Cosa succede ai Musei con l’autonomia differenziata
Autore : Redazione
di Anna Maria Bianchi
in collaborazione con Angelina De Laurenzi archeologa
(Dal libro di Carteinregola Autonomia regionale differenziata PERCHE’ NO – Le 23 materie che possono cambiare i connotati al nostro Paese e ai diritti dei cittadini scaricabile gratuitamente a questo link)
In base all’art.116 comma 3 della Costituzione, così come modificato dalla Riforma del Titolo V del 2001, le Regioni possono chiedere la potestà della materia oggi di esclusiva dello Stato – “Tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (art 117 comma 2 lettera s) – e di una materia concorrente Stato/Regioni, “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” (art. 117 comma 3). Riguardo ai Beni culturali, oltre alle osservazioni già illustrate sulle potenziali ricadute dell’autonomia sulla tutela del Paesaggio [1], alcune ulteriori considerazioni vanno fatte su altre funzioni legate ai beni culturali, che riguardano musei e siti e luoghi di competenza della Soprintendenza statale sia per la tutela sia per la cosiddetta “valorizzazione”.
Possiamo immaginare gli scenari che si apriranno anche in questi ambiti leggendo le bozze delle richieste avanzate da Veneto, Lombardia, Emilia Romagna nel febbraio e poi nel maggio 2019, mai pubblicate ma ampiamente circolate.
L’Emilia Romagna aveva chiesto l’autonomia per entrambe le materie, sia per “ricostruire un sistema museale integrato” sia per ottenere le competenze legislative e amministrative relative alla valorizzazione dei musei presenti nel territorio regionale, compresi quelli di pertinenza statale, seppure nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale.
Veneto e Lombardia si erano spinte oltre, chiedendo il passaggio a istituende Soprintendenze regionali delle funzioni esercitate dalla Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio statale, con l’attribuzione delle relative risorse umane finanziarie e strumentali, e la competenza legislativa per i beni culturali presenti sul territorio regionale. In particolare la Lombardia aveva esplicitato la richiesta di una ventina di istituti e luoghi della cultura tra i quali la Pinacoteca di Brera, il palazzo ducale e il Museo archeologico di Mantova, Museo della Certosa di Pavia e altri.
Tali bozze erano ancora documenti “in fieri”, dato che su molti punti non c’era convergenza tra le richieste delle Regioni e le proposte o le riformulazioni dei Ministeri competenti, tuttavia possiamo immaginare che con il cambiamento di maggioranza politica alla guida del Paese alcune posizioni dei Ministeri potrebbero cambiare.
La situazione attuale della tutela archeologico – monumentale è quella del dopo “Riforma Franceschini” del 2020, con 20 musei autonomi e una rete di 17 Poli regionali [2], salvo alcune aree archeologiche. Tutti i musei e i siti archeologici di pertinenza statale fanno capo al Ministero, le direzioni regionali curano la valorizzazione dei musei e anche dei luoghi della cultura non dotati di autonomia, cioè il patrimonio diffuso, e le direzioni generali dei musei hanno la missione di valorizzare i siti minori. I proventi della bigliettazione sono reinvestiti nei beni culturali stessi, con la possibilità di utilizzarli per siti e beni culturali in zone molto diverse.
Con la autonomia differenziata si possono ipotizzare tre rischi principali:
1) La chiusura di molti musei e siti minori. L’afflusso di minori risorse – o una politica più “commerciale” – potrebbe spingere le Regioni a chiudere i siti che richiedono investimenti per garantire l’apertura e la manutenzione maggiori dei ricavi, investimenti oggi sostenuti dalla Soprintendenza statale, per concentrarsi solo sui siti di maggiore attrattività e redditività. I famosi “Livelli Essenziali di Prestazione” che dovrebbero assicurare una distribuzione delle risorse sui territori, dovrebbero essere garantiti anche per tutelare il patrimonio culturale diffuso nei Comuni, che se sottoposto al solo criterio economico potrebbe scomparire dai circuiti culturali. Inoltre anche i prezzi dei biglietti potrebbero diventare prerogativa regionale, con un innalzamento che può escludere molti residenti dalla fruizione di un patrimonio collettivo
2) La diminuzione della tutela archeologica. La tutela dei siti archeologiciè giàoggi spesso al centro di conflitti tra la Soprintendenza statale e le amministrazioni locali, più sensibili alle ragioni delle attivitàproduttive: con l’autonomia differenziata si può immaginare che la portata del Codice dei Beni culturali, oggi legge sovraordinata alla maggior parte delle norme di governo del territorio, persino rispetto ai poteri commissariali, potrebbe essere ridimensionata o comunque messa in secondo piano rispetto alle esigenze economiche del territorio
3) Le regole dell’amministrazione. L’autonomia consentirà alle Regioni di aggirare le prescrizioni stringenti della Soprintendenza statale anche per quanto riguarda le caratteristiche professionali degli addetti: come accade periodicamente nella Regione Sicilia, regione autonoma che può essere un significativo esempio degli scenari che possono aprirsi con il DDL Calderoli, i concorsi per le assunzioni o le funzioni dirigenziali che la normativa statale riserverebbe a archeologi, archivisti, storici dell’arte [3] potrebbero aprirsi a geometri e diplomati, o a laureati in materie non pertinenti.
Infine si moltiplicherebbe anche in questo campo l’effetto “Arlecchino”, con la frammentazione delle competenze della Soprintendenza statale tra Regioni a statuto ordinario che hanno chiesto l’autonomia, ma solo per alcune funzioni e Regioni che rimangono sotto la competenza statale.
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
13 maggio 2024
Il libro gratuito on line “Autonomia differenziata Perchè NO – Le 23 materie che possono cambiare i connotati al nostro Paese e ai diritti dei cittadini” a cura di Anna Maria Bianchi Missaglia e Pietro Spirito, con decine di interventi che spiegano cosa succederà al Paese e alle Regioni – e alle persone – più povere se l’ autonomia differenziata sarà approvata definitivamente. (> vai alla pagina per scaricarlo)
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ai a Appello di 70 intellettuali e associazioni per dire NO all’Autonomia differenziata che spezza l’Italia 26 aprile 2024
NOTE
[1] vedi il Capitolo a cura di Daniele Iacovone
[2] Ministero Beni culturali 27 10 2020 Musei, al via la rivoluzione di Franceschini, direttori selezionati con bandi internazionali https://www.beniculturali.it/comunicato/musei-al-via-la-rivoluzione-di-franceschini-direttori-selezionati-con-bandi-internazionali-franceschini-italia-volta-pagina-nasce-sistema-museale-nazionale
[3] professionisti dei beni culturali” (art. 9bis del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio*). Si veda per esempio CHI DIRIGE GLI ENTI DI TUTELA IN SICILIA NON HA MAI FATTO UN CONCORSO PER I BENI CULTURALI sul sito archeologi italiani https://www.archeologi-italiani.it/2023/09/22/chi-dirige-gli-enti-di-tutela-in-sicilia-non-ha-mai-fatto-un-concorso-per-i-beni-culturali/
(*) Art. 9-bis. Professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali
1. In conformità a quanto disposto dagli articoli 4 e 7 e fatte salve le competenze degli operatori delle professioni già regolamentate, gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione dei beni stessi, di cui ai titoli I e II della parte seconda del presente codice, sono affidati alla responsabilità e all’attuazione, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale.