Quale rigenerazione urbana? Carteinregola risponde alle polemiche
Autore : Redazione
#mapparoma – Foto Pas Liguori
Comunicato dell’Associazione Carteinregola a sostegno dell’emendamento 10.3 riguardante la Rigenerazione Urbana del DL Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale approvato in Senato il 4 settembre 2020, inviato alle principali testate giornalistiche il 7 settembre 2020.
Le lettera è stata ripresa daRoma Today il 7 settembre 2020 Dl Semplificazioni e rigenerazione urbana, lettera a sostegno della tutela: “Polemiche basate su equivoci” e dalle Lettere La Repubblica Roma 11 settembre 2020
Carteinregola risponde alle critiche, rilanciate da molte testate, ad alcuni emendamenti all’art.10 del decreto semplificazioni sulla “rigenerazione urbana”(1) avanzate da ordini professionali e categorie imprenditoriali legate all’edilizia, ma anche – inaspettatamente – da associazioni ambientaliste come Legambiente (2), che rilanciano la narrazione della “città bloccata” e della “rigenerazione urbana che non si può più fare”. Narrazione che si basa su due equivoci.
Il primo è che si vuole far credere che si vieti la demolizione e ricostruzione di immobili degradati nei centri storici, mentre l’emendamento si limita a sottrarre gli interventi – nelle zone storiche! – alle ragioni del profitto per sottometterli alla guida pubblica, inserendoli “nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale”.
A oggi, a Roma, gli interventi di “rigenerazione” non riguardano le zone semiperiferiche e periferiche dove sarebbero necessari, ma le zone più appetibili dal punto di vista immobiliare, come quei tessuti urbani storici centrali e semicentrali che comprendono anche l’espansione otto-novecentesca consolidata, di cui, ad esempio fanno parte i famosi “villini” inizio novecento.
Il secondo equivoco riguarda la differenza tra “rigenerazione urbana”, “locuzione che, traducendo l’inglese urban regeneration, designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate”, e “rinnovamento urbano”, “urban renewal”, progetti “spesso rivelatisi interventi prevalentemente di demolizione e ricostruzione, a carattere più o meno apertamente speculativo (da Enciclopedia Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/rigenerazione-urbana_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/ ).
Perchè la “rigenerazione urbana” non consiste nel buttare giù un palazzo o un villino e ricostruirlo con un bel po’ di metri cubi in più, magari con materiali più ecologici, in centro come in periferia. “Rigenerazione urbana” vuol dire mettere al centro la vita delle persone, partire dalle zone con più problemi, affrontare le carenze di un territorio, ricostruire le comunità, coinvolgere gli imprenditori privati insieme ai residenti: progetti complessi, che non possono che essere guidati da un soggetto pubblico.
Legittimo che le categorie professionali e produttive invochino provvedimenti più favorevoli per i propri obiettivi, e sicuramente hanno ragione quando chiedono che siano migliorati i tempi morti della burocrazia, ma “semplificare” non può voler dire bypassare le decisioni pubbliche lasciando mano libera ai – legittimi – interessi privati. Per chi ha a cuore l’interesse generale, la guida pubblica delle trasformazioni urbane non è un limite e una complicazione, ma la base democratica a tutela dei cittadini e della conservazione del patrimonio collettivo per le future generazioni.
Soprattutto dopo questa drammatica esperienza della pandemia, che dovrebbe indurci a ripensare ai nostri modelli di sviluppo, economico e urbano.
Associazione Carteinregola
Roma, 7 settembre 2020
Riferimenti: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(1) Vedi: Rigenerazione urbana: giù la maschera – 4 settembre 2020
https://www.carteinregola.it/index.php/rigenerazione-urbana-giu-la-maschera/
(2) In un articolo su La Repubblica del 6 settembre 2020, intitolato Dl semplificazioni, ecco perché complica la transizione all’economia verde, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, rispettivamente ex presidente e membro del direttivo di Legambiente,entrambi ex senatori PD, oltre a lamentare le mancate misure del DL semplificazioni in materia di energia rinnovabile, chiariscono meglio la posizione dell’associazione ambientalista riguardo alle modifiche introdotte al Senato riguardanti la “rigenerazione urbana”, già oggetto di un comunicato congiunto di qualche giorno fa di Legambiente e ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) : “Le città italiane vanno “rigenerate” – scrivono ” per fare questo occorre rendere più semplice sul piano burocratico e autorizzativo l’opera di sostituzione edilizia [cioè demolizione e ricostruzione NDR] del tanto che va rifatto da zero e la riqualificazione delle innumerevoli aree degradate”. E su questo non possiamo che essere d’accordo. Ma, aggiungono, per effetto degli emendamenti citati, “la semplificazione esclude tutta la cosiddetta “città consolidata”: che non vuol dire soltanto i centri storici, ma anche buona parte delle città novecentesca. A Roma, per dire, l’area dove non varranno le semplificazioni si estende in alcuni casi fino a oltre il raccordo anulare!”. Legambiente continua quindi a voler ignorare ciò che è assai chiaro negli emendamenti contestati – e ripetuto più volte in questo articolo – , cioè che gli emendamenti non escludono affatto la rigenerazione urbana dalla città consolidata, nè le sostituzioni edilizie, ma le subordinano alla guida pubblica anzichè lasciare che – come accade oggi – sia affidata all’iniziativa dei privati che, grazie ai premi di cubatura, continuano a rivolgersi, per tali interventi, a molti tessuti storici che non sono certo da “rigenerare”. Concludono gli autori invocando”una svolta “green” nelle politiche economiche, energetiche, infrastrutturali, urbane, con una vera, concreta semplificazione normativa” , ribadendo lo “sconcerto per il fatto innegabile che questo decreto segna un punto a favore dei “complicatori” contro i “semplificatori“.