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Ma l’astensione preoccupa davvero la classe politica?

(dal Blog di Anna Maria Bianchi su il Fatto Quotidiano 14 febbraio 2023)

Regionali Lazio, ora il centrodestra potrà premere l’acceleratore: una prospettiva inquietante

No, non ci dà nessuna soddisfazione poter dire “l’avevamo detto”.

Il 22 novembre scorso Carteinregola aveva  scritto a tutte le forze politiche, chiedendo che la campagna elettorale per la Regione Lazio diventasse  “un’occasione per allargare  il dibattito alla città e ai cittadini, attraverso un  confronto che non doveva limitarsi  alle componenti dei partiti o degli schieramenti, ma che avrebbe dovuto “svolgersi pubblicamente, con una discussione aperta sulle questioni più importanti per i cittadini e per i territori, soprattutto  dopo i preoccupanti dati sull’astensione  delle recenti politiche” che  rivelavano   che moltissimi elettori non avevano  più fiducia in questa classe politica, né speranze nel cambiamento”.

Non è accaduto.  Per niente.

Per settimane i partiti  –  i vertici, le correnti, le cordate – si sono confrontati solo tra loro, alle prese con il risiko elettorale che più che cercare di coinvolgere e convincere gli  elettori delusi o disinteressati – o magari quelli di altre appartenenze politiche –  dà l’idea di cercare di raccogliere il favore di un mosaico di gruppi specifici, a partire dalle categorie economiche piccole e grandi. Poi è partito il solito tourbillon fatto di agende fittissime di incontri nei luoghi dove “si va sul sicuro” e di  quotidiane  gallerie di scatti sui social  con sorrisi a gogò,  che forse accentuano ancora di più il distacco dalla vita reale delle persone.

Chi è andato a votare e chi non ci è andato? Anche senza analisi e dati, si può ipotizzare che l’astensione abbia dilagato in buona parte di quell’elettorato fluttuante dei cittadini  che si sentono esclusi e arrabbiati, che ogni tanto si  affidano a una proposta nuova oppure  – con buone ragioni –  puniscono quella  del governo uscente, ma che spesso abbandonano i seggi insieme alle speranze. Molti astenuti anche tra le fila del “voto d’opinione”: elettori  che non si riconoscono più in nessuna forza politica, perché delusi da tutte, soprattutto per lo scarso dialogo con la società civile. Diventa così determinante  il voto degli “zoccoli duri” dei diversi partiti, e quello delle categorie direttamente interessate ai provvedimenti regionali, che possono fare la differenza in molti campi: dalla sanità all’urbanistica, per citare i più rilevanti.

Certo l’astensionismo non pone problemi al centro destra, che ha ottenuto più della metà delle preferenze,  e che ora avrà una maggioranza solida – con il premio di 10 consiglieri in più – che potrà utilizzare per premere ulteriormente l’acceleratore su quei provvedimenti graditi alle “forze produttive” che hanno fortemente sponsorizzato in questi anni, spesso con successo (vedi, per restare nelle battaglie di Carteinregola,  proroga del Piano casa Polverini, parte della legge di rigenerazione urbana, riduzione del distanziamento delle slot machine dai luoghi sensibili, Modifiche al Piano paesistico ecc)

Una prospettiva inquietante, che non ha trovato alcuna vera resistenza. Oggi i numeri  non perdonano: il centrosinistra ha conservato i suoi voti, che nel 2018 avevano raggiunto il  32,92 % al Presidente Zingaretti,  con il  33 % circa raccolto dal candidato D’Amato, ma il Movimento Cinque Stelle, che  aveva ottenuto il 26,98% di preferenze per  Lombardi,  oggi con  Donatella Bianchi si ferma a circa l’11%. Percentuali che devono essere  confrontate con il  tracollo della partecipazione al voto, passata dal 66,36  % 2018  al 37,20%.

Ci si chiede perché  i partiti che già sapevano di aver poche chances di vittoria – centrosinistra e Movimento 5 Stelle/polo progressista e Azione/Italia Viva–non abbiano provato a  strappare il copione perdente e tentare qualcosa di nuovo  già all’indomani delle elezioni politiche, che avevano mostrato plasticamente che aria tirava.

Tra pregiudiziali e veti incrociati, nessuno ha preso l’iniziativa, fin dalla fine di settembre, quando l’approdo in Parlamento del Presidente Zingaretti aveva accelerato la scadenza delle elezioni regionali, di aprire un confronto su punti programmatici comuni – del resto già inaugurati per il governo Conte 2 – ciascuno partendo da un confronto con  la propria base e attraverso un dibattito pubblico, anche per far emergere davanti all’elettorato consonanze e divergenze. Così sarebbe diventato evidente  chi aveva a cuore più il futuro delle persone che quello del proprio partito e della propria nomenclatura.

La nostra lettera ai partiti di novembre concludeva: “Oggi più che mai è necessario un segnale, da parte di tutte le forze politiche,  della volontà di aprire una nuova stagione politica più vicino ai cittadini”.

Il segnale non è arrivato. Ora i cittadini dovranno trovare altre strade, altri percorsi, altre strategie per sostenere e difendere l’interesse comune. Soprattutto altre sinergie tra le donne e gli uomini che hanno a cuore la difesa dei più deboli, la solidarietà, la tutela dell’ambiente, del Paesaggio, dei beni comuni, dei diritti. Andando  oltre una classe politica che ha fallito su tutta la linea.

PS: naturalmente questa analisi  non può essere calata indiscriminatamente su tutti coloro che si sono impegnati nella campagna elettorale, ci sono stati molti esempi virtuosi di singoli candidati o di partiti minori che hanno portato avanti  un dialogo con la società civile, anche prima delle elezioni, purtroppo con scarsa visibilità.

Anna maria Bianchi Missaglia

14 febbraio 2023

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

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