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Cambio d’uso manufatti rurali. Le osservazioni di Carteinregola alla PL regionale

Nell’ambito degli approfondimenti sulle recenti proposte di legge regionali che intervengono pesantemente sulle regole per il governo del territorio, con quello che ci sembra un unico criterio – concedere agevolazioni edilizie alle categorie imprenditoriali e ai proprietari di immobili – proponiamo una disamina di una proposta che ci sembra particolarmente emblematica, la Proposta di Legge 167 “Recupero mediante cambio d’uso di unità immobiliari in aree rurali” presentata dai consiglieri regionali Orlando Tripodi (Forza Italia) e Micol Grasselli (Fratelli d’Italia), che consente trasformazioni di “unità immobiliari in aree agricole rurali che non hanno i requisiti di ruralità da destinare ad uso abitativo, turistico ricettivo e/o sportivo, per asili nido o strutture socio-assistenziali”. Un provvedimento che senza le indispensabili precisazioni e limitazioni rischia di incentivare trasformazioni indiscriminate e impattanti nell’agro e penalizzare ulteriormente le attività agricole.

La proposta di legge 167 si occupa di manufatti in aree agricole senza tenere in nessun conto le realtà produttive agricole della Regione e i processi di abbandono dei territori interni. Secondo l’ISTAT nel decennio 2010-2020 la Superficie Agricola Totale (SAT) del Lazio è diminuita del 11,3% (in tutte le province, tranne Viterbo) e la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) è diminuita del 3,3% (con punte del -24% nella provincia di Frosinone e del -18% in quella di Rieti). Considerando che le aziende agricole sono principalmente di tipo monopersonale (numero medio di addetti per azienda = 2,3 persone), e che nello stesso decennio le aziende sono diminuite del 37%, ci si sarebbe aspettati una politica per la diversificazione e integrazione del reddito agricolo mediante la valorizzazione di immobili agricoli non più utilizzati.

Si è scelto invece di fare una politica di valorizzazione puramente edilizia che spingerà ulteriormente all’abbandono delle attività agricole soprattutto da parte dei micro imprenditori (visto che la trasformazione degli immobili sarebbe possibile da parte di soggetti diversi rispetto ai conduttori agricoli), con un conseguente ulteriore depauperamento delle zone in cui l’attività agricola costituisce un presidio anche per la tutela del territorio. Dal punto di vista più strettamente territoriale è evidente che l’ipotesi di istituire attività ricettive (o anche assistenziali, per non parlare di interventi per combattere il disagio abitativo) all’interno dei contesti agricoli produrrà un aggravio del fabbisogno di infrastrutture (primarie e secondarie, le prime non meglio specificate e le seconde assolutamente non prese in considerazione nelle PL), che dovranno essere istituite in territori spesso fisicamente e funzionalmente fragili.
Ancora una volta si prendono iniziative legislative senza alcuna visione regionale di ampio respiro, che non rispondono ai problemi dei territori amministrati ma che rispecchiano la sola logica della rendita “da mattone”.

Indubbiamente esistono molti manufatti in aree agricole non più utilizzati per gli scopi iniziali che sono o possono diventare dei ruderi, per cui una legge che punta al loro recupero potrebbe apparire senza controindicazioni. Tuttavia le criticità che possono sorgere da un’iniziativa legislativa che stabilisce regole generali per il loro riuso sono molteplici, in particolare per gli impatti che le destinazioni non agricole di manufatti nati per l’agricoltura possono avere sul territorio – sul paesaggio, sull’ambiente, sulle comunità – e soprattutto per le possibili strumentalizzazioni  speculative, così che anziché consentire il recupero di immobili inutilizzati la proposta può incentivare  la perdita di funzionalità di immobili rurali per trasformarli in più remunerativi investimenti immobiliari e commerciali.

Rischio ampliato da  regole generali che allargano  i limiti delle possibilità di intervento edilizio, impedendo  alle amministrazioni una valutazione “caso per caso”, valutazione  che lungi dall’essere un esercizio di ingiustificata discrezionalità, comporta al contrario una presa di responsabilità da parte di chi deve autorizzare le trasformazioni  considerando  i vari fattori che, soprattutto in aree agricole e naturalistiche, dove ogni immobile ha caratteristiche e collocazioni assai diverse, possono determinare esiti (e conseguenze) assai differenti.

La Proposta di legge prevede  deroghe agli strumenti urbanistici comunali,   ridimensionando ancora una volta  il ruolo dei Comuni, cui spetta il compito di individuare le destinazioni d’uso compatibili sulla base di parametri tipologici o in relazione ai siti (classificabili sulla base di predefiniti parametri) in cui le costruzioni sono ubicate. Inoltre la PL pone dei limiti temporali stringenti alle eventuali esclusioni  comunali dall’applicazione della legge di alcune zone, che oltretutto non possono essere frutto di una valutazione,  ma solo di motivate condizioni preesistenti,  come “specifiche esigenze di tutela paesaggistica o igienico-sanitaria, di difesa del suolo e di rischio idrogeologico“.

L’ennesimo capitolo di un processo che rinveniamo in altre analoghe proposte  – come  la PL 171,  ma anche in provvedimenti di precedenti Amministrazioni –   di continua spoliazione delle prerogative dei comuni nel controllo delle trasformazioni ammissibili, un aspetto a nostro avviso di estrema gravità: i comuni sono da sempre titolari di questa competenza, che viene messa in discussione per le continue deroghe inserite in provvedimenti regionali.

E ogni volta che si abbassa l’asticella delle regole e delle approfondite valutazioni, si apre la porta a trasformazioni irreversibili, che possono accontentare singoli proprietari ma che distruggono un patrimonio collettivo che è nostro dovere preservare per i posteri.

Considerando inoltre che ogni provvedimento è spesso non  finale, ma fa  parte di una lunga serie di precedenti e successivi aggiustamenti normativi  – si vedano le miriadi di note alle leggi regionali che riportano tutte le stratificate modifiche che hanno subito nel tempo – il rischio è che nel futuro più o meno prossimo qualche avverbio in più o in meno, qualche parola sostituita e qualche inciso aggiunto possano ulteriormente deregolamentare una materia che ha ricadute su un ambiente importante quanto fragile. Soprattutto se si considerano  poi le scarse possibilità, se non volontà, delle amministrazioni di fare controlli sulla corretta applicazione delle norme.

PROPOSTA DI LEGGE N. 167 del 17 luglio 2024 di iniziativa dei consiglieri TRIPODI e GRASSELLI RECUPERO MEDIANTE CAMBIO D’USO DI UNITÀ IMMOBILIARI IN AREE RURALI (scarica il testo della PL 167 pubblicata sul sito regionale)

Le osservazioni di Carteinregola

Secondo la premessa, la Proposta di legge “introduce norme in materia di recupero e rigenerazione di unità immobiliari in aree agricole rurali che non hanno i requisiti di ruralità previsti dalla Legge Regionale 38/99[1], da destinare ad uso abitativo, turistico ricettivo e/o sportivo, per asili nido o strutture socio-assistenziali senza ricorrere all’utilizzo di lotti di terreno inedificati, rendendo funzionali le strutture edilizie non più utilizzate allo scopo agricolo” [2]. Specificando che “Tali tipologie di intervento non sono contemplate nella Legge Regionale 38/99 che interviene sui manufatti che hanno ancora i requisiti di connessione funzionale con un azienda agricola esistente”. Pertanto si tratta di immobili “non inquadrabili nella sfera normativa della Legge Regionale 38/99” e quindi sottratti alla normativa vigente contenuta nelle norme che disciplinano la tutela e disciplina dell’uso agro- forestale e l’edificazione in zona agricola. Nel TITOLO IV TUTELA E DISCIPLINA DELL’USO AGRO-FORESTALE DEL SUOLO CAPO I INDIRIZZI PER LA REDAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI – Art.51  (Finalità) comma 2  – si indica che tali disposizioni si applicano alle aree destinate dagli strumenti urbanistici ad usi agricoli, appartenenti alle zone territoriali omogenee di tipo E [3] , mentre al CAPO II EDIFICAZIONE IN ZONA AGRICOLA (Art. 54 Trasformazioni urbanistiche in zona agricola) comma 1 –  che “…nelle zone agricole è vietata: …ogni attività comportante trasformazioni del suolo per finalità diverse da quelle legate allo svolgimento delle attività [agricole] (…) e “l’apertura di strade interpoderali che non siano strettamente necessarie e funzionali allo svolgimento delle attività [agricole]”. Attività agricole che attraverso la multimprenditorialità già prevedono – a nostro avviso eccessivamente –attività integrate e complementari con le attività agricole aziendali” in cui rientrano “turismo rurale; trasformazione e vendita diretta dei prodotti …; ristorazione e degustazione dei prodotti tipici..; attività culturali, didattiche, sociali, ricreative, sportive e terapeutico-riabilitative”.
Nella legge 38/99, da cui gli interventi disciplinati dalla Proposta sono esclusi, sono precisati molti elementi che appaiono indispensabili per circoscrivere le fattispecie oggetto della normativa, a partire dai soggetti che possono avvalersi di tali disposizioni[4], ma dovrebbero essere definite  nelle nuove norme anche le caratteristiche degli immobili e il tempo trascorso dalla dismissione agricola.

  • Quali “unità immobiliari” rientrano in quelle oggetto di recupero e rigenerazione e cambio di destinazione?  La PL definisce le “Unità immobiliari rurali: gli immobili realizzati in zona agricola” (art. 1 comma 3).  Nella premessa  “le unità immobiliari rurali realizzati e utilizzati come magazzini o ricovero attrezzi o sementi, e che non hanno i requisiti in quanto non connessi ad aziende agricole”.Non è chiaro se siano compresi anche annessi agricoli completamente aperti su tutti i lati o su alcuni lati, o anche al di sotto della superficie del piano di campagna, o silos, strutture tecniche ecc. Invece si definisce la superficie: da un minimo di 45 mq fino ad un massimo di 300 mq di superficie calpestabile lorda(art.3 comma 2).
  • In quali aree  con determinate caratteristiche territoriali devono trovarsi i manufatti? La PL escludetassativamente” dagli ambiti di applicazione “gli immobili ricadenti in aree sottoposte a vincoli relativi a parchi o riserve naturali”, “gli immobili ricadenti in aree sottoposte a tutela per dissesto idrogeologico”, e “situazioni di contaminazione ovvero da operazioni di bonifiche in corso o già effettuate”;  specifica inoltre che  il recupero degli immobili “è sempre ammesso, in conformità con le previsioni del PTPR (Art. 6. Comma 2)”  e che  l’attuazione degli interventi è subordinata all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria (ai sensi dell’art. 16 del DPR 380/2001) [5]  ma poi specifica, solo per i cambi di destinazione a turistico-ricettivo e/o sportivo, che “l’edificio dovrà essere in possesso… dell’effettivo allaccio in pubblica fognatura” (art.3 commi 11-12)
  • Quali soggetti  possono procedere alla trasformazione? Per effettuare gli interventi non sono richiesti titoli di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo. Gli interventi potranno essere effettuati da nuovi acquirenti dei manufatti non residenti? Il titolare di un’azienda agricola potrà cedere a terzi i manufatti non più funzionali alla sua azienda, e questi potranno procedere con il recupero?
  • Da quanto tempo le unità immobiliari devono aver perso i “requisiti di connessione funzionale con un’azienda agricola esistente”? E con quale tipo di certificazione? 
  • Aumenti di cubatura? Ai fini del recupero mediante cambio d’uso è consentita la demolizione ricostruzione del fabbricato con un incremento della volumetria autorizzata fino ad un massimo del 20% con possibilità di delocalizzazione sullo stesso terreno o limitrofo del medesimo proprietario (art. 3 comma 4). Chi possiede un rudere è come avesse un buono in metri cubi da realizzare dove vuole.

Quali impatti 

I manufatti possono essere destinati“ad uso abitativo, turistico ricettivo e/o sportivo, per asili nido o strutture socio-assistenziali. Sono destinazioni assai diverse e con diversi conseguenze, sia per l’impatto antropico, sia rispetto alla loro collocazione: nel caso di destinazione residenziale, se i manufatti si trovano accanto a una abitazione principale possono avere ricadute limitate, ma se si tratta di immobili in mezzo alla campagna possono richiedere  interventi che consumano  suolo o comunque alterano l’ambiente rurale. Si pensi all’allargamento di strade e alla realizzazione di parcheggi: la PL parla solo di parcheggi pertinenziali  in caso di realizzazione di nuove ed indipendenti unità immobiliari residenziali (Art. 5 Aree a parcheggio comma 1[6]) tuttavia per  usi turistici (compresi locali di somministrazione o per eventi) e sportivi,  o per strutture socio assistenziali,  le aree di sosta per il pubblico sono un elemento che non può non essere previsto e regolamentato.  Inoltre  la  destinazione sportiva dei manufatti può comportare strutture ulteriori per attività all’aria aperta, da campi sportivi a maneggi ecc, che comportano un uso ben diverso dell’ambiente rispetto all’uso agricolo. Per quanto riguarda l’uso come strutture socio assistenziali e asili nido, sono tipologie di servizi  che richiedono una vicinanza a zone urbanizzate e facilmente raggiungibili, che appaiono più rispondere a una “narrazione positiva” che a una realistica e diffusa possibilità.

Un punto importante riguarda la tutela paesaggistica: intanto la PL si limita a indicare l’”adeguamento e conformazione degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico” e  “interventi che devono essere “in conformità con le previsioni del PTPR”;  tuttavia per le importanti  ricadute sul Paesaggio avrebbero  dovuto  essere preventivamente definite con il MIC le caratteristiche degli interventi compatibili con il contesto. Inoltre nell’articolato non si fa nessun cenno, se non nella premessa, al “rispetto delle caratteristiche tipologiche e morfologiche degli immobili nei volumi esistenti”, rispetto che è invece richiesto  dalla  Legge Regionale 38/99 che  all’art. 55 comma 11 prescrive che  “Le strutture edilizie devono rispettare i caratteri e i materiali propri dell’edificazione rurale tipica dei luoghi”.

Come già anticipato,  da segnalare  sono  le deroghe ai piani urbanistici e il ridimensionamento del ruolo dei Comuni, dato che la PL aggira gli strumenti urbanistici e pone dei limiti temporali stringenti alle eventuali restrizioni comunali. Inoltre la PL introduce la possibilità di monetizzazione degli standard urbanistici, in genere prevista  per gli interventi nelle aree urbanizzate dove spesso non si possono reperire.

“…il recupero dei locali agricoli o fabbricati rurali è sempre ammesso… anche in deroga ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi” (Art. 6)

Il recupero delle unità immobiliari realizzate in zona agricola ad uso residenziale, turistico-ricettivo e/o sportivo, socio-assistenziale e per attività di asili nido non è mai soggetto alla preventiva adozione e approvazione di piano attuativo o di permesso di costruire convenzionato e non è qualificato come nuova costruzione (Art.2 ).

“…entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge i comuni, con deliberazione del Consiglio comunale motivata in relazione a specifiche esigenze igienico-sanitarie, di difesa del suolo e di rischio idrogeologico, possono disporre l’esclusione di parti del territorio dall’applicazione delle disposizioni della presente legge. Le presenti disposizioni di legge si applicano comunque direttamente dopo lo spirare del termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge …L’applicazione è comunque esclusa per le parti di territorio per le quali sussistono limitazioni derivanti da situazioni di contaminazione ovvero da operazioni di bonifiche in corso o già effettuate. … (Art. 7 comma 1)

L’intervento di recupero … se in deroga ai limiti fissati dal decreto del Ministro dei Lavori Pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 (8), deve prevedere il conferimento, da parte dei richiedenti, di superfici idonee a compensare gli standard urbanistici mancanti ovvero la loro monetizzazzione in base ai costi correnti di esproprio all’interna dell’area considerata (Art. 3 comma 10)

Infine sono state introdotte  alcune limitazioni, anche positive, che tuttavia ci sembrano non bilanciare le ricadute negative della PL, orientata soprattutto  agli interessi dei proprietari privati e poco o niente all’interesse pubblico:  gli interventi sono subordinati all’adeguamento sismico del fabbricato  (art.3 comma 3), si devono  prevedere interventi di isolamento termico nonché interventi di risparmio idrico, il ricorso a fonti energetiche rinnovabili e il  “recupero delle tradizioni costruttive biosostenibili” (art. 4).

Alcune limitazioni riguardano le proprietà: possono essere effettuati interventi  “fino a un massimo di due unità immobiliari distinte per ciascun proprietario” (art.3 comma 2) “I volumi delle unità immobiliari rurali recuperati … non possono essere oggetto di mutamento di destinazione d’uso nei dieci anni successivi”; “le unità recuperate o rigenerate, dovranno essere destinate ad uso abitativo del nucleo famigliare del proprietario e dei propri figli” o “finalizzato alla locazione a canone calmierato o a uso gratuito”.  Condizioni che anche in questo caso ci sembrano appartenere più a una “narrazione” che a una rigorosa applicazione, che oltretutto richiederebbe una forte attività di controllo e vigilanza nel tempo.

Quanto al  monitoraggio e alla valutazione della Regione Lazio, che “al fine di monitorare i benefici della presente proposta di legge, chiede ai comuni l’invio, con cadenza annuale, del numero complessivo e la principale distribuzione geografica degli interventi di recupero dei locali agricoli e fabbricati rurali e l’indicazione delle principali caratteristiche edilizie e funzionali degli edifici interessati da questi interventi”,  ci appare la parte più velleitaria, visto che in ogni provvedimento urbanistico la Regione inserisce la previsione di  tale monitoraggio e nessun comune  (o pochissimi comuni?) invia i dati alla regione. Basti pensare agli interventi della Legge 7/2017, di cui il Comune di Roma ci risulta non abbia mai trasmesso, in quanto non ne dispone,  l’ elenco di quanti e in quali interventi sono stati effettuati e dove ai sensi dell’art. 6.

Gruppo urbanistica Carteinregola

24 febbraio 2025

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

vedi anche

Sta arrivando la legge regionale che trasforma manufatti agricoli in case, attività turistiche e sportive (e asili nido) del 13 gennaio 2025

Urbanistica del Lazio 2023-25 cronologia materiali


[1] Norme sul governo del territorio (1) (2) Numero della legge: 38
Data: 22 dicembre 1999 Numero BUR: 36 Data BUR: 30/12/1999

[2] La narrazione è sempre quella che ormai viene inserita in ogni nuova normativa urbanistica:Per realizzare asili nido o strutture socio-assistenziali…Ripresa nel settore edile caratterizzato da un lungo periodo di crisicontenere il consumo di suolo…  favorire delle politiche abitative…riduzione delle emissioni in atmosfera e efficientamento energetico [dalla premessa della legge] …migliorare la qualità della vita dei cittadini, intesa in senso ampio e integrato, comprendente quindi aspetti sociali, economici, urbanistici ed edilizi, e di promuovere o rilanciare territori soggetti a situazioni di disagio o degrado sociale ed economico [Art.1. definizioni] …restituire  il patrimonio edilizio rurale inutilizzato a una condizione di decoro e di utilizzo reale…i comuni destinano preferibilmente il contributo straordinario a promuovere gli studi e gli interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico le unità recuperate o rigenerate, dovranno essere destinate ad uso abitativo del nucleo famigliare del proprietario e dei propri figli o finalizzato alla locazione a canone calmierato o a uso gratuito.

[3] (da wikipedia) Le zone zone territoriali omogenee in Italia sono le zone in cui viene diviso un territorio comunale, nell’ambito della cosiddetta zonizzazione. Ogni zona presenta dei limiti diversi che vincolano ogni tipo di intervento in tale area. Vennero formalmente introdotte dall’art. 17 legge 6 agosto 1967 n. 765 e ulteriormente disciplinate dall’art. 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Le zone sono vincolate dai piani regolatori generali di ciascun comune, dagli standard urbanistici definiti nel decreto ministeriale del 1968, e da vincoli di tipo “ricognitivo”, “conformativo” e “urbanistico”

[4] Legge Regionale 38/99  CAPO II EDIFICAZIONE IN ZONA AGRICOLA

Art. 54 (Trasformazioni urbanistiche in zona agricola)

Art. 55 (Edificazione in zona agricola)

[5] D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia  (G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001)

Art. 16 (L) – Contributo per il rilascio del permesso di costruire

7. Gli oneri di urbanizzazione primaria sono relativi ai seguenti interventi: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato.
(tra le opere di urbanizzazione primaria sono incluse le infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici e le opere relative, in forza dell’art. 86, comma 3, del d.lgs. 259 del 2003)

7-bis. Tra gli interventi di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 rientrano i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni.

8. Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi ai seguenti interventi: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.

[6] Gli interventi di recupero delle unità immobiliari rurali, qualora volti alla realizzazione di nuove ed indipendenti unità immobiliari residenziali, comportando quindi un carico urbanistico, sono subordinati all’obbligo di reperimento di parcheggi pertinenziali, nella misura di cui all’art. 41 sexies della Legge n. 1150/42