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Umbria e Toscana: interesse generale e interessi privati

Simone_Martini Guidoriccio

“A caldo”, la sera del 27 marzo, avevamo intitolato questo post “Buone notizie da Umbria e Toscana”, ma a leggere  il bellissimo  e amaro discorso pronunciato venerdì in Consiglio Regionale  da Anna Marson, Assessore all’urbanistica della Toscana, che riportiamo integralmente in calce (dal sito Eddyburg), la situazione  non invita all’ottimismo. Ci conforta  l’intervento del Ministro Franceschini, sia per il Piano Paesaggistico della Toscana, che ha portato al ridimensionamento  dei tentativi di boicottaggio a suon di  emendamenti  dei consiglieri regionali del Partito Democratico (1), sia per la Legge della Regione Umbria,  una specie di grande condono preventivo che il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale (2), rispondendo in entrambi i casi agli accorati appelli di intellettuali e società civile (3). Tuttavia non possiamo che prendere atto della sempre più marcata distanza tra  l’interesse  generale, che, a maggior ragione, dovrebbe essere perseguito  in  Regioni da sempre amministrate dal centrosinistra, e molte iniziative degli eletti del PD negli enti  locali (e non solo), che vanno sempre più spesso nella direzione degli interessi privati, più o meno camuffati dal solito mantra dello sviluppo (come già il Piano Casa “Polverini Zingaretti”, contro cui ci siamo inutilmente battuti nell’autunno scorso). Perché  bisogna dirlo  chiaramente: a partire dal caso del Piano paesaggistico toscano,   il conflitto non è fra ambiente e sviluppo, ma tra interessi collettivi e interessi privati. E in Toscana si è cercato  di cancellare  il lavoro di chi, come Anna Marson, intendeva  “porre  le basi per rendere possibile un diverso sviluppo, basato non sulla distruzione del patrimonio regionale ma sulla sua messa in valore sostenibile per la collettività e il suo futuro“…

Toscana. Lo scontro tra interesse pubblico e interessi privati non è finito di ANNA MARSON   28 Marzo 2015

Intervento  al Consiglio Regionale dopo il voto di approvazione del Piano Paesaggistico della Regione Toscana, 27 marzo 2015. Senza peli sulla lingua.

Il voto di approvazione di un piano paesaggistico ancora definibile tale, intervenuto oggi nel penultimo giorno utile della legislatura dopo un lunghissimo dibattito dentro e fuori le sedi istituzionali, è l’esito di un assai ampio coinvolgimento pubblico nel merito delle scelte che la Regione Toscana si apprestava a compiere, e di una straordinaria mobilitazione culturale e socialein difesa del Piano paesaggistico.

  1. Le prove che questo piano ha dovuto affrontare, nella sua natura di strumento portatore di innovazione culturale e normativa, non sono state facili.Anche se la portata storica dell’evento è chiaramente incommensurabile, mi permetto di richiamare le parole di Calamandrei sull’esito della scelta repubblicana dell’Italia (Il Ponte, luglio-agosto 1946), sul cui cammino “non sono mancati i diversivi che miravano a mandare in lungo la partita, i tranelli preordinati a far perdere la serenità al giocatore meno esperto, e qualche svista pericolosa e, purtroppo, qualche tentativo di barare…Proprio di queste vicende bisogna tener conto per comprendere quanta fermezza e quanta resistenza morale sono state necessarie …per conseguire questa vittoria e per apprezzarne il valore… [in questo caso si è]dovuto superare imboscate e tradimenti che l’osservatore superficiale nemmeno sospetta”.Nel caso del piano paesaggistico le “imboscate” non sono derivate da un conflitto fra ambiente e sviluppo, come molti hanno sostenuto, ma tra interessi collettivi e interessi privati.Ciò è testimoniato dal fatto che chi si è mosso a difesa del piano, come le associazioni ambientali e culturali, e molti autorevoli studiosi, non rappresenta in questa vicenda interessi particolari o privati. Mentre tutti coloro che a vario titolo hanno sollevato richieste di modifiche del piano l’hanno fatto mossi da interessi privati finalizzati al profitto, mascherato da occupazione e sviluppo.

    E devo dare atto alle rappresentanze dei lavoratori – alla CGIL in particolare ma anche da alcuni rappresentanti della CISL – di avere individuato con grande chiarezza come ambiente e paesaggio costituiscano oggi, a fronte dei cambiamenti in corso e di quelli che si annunciano, due poste in gioco rilevanti per l’interesse collettivo, a partire dall’interesse dei lavoratori e di chi è in cerca di occupazione.

    Ritengo quindi utile ripercorrere, sia pur in grande sintesi, alcuni dei passaggi salienti del percorso di piano che portano ulteriori evidenze a questo riguardo.

    2. La procedura del piano e le imboscate subite

    Il presidente della commissione consiliare nel citare gli emendamenti apportati in commissione ha più volte parlato di “grande lavoro rispetto cui non si può tornare indietro”.

    Che dovremmo allora dire relativamente al lavoro di costruzione del piano, alla lunga e continua contrattazione istituzionale e sociale (anche in un clima di linciaggio personale di cui sono stata ripetutamente oggetto)[1], al lavoro di controdeduzione alle osservazioni presentate per arrivare a un testo equilibrato nel tenere in conto i diversi interessi legittimi?

    La formazione del piano e’ stato un atto quanto mai collettivo.

    Il piano cosiddetto “Marson” è infatti frutto:
    a) di un atto di indirizzo approvato dal consiglio regionale nel 2011;
    b) di una approfondita fase di elaborazione scientifica affidata al Centro Interuniversitario di Scienze del Territorio delle 5 principali università toscane anziché a una ditta privata o a una elaborazione interna dei soli uffici (che non avevano le forze per condurre un compito di questa portata, anche in seguito alla soppressione del settore paesaggio all’inizio della legislatura e alla sua lenta e faticosa ricostituzione nel corso dei successivi tre anni);
    c) di uno straordinario impegno dei funzionari del settore paesaggio, anche con molte ore di lavoro non retribuite, nel costruire la proposta di piano;
    d) di numerose assemblee pubbliche di approfondimento e discussione che hanno accompagnato le fasi di formazione del piano nei diversi ambiti del territorio toscano;
    e) di una lunga e ripetuta concertazione con attori pubblici (ANCI, Consiglio autonomie, comuni, sovrintendenze, Ministero) e del confronto con attori privati (ordini professionali, associazioni sindacali e imprenditoriali, ecc) ;
    f) di una validazione tecnica preliminare da parte del Mibact sul lavoro complessivo (dicembre 2013);
    g) di due successive proposte di piano approvate dalla giunta (gennaio e maggio 2014);
    h) di un esame in sede di più commissioni consiliari (ne ricordo almeno cinque) che ha portato all’adozione, con emendamenti, il 2 luglio 2014;
    i) del lavoro di controdeduzioni che ha portato al voto unanime della Giunta il 4 dicembre 2014.

    Sfido tutti coloro che hanno dichiarato in aula, rivolti alla giunta, che “s’è perso tempo”, a trovare un esempio di piano paesaggistico regionale copianificato con il Mibact che abbia concluso questo percorso in un tempo più rapido.

    E ciò nonostante – per non citare che i due esempi più significativi – una ricerca di regole condivise con i sindaci delle Apuane interessati dalle attività di escavazione durata più mesi, e un tavolo con i rappresentanti di categoria delle associazioni agricole protrattosi con incontri quasi quotidiani per settimane.

    Se nel caso delle associazioni agricole ciò a portato, pur con perdite significative dei contenuti del piano (quali la sparizione di gran parte dei riferimenti alla “maglia agraria”, di ogni citazione della parola “vigneti”, e di tutti i riferimenti al “mantenimento delle attività agrosilvopastorali montane per arginare i processi di abbandono”), a una sostanziale condivisione del testo, nel caso delle Apuane sia la modifica della prima proposta di giunta che gli emendamenti introdotti dal consiglio in fase di adozione non hanno sancito la fine delle ostilità né delle interferenze anche pesanti rispetto ai contenuti del piano e alla procedura istituzionalmente definita per la sua approvazione.

    Abbiamo così assistito, in commissione consiliare, al voto di emendamenti non coerenti con i contenuti propri di un piano paesaggistico, a diverse e articolate trattative politiche non con le rappresentanze istituzionali delle imprese ma con alcune imprese, alla partecipazione di consulenti delle imprese del marmo alla scrittura degli emendamenti nelle stanze del Consiglio regionale, alla sparizione dal Piano di tutti i riferimenti alle criticità di luoghi specifici che disturbavano qualcuno che aveva modo di far sentire la propria voce, e così via. Tutte le tipologie degli emendamenti proposti in commissione sono state ispirate a un unico principio: depotenziare l’efficacia del piano.

    A titolo esemplificativo:
    – nelle Apuane sono state cancellate tutte le criticità relative a specifiche aree interessate dalle escavazioni;
    – molte criticità paesaggistiche evidenti sono state trasformate in forma dubitativa;
    – un emendamento si proponeva addirittura di specificare che le criticità costituivano valutazioni scientifiche delle quali i piani urbanistici “non dovevano tenere conto”;
    – nelle spiagge si intendevano ammettere adeguamenti, ampliamenti, addizioni e cambi di destinazione d’uso;
    – la dispersione insediativa, anziché da evitare, era al massimo da limitare o armonizzare;
    – la salvaguardia dei varchi inedificati nelle conurbazioni andava cancellata, o anch’essa “armonizzata”;
    – le relazioni degli insediamenti con i loro intorni agricoli sono state soppresse;
    – l’alpinismo in Garfagnana andava soppresso;
    – gli ulteriori processi di urbanizzazione diffusa lungo i crinali non erano da evitare bensì da armonizzare;

    e così via.

    Ciò ha prodotto, come esito del lavoro della commissione consiliare, la riscrittura di molti contenuti sostanziali del piano, rovesciandone in più parti gli obiettivi, depotenziando la valenza anche normativa del piano adottato, e contraddicendo sia il Codice dei beni culturali e del paesaggio che la nuova legge regionale in materia di governo del territorio in vigore dal novembre 2014.

    Soltanto la verifica in extremis con il Mibact, con il quale il piano va necessariamente copianificato anche per dare attuazione alle semplificazioni che da esso discendono, dovuta anche alla luce del verdetto ricevuto a suo tempo sull’integrazione paesaggistica del PIT adottata dalla Regione Toscana nel 2009, ha portato con un grande sforzo da parte di tutti i soggetti coinvolti, e del Presidente Rossi in prima persona, a recuperare almeno in parte alcuni dei contenuti essenziali che permettono di qualificare questo piano come “piano paesaggistico”.
    Non posso che concordare con chi ha definito questa retromarcia imbarazzante. Lo è senza dubbio per l’immagine arretrata, riflessa da alcuni rappresentanti eletti, della società toscana (smentita invece dalla moltitudine di cittadine e cittadini che si sono espressi in difesa del piano). Lo è per chi, come me, ha creduto nel federalismo, non quello della riforma del Titolo V della Costituzione operata all’inizio del nuovo millennio oggi peraltro ripudiata dagli stessi autori, ma quello auspicato da Carlo Cattaneo e da Silvio Trentin.

    In questo caso devo tuttavia riconoscere che l’intervento del Ministero ha contribuito a salvare parti significative del piano. Grazie in particolare all’impegno della sottosegretario Borletti Buitoni, oltre a quello del ministro Franceschini intervenuto anch’esso in prima persona. Al di là di tutto ciò, e alla fine di questo tormentato percorso, credo di dover evidenziare come il conflitto attivatosi intorno al piano – non fra ambiente e sviluppo, ma tra interessi collettivi e interessi privati – sottenda in realtà due diverse accezioni di sviluppo.

    3. Due concezioni dello sviluppo contrapposte. Chi è passatista?

    Gran parte delle modifiche proposte e in parte apportate al piano attraverso gli emendamenti, sono ispirate da una lettura del Piano inteso come insieme di vincoli/freno allo sviluppo e alla libertà d’impresa: meno vincoli più sviluppo, più vincoli meno sviluppo.

    Lo sviluppo è dunque inteso come tutela delle libertà d’uso e sfruttamento del territorio da parte delle imprese economiche, soprattutto da parte delle grandi imprese (multinazionali del vino e del marmo, del turismo, ecc), oltre alla tutela del continuare a fare ognuno “come ci pare”.

    I soggetti presi a riferimento non sono certo i viticoltori artigiani di qualità, piuttosto che le botteghe di trasformazione artistica del marmo, per non citare che due esempi fra i molti possibili, in una “compressione della rappresentanza” rispetto alla complessità crescente del mondo produttivo. La rappresentanza dei grandi interessi finanziari, travestiti da interessi per lo sviluppo, è l’unica ad essere di fatto garantita.

    Ma questo modello di sviluppo non è forse alla base della crisi economica che stiamo vivendo?

    Il tentativo di affossamento del valore normativo del Piano paesaggistico è peraltro coerente con l’ideologia che esalta i processi di privatizzazione e centralizzazione dei processi economici e politici, in molti casi peraltro sostenuti da finanziamenti pubblici, come unica via d’uscita dalla crisi.

    In questa monodirezionalità degli emendamenti votati in commissione è stato peraltro negato lo spirito stesso del Codice.

    Laddove il Codice richiede che il Piano si interessi di tutto il territorio regionale, si chiede infatti, di conseguenza, un cambio dalla centralità dai vincoli (prescrizioni che riguardano i soli beni paesaggistici formalmente riconosciuti) alle regole di buon governo per tutto il territorio, compresi quindi i paesaggi degradati, le periferie, le infrastrutture, le aree industriali, gli interventi idrogeologici, gli impianti agroindustriali, ecc); dunque regole per indirizzare verso esiti di maggiore qualità le trasformazioni quotidiane del territorio, e non solo preservare i suoi nodi di eccellenza.

    La stessa cura a migliorare la qualità paesaggistica di tutto il territorio regionale è richiesta come noto dalla Convenzione europea del paesaggio, che parla di attenzione ai mondi di vita delle popolazioni);

    I piani paesaggistici di nuova generazione fanno dunque riferimento a un diverso e innovativo modello di sviluppo che vede la centralità della valorizzazione del patrimonio territoriale e paesaggistico nella costruzione di ricchezza durevole per le comunità. Non certo per rinunciare al manifatturiero, e nemmeno all’escavazione del marmo, ma per far convivere queste attività con altre possibilità imprenditoriali, a partire da un patrimonio territoriale che ne renda possibile e realisticamente fattibile lo sviluppo.

    Come ha scritto recentemente un ex sindaco, Rossano Pazzagli, a proposito delle prospettive dell’attività turistica, “fare turismo…è perseguire un turismo non massificato, di tipo esperienziale…Chi vuole riaprire le coste alla cementificazione…finirà per danneggiare lo stesso turismo balneare, che va in cerca di paesaggio, di spiagge, di pinete e di sole, non di qualche pezzo di periferia urbana in riva al mare.”

    Non solo le Apuane, uniche al mondo, ma lo stesso marmo apuano, meriterebbe di essere a tutti gli effetti considerato come una risorsa preziosa, e valorizzato di conseguenza restituendo alle comunità locali gran parte del valore aggiunto che va invece ad arricchire singoli individui, distruggendo per sempre le montagne.

    Sono soltanto alcuni esempi, che tuttavia testimoniano come il piano ponga le basi per rendere possibile un diverso sviluppo, basato non sulla distruzione del patrimonio regionale ma sulla sua messa in valore sostenibile per la collettività e il suo futuro. Il Presidente Rossi ha dichiarato che sarei “un grande tecnico… che quando esprime giudizi politici compie scivoloni pericolosi”.

    Da questo punto di vista io rivendico invece il mio agire “diversamente politico”, in quanto non guidato dal desiderio di mantenere un incarico di assessore, né dall’obbligo di restituire favori e accontentare interessi specifici. In questi anni ho cercato di garantire nel modo più degno possibile, nel ruolo che ho avuto l’onore e l’onere di ricoprire, la straordinaria civiltà tuttora profondamente impressa nel paesaggio toscano, pur nella complessità delle sfide sociali, economiche e politiche che hanno interessato nel passato e interessano ancor più oggi questa regione.

    4. In conclusione è con un sentimento contradditorio che accolgo questo voto del Consiglio:

    -da una parte la soddisfazione per il fatto che il proposito di rendere inefficace un progetto assai avanzato per la a Toscana futura abbia dovuto in parte rientrare grazie alla forte mobilitazione culturale e sociale in difesa del piano, e per il ravvedimento finale del principale partito di maggioranza;

    -dall’altra il rammarico per il fatto che il percorso di questo piano sia stato costellato da cedimenti, contraddizioni, indebolimenti che hanno ovviamente lasciato il segno nel corpo del piano stesso.

    Non mi sento pertanto di fare alcuna celebrazione clamorosa, né retorica, di questo esito. Raggiungere questo risultato è stato difficile e aspro, né sono state risolte tutte le contraddizioni.

    Spero tuttavia che l’alto livello di mobilitazione attivatosi a livello regionale e nazionale intorno a questo piano e all’allarme sul rischio del suo annullamento, serva a mantenere alta l’attenzione intorno all’interpretazione che quotidianamente, nei giorni e negli anni a venire, sarà data del piano stesso e dei suoi contenuti.

    E a favorire la realizzazione di un Osservatorio regionale del paesaggio, già previsto dalla LR65/2014 e da attivare nei prossimi mesi, che sappia garantire una forte partecipazione sociale, facendo entrare il paesaggio a pieno titolo fra gli obiettivi dello sviluppo regionale volti ad aumentare il benessere delle popolazioni presenti sul territorio.

1Pol Pot in Toscana, l’accusa di voler espiantare i vigneti per rimettere le pecore (messa anche in bocca a sindaci con i quali ho collaborato fattivamente per gran parte della legislatura), i soldi al marito (che ha lavorato gratuitamente con gli altri professori universitari che hanno collaborato al piano), gli insulti per essere straniera in Toscana, essendo nata a Treviso, gli ambientalisti in cachemire citati ancora ieri in Consiglio regionale, i professori che vivono nell’agio mentre i consiglieri regionali soffrono nelle montagne (dimenticando che in Italia i professori universitari sono retribuiti quanto un bidello svizzero ma in questo piano hanno per scelta lavorato gratuitamente, mentre gli assegnisti sono stati retribuiti mille euro al mese) e così via.

 

(1)

Meno cave, meno cemento il paesaggio toscano adesso ha la sua legge

di FRANCESCO ERBANI   28 Marzo 2015
«Il Consiglio regionale approva dopo una seduta rovente il provvedimento che regola spiagge, vigneti e territorio L’accordo raggiunto grazie al ministero dei Beni culturali». La Repubblica, 28 marzo 2015

 IL Manifesto “Paesaggio Toscano salvato” di Riccardo Chiari Ambiente. Via libera del consiglio regionale al piano elaborato dall’assessora e urbanista Anna Marson, che insieme al Mibac e allo stesso Enrico Rossi ha cancellato gli emendamenti cementificatori inseriti dal Pd locale. Ok anche di Sel e Rifondazione: “E’ stato sconfitto il partito renziano”.(da Il Manifesto 27 marzo 2015) “Emen­da­mento su emen­da­mento, le ori­gi­na­rie norme di sal­va­guar­dia ela­bo­rate da Anna Mar­son…erano state pro­gres­si­va­mente stra­volte. Su tutti, ave­vano fatto inor­ri­dire gli emen­da­menti che face­vano ripar­tire le esca­va­zioni del marmo sulle Apuane in maniera pesan­tis­sima (via libera alla ria­per­tura di cave dismesse, cave seco­lari, anche cave su vette e cri­nali ancora inte­gri), e quelli che nei fatti ria­pri­vano all’edificazione costiera anche sul lun­go­mare, e per­fino sugli arenili…Le pole­mi­che che ne sono seguite, e che hanno por­tato il mini­stro Fran­ce­schini a pren­dere pub­bli­ca­mente le difese dell’assessora Mar­son …hanno ripor­tato il Piano toscano del pae­sag­gio alle sue coor­di­nate ori­gi­na­rie, gra­zie a un super-emendamento coor­di­nato in sede mini­ste­riale

Leggi anche l’articolo di TomasoMontanari su La Repubblica del 28 marzo

(3) In difesa del Piano Paesaggistico toscano si era levato un  appello promosso da un ampissimo fronte ( e sottoscritto da Carteinregola) >  Vai alla pagina con l’appello e le firme sul nostro sito

Questo l’appello  diramato nelle ultime ore  contro la legge numero 1 del 2015 della Regione Umbria,: Salviamo il Paesaggio dell’Umbria, intervenga il governo

Siamo costretti ad un’altra allarmata denuncia per l’ennesimo episodio di distruzione del paesaggio: quello straordinario dell’Umbria, uno dei più ammirati d’Italia. Infatti sabato 28 marzo, cioè domani, scadono, infatti, i termini entro i quali il Governo può impugnare davanti alla Corte Costituzionale il Programma Strategico Territoriale approvato dal Consiglio regionale dell’Umbria (legge regionale 1 del 2015). E ci sono ottimi motivi per il quale dovrebbe essere il Ministro per i Beni culturali Dario Franceschini a proporre al Consiglio dei ministri di rivolgersi alla Corte.

Il Programma umbro non è soltanto finalizzato unicamente allo sviluppo economico, ma pretende di essere sovraordinato al futuro Piano Paesaggistico. In altre parole, quello stravolgimento del Piano in senso di consumo del territorio che i consiglieri toscani del Pd e di Forza Italia hanno fatto nella fase finale del lavoro delle commissioni del Consiglio Regionale, in Umbria si fa – più comodamente – prima ancora di scrivere il Piano. E i comuni umbri saranno addirittura obbligati a seguire il Programma Strategico (sovraordinato) e a disattendere il Piano Paesaggistico (sottoordinato), quando essi, prevedibilmente, saranno in contrasto. Chi parla più della “Verde Umbria”? Le stesse Soprintendenze non avranno, in pratica, più gli strumenti per far applicare i vincoli, che saranno ridotti a mere invocazioni. Un delitto perfetto.

Tutto ciò contrasta frontalmente con gli articoli 135 e 143 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, ma è soprattutto radicalmente incostituzionale. Perché straccia il secondo comma dell’articolo 9 della Carta Costituzionale, che essendo un principio fondamentale non può essere subordinato a nessun’altra esigenza. Non posso prima decidere cosa voglio cementificare e poi decidere cosa devo tutelare: devo fare esattamente il contrario, o sono fuori dalla Costituzione.

Il primo caso di applicazione di questo scempio giuridico è l’attuale superstrada Orte-Mestre trasformata in una inutile autostrada di 400 km promossa dal politico del Nuovo Centro Destra Vito Bonsignore (indagato nell’inchiesta di Firenze), finanziata con uno sgravio fiscale di 2 miliardi e mezzo di euro dallo Sblocca Italia Renzi-Lupi. In Umbria – che ne sarà integralmente attraversata, da sud a nord – e approvata, nel gennaio 2014 (mentre si lavorava a questa legge),  dal Consiglio regionale col voto bipartisan di FI e PD all’unisono. Ormai sta emergendo che – oltre al consumo di suolo e al devastante scempio paesaggistico del ‘cuore verde’ d’Italia – i cittadini e le imprese umbri ne sarebbero robustamente penalizzati a causa dei pedaggi per remunerare il concessionario. Soltanto un forte movimento di opinione può costringere il Partito Democratico a ricordasi di non essere (ancora) del tutto identico a Forza Italia. Solo così possiamo sperare di salvare il futuro dell’Umbria.

Bruno Toscano, storico dell’arte, Tomaso Montanari, storico dell’arte, Desideria Pasolini dall’Onda, fondatrice di Italia Nostra, Vezio De Lucia, urbanista, presidente Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, Vittorio Emiliani, presidente Comitato per la Bellezza, Paolo Berdini, urbanista,  Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, Maria Pia Guermandi, consigliere nazionale Italia Nostra, Andrea Emiliani, storico dell’arte, Sauro Turroni, architetto, Cesare De Seta, storico dell’arte e del paesaggio, Alberto Asor Rosa, scrittore e saggista, Massimo Bray, Enciclopedia Treccani, Ebe Giacometti e Maria Rita Signorini, consiglieri nazionali di Italia Nostra, Marisa Dalai storica dell’arte, Marilena Ballestriero, Salviamo il Paesaggio Legnano, Assotecnici, Cristiana Mancinelli Scotti, Salviamo il Paesaggio Roma, Maria Teresa Liguori, vice-pres. nazionale Italia Nostra, Edoardo Salzano, direttore Eddyburg, Antonio Pinelli, storico dell’arte, Anna Maria Bianchi Carteinregola, Anna Donati ambientalista, Domenico Finiguerra, fondatore Movimento Stop al consumo di suolo, Enzo Rossi direttore del mensile Altrapagina Città di Castello, Antonio Guerrini, presidente Centro Studi Altrapagina Città di Castello, Livio Marini, sindaco Corchiano (Viterbo), pres. Ass. Comuni virtuosi,Achille Rossi parroco di Riosecco di Città di Castello, Annarita Bartolomei, operatrice culturale, Sergio Brenna, architetto, docente Milano, Claudio Arbib, Università dell’Aquila, Giuliana Ricci, già Politecnico di Milano, Orietta Rossi Pinelli, storica dell’arte, Giovanni Emiliani, Ass. Economia della Cultura,Francesca Valli, storica dell’arte Brera, Angelo Torricelli, preside Scuola Arch. Politecnico Milano, Amedeo Bellini, prof. restauro architettonico, Politecnico Milano, Cecilia Ghibaudi, giù funzionario Mibac, Lorenzo De Stefani, Politecnico Milano, Fabrizio Cianci urbanista, Federico Sandrone, Salviamo il Paesaggio Cuneo, Alberto Tagliaferri, Graziella Tonon, Giancarlo Consonni, Politecnico Milano, Mario Cresci, Giorgio Panizza, docente Università Pavia, Giorgio Osti, Tor Carbone, Carlo Samori, Flaminio Borgonovo, Arturo Baron, Pellegrino Bonaretti, Maria Cristina Tanzi, Luca Marescotti, Stefano Crespi Reghizzi (tutti del Politecnico Milano), Bernado Peissel, Istituto Tumori, Giuliana Cardazzi, docente restauro, Michele Boato, pres. Istituto Alexander Langer, Oreste Magni, presidente Ist. Valle Ticino, Claudia Petrucci, Ist. Scienze Umane,  Cristiana Quattrini, Beni culturali, Sony Kperia, Fernando Ferigno, giornalista e scrittore, Nino Criscenti, giornalista, Barbara Bonomi Slow Food, Gino Scarsi Salviamo il Paesaggio Roero/Cuneo, Fiorenzo Rossetto Salviamo Bracciano, Lorenza Bolognini, Salviamo il Paesaggio, Giorgio Zanchetti storico dell’arte, Giovanni Donato, storico dell’arte, Alessandra Pugassi.

 Il Governo impugna il ‘condono preventivo’ dell’Umbria. Un’ottima notizia per chi ha a cuore il futuro del paesaggio italiano: su proposta del ministro per i Beni culturali e di quello dell’Ambiente, il Consiglio dei Ministri ha appena deciso di impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge numero 1 del 2015 della Regione Umbria, che era una specie di grande condono preventivo, palesemente incostituzionale.http://articolo9.blogautore.repubblica.it/…/il-governo-imp…

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