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Annullato anche il contributo all’affitto, in Italia non esiste più una politica della casa

murale Sabrina H. Dan

Pubblichiamo un articolo di Enrico Puccini , a commento delle notizie sul mancato rifinanziamento da parte del Governo dei fondi per affitto e morosità incolpevole, e dopo le vaghe rassicurazioni del Ministro Salvini nell’odierno question time alla Camera(*)

da OsservatoriocasaRoma (21 febbraio 2023)

Il mancato finanziamento da parte del governo del contributo all’affitto, una scelta su cui speriamo si possa tornare indietro, è un atto gravissimo che rischia di passare inosservato in questo paese.

Negli anni passati sulla spinta della crisi pandemica il contributo all’affitto (istituito dalla legge 431/98) era tornato a livelli di finanziamento elevati, anche se inadeguati secondo le Regioni. Infatti A fronte di uno stanziamento nazionale di 300 milioni di euro, le Regioni – che stabiliscono il fabbisogno in base alle richieste dei Comuni – ne chiedevano 500. Per questo molte Regioni hanno poi integrato anche con fondi autonomi.

La scelta di non rifinanziare il contributo all’affitto è un atto gravissimo perché di fatto azzera le politiche della casa in un momento storico, di crescita della povertà, in cui invece andrebbero rafforzate ampliate, andando a intercettare nuovi bisogni – come quelli dei nuclei sfrattati, degli studenti, delle giovani coppie, dei lavoratori poveri.

Parliamo infatti di politiche mirate al soddisfacimento di un bisogno primario, a cui non diamo risposta o la diamo in maniera parziale. A questo bisogna aggiungere altre considerazioni. Se infatti intendiamo, come dovrebbe essere, per “politiche della casa” politiche per la residenzialità, allora il discorso si amplia notevolmente fino a divenire una vertenza urbana, mirata ad aumentare la qualità della vita nelle nostre città. Allo stato attuale l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere né una legge (e di conseguenza una strategia) sui problemi dei centri storici – spopolamento, turismo, spazio pubblico e commercio – né, per contrappasso, una legge e una strategia sui problemi delle grandi periferie urbane – degrado edilizio, disagio sociale, disoccupazione, ecc.

Sono problemi che in assenza di una politica per la casa non possono esser affrontati perché riguardano dinamiche legate alla residenzialità.

Nonostante la mole di queste questioni, che richiederebbero sforzi, risorse e strumenti aggiuntivi, si è scelto di azzerare anche l’ultimo e insufficiente strumento ancora attivo, quello del contributo per l’affitto. Si è scelto di farli nel momento peggiore: in una fase di aumento dell’inflazione, dei tassi di interesse e di contestuale aumento sia dei valori immobiliari che dei canoni di affitto. È una scelta che insomma farà esplodere una crisi abitativa mai sopita.

Per comprendere meglio la situazione attuale è necessario fare un rapido excursus sulle politiche abitative italiane. Dalla legge Luzzati del 1903, che ha istituito gli enti per le case popolari – ICP – finanziati attraverso la tassa di concessione immobiliare fino agli ultimi interventi PEEP – piani per l’edilizia economica e popolare istituiti dalla legge 167/62 e terminati negli anni 90 – passando per il piano Fanfani del dopoguerra – INA casa – lo stato italiano ha direttamente finanziato la costruzione di alloggi pubblici. In questi novant’anni si è formato il nostro patrimonio pubblico che allo stato attuale conta circa un milione di alloggi. Nel 1993, con l’abolizione della Gescal, il contributo che finanziava la costruzione di alloggi pubblici, lo stato italiano ha di fatto abdicato a un ruolo diretto nelle politiche abitative. Nel 1998, con l’abolizione dell’equo canone e l’introduzione dei canoni concordati – fra sindacati inquilini e proprietari – è stato introdotto il contributo all’affitto, come intervento compensativo, diretto al mercato privato delle locazioni.

Di fatto le scelte politiche intraprese in quegli anni rappresentano una svolta radicale nelle politiche pubbliche per la casa: lo stato non interviene più direttamente nel settore edilizio ma attraverso il contributo va a calmierare il mercato privato. Il contributo all’affitto, infatti, dovrebbe agire come integrazione all’affitto per una fascia larga di popolazione in modo da consentirgli l’accesso alle locazioni; tant’è vero che per poter stimare di anno in anno i fondi necessari si sarebbe dovuto istituire un Osservatorio pubblico presso il Ministero. L’Osservatorio, che ancora non è operativo, è stato istituito solo l’anno scorso, ma non è operativo – e lo si aspettava dal 1998. Per questo motivo gli stanziamenti per il contributo all’affitto nei vari anni sono stati discontinui e non legati alle necessità ma piuttosto alle esigenze di spesa dei governi.

Ad aggravare la situazione, la legge 560 del 1993 ha previsto la dismissione del 75% del patrimonio pubblico, sulla scia del disimpegno nel settore. Per quanto ridimensionata poi in ambito regionale, questa legge ha aperto la stagione delle dismissioni del patrimonio pubblico, proseguita poi con la legge Renzi – Lupi del 2014.

Si stima che a Roma gli alloggi pubblici attualmente in vendita siano 20mila su 74mila, più di un quarto dell’intero patrimonio, mentre le famiglie in lista d’attesa sono più di 14mila. A livello nazionale, non essendoci un Osservatorio, è molto difficile capire quante siano gli alloggi popolari in vendita.

In questo quadro generale, annullare il contributo all’affitto significa di fatto privare tutti i Comuni d’Italia dell’unico strumento di intervento tempestivo per tamponare l’emergenza abitativa, uno strumento che per le motivazioni storiche e legislative per cui è nato doveva essere invece strutturale.

Il contributo all’affitto è stato erogato a Roma a circa 15mila famiglie all’anno, mentre in fase pandemica si è arrivati a un picco di 50mila domande.

Del contributo si può contestare l’efficienza e anche la filosofia di fondo, che molti leggono come un sussidio alla proprietà privata, ma di fatto e in carenza di altri strumenti è stato fondamentale per molte famiglie.

Il Ministro Salvini ha da poco annunciato un piano straordinario sulla casa. Ora, credo che nessuno immagini un piano alla Fanfani considerando lo sfitto presente in Italia (10 milioni di alloggi non occupati, il 30% del totale delle abitazioni in Italia) ma piuttosto una serie articolata di azioni che vadano dalla leva fiscale, all’acquisto dell’invenduto, alla rigenerazione, all’incremento del patrimonio pubblico, fino (ad esempio) al sussidio per l’affitto.

Il tema della casa, per altro, investe diverse fasce di popolazione per cui servono strumenti diversificati in base ai bisogni. In tutta Europa ormai da decenni i sussidi fanno parte integrante delle politiche per la casa, ovviante insieme ad altre azioni. Alla luce di questo, il segnale del governo di aver cancellato i sussidi e di annunciare al tempo stesso di voler avviare un piano casa appare alquanto contradittorio

Il paradosso è che già in passato il fondo per il contributo all’affitto è stato annullato proprio quando, come oggi, ma con cause strutturali diverse, ci si è trovati in un momento di picco dell’emergenza abitativa. È uno scenario che rischia di ripetersi se non si interviene.

Enrico Puccini

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

22 febbraio 2023

(*) Dal sito della Camera 22 febbraio 2023 il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini è alla Camera dei Deputati per il question time.  Il ministro ha risponde a interrogazioni a risposta immediata relative al piano industriale e alla valorizzazione di ITA Spa e degli aeroporti strategici relativamente a tratte nazionali e internazionali e al numero di tratte effettuate, sulle iniziative per il potenziamento degli strumenti per la  sicurezza stradale per arginare gli incidenti e le vittime della strada, sul rifinanziamento del Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo per la morosità incolpevole sulle iniziative per assicurare tempestività e continuità nella realizzazione delle opere infrastrutturali per l’alta velocità e l’alta capacità ferroviaria previste nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza e sullo stato degli interventi previsti per incrementare la sicurezza lungo l’autostrada A14, nel tratto tra l’Abruzzo e le Marche

Il comunicato ell’Unione ICasa:Unione inquilini,muro di gomma governo su fondo sociale Nessun rifinanziamento fondi per affitto e morosità incolpevole (ANSA) – ROMA, 22 FEB – Continua il “muro di gomma del governo sul Fondo affitti e morosità incolpevole”: è quanto denuncia Walter De Cesaris, segretario nazionale Unione inquilini, che ricorda come i fondi non siano stati rifinanziati e avverte che ciò “alimenta il fuoco degli sfratti che divampa e incenerisce la coesione sociale”. Secondo De Cesaris inoltre, Salvini “propone un piano casa che è un imbroglio”. Il responsabile dell’Unione inquilini sostiene che oggi il Ministro Salvini “ha di nuovo preso tempo e non ha assunto alcun impegno per il pronto ripristino del fondo sociale affitti per le famiglie con redditi bassi e per la morosità incolpevole: ai 150 mila sfratti immediatamente esecutivi, se ne aggiungeranno nei prossimi mesi altre decine di migliaia, tenendo conto che presto Regioni e Comuni finiranno i residui relativi agli anni precedenti (320 milioni erano gli stanziamenti per il solo 2022)”. A suo parere Regioni e Comuni “sono chiamati alla responsabilità di far sentire forte la propria voce” e “il perdurare del loro silenzio li renderebbe complici e corresponsabili”. L’Unione inquilini avverte che continuerà la sua “battaglia di civiltà fino a piegare le resistenze del Ministro Salvini” e proseguirà nella campagna di denuncia presso l’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU per gli sfratti che violano i trattati e le convenzioni internazionali ratificati dal nostro Paese e che si configurano, pertanto, come violazione dei diritti umani”. (ANSA)

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