Il paese ha purtroppo avuto un enorme sviluppo urbanistico e demografico; ha triplicato gli abitanti in poco meno di trent’anni giungendo a quota centoventimila, più di molti capoluoghi di regione e di provincia, senza, però, adeguate infrastrutture e servizi. Questo sviluppo disordinato e sconsiderato è stato causato proprio dall’abusivismo edilizio, che si è manifestato con forme più variegate di quelle in questi giorni descritte; accanto alle tantissime case totalmente abusive (alcune costruite persino su terreni demaniali!) ce ne sono tante altre con concessioni irregolari, date per realizzare improbabili uffici e locali commerciali, o costruite con lottizzazioni abusive.
Non molti anni fa, fra l’altro, una meritoria indagine della magistratura napoletana scoprì un’organizzazione criminale che, all’interno del comando dei vigili urbani “gestiva” (esautorando i tanti vigili onesti) di fatto l’abusivismo, consentendo il completamento di case a singoli cittadini e grosse speculazioni a rampanti imprenditori della camorra, con tanto di tariffario corruttivo: ogni tipo di pratica illecita aveva un prezzo.
Come a Ischia, anche qui sono numerose le richieste di condono edilizio, persino del 1985, che devono essere esaminate mentre gli abbattimenti degli immobili abusivi si contano sulle dita di una mano ed hanno riguardato soprattutto qualche edificio simbolo, come uno tirato su all’ingresso del foro romano. E questo andazzo non è stato radicalmente invertito nemmeno dai pur volenterosi commissari nominati con lo scioglimento del municipio per mafia.
Ho descritto la situazione di Giugliano perché so che non è purtroppo affatto peculiare ed anzi si ripresenta, in forme ovviamente diverse, in altri Comuni campani. Alcuni forse ricorderanno il caso, pochi anni orsono, di un Comune del Napoletano in cui venne “scoperto” un quartiere di palazzi tutti abusivi, cresciuti nella distrazione totale di tutti i controllori o quello, meno recente, di una cittadina completamente abusiva sul litorale domizio con costruzioni persino sulla spiagge.
È paradossalmente facile individuare le responsabilità di tutto ciò, anche perché esse sono ampiamente spalmabili su molti protagonisti: una camorra vorace che ha messo il cemento al primo posto dei suoi affari; un pezzo di imprenditoria collusa; una politica locale che non ha pianificato ma ha guardato al territorio in una logica di sfruttamento miope ed affaristico; una politica nazionale che ha sfornato leggi criminali e criminogene (come i condoni) o di rara durezza astratta ma in concreto solo “grida manzoniane” (gli abbattimenti previsti sono difficilissimi da attuare); una cittadinanza in parte distratta, in parte egoisticamente convinta che a casa propria si può fare tutto; un ambientalismo debole e in qualche caso più interessato alle carriere politiche di singoli esponenti e persino una magistratura con picchi di grande impegno ma anche di poco comprensibili distrazioni. È molto più difficile, invece, tentare di trovare soluzioni giuste e concretamente perseguibili.
Non sembrano tali, nelle loro opposte radicalità, quelle indicate, anche in questi giorni, sia da chi dice “abbattiamo tutti gli immobili abusivi” (ci vorrebbero anni e la militarizzazione del territorio) sia da chi propugna provvedimenti legislativi di più o meno mascherata sanatoria (e sono tali quelli che individuano criteri di priorità negli abbattimenti o prevedono acquisizioni al patrimonio); entrambi finiscono, forse loro malgrado, per rinviare il problema alle future generazioni, lasciando una situazione (anche) di irregolarità di un vasto patrimonio immobiliare che rende persino incerti i rapporti giuridici.
E nemmeno pare accettabile la posizione di chi invoca la tutela degli abusi di necessità, termine dietro il quale si può nascondere di tutto; nel corso di un incontro pubblico un cittadino rivendicò il suo abuso di necessità, costituito da una villa quadrifamiliare in cui ogni appartamento era di 200 metri quadrati che aveva fatto per sé ed i suoi figli, fra gli applausi scroscianti di quasi tutti i presenti.
Sarebbe invece utile pensare ad una soluzione definitiva del problema e predisporre un piano straordinario che, coinvolgendo anche le realtà locali, ridisegni con chiarezza la geografia urbanistica dei territori; verifichi la recuperabilità di quegli immobili che sono inseriti in contesti ormai urbanizzati, prevedendo in parte l’acquisizione degli stessi al patrimonio pubblico, in parte la possibilità, per quelli più modesti, di riacquisto da parte dei costruttori, previo pagamento di oneri che consentano di fornire servizi adeguati e l’abbattimento, senza alcuna remora, da parte del Genio militare di quelli costruiti in zone vincolate o su terreni demaniali. Il tutto modificando contestualmente la normativa sugli illeciti edilizi in modo da rendere certi e spediti i futuri abbattimenti ed evitando si riparta punto e daccapo.
È evidente che una scelta del genere richiederebbe grande coraggio (ma non sarebbe questo il compito della Politica?) e forse nel breve periodo farebbe perdere qualche voto ma certamente restituirebbe un po’ di fiducia ai cittadini onesti, che sono tanti, ed al territorio. Se questo – come è probabile – non accadrà, attenderemo la prossima tragedia (annunciata), per risentire inutili e sterili giaculatorie.