Ci ha lasciato Edoardo Salzano, un pezzo di storia dell’urbanistica italiana che molti conoscono attraverso l’incredibile sito da lui fondato, Eddyburg, che si occupa “di città, società, politica (urbs, civitas, polis) e di argomenti che rendono bella, interessante e piacevole la vita“, dal quale Carteinregola ha spesso attinto articoli e riflessioni e che ha spesso ospitato articoli di Carteinregola. Ma soprattutto Eddy era un uomo che voleva rendere il mondo migliore, un sognatore, un lucido analista, e un antifascista e un difensore degli ultimi. E tante altre cose che lasceremo raccontare a chi ha diviso con lui pezzi di vita e di impegno.
In calce un’intervista a Eddy registrata a Venezia il 15 marzo 2017 tratta da Autoritratti. L’Urbanistica italiana si racconta” e un ricordo di Vezio De Lucia, Giovanni Caudo, Francesco Erbani e tanti altri (AMBM)
La commemorazione laica si è tenuta il 25 settembre presso la sede di Ca’ Tron dell’Università IUAV di Venezia. Niente fiori ma, per chi vuole, una donazione all’Associazione eddyburg (bonifico su c/c IBAN IT03N0501812101000012375168). (AMBM)
Carteinregola e la Scuola di Eddyburg hanno dedicato l’iniziativa “10 parole dell’urbanistica” alla memoria di Eddy
Pensare lo spazio urbano è fare politica
di Mauro Baioni
da Left, 44/2019
L’attività tecnica è anche culturale e d’impegno civile per la collettività e l’ambiente. È la lezione, sempre più attuale, del grande urbanista Edoardo Salzano il quale ha saputo fondere la passione per il territorio e quella per le istituzioni
Fine anni Sessanta. Nelle stanze del Ministero dei lavori pubblici, a Porta Pia, un gruppo di giovani architetti e ingegneri collabora alla stesura del decreto sugli standard urbanistici. Tra di loro, c’è Edoardo Salzano. La posta è rilevante: si deve stabilire il rapporto tra gli spazi da riservare agli usi della collettività e quelli privati che deve essere rispettato nei piani regolatori e nei piani di iniziativa privata. In sostanza, si tratta di porre un argine alla speculazione edilizia che sfrutta a proprio esclusivo vantaggio la domanda di abitazioni alimentata dalle migliaia di persone che si spostano verso le grandi città industriali. La parte più avanzata della cultura tecnica pone le proprie riflessioni teoriche al servizio delle azioni rivendicative promosse dai sindacati, dai movimenti e dalle associazioni di base. La politica, come raramente accadrà in seguito, trova un punto di sintesi.
Per ricordare Eddy Salzano non posso che partire dall’esito felice di questo connubio fra sapere tecnico e iniziativa politica, nel quale la questione urbanistica è affrontata come parte di un processo di rinnovamento dell’assetto sociale ed economico del paese. Una convinzione che ha alimentato l’impegno appassionato di tutta la sua lunga vita, caratterizzata dal costante e indissolubile intreccio fra impegno intellettuale e militanza, tanto dichiaratamente e orgogliosamente di parte quanto aperto e interessato al dialogo.
Il secondo episodio che vorrei ricordare risale a vent’anni più tardi. Salzano si è trasferito da tempo a Venezia, di cui è stato consigliere e assessore comunale. Accanto a lui c’è Luigi Scano, con il quale condivide due grandi passioni: quella per il territorio, inteso come soggetto che interagisce con l’uomo, e quella per le istituzioni.
Siamo alla fine degli anni Ottanta e la breve stagione del riformismo nazionale si è esaurita. Venezia è terreno di caccia privilegiato per gli interessi economici legati allo sfruttamento della sua immagine-icona del turismo globalizzato. L’approvazione della legge di riforma istituzionale 142/1990 catalizza il dibattito attorno alla costituzione della città metropolitana. Eddy e Gigi, assieme a una minoranza di urbanisti e attivisti locali, propongono un ribaltamento di prospettiva: la nuova istituzione non deve essere concepita come un ente meramente strumentale all’erogazione di servizi e allo sviluppo economico, ma come il soggetto al quale affidare il governo unitario della Laguna. Per abitare la laguna senza comprometterne l’equilibrio dinamico occorre comprendere e rispettare il suo carattere di sistema unitario, vivo e complesso. Occorre concepire e praticare un’idea di modernità fondata su un rapporto fra natura e tecnica, conservazione e trasformazione, passato e futuro, radicalmente differente da quello che si è affermato nel secolo scorso. E occorre un’istituzione democratica alla quale affidare la definizione delle scelte necessarie per assicurare un equilibrio di lungo periodo fra società e ambiente.
Questa ipotesi, progressista e lungimirante, non è raccolta e probabilmente nemmeno ben compresa. Il mondo dell’amministrazione pubblica e dell’urbanistica operativa si sono già incamminati su altri percorsi. E il successivo degradarsi del dibattito pubblico e dell’azione politica nel campo del governo del territorio causano una vera e propria incomunicabilità con le idee degli urbanisti come Salzano, con poche felici eccezioni come il piano paesaggistico della Sardegna, fortemente voluto dall’eterodosso Renato Soru.
Le idee, tuttavia, hanno continuato a circolare, trovando un nuovo mezzo di diffusione sorprendentemente efficace. Veniamo così all’ultima immagine, nella quale compaio anch’io, assieme agli amici fraterni di una vita come Vezio De Lucia e alla nuova cerchia di persone impegnate nella gestione del sito eddyburg. Solo la curiosità e l’appassionata dedizione di Eddy potevano concepire questo strano dispositivo, tecnologico e umano, personale e collettivo al tempo stesso. Il sito è nato perché Edoardo desiderava condividere con tutti le proprie idee e le interessi, compresi i piccoli piaceri personali dei viaggi e della cucina e persino alcune storielle che raccontava divertito nei momenti conviviali. Presto è diventato un riferimento per il dibattito urbanistico nazionale, compulsato da un numero crescente di persone e gruppi impegnati localmente a contrastare le nuove forme di speculazione edilizia e di sfruttamento indiscriminato del territorio. Per alcuni aspetti, eddyburg può essere considerato un’evoluzione tecnologica di Urbanistica Informazioni, rivista fondata e diretta da Salzano all’inizio degli anni Settanta per favorire la comunicazione con la comunità di tecnici e amministratori che si stava radicando sul territorio nazionale. Nel primo editoriale di allora, Salzano rivendicava l’impegno a sostegno delle istanze sociali, una funzione di pungolo delle istituzioni e il rifiuto di una concezione “liberal-professionistica” del ruolo dell’urbanista. Lo stesso si può dire di eddyburg che condivide con Urbanistica informazioni anche la modalità collettiva di redazione e il primato della “testata” rispetto ai singoli collaboratori.
Ma eddyburg non è solo uno strumento di informazione. Eddy era stupito della costante domanda di aiuto, collaborazione e sostegno alla formulazione di proposte di contrasto alle politiche urbane di matrice neoliberale. Ed era sinceramente dispiaciuto di non poterle soddisfare che in piccola parte. Per questo ha cooptato il gruppo di amici e collaboratori in numerose iniziative in giro per l’Italia. Abbiamo pubblicato libri, formulato proposte di legge, organizzato una scuola estiva itinerante, promosso e sostenuto appelli che hanno mobilitato centinaia di persone. Fra i meriti di eddyburg c’è sicuramente quello di testimoniare la possibilità di mantenere vivo il legame fra pensiero critico e azione nel campo negletto dell’urbanistica. Possibilità che rimane intatta anche ora che non possiamo più fare affidamento sulla presenza di Eddy, sui suoi energici richiami e sull’ironia con la quale stemperava le difficoltà.
In un commento alla legge sulla casa, approvata in seguito allo sciopero generale del 1969, chiosava: cambiare è necessario e possibile. Da allora – nonostante tutto – ha sempre dedicato l’ultimo paragrafo dei suoi scritti alle idee e alle azioni necessarie per modificare lo stato delle cose. Il titolo del suo ultimo scritto è “io guardo oltre”.
Mauro Baioni
Salzano, una guida preziosa contro il culto del mercato
Tomaso Montanari
Mercoledì scorso, al piano terreno aperto sul Canal Grande di Ca’ Tron a Venezia, sede del Dipartimento di Pianificazione del territorio, si sono tenuti i funerali di Edoardo Salzano: urbanista, autore di alcuni tra i piani territoriali più illuminati, fondatore del sito collettivo Eddyburg. Questa è una parte di ciò che ho detto in quella occasione. «I giovani della mia generazione hanno avuto, indubbiamente, dei maestri. Ma quanti di questi hanno tradito, o si sono compromessi, o stancati! Gli uomini sulle cui parole avevamo giurato rivelarono poi incrinature fatali tra le qualità critiche o creative e quelle più largamente umane della coscienza». Subito dopo la Liberazione, queste parole furono rivolte da Francesco Arcangeli a Roberto Longhi. In quel quadro morale devastante, Arcangeli riconosceva al suo maestro di non aver tradito: «Alcuni si salvarono nel silenzio. Longhi fu tra i rarissimi che continuarono a parlare senza venir meno alla loro dignità». Ebbene, quanto più vale oggi questo altissimo riconoscimento per Edoardo Salzano. La sua voce – alta, forte, sicura – è stata in tutti questi anni una delle più preziose guide su cui orientare il cammino: una delle poche luci sempre accese, e non riflesse, nel buio in cui siamo sprofondati.La voce di un eretico, che non cessava di decostruire e denunciare i dogmi dell’unica religione del nostro tempo, il culto del mercato, signore e padrone delle nostre vite. Nell’ultimo testo che mi mandò per una iniziativa che avevo promosso – un testo politico, scritto insieme alla sua compagna Ilaria Boniburini – è messa a nudo con straordinaria efficacia la doppiezza mortifera del principale di quei dogmi: «Sviluppo non significa aumento della nostra capacità di ascoltare e comprendere gli altri, qualunque lingua essi adoperino, utilizzando insieme cervello e cuore: significa solo aumento della produzione e consumo di merci, aumento della ricchezza di chi produce e induce a consumare merci sempre più inutili, sacrificando per una merce inutile ma fonte di maggior ricchezza il produttore a un bene che veniva distrutto (un bosco antico per qualche tonnellata di legname, una città storica per una marea di turisti, un paesaggio di struggente bellezza per una selva di palazzoni o una marea di villette). Questo sviluppo, da un obiettivo è diventato una religione, una credenza cui tutti si inchinano obbedienti. In nome di questo sviluppo abbiamo invaso, saccheggiato, distrutto altre regioni e altri popoli, abbiamo trasformato paradisi in inferni da cui fuggire. E alla fine del ciclo abbiamo trasformato i fuggitivi da nostri simili in cerca di salvezza in nemici da abbattere». In questa capacità di guardare con lucidità e sintesi straordinarie il buco nero che inghiotte il futuro del pianeta, la dignità di milioni di migranti e la nostra stessa umanità, sta l’eredità più preziosa di Salzano.Per me, la lezione di Eddy più profonda, e insieme impervia, riguarda la capacità di tenere insieme – di più: di tenere in tensione – il più autorevole e profondo specialismo e la misura universale di un intellettuale capace di aprire quello specialismo a un impegno largo, tanto largo quanto il mondo grande e terribile che vogliamo cambiare. La parabola scientifica e politica di Edoardo Salzano dimostra nel modo più alto che la gabbia dello specialismo si può rompere: e insegna anche come farlo. Se egli ha potuto vedere con tanto anticipo e tanta lucidità il nesso intimo che unisce il governo dell’ambiente alla giustizia sociale per chi abita quell’ambiente, ebbene: non è forse per la conoscenza profonda che egli aveva di Venezia e della sua Laguna? L’apparente non modernità di Venezia come paradigma di una vera modernità: di un progresso che non corra verso la morte, ma verso la vita.
«L’Europa perde uno dopo l’altro i suoi direttori di coscienza», scrisse Marcel Proust dopo la morte di John Ruskin: anche noi oggi ci sentiamo più soli, ancora più soli, senza le parole, le critiche, i richiami, le illuminazioni di Eddy.
Quante volte, già da domani, ci chiederemo cosa avrebbe detto, come avrebbe giudicato, con quali parole ci avrebbe esortato alla speranza e alla lotta. Eppure, lo avremo sempre con noi: con la forza tutta intera e dirompente di una lunga vita, saggia e giusta. Di una vita felice: riascoltiamolo: «Mi piace il mio lavoro: mettere insieme le cose con le parole dette e le parole scritte; raccontare e scrivere, parlare e proporre a proposito di città, territorio, ambiente, pianificazione. Facendo quel mestiere che ho cominciato, quasi per caso, molti anni fa». Rileggiamola, una di quelle pagine: «Può succedere (ed è quello che accade nei nostri anni) che il politico assuma come valori da privilegiare non quelli dell’interesse collettivo e dell’equilibrio tra persona e società, ma quelli dell’individualismo liberato da ogni regola volta a garantire il perseguimento di interessi generali (come quello della giustizia sociale, della libertà per tutti, dell’espressione di ogni pensiero). In una simile situazione all’urbanista si aprono due strade: rimanere fedele ai principi propri del suo ruolo sociale, e allora entra in conflitto con quella politica che si è piegata ai venti dominanti; oppure piegarsi anche lui: che è quello che successo largamente in Italia, i nostri maestri sono diventati dei cattivi maestri». Grazie, Eddy: per essere rimasto fedele sempre. Grazie per essere stato fino all’ultimo un maestro buono. Non sarà facile, ma proveremo a meritarci la luce che hai portato nelle nostre vite.
La lunga vita di Eddy, al servizio della città bene comune
Enzo Scandurra
Una vita lunga quella di Edoardo Salzano, morto a 89 anni a Venezia il 23 settembre, in quella che era diventata da molti anni la sua città (era nato a Napoli nel 1939). Vita lunga come urbanista e attivista avendo attraversato, da protagonista, gli anni che vanno dall’epoca riformista (standard, “167”, legge sulla casa, Bucalossi) dell’urbanistica agli anni della grande svolta neoliberista dopo l’80.
Nel 1969 uscì per le edizioni Laterza il suo libro, Urbanistica e società opulenta, che ben presto diventò per la generazione del ’68 una vera e propria bibbia dell’urbanistica. La storia della città veniva analizzata (forse un po’ troppo automaticamente) con gli strumenti della critica marxista, ma tanto bastava per suscitare gli interessi dei più giovani in anni nei quali questa disciplina era praticata solo negli studi professionali o nell’accademia. Nella prima pagina si legge: “Da molti anni gli urbanisti italiani sono travagliati dalla sensazione ricorrente d’essere, non per propria colpa, tagliati fuori dalle iniziative, dalle concrete operazioni amministrative, legislative attraverso le quali si determinano i destini della realtà urbanistica. […] Una simile sensazione – che conduce alcuni a ripiegare sull’amaro isolamento di un’attività professionale sterilmente tecnicizzata o formalistica, altri a gettarsi in un’azione politica che si deforma spesso in impaziente tecnocratismo – è poi resa ancor più acuta e insofferente dalla consapevolezza dell’esistenza di una sempre più vivace “sollecitazione dal basso”, di una spinta sempre più forte dei cittadini per un rinnovamento profondo dell’organismo urbano”.
Con anni di anticipo era stato gettato il sasso nello stagno: la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte urbanistiche era dunque necessaria perché la disciplina si trasformasse da un sapere accademico elitario a una conquista delle classi disagiate per rivendicare il proprio diritto alla città.
Aveva iniziato a occuparsi di urbanistica a Roma alla fine degli anni ’50, svolgendo anche il ruolo di consigliere comunale, scrivendo sull’Unità e collaborando alla Rivista Trimestrale. Era stato assistente volontario del Prof. Gorio (uno degli autori del progetto La Martella a Matera) nell’Istituto di Architettura e Urbanistica della facoltà di Ingegneria di Roma, dove lo avevo conosciuto quando ancora ero studente. Poi negli anni ‘70 si era definitivamente trasferito a Venezia nello IUAV per insegnare nel nuovo Corso di laurea in urbanistica, allora considerato il centro di eccellenza degli architetti e urbanisti più autorevoli e più impegnati nella società civile.
Dal ’75 al ’85 è assessore all’urbanistica a Venezia, ma non cessa di svolgere l’impegno anche nell’università dove si dedica al consolidamento dei Corsi di studio e della Facoltà di Pianificazione del territorio, che presiederà fino alla pensione. Negli anni successivi coordina per la Regione Sardegna la redazione del Piano paesaggistico delle coste, approvato nel 2006, che finora ha preservato dall’ulteriore edificazione questo prezioso patrimonio.
Dal 1983 al 1991 diviene presidente dell’Istituto nazionale di Urbanistica e fonda la rivista Urbanistica informazioni, punto di riferimento per una generazione di amministratori pubblici e tecnici. Poi con la svolta neoliberista la sua fortuna viene meno. Come ricorda Paolo Berdini : all’interno dell’INU prevale la cultura della negazione dell’urbanistica mentre il suo piano urbanistico di Venezia, elaborato insieme al collega Gigi Scano, fu ben presto accantonato. Eddy fu costretto a prendere coscienza che le premesse del suo libro del 1969 e il suo stesso impegno per un’urbanistica che considera la città un bene comune, venivano violentemente negate da un’urbanistica che aveva finito con l’affiancare l’ideologia neoliberista.
Fu anche per questo, forse, che le ultime sue fatiche, a cavallo degli anni ’90, furono dedicate alla costruzione di un sito, Eddyburg, diventato in poco tempo uno dei siti più frequentati non solo dagli specialisti.
Con la sua compagna, Ilaria Poniburini, gli ultimi anni della sua vita si impegnò in battaglie più vicine al Potere al Popolo. Molti ricordano i suoi discorsi pubblici quando, bloccato ormai su una sedia a rotelle, riusciva ancora a suscitare passioni in pubblico per una disciplina scaduta in rituali formalistici e sempre più a favore dei poteri forti.
A Eddy piaceva la cucina, forse non proprio cucinare ma certamente studiare le ricette sì, perché immaginare i piatti è l’espressione profonda di una cultura del fare, di quella propensione dell’uomo, di qualsiasi uomo e di qualsiasi parte e genìa esso sia, a sperimentare a contaminare, associare gli alimenti in vista di un risultato. Eddy immaginava ma era pragmatico e teneva al risultato; organizzava il lavoro a ritroso, si partiva dalla fine. Eddy ha vinto il premio della Città di Venezia per il davanzale più bello, con i suoi gerani rossi che abbellivano le finestre della casa vicino al Ponte dell’Accademia, una casa ad angolo, una fioritura che era uno spettacolo. La cura è il futuro delle città, lo diceva spesso.Un camicione bianco fino alle caviglie alle cinque di mattina, questa è la prima immagine del Professore che ero andato a trovare a casa a Venezia quando cominciavo a orientarmi sul dottorato prima e sull’insegnamento dopo. Prese un fascicolo sulla sua libreria di casa: «Ecco», mi disse, «questo è un appunto che precedette Urbanistica e società opulenta, un libro che nacque anche dagli stimoli che provenivano dalla frequentazione con Franco Rodano e con gli altri suoi compagni di partito che pur venendo da una tradizione cattolica avevano scelto di stare nel PCI». Urbanistica e società opulenta è un testo profetico: era il 1969, potrebbe essere oggi e certamente appena ieri. È importante ricordare questa radice cattolica nel pensiero di Eddy; oggi potrebbe sembrare inattuale è invece era la sua radice profonda che lo alimentava ancora oggi: dum spiro spera, fino a quando ho fiato spero.Non ha mai mollato, ha perso spesso, ha condotto battaglie impossibili ma sempre giuste fino alla fine, come quando è uscito poche settimane fa sulla sedia a rotelle per manifestare contro le grandi navi nella laguna di Venezia.La sua biografia è molteplice. Basta ricordare che fu consigliere comunale a Roma quando si discuteva il Prg del 1965 e poi consigliere comunale e assessore all’Urbanistica a Venezia, quando propose e realizzò l’ortofotopiano del centro storico e la prima normativa morfotipologica per controllare i cambi di destinazione d’uso; un lavoro dove non si può non citare il contributo essenziale di Gigi Scano. Due momenti in una biografia che ne contiene tanti altri e però anche uno solo di questi potrebbe essere sufficiente a riempire una vita.La sua impronta all’Istituto Nazionale di Urbanistica fu talmente chiara ed evidente che fu necessaria una vera e propria battaglia per il ricambio. Perse, ma pochi anni dopo Eddyburg, il sito da lui fondato e con cui si è identificato negli ultimi venti anni, si conquistò un’influenza nel dibattito pubblico sulle questioni urbanistiche ben superiore a quello di altri attori. Basti pensare alla battaglia sulla riforma della legge Lupi e al contrasto che riuscì a mettere in campo contribuendo a mobilitare persone e opinioni che ne arrestarono il cammino. Il legame con molti mondi, associazioni e comitati è diventato un intreccio tra competenza, mobilitazione e sapere esperto, e tutto confluiva su Eddyburg e ne amplificava gli effetti.
Professore buono ed esigente, lucido e pieno di sensibilità. Un’intensità affettiva ed emotiva che solo lui sapeva mettere nei suoi scritti, fosse anche la semplice scrittura di una mail. Ha guardato alle cose che affastelliamo nel mondo, le cose che abitiamo, con rigore e passione, guardando sempre oltre e mai soffermandosi o accontentandosi di dove era arrivato; era costantemente in tensione tra stare e partire per nuove esplorazioni. Se ne è andato, e a salutarlo a Cà tron c’erano tante persone da ogni parte d’Italia da riempire il salone grande; un caleidoscopio di contributi diversi, ognuno ha illuminato un tratto di Eddy, tutti ne sentiamo la mancanza. La sua scomparsa però è soprattutto una perdita per il nostro Paese, per la sua cultura civica e politica.
Si è spento ieri a Venezia Edoardo Salzano, per tutti Eddy, urbanista, studioso di città e di politica che ha formato decine di urbanisti e intellettuali. Era nato a Napoli nel 1930 nella casa del nonno, il generale Armando Diaz. Sapevamo che stava male ma anche stavolta eravamo certi che avrebbe superato la crisi continuando come sempre a essere disponibile, disinteressato alle convenienze personali, inguaribilmente ottimista (dum spiro spero stava scritto sulla sua carta intestata).
Ci sarà tempo per ricordarlo, per ora qualche pensiero. Comincio con le parole che concludono il suo libro più noto, Fondamenti di urbanistica: “Il primato dell’interesse comune sull’interesse del singolo è il principio da assumere come stella polare dell’urbanistica”. L’interesse pubblico ha guidato la sua lunga attività di urbanista, coerentemente vissuta in tante forme diverse. Da amministratore, prima al consiglio comunale di Roma, con Aldo Natoli e Piero della Seta, poi a Venezia, dov’è stato assessore all’urbanistica; da progettista, e ricordo solo il piano paesaggistico della Sardegna; da professore di urbanistica, alla Sapienza e all’Iuav; da presidente dell’Inu e da fondatore e direttore di urbanistica informazioni (prezioso mensile dell’Inu); da saggista, a cominciare dal fondamentale Urbanistica e società opulenta del 1969, a decine di altre libri, a un numero sterminato di articoli.
Fino alla scoperta di internet, del Web, e quindi di eddyburg, il sito al quale dal 2003 ha dedicato il meglio della sua energia e della sua intelligenza, facendolo diventare lo strumento più diffuso nel nostro Paese da chi si occupa di urbanistica, di città, di paesaggio. Sulla testata campeggiano le parole Urbs, Civitas, Polis (la città fisica, la società che la vive, la politica che la governa), e si legge che il sito tratta di “argomenti che rendono bella, interessante e piacevole la vita di alcuni e difficile, tormentata, disperata quella di altri”.
Grande spazio è occupato da Venezia, di cui Salzano, da amministratore prima, da studioso e attivista poi, è uno dei massimi conoscitori, consapevole che la città e la laguna sono tutt’uno, simul stabunt simul cadent. E fu tra i primi, più di trent’anni fa, a imporre rigorose regole urbanistiche (cancellate dalle successive amministrazioni) alla devastante penetrazione del turismo in ogni brandello dell’edilizia storica.
Ma la sua dimensione suprema è stata la politica. La politica ha racchiuso in sé la sua filosofia di vita, la ricchezza e la complessità dei suoi interessi: la prima cosa che ci ha insegnato è che l’urbanistica è politica, senz’altra qualificazione. Ha cominciato giovanissimo, con Franco Rodano, Claudio Napoleoni e il gruppo di cattolici, comunisti ed ex democristiani (da Tonino Tatò a Mario Melloni, Ugo Baduel, Giancarlo Paietta, Marisa Rodano, Lucio Magri, Giuseppe Chiarante). Ha scritto di sé “ragazzo di bottega di una scuola di profeti”. Su Dibattito politico, la prestigiosa rivista fondata da alcuni di loro, Eddy scrisse lunghi e complessi articoli, non solo di urbanistica, addirittura sulla politica agraria dell’Urss.
Ha continuato fino alla fine a dichiararsi comunista, ad avere lo stile del comunista (Rossana Rossanda ha scritto che i comunisti sono stati gli ultimi ad avere uno stile). Negli ultimi tempi, con la compagna Ilaria, ha militato in Potere al popolo. Nel giugno scorso, in sedia a rotelle, all’ultima affollata manifestazione contro le grandi navi, è stato travolto da un applauso che non finiva mai.
Ciao Eddy, fratello mio.
Vezio De Lucia
(pubblicato su Il manifesto 23 settembre 2019)
Addio a Edoardo Salzano, maestro dell’urbanistica italiana
di FRANCESCO ERBANI
Edoardo Salzano ripeteva spesso che la città non è un ammasso di case, ma la casa di tutti. E se incontrava qualche resistenza nell’interlocutore, incalzava: “La città non è solo un prodotto del mercato, è una creatura sociale, frutto di lavoro collettivo e storico”. E se ancora non bastava, attingeva al repertorio classico: “È urbs, struttura fisica, è civitas, cioè società, ed è polis, governo”. Edoardo Salzano, Eddy per chiunque lo conoscesse, si è spento a Venezia, dove viveva dal 1974. Aveva 89 anni.
Eddy Salzano era un urbanista, laureato però in ingegneria, ed è stato maestro per generazioni di allievi, quelli che allo Iuav di Venezia frequentavano i suoi corsi, ma anche quelli che si sono formati sui suoi libri, primo fra tutti Fondamenti di urbanistica (Laterza). Ha redatto impegnativi e coraggiosi piani. Basti ricordarne solo due per afferrare i punti cardinali del suo orientamento politico e culturale: quello della città storica di Venezia e quello paesaggistico della Sardegna. Della città lagunare è stato assessore, dal 1975 al 1985, in una giunta di sinistra guidata dal socialista Mario Rigo.
La sua genealogia intellettuale vede iscritti i nomi di Luigi Piccinato e di Giovanni Astengo, di Federico Gorio e poi di Leonardo Benevolo, dal quale lo divisero aspri dissensi proprio a proposito di Venezia. A questi apporti, non solo disciplinari, vanno affiancati quelli di Franco Rodano e di Claudio Napoleoni, animatori della Rivista trimestrale, intorno alla quale si riuniva il gruppo degli intellettuali comunisti di provenienza cattolica. Salzano, che era nato a Napoli nel 1930 ed era nipote del generale Armando Diaz, era arrivato a Roma nel 1952 e, iscritto al Pci, scriveva per l’Unità e fu eletto consigliere comunale.
In Memorie di un urbanista, uscito dalla Corte del Fontego nel 2010, Salzano racconta gli anni della estenuante gestazione del piano regolatore di Roma, poi approvato nel 1965, e di come Roma sotto i suoi occhi crescesse assecondando solo interessi fondiari e immobiliari, comunque privati. Nel 1969 uscì un suo saggio, Urbanistica e società opulenta (Laterza), che non piacque ad autorevoli architetti come Bruno Zevi, ma che influenzò fortemente chi in quegli anni si laureava.
Per Salzano è rimasto un punto fermo il controllo pubblico delle trasformazioni urbanistiche. La città, ripeteva, non è un aggregato edilizio: se si lascia fare al solo mercato immobiliare o, tutt’al più, a una contrattazione in cui il contraente pubblico si piega ai voleri di quello privato, ecco che la città perde la propria ragion d’essere, perde qualità e danneggia la civitas. È compito dell’urbanistica disegnare l’assetto di una città considerando i bisogni e le aspirazioni di chi la vive. L’urbanistica è una scienza eminentemente sociale, non un freddo manuale di norme.
Non è andata come avrebbe voluto. In pensione, Eddy Salzano si è inventato un altro mestiere. O, meglio, ha cercato nuovi mezzi per raccogliere le sue riflessioni e per coinvolgere giovani e meno giovani ricercatori, militanti di associazioni, persone affezionate alla civitas e alla polis. E, sebbene avanti nell’età, ha esplorato la potenza della rete e ha fondato eddyburg, che oggi è il più attrezzato sito in materia di territorio, paesaggio, città, ambiente. È un repertorio di documentazione insostituibile, destinato a tutti, orientato e trasparente dal punto di vista politico e apprezzato anche da chi non ne condivide la radicalità.
Eddyburg è stata la seconda vita di Eddy Salzano, ne ha rinnovato l’energica e ironica lucidità, ha nutrito il gusto della conoscenza e della militanza, gli ha garantito freschezza intellettuale. Fino all’ultimo, fino a che gli occhi lo hanno assistito, anche seduto su una chaise longue davanti a una porta a vetri affacciata su un canale, dietro campo Santa Margherita, la sua preoccupazione era aggiornare eddyburg.
E una seconda vita gli ha assicurato Venezia, dove fu chiamato un po’ per ragioni universitarie un po’ spinto dalla militanza politica. Nella città lagunare, da amministratore, aveva messo le basi per evitare che ci si consegnasse mani e piedi all’economia turistica. Non è andata come avrebbe voluto neanche questa volta.
Ma Venezia non gli sembrava una città per la quale doversi rassegnare. Era in prima fila, su una carrozzella a rotelle, durante la manifestazione in bacino San Marco dopo l’incidente provocato da una delle grandi navi che solcano la Laguna. Troppa qualità nella storia urbana di Venezia, nel suo assetto, nella tenacia di tanti suoi abitanti per finire travolta da un turismo predatorio. Su eddyburg si può leggere quel che Marco Polo dice al Kublai Khan nelle Città invisibili di Italo Calvino: “Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia. Per distinguere le qualità delle altre, devo partire da una prima città che resta implicita. Per me è Venezia”. “Così è Venezia anche per me”, chiosava Eddy.
26 Settembre 2019 Addio a Edoardo Salzano maestro di urbanistica di ANTONIO DI GENNARO
la Repubblica, Napoli, 26 settembre. Se n’è andato lunedì Edoardo Salzano, grande protagonista dell’urbanistica e della cultura italiana del ‘900, in una dolce mattinata di settembre a Venezia, dove viveva da quasi mezzo secolo.25 Settembre 2019 Eddy, tante battaglie perse. Ma ora si battono i giovani di PAOLO CACCIARI
Il Gazzettino, 25 settembre 2019. «mi piace pensare che nel giorno in cui Eddy ci ha lasciati le piazze del mondo sono stracolme di giovanissime ragazze e ragazzi (Friday for Future) che chiedono le stesse cose per cui si è battuto per una vita».
25 Settembre 2019 Addio a Edoardo Salzano, l’urbanista che difendeva le coste sarde di SANDRO ROGGIO
la Nuova Sardegna, 24 settembre. «Credo che pochi siano stati in grado di spiegare l’urbanistica sino all’ultima rotella dei suoi perversi meccanismi, specialmente quelli riscontrabili più facilmente nel Sud al quale rimproverava soprattutto l’indulgenza verso le violazioni edilizie». 0
24 Settembre 2019 Salzano, l’urbanista di FILIPPOMARIA PONTANI
il Fatto Quotidiano, 24 settembre. «Mai rassegnato e sempre fiducioso nei giovani, continuerà a parlarci, tra l’altro, dal prezioso sito eddyburg.it»0
Eddy Salzano di ALESSANDRO LEON
cleseconomia, 25 settembre. «Tra Eddy Salzano e il CLES si stabilì una stabile e fruttuosa collaborazione. Il CLES lo vuole ricordare con affetto e riconoscenza. Siamo vicini al figlio Mauro, che ha lavorato presso il CLES per alcuni anni».
25 Settembre 2019 Ciao Eddy di ASKAPEN MARIO
off topic, 24 settembre 2019, «Edoardo Salzano verrà ricordato per tante cose. La prima è la battaglia contro la legge Lupi, del 2005».
24 Settembre 2019 Ma dove vivi? di PAOLO GRASSI
Quando, l’8 dicembre 2007, partecipai alla presentazione del libro di Edoardo Salzano Ma dove vivi? – La città raccontata mi portai e mostrai i ciclostilati del 1973 …
24 Settembre 2019 Un sognatore concreto, analitico e razionale di POTERE AL POPOLO VENEZIA
Edoardo Salzano, il nostro Eddy, questa notte se n’è andato. Con Eddy ci lascia una parte importante della storia dell’urbanistica del nostro paese, un uomo che ha ideato ma anche realizzato come assessore all’urbanistica di questa città, nei tempi in cui si era davvero al servizio dei cittadini.
24 Settembre 2019 Il Borgo dei Borghi di ALESSANDRA CASU
Eddyburg era un borgo libero, che conteneva e richiamava borghi altri: uno spazio di libertà, di espressione per chi era in grado, di formazione per chi ne sentiva l’esigenza….
24 Settembre 2019 Maestri di MAURIZIO ACERBO
E’ scomparso oggi Edoardo Salzano. Non è stato solo un grande urbanista, ma uno dei più importanti intellettuali militanti della sinistra italiana….
24 Settembre 2019 Un saluto a Eddy di POVEGLIA PER TUTTI
L’abbiamo conosciuto in tanti, nei luoghi più diversi: ora una piazza, ora un cineforum, ora durante una chiacchierata notturna sui gradini di un pozzo a Santa Margherita. 0
NOTE
(*) Autoritratti. L’Urbanistica italiana si racconta” è un progetto di Elena Bertani per Città Bene Comune, ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale prodotto dalla Casa della Cultura di Milano e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. (Riprese e montaggio di Elena Bertani)