genere richiederebbe.
    Il rischio è enorme: fallire non può essere considerato ‘un’altra occasione persa’, come in molti sostengono, perché il PNRR non è ‘una delle tante’ occasioni.
    Non possiamo non ricordare che i finanziamenti del PNRR sottintendono un ‘contratto’ con l’Unione Europea, il cui costo sarà ripagato dalle prossime generazioni: non solo in termini monetari, ma anche in termini di esiti e di impatti, che resteranno sui territori; il ‘contratto’ implica che quanto stabilito sia realizzato sia nei contenuti sia nelle modalità e nei tempi previsti, e questo è estremamente difficoltoso, senza una pianificazione o una programmazione, che dovrebbe avere una doppia finalità, di coordinamento e strategica di breve, medio e lungo periodo, considerando che le opere pubbliche dovranno essere mantenute e gestite.
  3. Dunque, che fare? E, in modo particolare, può (e come può) il Terzo Settore contribuire a fare in modo di contenere e ridurre i rischi sopra richiamati, e che anzi si riescano ad ottenere i maggiori benefici possibili per la collettività?
    Partiremmo proprio dalla necessità di una qualche forma di coordinamento e di inquadramento strategico dei progetti: riteniamo che, nel perseguimento degli obiettivi sopra richiamati, le amministrazioni si troveranno a dover fare una sorta di processo di razionalizzazione ex-post, per cui è necessaria, appunto, capacità di coordinamento e anche di visione strategica.
    Nel caso di Roma, considerando la sua estensione territoriale, e la grande diversificazione delle realtà, che va ben oltre la scala municipale, riteniamo necessaria una mappatura qualitativa dei progetti[2], facendo emergere se, quanto, e come, i finanziamenti del PNRR rispondano alle esigenze prioritarie espresse dal territorio e dalle diverse realtà locali; se, quanto e come i progetti del PNRR possano generare delle sinergie con quelli previsti da altre fonti di finanziamento (o anche già in corso di realizzazione). Non è possibile governare il territorio senza avere un quadro della programmazione nella sua dimensione spaziale.
    Le associazioni, il terzo settore, potranno dare un contributo essenziale nell’evidenziare opportunità e problemi di coerenza tra i progetti finanziati dal PNRR e altri progetti, interventi e azioni.
    Sarà anche essenziale un ruolo di vigilanza, sia rispetto all’attuazione concreta dei progetti, alla corrispondenza tra consistenza e qualità dei progetti sulla carta e realizzazioni concrete, sia rispetto alla gestione degli appalti, in particolare per produrre realmente le intenzioni di innovazione. Per fare questo è necessaria quella che in un diverso contesto, ma sempre in un incontro dedicato al PNRR, Gianfranco Viesti ha chiamato una ‘strategia a tenaglia’, che corrisponde direi esattamente a come, con RRR, abbiamo immaginato il lavoro dell’osservatorio: guardare le cose dall’alto, per capire le scelte incorporate negli obiettivi e la loro concreta attuazione; e dal basso, raccogliendo informazioni e producendo brevi report sulle condizioni, lo stato di attuazione dei progetti, i loro impatti socio-spaziali. Questo implica di far incontrare le informazioni provenienti dall’amministrazione (finora scarse) con quelle provenienti dai territori, far emergere criticità, problemi e opportunità appena emergono, e tentare, appunto, di ottenere una forma di coordinamento e di inquadramento strategico.
    Un primo segnale importante da parte di questa amministrazione potrebbe essere quello di rendere al più presto pubbliche, facilmente accessibili, e con un adeguato livello di dettaglio, le informazioni sui progetti finanziati.
    Per ultimo vorrei richiamare un punto al quale ho solo accennato e che invece è rilevantissimo: il fatto che i progetti sono opere pubbliche che, una volta realizzate, dovranno essere gestite e mantenute. Come? Da chi? A chi saranno affidate? Chi se ne occuperà? Ci saranno le coperture finanziarie per la fase di esercizio? Non c’è tempo a sufficienza per parlare dell’impatto di questa misura e della sua attuazione sulla pubblica amministrazione, ma questi interventi straordinari dovranno essere messi in coerenza con la sua azione ordinaria – questo tema certamente non è nuovo, e in particolare a Roma; in ogni caso, riteniamo che anche sotto questo aspetto, il ruolo del Terzo Settore sia decisivo e capace di fare la differenza.

per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.con

NOTE

[1] In termini di rapporti nord-sud la questione è stata surrettiziamente risolta introducendo le ‘disparità territoriali’ come criterio trasversale a tutte le misure, e soprattutto con il vincolo del 40%. Ma come si affronta questo problema a livello metropolitano, per es., dove le disuguaglianze interne sono anche maggiori che tra nord e sud? Gli interventi vengono selezionati sulla base di indicatori di ‘vulnerabilità’ a scala comunale, che quindi annullano completamente le differenze interne.

[2] Non solo i progetti con una più esplicita dimensione urbana, e quindi gestiti dai comuni, del tipo ‘rigenerazione’. La mappatura deve includere tutte le linee di intervento, perchè tutte avranno impatti (differenziati) dal punto di vista sociale e spaziale.

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