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(2) Prestiamo attenzione a queste delibere
4 novembre 2015 Pubblichiamo la lettera dell’ex assessore Caudo al Commissario Tronca (resa pubblica dallo stesso Caudo) con il “passaggio delle consegne”, un elenco di tutti “gli atti e i progetti prioritari”, “selezionati… Continua#
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>PIANI DI ZONA – CRONOLOGIA E MATERIALI
> Piani di zona, cosa sono
I Piani di Zona, un’ingiustizia che viene da lontano 29 settembre 2015
Pubblichiamo la lettera dell’Assessore Caudo, che prendendo spunto dalle osservazioni del Comitato di Quartiere Pian Saccoccia*, fa il punto sui problemi nei cosiddetti “Piani di Zona”. E come Carteinregola… Continua#
(4) Il prezzo massimo di cessione è quello risultante dal calcolo del prezzo di cessione o di affito in base ai costi di costruzione, da cui devono essere sottratte le sovvenzioni pubbliche ottenute per poter offrire tariffe agevolate agli aventi diritto. Oggetto di conflitti e di divergenze di interpretazione è se tale prezzo massimo riguardi solo il primo acquirente/affittuario o anche i successivi. La recente sentenza della Cassazione del 16 settembre 2015” ha esteso il vincolo del prezzo massimo di cessione, ovvero il prezzo ‘calmierato’, degli immobili costruiti in regime di edilizia agevolata, anche ai successivi subacquirenti e non solo al primo. In pratica il vincolo del prezzo ‘segue l’immobile’, a prescindere da chi è il proprietario, in quanto il prezzo massimo ci cessione è ‘inerente al bene’.
(in calce la puntuale spiegazione di Ylenia Sina su Roma Today del 27 ottobre 2015) Edilizia agevolata, ok alla delibera per rivendere gli immobili dopo cinque anni Il provvedimento di giunta regolamenta le modalità di alienazione. I proprietari possono rivenderle dopo cinque anni senza il vincolo del ‘prezzo agevolato’ a condizione che “sia corrisposta una percentuale alle casse del comune”
Rivendere le case costruite in edilizia agevolata a prezzi di libero mercato sarà possibile. Ma versando una percentuale del prezzo ottenuto nelle casse del Comune. Una delibera portata lunedì in giunta dall’assessore alla Trasformazione Urbanistica Giovanni Caudo, ed approvata dalla squadra di Marino, regolamenta “l’affrancamento degli immobili di edilizia agevolata”. Una materia che, dal punto di vista legislativo, è stata soggetta a interpretazioni diverse negli ultimi anni. La giunta capitolina, con tale delibera, mette un punto fermo per le case realizzate nel Comune di Roma. Il provvedimento, per diventare operativo, dovrà essere ratificata anche dall’Assemblea capitolina o da un eventuale commissario. Nel settembre 2014 con una delibera dell’Assemblea capitolina sono stati approvati i nuovi schemi di convenzione relativi ai piani di zona. In quel contesto Roma Capitale aveva espresso l’intenzione di procedere a uno schema di convenzione che regolasse l’affrancamento dai vincoli di prezzo massimo di cessione.
QUALI IMMOBILI RIGUARDA – Il provvedimento riguarda gli immobili realizzati nei piani di zona, ovvero abitazioni costruite grazie a sovvenzioni pubbliche con lo scopo di venderle poi sul mercato a prezzi agevolati e destinate a categorie economicamente svantaggiate o a soggetti che versano in disagio abitativo come gli sfrattati. Per ‘agevolare’ la realizzazione di questa abitazioni il Comune fornisce ai costruttori che poi le venderanno, a titolo gratuito per un determinato numero di anni, i terreni dove costruire.
LE REGOLE PER L’ALIENAZIONE – Con la delibera approvata si stabilisce che quanti hanno acquistato questi appartamenti a prezzi ‘agevolati’ possono rivenderli dopo cinque anni a prezzi di libero mercato a condizione che tale alienazione “sia richiesta dall’interessato” e che “sia corrisposta una percentuale alle casse del comune, così come previsto in delibera” spiega una nota. Una sorta di ‘riscatto’ per il contributo pubblico concesso dal Comune, caratteristica che ha reso quell’appartamento ‘agevolato’ dal punto di vista economico.
VINCOLI DA ELIMINARE – Con la delibera, “Roma capitale si conforma alla sentenza della Corte di Cassazione a sezioni riunite del 16 settembre 2015” che estendeva il vincolo del cosiddetto prezzo massimo di cessone, ovvero il prezzo ‘calmierato’, degli immobili costruiti in regime di edilizia agevolata anche ai successivi subacquirenti e non solo al primo destinatario. Secondo questa interpretazione, il vincolo del prezzo ‘segue l’immobile’, a prescindere da chi è il proprietario, in quanto il prezzo massimo ci cessione è ‘inerente al bene’. La sentenza rileva anche che, precedentemente, c’è stata una interpretazione ‘ondivaga’, e che fin qui si era valorizzata l’autonomia delle parti negoziali. Tale interpretazione aveva stabilito al contrario che i vincoli e i divieti riguardassero solo il primo concessionario, al fine di favorire l’alienabilità del bene. L’Amministrazione capitolina si era attenuta a questa interpretazione.
LA DELIBERA – In questo senso la delibera approvata dal Comune è volta ad eliminare tali vincoli fissando le regole per poter procedere con un’alienazione ai prezzi del libero mercato. Il tutto sulla base della sentenza della Cassazione del 16 settembre 2015 e su quella della legge 216 del 29.12 2011 che stabilisce che sono i comuni a determinare il prezzo dell’affrancamento dai vincoli.
SOLDI NELLE CASSE DEL COMUNE – Il prezzo è calcolato sulla base del valore venale del bene, il corrispettivo è pari al 60% di tale valore al netto degli oneri già pagati per il diritto di superficie rivalutati su base ISTAT. Il comune ha facoltà di abbattere il valore del bene fino al 50%. Il costo così determinato non può mai essere superiore a quello stabilito dal comune per le aree cedute al momento della trasformazione. Se l’immobile non ha beneficiato di contributi pubblici, il comune può prevedere uno sconto del 15%.
L’ASSESSORE – “Si tratta di un ulteriore atto della giunta Marino volto ad un corretto rapporto fra amministrazione comunale e cittadini, quando si tratti di dare ristoro alle casse comunali, quando si tratti di alienare beni realizzati con il contributo pubblico” il commento dell’assessore Caudo.
(5) AFFRANCAZIONE
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
In
diritto italiano, l’
affrancazione è l’acquisto della
proprietà da parte dell’
enfiteuta mediante il pagamento di una somma di
denaro. ENFITEUTA è colui che è titolare di un
diritto reale di godimento su un
fondo di
proprietà altrui,
urbano o
rustico, ma per contro deve migliorare il fondo stesso e pagare inoltre al proprietario (direttario o concedente) un
canone annuo in
denaro o in
derrate.
Dall’Enciclopedia Treccani
Affrancazione In diritto civile, l’affrancazione da enfiteusi è l’atto con cui l’enfiteuta, previo pagamento al concedente di una somma risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell’interesse legale, può acquistare la proprietà del fondo enfiteutico (art. 971 c.c.). L’affrancazione è espressione di un diritto potestativo dell’enfiteuta che non può essere in nessun caso escluso e si esercita con ricorso al tribunale in composizione monocratica, ma può avvenire anche consensualmente
(7) Le “migliorie” sono i lavori di abbellimento o che comunque prevedono l’impiego di materiali più costosi di quelli standard per l’edilizia agevolata, il cui costo è stato imputato agli inquilini e agli acquirenti senza alcuna verifica da parte degli uffici comunali che tali migliorie fossero effettivamente realizzate, o che l’uso di materiali diversi comportasse una maggiore qualità (è famoso l’esempio delle piastrelle, la cui sola variazione di dimensione in alcuni casi è stata presa come giustificativo dell’aumento del prezzo) . Problema generato dal fatto che il capitolato di base, che avrebbe dovuto essere predisposto dalla Regione, non è mai stato prodotto. In alcuni casi esistono alcuni “elementi base” per individuare lo standard di riferimento, ma non sono mai stati
verificati in modo sistematico e puntuale
(8) Analoghe verifiche avrebbero dovuto essere messe in atto dagli uffici – quantomeno a campione – rispetto al Piano economico finanziario a consuntivo, un atto che secondo la convenzione deve essere consegnato da imprese e cooperative insieme a tutta documentazione a conclusione delle procedure. Una verifica della correttezza e della congruità delle varie voci del consuntivo potrebbe avere conseguenze notevoli sul costo finale effettivamente sostenuto dalle imprese (molti costi potrebbero non essere conteggiabili in quanto non previsti) e di conseguenza sul canone di affitto e sul prezzo di acquisto degli immobili per gli inquilini o per i futuri acquirenti.