L’odissea della mancata valorizzazione dei reperti
di Patrizia Gioia, archeologa – 13 Aprile 2024
Negli anni Sessanta del XX secolo fu concepito un ambizioso progetto urbanistico che si proponeva di decongestionare il centro di Roma, spostando uffici e servizi verso le periferie; il Sistema Direzionale Orientale (S.D.O.) individuava quindi nel settore orientale della città alcune aree ancora poco urbanizzate, da Pietralata a Nord fino a Centocelle a Sud. Qui in particolare erano interessate la grande area dell’ex aeroporto (da poco dismesso) e la vicina fascia del Pratone di Torre Spaccata, ancora inedificata perché all’epoca destinata al proseguimento urbano dell’A1. All’inizio degli anni Novanta si decise di attuare il progetto
Il vincolo sulle aree dell’ex aeroporto di La Regina
Tuttavia, nel 1992, l’allora Soprintendente Adriano La Regina aveva apposto un ampio vincolo sulle aree dell’ex aeroporto di Centocelle, basandosi su evidenze storiche e d’archivio più che su concreti ritrovamenti archeologici. Le aree erano considerate poco più di terreni vuoti, privi di un significativo valore archeologico, ma la presenza del vincolo convinse l’Amministrazione Comunale a finanziare un vasto programma di indagini archeologiche preventive, finalizzate ad una più attenta e consapevole progettazione urbanistica.
Dal 1993 quindi la Sovrintendenza Capitolina aveva coinvolto archeologi con diverse specializzazioni, architetti, geologi, restauratori e altri esperti per avviare le ricerche, che, grazie anche alla scelta di una sede in loco presso una scuola dismessa nelle vicinanze, ebbero inizio su vasta scala alla fine del 1995.
Il pianoro di Centocelle, destinato a diventare il fulcro dello S.D.O., si presentava nei primi sopralluoghi come un’ampia e libera pianura. L’intera area settentrionale era disponibile per le ricerche, mentre quella meridionale era ancora ed è rimasta in possesso del Demanio militare. Tuttavia quel luogo decisamente abbandonato presentava situazioni difficili, a causa delle numerose occupazioni abusive e soprattutto della presenza di due campi nomadi: uno situato nella parte occidentale del pianoro, vicino a via di Centocelle, e l’altro nella zona orientale, in prossimità di Viale Palmiro Togliatti. I rapporti con queste comunità furono tesi; gli archeologi e gli operai erano percepiti come invasori, e vi furono parecchie azioni ostili, come il furto di attrezzature e di benzina dagli escavatori, che crearono per lungo tempo un clima di tensione.
I primi scavi archeologici
Le indagini archeologiche iniziarono con le ricognizioni di superficie, finalizzate a identificare le aree più promettenti per lo scavo. Con il supporto di studenti e tirocinanti dell’Università La Sapienza, esaminammo attentamente il terreno alla ricerca di tracce archeologiche, concentrandosi sulle aree con maggiori evidenze di materiali antichi. È importante sottolineare che, forse per la prima volta a Roma, venne utilizzato un sistema informatizzato di archiviazione dei dati cartografici e di catalogazione, un GIS, un’innovazione che rese più efficiente la gestione delle informazioni.
I primi scavi si concentrarono principalmente sull’area orientale, verso Viale Palmiro Togliatti, dove individuammo i resti di una grande villa già nota da storiche fotografie aeree. Utilizzando i risultati delle ricognizioni, estendemmo poi le nostre ricerche anche verso ovest, lungo il confine con il campo nomadi di Via Casilina 700. Qui, venne scoperta un’altra importante struttura, la Villa della Piscina, così chiamata a causa del ritrovamento di una vasta vasca lunga circa cinquanta metri.
Il concorso internazionale “100 idee per 100celle”
Vista l’importanza delle scoperte archeologiche, l’Amministrazione Comunale modificò i piani per l’area, optando per la realizzazione di un grande parco urbano. Fu così indetto un concorso internazionale di idee denominato “100 idee per 100celle”.
Vista la prospettiva di realizzazione del Parco, il pianoro di Centocelle fu oggetto di indagini particolarmente approfondite. Le operazioni di ricerca si moltiplicarono, con l’apertura di numerose aree di scavo, trincee esplorative, indagini geoelettriche e georadar, oltre a piccoli carotaggi, al fine di ottenere una comprensione dettagliata del sottosuolo e delle eventuali strutture presenti.