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Assessore Berdini, dica come stanno le cose

cop-berdini-e-villaggio-olimpicoSul Manifesto del 22 settembre, intervistato da Eleonora Martini, l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini dice : “Nel progetto di Marino era prevista la costruzione delle case degli atleti a Tor Vergata su aree espropriate dallo Stato per costruire la più grande università d’Italia. Rinunciavamo dunque a funzioni d’eccellenza che sono il futuro delle prossime generazioni per costruire volgari abitazioni(1).

Come Carteinregola ci opponiamo alla candidatura e seguiamo la vicenda Roma2024 da un bel pezzo, e nella nostra cronologia http://www.carteinregola.it/index.php/roma2024/ riportiamo tutti i principali avvenimenti dal dicembre 2014 a oggi, compreso il durissimo braccio di ferro che ci fu nel settembre 2015 tra la Giunta Marino e il Comitato promotore proprio sulla collocazione del villaggio Olimpico, che l’allora assessore Giovanni Caudo aveva previsto nell’ex areoporto dell’Urbe, con un’operazione di rigenerazione urbana, e il Comitato invece voleva piazzare a Tor Vergata.

Il progetto del Comune per Roma2024 presentato a Losanna prevedeva il villaggio olimpico tra Salaria e Flaminia, nell'ex areoporto dell'Urbe

Il progetto del Comune per Roma2024 presentato a Losanna il 25 luglio 2016 prevedeva il villaggio olimpico tra Salaria e Flaminia, nell’ex areoporto dell’Urbe

L’11 settembre 2016, però si svolge una turbolenta riunione in cui si fronteggiano le due ipotesi di  collocazione del Villaggio Olimpico,    che finisce con due comunicati distinti, quello del CONI e quello del Comune: sul sito del     CONI si afferma che è stata “verificata la possibilità di collocare il villaggio olimpico nell’area di Tor Vergata dove saranno realizzati nuovi impianti sportivi e completate le strutture esistenti. Un intervento che richiederà un progetto di collegamento con metropolitana tra l’area e il resto della città”, sul sito del Comune invece si parla  dell’area di Tor Vergata solo per ”costruire i nuovi impianti sportivi  e completare le strutture già esistenti [le Vele incompiute di Calatrava dei Mondiali di nuoto]: un intervento, questo, che richiede un progetto di collegamento con metropolitana tra l’area e il resto della città“, mentre per i ” progetti di trasformazione urbana da mettere in campo per l’appuntamento olimpico” si intende  “partire dalla nascita di un parco fluviale del Tevere a nord di Roma ”   senza specificare ulteriormente il luogo della realizzazione del Villaggio Olimpico.   Il quotidiano Il Messaggero dà invece per scontata la localizzazione del Villaggio Olimpico a Tor Vergata,  pubblicando addirittura    un rendering e riferendo che nel corso della riunione è stata sconfitta l’ipotesi elaborata dal Comune e dall’Assessore Caudo, a favore  della localizzazione sponsorizzata da Montezemolo e Malagò, che secondo il quotidiano risponde  maggiormente alle caratteristiche necessarie per ottenere la vittoria nella corsa alla candidatura.

Il rendering del progetto di Tor Vergata pubblicato da Il Messaggero del 12 settembre 2015

Il rendering del progetto di Tor Vergata pubblicato da Il Messaggero del 12 settembre 2015

L'espresso 11 febbraio Marino olimpiadi 1Com’è andata a finire è  noto. E in molti hanno persino ipotizzato che sulla prematura fine della consiliatura Marino abbia influito non poco questo aspro conflitto sulle scelte del dossier olimpico. Lo stesso Marino torna sull’argomento in un’intervista a L’Espresso dell’11 febbraio 2016, in cui dice chiaramente che il progetto della sua Giunta per il Villaggio Olimpico non era affatto Tor Vergata e illustra il suo progetto di “Città della Giustizia” a Roma Nord come una delle  eredità – la cosiddetta “legacy” – delle Olimpiadi per la città.

E poichè  siamo certi che tutto questo sia a conoscenza di Paolo Berdini, che secondo il Messaggero è stato  denunciato insieme a Giovanni Caudo dal gruppo Caltagirone per alcune dichiarazioni  in un servizio televisivo che riguardava i rapporti tra la Vianini e l’università di Tor Vergata, anche rispetto all’edificando Villaggio Olimpico, ci aspettiamo che l’assessore si spieghi meglio e rimetta a posto la verità, anche perchè questo tipo di imprecisioni rischia di nuocere alla credibilità della nuova amministrazione. Intanto Il Manifesto il giorno successivo ha pubblicato un intervento  dell’ex Assessore Giovanni Caudo che conferma  la sua ferma opposizione al progetto del Villaggio olimpico a Tor Vergata: “Basta chiamarlo “progetto di Marino”. Il dossier che sostiene la candidatura di Roma 2024 è stato voluto da Giovanni Malagò e Luca di Montezemolo. In netta contrapposizione con la giunta di Ignazio Marino, tanto che su quel piano si produsse la rottura tra noi e il Coni. Con Matteo Renzi che si schierò subito dalla loro parte»

Anna Maria Bianchi Missaglia

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

> VAI A Roma2024 cronologia materiali

> vai al video intervento di Giovanni  Caudo sulle Olimpiadi

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(1) manifesto-berdini-olimpiadi-22-sett-2016Il Manifesto  Paolo Berdini sfida Renzi: «Ora un patto per la Capitale» http://ilmanifesto.info/paolo-berdini-sfida-renzi-ora-un-patto-per-la-capitale/

Olimpiadi. L’assessore all’Ubanistica di Roma: «C’era la possibilità di un nuovo piano per lo sviluppo città. Evidentemente è mancato il tempo per il confronto». «Ora finanziate il nostro progetto»di 

Il no secco di Virginia Raggi alle Olimpiadi del 2024 non ferma il sogno dell’assessore all’Urbanistica di dare a Roma un futuro da vera capitale d’Italia. Paolo Berdini a questo punto rivolge la sfida non più al comitato olimpico, come avrebbe voluto, ma direttamente a Matteo Renzi: «Il primo ministro ha sottoscritto con il sindaco Beppe Sala un patto per Milano stanziando 1,5 miliardi di euro. Roma si candiderà al patto per la Capitale da sottoscrivere con Palazzo Chigi».

Assessore, la sindaca ha detto: «È da irresponsabili dire sì a questa candidatura». E’ d’accordo?

Raggi ha perfettamente ragione perché il progetto che era stato approvato durante il mandato del sindaco Marino era devastante sotto il profilo urbanistico, e dunque avrebbe alimentato ulteriormente la grave crisi del sistema urbano romano.

Quali erano le peggiori pecche?

Faccio un solo esempio sul quale a breve apriremo un confronto con le forze sociali e la città intera perché riguarda il futuro della Capitale. Nel progetto di Marino era prevista la costruzione delle case degli atleti a Tor Vergata su aree espropriate dallo Stato per costruire la più grande università d’Italia. Rinunciavamo dunque a funzioni d’eccellenza che sono il futuro delle prossime generazioni per costruire volgari abitazioni.

E chi ci guadagnava?

Chi ha la concessionaria. Che però deve essere coinvolta nel confronto sul futuro dell’area, perché lì c’è la possibilità di far riprendere a Roma il ruolo di Capitale.

«Roma è una città invivibile, basta cattedrali nel deserto», ha affermato la sindaca. Ma quelle cattedrali che sono ormai ruderi nel deserto con quali fondi verranno ultimate o abbattute?

Per il riuso delle Vele di Calatrava, per esempio, sta per concludersi un accordo con l’università di Tor Vergata che finanzierà un progetto fondamentale per lo sviluppo della città: su quell’area sorgeranno dei laboratori di biologia e all’interno della struttura rimasta incompiuta nascerà una gigantesca serra. È questo il modello che vogliamo affermare: servizi d’eccellenza invece di volgari speculazioni edilizie.

Dunque anche lei dice «assolutamente no alle Olimpiadi del mattone». Ma per fermare la lunga mano dei “palazzinari” si poteva solo rinunciare alla candidatura?

C’era la possibilità di accettare un nuovo progetto per il futuro della città.

Ma Malagò lo ha detto in tutti i modi che il progetto si poteva cambiare e che c’era tempo per verificarne la fattibilità e poi eventualmente ritirarsi…

Nel giro di pochissimo tempo, due mesi, l’amministrazione renderà pubblico un progetto complessivo di opere per il trasporto pubblico non inquinante e per la riqualificazione degli impianti sportivi delle periferie. Su quel progetto chiederemo allo Stato gli indispensabili finanziamenti per non far affondare Roma nel degrado. Questa è l’impostazione che guarda al futuro.

E non era proprio possibile sfruttare l’occasione dei Giochi per farsi finanziare quel progetto?

Se non ci sarà la candidatura alle Olimpiadi 2024, Roma si candiderà al “patto per la Capitale” da sottoscrivere con Palazzo Chigi, visto che il primo ministro ha sottoscritto con Beppe Sala il “patto per Milano” stanziando 1,5 miliardi di euro. Se pensiamo al rapporto con la popolazione, Roma ha dunque un credito di 4,5 miliardi.

La sindaca ha detto: «Ci piacciono le Olimpiadi ma non quelle del mattone», per aggiungere però che tutte le Olimpiadi sono una sorta di «assegno in bianco che firmano i paesi e le città ospitanti». La giunta Raggi dunque dice no ai grandi eventi in generale?

Ci sono due motivi per imboccare una strada nuova. Il primo è che finalmente siamo tutelati dalla presenza dell’Anac di Cantone, che avrebbe vigilato con rigore sull’attribuzione dei finanziamenti pubblici. Il secondo – che Raggi ha giustamente ribadito – è però il palese fallimento della cultura delle grandi opere e dei grandi eventi, che ha trionfato nell’ultimo ventennio e che ha portato a un indebitamento delle amministrazioni locali intollerabile.

Per esempio le racconto un fatto gravissimo e poco noto alla città: si era alla ricerca del luogo dove far svolgere le gare di canottaggio e si puntava sul lago di Castel Gandolfo, che nel 1960 ebbe gli onori della cronaca per la bellezza del luogo. Ora quel lago non può più essere utilizzato perché l’abbassamento del livello dell’acqua di oltre cinque metri dice che siamo di fronte ad un’emergenza ambientale di dimensioni catastrofiche. Ecco, la cultura delle grandi opere nasconde accuratamente i danni che produce sull’ecosistema.

Il progetto che renderemo pubblico tra poco va esattamente nella direzione opposta perché riporta finalmente le città nelle mani delle amministrazioni comunali e chiude per sempre con quell’approccio culturale che è stato il principale dissipatore di risorse pubbliche.

Lo stadio della Roma non è una grande opera?

Sì, e dunque andrà rivista sotto il profilo della sostenibilità economica ed urbanistica di una città che ha 13,5 miliardi di deficit.

Allora non è detto che verrà realizzato?

No, perché l’Aula capitolina dovrà confermare l’interesse pubblico a costruire un milione di metri cubi di cemento che in realtà è nell’interesse degli operatori che propongono l’impianto. Sarebbe meglio tornare a prevedere la realizzazione solo e soltanto di uno stadio.

Raggi ha affermato di non aver mai cambiato idea da quando nel giugno 2015 il M5S votò in Consiglio comunale no alle Olimpiadi. Nessun tentennamento. Vuol dire che non ha mai ascoltato le sue obiezioni e le sue proposte?

È evidentemente mancato il tempo per una rigorosa interlocuzione con il Cio e con lo staff tecnico che ha redatto il piano di Marino per le Olimpiadi. Purtroppo per l’amministrazione romana i tempi della procedura olimpica sono stati incompatibili con l’esercizio di un confronto democratico esteso a tutta la città.

Eppure secondo Raggi il referendum sulle Olimpiadi c’è già stato: con il ballottaggio. Peccato che il quesito non era così chiaro, forse si sarebbe recato alle urne qualcuno in più del 50% dei romani…

Credo che la strada proposta da Riccardo Magi (segretario di Radicali italiani, ndr) di indire un referendum consultivo poteva essere arricchita dalla indicazione dei progetti sul futuro delle periferie. E sarebbe stata l’occasione per un grande dibattito pubblico.

Questo no così netto non servirà un po’ anche agli equilibri interni del M5S?

La sfida del governo di Roma è così gigantesca da avere ripercussioni sugli equilibri di qualsiasi forza politica, Cinque Stelle compresi. Ed è fisiologico che ci sarebbero state delle scosse di assestamento. È ora di chiudere questa fase di avvio, e concentrarsi sul recupero di una città che altrimenti va verso il fallimento.

Lo troverete un assessore al bilancio?

Sicuramente.

manifesto-caudo-23-sett-2016Il manifesto 23 settembre 2016 L’ex assessore capitolino Caudo: «Su Roma 2024 fu rottura tra Marino e Renzi-Malagò»

Intervista. «Basta chiamarlo “progetto di Marino”. Il dossier che sostiene la candidatura di Roma 2024 è stato voluto da Giovanni Malagò e Luca di Montezemolo. In netta contrapposizione con la giunta di Ignazio Marino, tanto che su quel piano si produsse la rottura tra noi e il Coni. Con Matteo Renzi che si schierò subito dalla loro parte»

«Basta chiamarlo “progetto di Marino”. Il dossier che sostiene la candidatura di Roma 2024 è stato voluto da Giovanni Malagò e Luca di Montezemolo. In netta contrapposizione con la giunta di Ignazio Marino, tanto che su quel piano si produsse la rottura tra noi e il Coni. Con Matteo Renzi che si schierò subito dalla loro parte». Giovanni Caudo, che fu assessore all’Urbanistica durante la precedente amministrazione comunale, prima del periodo commissariale del prefetto Tronca, polemizza con chi attribuisce al precedente sindaco di Roma la paternità del progetto inviato al Cio. Tra costoro ci sarebbe, sostiene Caudo, anche l’attuale assessore Paolo Berdini che ieri sul manifesto ha rivendicato l’ispirazione totalmente opposta del «piano per Roma» che la giunta Raggi vuole ora portare a Palazzo Chigi chiedendo di finanziare un «patto per la Capitale». «Possibile che un così importante esponente del governo capitolino non sappia che quel progetto è stato voluto da Malagò? Forse è più facile attaccare Marino…».

Eppure voi lavoraste con il Coni, nella redazione di quel dossier.

Sì, collaborammo dal marzo al settembre 2015. La candidatura formale con la lettera di Marino al Cio fu inviata il 15 settembre. A luglio 2015, dopo aver ricevuto il via libera e dall’assemblea capitolina con l’ordine del giorno votato a giugno, con Marino e con il sottosegretario De Vincenti portammo al Cio il primo concept per il progetto che si chiamava «Roma 2025». Non è un errore, si chiamava così perché era la programmazione urbanistica per il giubileo del 2025 all’interno del quale si parlava anche delle Olimpiadi del 2024. Il concetto era: gli eventi per la città e non la città per gli eventi. I pilastri portanti erano tre: recupero di tutte le strutture esistenti, valorizzazione dell’eredità delle Olimpiadi del ’60, e una legacy di elevato valore urbano: una “città della giustizia” al posto del villaggio olimpico. Il quale però era previsto che sorgesse in un parco fluviale tra la Salaria e la Flaminia, su 100 ettari di terreno pubblico. Poi l’11 settembre, pochi prima della candidatura, ci fu una riunione dove il Comitato Roma 2024 pose il vincolo del villaggio olimpico da costruire a Tor Vergata.

Con quale motivazione?

Di carattere sportivo: Malagò tagliò corto dicendo che chi si occupa di sport sa bene che quello è l’unico luogo idoneo. Non aggiunse altro. E lì ci fu la rottura. Fu chiaro che il progetto che Roma 2024 voleva presentare non era il nostro. Perché tra l’altro prevedeva come legacy le case, ancorché come studentato ma pur sempre case.

Come si concluse quella riunione?

Con un comunicato che non evidenziava la rottura ma presentava le due opzioni, rinviando la decisione dopo ulteriori approfondimenti. In ogni caso la divergenza era evidente. Una mezz’ora dopo la conclusione di quella riunione Renzi emise un comunicato con il quale si congratulava con Malagò per l’ottimo lavoro ma non citava mai il Comune. L’8 ottobre Marino si dimise.

Il dossier inviato al Cio a febbraio 2016 ha tenuto conto del vostro progetto?

In buona parte, sì, tranne che per il villaggio olimpico. Non c’è traccia della nostra proposta. Invece contiene il piano del Coni, con il progetto di Tor Vergata.

Ha fatto bene quindi la sindaca Raggi a dire di no?

Se avesse dovuto accettare quel progetto, sì. Ma credo che Raggi poteva dare un volto nuovo a questa candidatura. Politicamente capisco la sua scelta, visto le promesse in campagna elettorale. Ma non è vero che non avesse il tempo di cambiare il dossier. Il mio rammarico è che in questa città non si riescono a costruire decisioni così importanti. Si prendono solo posizioni a prescindere, sì o no. È un gioco degli estremi, mentre invece si poteva lavorare a costruire una decisione comune. Se ci fosse stato un progetto già condiviso con la città forse oggi avremmo la candidatura.

E allora perché non avete istituito un referendum? E perché il Pd non ha appoggiato la proposta dei Radicali, se non ripensandoci negli ultimi giorni?

Io non sono del Pd, facevo parte della giunta come esperto. Posso solo dire che dopo la presentazione della candidatura formale, avremmo voluto illustrare il nostro progetto alla città e proporre un referendum sulla base di una scelta più consapevole. Ma poi purtroppo non c’è stato il tempo.

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