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Chiediamo la moratoria della caccia nei territori di Roma e del Lazio

foto da ilgiunco.net

foto da ilgiunco.net

La Regione Lazio – peraltro in linea con le altre Regioni italiane –  finora non ha ascoltato l’allarme lanciato dall’ISPRA per i rischi per gli animali selvatici  nell’aggiungere  la caccia  agli incendi e alla siccità eccezionali di quest’estate. Le date della stagione venatoria restano le stesse. E sono state mantenute anche le due giornate di pre-apertura straordinaria. Solo con una  limatura dell’orario delle due giornate d’anticipo: dalle 5.40 alle 15 anzichè alle 19.40…

L’allarme è partito dall’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ente pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare)  il 28 agosto scorso: in una nota inviata  a tutte le Regioni italiane, e per conoscenza allo stesso  Ministero dell’Ambiente  e al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ha chiesto  fermamente delle limitazioni all’attività venatoria a causa della siccità e degli incendi che hanno colpito il Paese. Secondo l’Ispra “i dati meteoclimatici indicano che l’anno in corso è stato caratterizzato da una situazione decisamente critica, con temperature massime molto elevate e lunghi periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una grave stress in molti ecosistemi ed è stata aggravata dall’impressionante numero di incendi… comportando una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale, con conseguenze, nel breve e nel medio periodo, sulla dinamica di popolazione di molte specie” (anche a causa del “maggior dispendio energetico per raggiungere le ridotte fonti idriche), sul successo riproduttivo e sull’aumento della mortalità. A questo vanno aggiungersi altri fattori, tra cui l’impoverimento della disponibilità alimentare per la fauna (sia per le specie che si nutrono di bacche, semi e insetti, sia per quelle erbivore) e il rischio di fenomeni di anossia per gli ecosistemi acquatici…(1)

Il risultato:  a parte l’Abruzzo, l’unica Regione che ha fatto una breve dilazione dell’apertura della stagione venatoria al primo ottobre, anziché il 17 settembre,  e la Liguria,  che aprirà  la caccia  il 17 settembre, tutte le altre 18 Regioni   hanno chiesto addirittura la pre-apertura della caccia (comprese la Campania, il Lazio, la Sardegna, la Sicilia, la Toscana, le più colpite dagli incendi) come se non ci fosse stata alcuna  emergenza (2). Anzi, nel Lazio un provvedimento c’è stato, ma, per usare le parole della LIPU di Civitavecchia, è   “una presa in giro”. Infatti il Decreto del Presidente della Regione Lazio del 29 agosto (3) si limita a intervenire sulla preapertura, cioè quella concessione di caccia straordinaria rispetto alla previsione dell’apertura generale (che rimane invariata il 17 settembre)  senza cancellare  le due giornate previste, ma riducendone solo  l’orario. 9 ore e 20 minuti in tutto. Una riduzione – si evince dal provvedimento – concordata  in una riunione dell’assessore competente con le sole  associazioni venatorie e agricole. E tutto questo mentre, paradossalmente, negli stessi giorni – 30 agosto – sul sito della Regione veniva  pubblicato un disastroso bollettino dei danni provocati dagli incendi,  con un incremento dei roghi in  particolare nelle province di Latina e Roma, dove “l’aumento è stato del 1700%“, con la conseguenza di  “un immenso patrimonio naturale oramai andato in fumo” (4).   E finora non si sa quale seguito sia stato dato a quanto raccomandato dall’ISPRA,  come  l’attivazione di “specifiche iniziative di monitoraggio soprattutto a carico delle popolazioni di fauna selvatica stanziale o nidificante, potenzialmente oggetto di prelievo venatorio, assumendo di conseguenza eventuali misure di limitazione del prelievo stesso” e l’emanazione di “adeguati provvedimenti affinché il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate (come già previsto dalla Legge 353/2000, art. 10, comma 1 per le sole aree boscate) sia esteso almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco (cespuglieti, praterie naturali e seminaturali, ecc.), nonché ad una fascia contigua alle aree medesime, le cui dimensioni debbono essere stabilite caso per caso in funzione delle superfici incendiate, della loro distribuzione e delle caratteristiche ambientali delle aree circostanti“.

In  questa situazione, piuttosto significativa di quanto  l’amministrazione regionale tenga conto del diritto di una minoranza di cittadini di andare a caccia,  rispetto al diritto della stragrande maggioranza dei cittadini di vedere  salvaguardato  il  patrimonio collettivo e al diritto degli animali selvatici di sopravvivere, si è levata, peraltro piuttosto tardivamente, la voce dell’Assessora all’Ambiente di Roma Capitale Giuseppina Montanari, che in una nota dell’8 settembre fa sapere di aver scritto  all’Assessore all’agricoltura, caccia e pesca della Regione Lazio per chiedere una moratoria della caccia nei territori di Roma colpiti da incendi” (5).

Ci auguriamo che nella lettera, solo sintetizzata dal comunicato, si sollecitino  tutte le iniziative indicate dall’ISPRA, prima fra tutte la sospensione della caccia in molte ed estese aree limitrofe alle zone devastate dagli incendi – non solo quelle boscate, dove l’interdizione è già prevista per legge  – e l’avvio del necessario monitoraggio della fauna selvatica, per introdurre eventuali ulteriori limitazioni per le specie più esposte.

E ci auguriamo che questa battaglia esca dal  campo delle   vertenze delle associazioni ambientaliste con uffici e assessorati e diventi una battaglia di tutti.  La battaglia di   tanti cittadini che hanno a cuore i piccoli esseri selvatici che ancora riescono a sopravvivere nel nostro mondo, sempre più innaturale.

 Anna Maria Bianchi Missaglia

Hanno inviato proposte (inascoltate) di moratoria della caccia alla Regione Lazio: Pro Natura, WWF, Legambiente

Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com

(1) Questa la nota integrale pubblicata sul sito dell’ISPRA

Limitazioni all’attività venatoria a causa della siccità e degli incendi che hanno colpito il Paese Nota inviata da ISPRA a tutte le regioni Italiane, e per conoscenza a Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e a Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali

ISPRA assicura un costante monitoraggio delle variabili meteoclimatiche e idrologiche, anche nell’ambito della collaborazione con gli Osservatori distrettuali permanenti sull’uso delle risorse idriche presenti nei sette distretti idrografici del nostro Paese.I dati raccolti sono pubblicati in bollettini periodici e vengono altresì utilizzati per elaborare ed aggiornare gli Standardized Precipitation Index per l’Italia, pubblicati mensilmente nel sito ISPRA alla pagine http://www.isprambiente.gov.it/pre_meteo/siccitas/.

I dati meteoclimatici indicano che il 2017 è stato caratterizzato, già a partire dagli inizi dell’anno, da una situazione meteorologica decisamente critica, caratterizzata da temperature massime assai elevate e prolungati periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una situazione accentuata di stress in molti ecosistemi. Tale situazione, anche aggravata da una drammatica espansione sia del numero degli incendi sia della superficie percorsa dal fuoco (+260% rispetto alla media del decennio precedente; dati European Forest Fire Information System – EFFIS) in diversi contesti del Paese, comporta una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale e rischia di avere, nel breve e nel medio periodo, effetti negativi sulla dinamica di popolazione di molte specie. Infatti, il perdurare di condizioni climatiche estreme, soprattutto nel caso di specie che nel nostro Paese raggiungono il limite meridionale del proprio areale, determina un peggioramento delle condizioni fisiche degli individui rispetto a quanto si registra in annate caratterizzate da valori nella norma dei parametri climatici poiché risulta necessario un maggior dispendio energetico per raggiungere le fonti idriche, che si presentano ridotte e fortemente disperse. Ciò può condizionare negativamente il successo riproduttivo e aumentare la mortalità degli individui giovani e adulti, a causa di una maggior vulnerabilità  a malattie e predazione.

A ciò va ad aggiungersi un impoverimento quali-quantitativo dell’offerta trofica, determinato dal perdurare di condizioni climatiche siccitose. La scarsa disponibilità di risorse trofiche condiziona sia specie che si nutrono di bacche, semi e insetti, sia specie erbivore che, a causa della scarsa disponibilità idrica, non sono in grado di compensare il basso tenore d’acqua presente nei tessuti vegetali di cui si nutrono.

Per quanto concerne gli ecosistemi acquatici, le temperature elevate e la siccità possono favorire l’insorgenza di estesi fenomeni di anossia, con conseguente alterazione delle reti trofiche esistenti e parziale o totale collasso delle biocenosi. Allo stesso tempo, con il perdurare della crisi idrica molti ambienti palustri nel corso dell’estate tendono a seccare, riducendo il successo riproduttivo delle specie che nidificano più tardivamente e costringendo gli uccelli a concentrarsi nelle poche aree che rimangono allagate. In un tale contesto, inoltre, l’impatto antropico sugli ecosistemi acquatici risulta ancora più incisivo: le già ridotte risorse idriche naturali vengono infatti sfruttate con maggiore intensità, per far fronte alle crescenti richieste per usi civili, agricoli e industriali. Al tempo stesso, le sostanze inquinanti derivanti dalle attività agricole, industriali e civili tendono a risultare più concentrate, con maggiori impatti sugli ecosistemi acquatici.

Per le specie legate ad ecosistemi terrestri, perdite di ambienti si possono verificare anche a causa degli incendi, come quelli che hanno recentemente interessato vaste aree dell’Italia, che possono limitare fortemente la disponibilità delle risorse trofiche essenziali per la fauna e ridurre in maniera significativa le possibilità di rifugio. Contrariamente a quanto avviene in altri contesti geografici ed ecologici, dove gli incendi si possono considerare un elemento naturale e fisiologico degli ecosistemi, nella regione mediterranea essi rappresentano un importante fattore di modificazione dell’ambiente con alterazione della struttura, della composizione e della distribuzione della vegetazione, ovvero degli habitat cui sono legate le diverse specie, modifica del microclima, attraverso l’alterazione della quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo, come conseguenza della riduzione (fino alla distruzione) della copertura vegetale, innalzamento dell’escursione termica per periodi anche prolungati, aumento della ventosità,  modificazione del tasso medio di umidità nell’aria e nel suolo, ecc.

Di conseguenza, il fuoco può rappresentare un importante fattore limitante per il successo riproduttivo delle popolazioni nel periodo estivo, ma può anche condizionare negativamente la dinamica delle stesse popolazioni  negli anni seguenti.

Come già evidenziato in passato da questo Istituto, in presenza di eventi climatici particolarmente avversi per la fauna, si ritiene che, seguendo il principio di precauzione, in occasione della prossima apertura della stagione venatoria vadano assunti provvedimenti cautelativi atti a evitare che popolazioni in condizioni di particolare vulnerabilità possano subire danni, in particolare nei territori interessati da incendi e condizioni climatiche estreme nel corso dall’attuale stagione estiva. Nello specifico, richiamando quanto previsto dalla legge n. 157/92, art. 19, comma 1[*], si consiglia di adottare le misure di seguito evidenziate.

  • Addestramento ed allenamento dei cani da caccia – L’addestramento e l’allenamento dei cani comportano uno stress aggiuntivo per le popolazioni di fauna stanziale, particolarmente nel caso dei Galliformi, dei Lagomorfi e degli Ungulati, e, nelle condizioni sopra descritte, possono indurre una mortalità non trascurabile. Per questa ragione sarebbe opportuno sospendere l’autorizzazione a svolgere questo genere di attività sino al venir meno delle attuali condizioni climatiche e al ripristino delle condizioni ambientali, incluse quelle vegetazionali.
  • Caccia da appostamento – Sino a quando continuerà il deficit idrico si ritiene opportuno venga previsto il divieto di caccia da appostamento, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata. Tale divieto risulta di particolare rilevanza qualora sia stata autorizzata l’anticipazione del prelievo (la cosiddetta preapertura) nei confronti di talune specie.
  • Caccia agli uccelli acquatici – La riduzione dell’estensione delle aree umide con caratteristiche idonee ad ospitare l’avifauna acquatica deve indurre alla cautela; in particolare, si ritiene opportuno venga previsto un posticipo all’inizio di ottobre dell’apertura della stagione venatoria agli Anatidi e agli altri uccelli di palude. Si ricorda peraltro che tale indicazione, motivata da considerazioni biologiche e tecniche che prescindono dalle condizioni climatiche contingenti, è contenuta nel documento “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/92, così come modificata dalla legge comunitaria 2009, art. 42” a suo tempo trasmesso da ISPRA alle Amministrazioni regionali.  Sulla base dell’andamento climatico che caratterizzerà il prossimo mese di settembre, si potrà valutare se la situazione si sarà normalizzata o richiederà ulteriori misure di tutela.
  • Caccia alle specie stanziali – L’introduzione di eventuali misure atte a limitare il prelievo sulle popolazioni delle specie non migratrici dovranno essere valutate caso per caso, sulla base dei dati sul successo riproduttivo raccolti a livello locale dagli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini. In assenza di informazioni dettagliate a riguardo, si ritiene opportuno vengano adottate a titolo precauzionale misure volte a limitare la pressione venatoria nel corso della stagione (ad esempio attraverso la riduzione del periodo di caccia o la limitazione del carniere consentito). Particolare attenzione dovrà essere prestata nelle situazioni ove è prassi abituale effettuare ripopolamenti di lepri o di Galliformi nel corso dell’estate; la mortalità dei soggetti rilasciati, già elevata in condizioni ambientali normali, nella situazione attuale potrebbe diventare talmente alta da rendere pressoché inefficace lo stesso intervento di ripopolamento. Qualora non siano ancora stati effettuati i rilasci, si suggerisce di attendere il miglioramento delle condizioni ambientali e, conseguentemente, di posticipare l’apertura della caccia nei confronti delle specie oggetto di ripopolamento per consentire l’ambientamento dei soggetti immessi. In caso contrario, si ritiene realistico ritenere che solo una frazione minima dei contingenti introdotti in natura sia ambientata, pertanto si suggerisce di adottare provvedimenti volti ad evitare che si eserciti un eccessivo prelievo nei confronti delle popolazioni naturali.
  • Caccia nelle aree interessate da incendi – L’esercizio dell’attività venatoria a carico di talune specie può rappresentare un ulteriore motivo di aggravamento delle condizioni demografiche delle popolazioni interessate, non solo nelle aree percorse dagli incendi, ma anche nei settori limitrofi e interclusi, allorquando l’azione del fuoco abbia interessato percentuali importanti di un’area (es. oltre il 30%) e quando gli incendi si siano succeduti nell’arco degli ultimi anni negli stessi comprensori. Lo scrivente Istituto è dunque del parere che le Amministrazioni competenti dovrebbero attivare specifiche iniziative di monitoraggio soprattutto a carico delle popolazioni di fauna selvatica stanziale o nidificante, potenzialmente oggetto di prelievo venatorio, assumendo di conseguenza eventuali misure di limitazione del prelievo stesso. In particolare dovrebbero essere emanati adeguati provvedimenti affinché il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate (come già previsto dalla Legge 353/2000, art. 10, comma 1 per le sole aree boscate) sia esteso almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco (cespuglieti, praterie naturali e seminaturali, ecc.), nonché ad una fascia contigua alle aree medesime, le cui dimensioni debbono essere stabilite caso per caso in funzione delle superfici incendiate, della loro distribuzione e delle caratteristiche ambientali delle aree circostanti.

Il Responsabile dell’Area Pareri Tecnici e Strategie di Conservazione e Gestione Patrimonio Faunistico Nazionale e Mitigazione Impatti Dott. Piero Genovesi

[*] LEGGE 11 febbraio 1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. (GU Serie Generale n.46 del 25-02-1992 – Suppl. Ordinario n. 41) note: Entrata in vigore della legge: 11-3-1992 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1992/02/25/092G0211/sg

(2) i dati sono tratti dall’intervento di  Enrico Ottolini Delegato Emilia-Romagna WWF Italia su Repubblica Parma del 2 settembre scorso

(3) Decreto del Presidente della Regione Lazio del 29 agosto 2017 http://www.regione.lazio.it/binary/rl_main/tbl_documenti/AGC_DPRL_T00153_29_08_2017.pdf

modifica calendario venatorio regione lazio

(4) Dal sito della Regione Lazio:”  INCENDI: AUMENTO INQUIETANTE, SERVONO PIÙ CONTROLLIPiù di 3 milioni di euro per fronteggiare il numero drammatico degli incendi che in alcune aree sono aumentati del 1.700% rispetto allo scorso anno, mandando in fumo un immenso patrimonio naturale. Per porre fine a questa situazione serve uno sforzo dello Stato ancora più grande: più controlli, anche da parte dell’esercito  …leggi tutto http://www.regione.lazio.it/rl_main/?vw=newsDettaglio&id=4082

(5) Dal sito del Comune di Roma 8 SETT 2017 – Caccia, chiesta una sospensione alla Regione per incendi, caldo e siccità

Quest’estate il territorio di Roma è stato colpito da gravi incendi e da un’eccezionale e prolungata siccità. Gli habitat degli animali selvatici sono stati gravemente danneggiati e la stessa ISPRA, Ente di ricerca del Ministero dell’Ambiente, ha dichiarato che esiste una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale. Per questo ho deciso di scrivere all’Assessore all’agricoltura, caccia e pesca della Regione Lazio per chiedere una moratoria della caccia nei territori di Roma colpiti da incendi”. Così in una nota Pinuccia Montanari, assessora alla Sostenibilità Ambientale di Roma Capitale.

“La legge nazionale prevede che le regioni possano vietare la caccia al verificarsi di particolari condizioni ambientali o climatiche proprio come accaduto quest’estate con incendi, caldo e siccità. Non si tratta di vietare la caccia per sempre ma di sospenderla per dare respiro agli animali selvatici colpiti da una situazione ambientale e climatica eccezionale allo stesso modo delle nostre campagne e delle nostre città”, conclude la Montanari.

Vedi anche:

Caccia, Lipu: “Presa in giro della Regione Lazio sulle preaperture”

“Una presa in giro della Regione Lazio”. È il commento da parte della sezione di Civitavecchia/Monti della Tolfa della Lipu sulla preapertura, cioè quella concessione di caccia straordinaria rispetto alla previsione dell’apertura generale che rimane invariata il 17 settembre. La Lega Italiana Protezione Uccelli, in un comunicato siglato anche da Enpa, Lav Roma e WWF Lazio, spiega che la riduzione dell’orario nelle giornate di preapertura è un semplice paravento, serve la cancellazione di entrambe le giornate.
“9 ore e 20 minuti – scrive la Lipu – questa è la riduzione dell’attività venatoria prevista dalla Regione Lazio. Riduzione che riguarda la sola preapertura, cioè quella concessione di caccia straordinaria rispetto alla previsione dell’apertura generale che rimane invariata il 17 settembre. A fronte di una stagione drammatica dal punto di vista ambientale, sarebbe servito un provvedimento straordinario per garantire la tutela della fauna selvatica, con la cancellazione della preapertura e, se non la completa abolizione della stagione venatoria, la previsione di aprire la caccia solo a fronte di un netto miglioramento climatico. È la stessa Regione Lazio ad ammettere, con una nota di oggi, che la situazione è drammatica con aumento dei roghi in alcuni luoghi del 600% ed in modo particolare nelle province di Latina e Roma dove l’aumento è stato del 1700%, “un immenso patrimonio naturale oramai andato in fumo”, si legge nella nota. http://www.regione.lazio.it/rl_main/?vw=newsDettaglio&id=4082
Anche secondo l’Ispra i dati meteoclimatici indicano che l’anno in corso è stato caratterizzato da una situazione decisamente critica, con temperature massime molto elevate e lunghi periodi di siccità, che ha determinato in tutta Italia una grave stress in molti ecosistemi ed è stata aggravata dall’impressionante numero di incendi. Ciò comporta, secondo Ispra, “una condizione di rischio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale, con conseguenze, nel breve e nel medio periodo, sulla dinamica di popolazione di molte specie” (anche a causa del “maggior dispendio energetico per raggiungere le ridotte fonti idriche), sul successo riproduttivo e sull’aumento della mortalità. A questo vanno aggiungersi altri fattori, tra cui l’impoverimento della disponibilità alimentare per la fauna (sia per le specie che si nutrono di bacche, semi e insetti, sia per quelle erbivore) e il rischio di fenomeni di anossia per gli ecosistemi acquatici. In condizioni normali la preapertura non dovrebbe essere proprio concessa, visto che il Piano faunistico venatorio della Regione Lazio risale circa a 20 anni fa, e non certamente alla Tortora; una specie recentemente classificata come SPEC 1, quindi minacciata a livello globale, per la quale dovrebbe essere previsto il divieto di caccia a prescindere. Ma la Tortora non è l’unica specie SPEC 1 per la quale la Regione Lazio autorizza la caccia, anche la Pavoncella, il Tordo sassello e il Moriglione sono specie SPEC 1 per le quali è previsto il prelievo venatorio. Oltre a queste, ci sono altre 7 specie in cattivo stato di conservazione per le quali la caccia dovrebbe essere concessa a fronte di specifici piani di conservazione, piani che non esistono. In totale sono 11 le specie in cattivo stato di conservazione oggi cacciate nel Lazio. A fronte di questa gravissima situazione, l’Assessore Hausmann avrebbe dovuto annullare le preaperture e quantomeno posticipare l’inizio della stagione venatoria. Invece come si legge in una nota dello stesso Assessore, la chiusura anticipata è stata concordata con le sole associazioni venatorie ed agricole; così facendo è andato incontro alle esigenze mondo venatorio e non certo sono state accolte le preoccupazioni del mondo ambientalista, animalista e dell’ISPRA e tantomeno sono state considerate le esigenze collettive, quindi di tutti i cittadini, di tutela e conservazione della fauna”

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