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Le Alpi Apuane per fare dentifricio

Pubblichiamo un articolo di Marco Rovelli che denuncia quanto sta accadendo in Toscana: nonostante lo strenuo impegno dell’assessore Anna Marson, che nell’elaborazione del Piano Paesistico Regionale ha tentato di mettere regole al far west delle cave, che stanno consumando inesorabilmente un eccezionale patrimonio paesaggistico ( per inciso non tanto per ricavarne marmi, quanto per il carbonato di calcio per usi industriali, tra cui la produzione di dentifricio) a quanto pare un accordo PD/Forza Italia intende “potare” il Piano, a partire proprio dalle norme che dovrebbero salvaguardare  le montagne e riconvertire  l’economia estrattiva….

Apuane, centomila firme per salvare un bene comune

Il Manifesto — Marco Rovelli, 1.7.2014

Movimenti. Presidio di cittadini e associazioni in difesa delle Apuane davanti alla sede del consiglio regionale della Toscana. Al presidente Enrico Rossi sono state consegnate le firme raccolte attraverso una petizione online a difesa delle Alpi Apuane e per la chiusura delle cave
Tra gli anni Set­tanta e Ottanta, Massa Car­rara è stata il tea­tro della lotta con­tro il polo chi­mico e la Far­mo­plant che diventò parte dell’«educazione sen­ti­men­tale» alla poli­tica di una gene­ra­zione apuana, pas­sato il decen­nio furioso dei movi­menti. Oggi, di nuovo, quella terra si fa por­ta­trice di istanze radi­cali in una lotta che non è solo locale, ma deci­sa­mente nazio­nale: quella con­tro l’escavazione di marmo sulle Alpi Apuane.
Mon­ta­gne mar­to­riate – come «denti cariati» per citare T. S. Eliot – da una pro­du­zione espo­nen­zial­mente cre­sciuta negli ultimi trent’anni gra­zie alle nuove tec­no­lo­gie, che si man­giano un costone di mon­ta­gna in pochis­simo tempo. Richie­dendo un decimo di mano­do­pera, que­ste tec­no­lo­gie hanno dram­ma­ti­ca­mente decli­nare l’occupazione nel set­tore estrat­tivo. E per cosa, poi? Non per le sta­tue di Miche­lan­gelo, come vor­rebbe la vile reto­rica dei padroni del marmo, ma per la pro­du­zione di car­bo­nato di cal­cio per pro­du­zione delli indu­striali: il den­ti­fri­cio, uno per tutti, sim­bolo dello scempio.

L’assessore regio­nale toscano all’urbanistica, pia­ni­fi­ca­zione ter­ri­to­riale e al pae­sag­gio Anna Mar­son ha ten­tato di met­tere mano al far west delle cave con alcune norme con­te­nute nel Piano pae­sag­gi­stico regio­nale con le quali ha posto final­mente la que­stione di una rego­la­men­ta­zione e ha imma­gi­nato un futuro pos­si­bile di ricon­ver­sione pro­dut­tiva. Que­sto piano, gra­zie alle lar­ghe intese di fatto tra Pd e Forza Ita­lia (ma il gover­na­tore Enrico Rossi non aveva detto che il era un governo di sini­stra?), verrà appro­vato monco delle sue parti più impor­tanti e innovative.

Se prima il testo imma­gi­nava – sia pure in maniera vaga, ma quan­to­meno indi­cava una dire­zione — una ricon­ver­sione dalle atti­vità estrat­tive ad atti­vità rispet­tose dell’ambiente, adesso que­sta parte è stata cas­sata. Non solo: si con­cede di ria­prire cave chiuse anche da vent’anni, ormai rina­tu­ra­liz­zate, e ver­ranno con­sen­titi amplia­menti del fronte di cava anche senza chie­dere varianti.

I padroni hanno vinto. Dicia­molo: que­sta è lotta di classe, sia pure ricon­fi­gu­rata su uno sce­na­rio ine­dito all’epoca dell’Internazionale, quello della sal­va­guar­dia ambien­tale, e sulla con­trap­po­si­zione tra nuovi «padroni» e «comune». E tut­ta­via, pur avendo vinto, a loro non basta ancora. Gli «spi­riti sel­vaggi del capi­ta­li­smo» non accet­tano il ben­chè minimo vin­colo. Le loro richie­ste – estre­mi­sti­che, come la loro cam­pa­gna di stampa – erano di poter aprire cave nuove! Per­ciò hanno deciso di fare guerra alla legge regio­nale, poi­ché essa vieta final­mente di aprire cave in cre­sta, dove sulle Apuane ci sono cre­ste abbas­sate di cin­quanta metri dalle escavazioni.

La legge impone inol­tre una valu­ta­zione di impatto pae­sag­gi­stico che i padroni non vogliono, per­ché si con­si­de­rano parte del pae­sag­gio, si con­si­de­rano «natura». Entro il 2020 si pre­vede il 50% della lavo­ra­zione dell’escavato in loco. Senza le cave, hanno scritto i signori padroni, le Apuane «sareb­bero mon­ta­gne come le altre». Una vera bana­lità, impos­si­bile da met­tere a valore. E allora, signori, can­cel­liamo il Parco, que­sta ultima, infima, inu­tile ipocrisia.

L’alternativa è ripri­sti­nare il testo ori­gi­nale, attual­mente in discus­sione in con­si­glio regio­nale, come chie­dono gli ambien­ta­li­sti apuani che ieri sono andati a Firenze e hanno con­se­gnato a Enrico Rossi le cen­to­mila firme di una peti­zione online su Avaaz che chiede la chiu­sura pro­gres­siva delle cave.