Decreto Minniti: in Italia costruiamo muri con le norme
Autore : Redazione
Su una causa di sfratto puoi proporre appello, sull’esercizio
d’un diritto fondamentale (l’asilo) invece no.
Pubblichiamo un articolo de L’espresso (in edicola) del costituzionalista Michele Ainis sul decreto Minniti, di cui denuncia “le scelte subdole, in contrasto con i principi della nostra civiltà giuridica”. Scelte che “non negano – almeno formalmente – il diritto d’asilo, però lo rendono più arduo, lo trasformano in uno slalom burocratico e in una giostra giudiziaria. Violano perciò al contempo
il giusto processo (articolo 111 della Costituzione), il diritto al contraddittorio (articolo 6 della Convenzione europea sui diritti umani), il diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione)“. Ma di quelle scelte, dice Ainis, “a farne le spese sono sempre loro, il popolo degli immigrati. Ma ne riceviamo un danno anche noialtri, italiani a 24 carati. Perché i diritti sono di tutti
o di nessuno“. (AMBM)
(dall’Espresso in edicola dal 23 aprile 2017)
Il diktat Minniti è l’ultimo muro
di Michele Ainis
[le note con gli approfondimenti sono nostre]
La legge approvata dal Parlamento nega le garanzie giuridiche agli immigrati e trasforma il diritto all’asilo in uno slalom burocratico. Ma in questo modo rendiamo solo più fragile lo Stato. E ne pagheremo tutti il prezzo
In Ungheria alzano muri di mattoni;
in Italia costruiamo muri con le norme. Cambiano gli strumenti, non gli effetti, non i bersagli di questa fobia securitaria. A farne le spese sono sempre loro, il popolo degli immigrati. Ma ne riceviamo un danno anche noialtri, italiani a 24 carati. Perché i diritti sono di tutti
o di nessuno. E perché, negando agli immigrati le loro garanzie giuridiche, violando l’autorità della Costituzione, rendiamo più fragile il nostro Stato
di diritto. Con la paradossale conseguenza di diventare più deboli
e insicuri, non più forti, non più sicuri.
L’ultima pietra deposta su questo muro normativo consiste nel decreto Minniti (1), approvato in Parlamento – con il ricatto del voto di fiducia – lo scorso 12 aprile. Ma il muro c’era già, con la sua base
di cemento armato: la legge Bossi-Fini (2), timbrata nel 2002 dal secondo governo Berlusconi. Quella legge cancellò il sistema dello sponsor per la chiamata diretta degli extracomunitari, previsto dalla legge preesistente (la Turco-Napolitano)(3). Comminò l’arresto per chi offrisse lavoro a un immigrato irregolare. Pose limiti drastici ai ricongiungimenti familiari. Ridusse la durata del permesso di soggiorno (da 5 a 2 anni). Infine rafforzò i poteri della Marina militare.
La Bossi-Fini è figlia d’una stagione politica ormai sommersa dalla polvere del tempo. Eppure resta lì, immarcescibile, inossidabile. Da qualche settimana un arco d’associazioni e di personalità istituzionali sta raccogliendo firme per abrogarla con legge popolare; auguri, ma le speranze di successo sono quasi zero. Si tratterebbe infatti di picconare un muro che viceversa cresce a dismisura. Con il reato di clandestinità, benché nel 2014 sia stato trasformato in illecito amministrativo (4). Con le vessazioni burocratiche: a un cittadino bastano 30 giorni per rinnovare il passaporto, a uno straniero ne servono 291 per rinnovare il permesso di soggiorno.
Con i diritti negati, dalla cittadinanza alla legge sul diritto d’asilo, promessa (invano) dall’articolo 10 della Costituzione (5). Nel frattempo gli italiani residenti all’estero votano ma non pagano le tasse; gli immigrati regolari sono 6 milioni, con le loro tasse pagano le nostre pensioni (640 mila l’anno scorso), però sono condannati all’astensione dal voto.
Ecco, è su questa costruzione normativa che s’innesta il decreto Minniti, aggiungendovi altri tre mattoni. Nell’ordine: via i Cie (Centri di identificazione ed espulsione), arrivano
i Cpr (Centri permanenti per il rimpatrio), più numerosi, più sorvegliati, più capienti. Via l’udienza davanti a un magistrato per chi impugni il diniego d’asilo (il giudice si limiterà a guardare un video registrato, senza contaminarsi con un contatto fisico). Via l’appello contro la sentenza di rifiuto, all’immigrato rimarrà soltanto
il ricorso in Cassazione.
Diciamolo: sono scelte subdole, in contrasto con i principi della nostra civiltà giuridica. Non negano – almeno formalmente – il diritto d’asilo, però lo rendono più arduo, lo trasformano in uno slalom burocratico e in una giostra giudiziaria. Violano perciò al contempo
il giusto processo (articolo 111 della Costituzione) (6), il diritto al contraddittorio (articolo 6 della Convenzione europea sui diritti umani) (7), il diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione) (8). È grave l’annullamento dell’udienza, anche se
il ministro Orlando ha obiettato che
il migrante può pur sempre richiederla; peccato tuttavia che così il diritto soggettivo si converta in una supplica
al sovrano. È altrettanto grave la cancellazione del doppio grado di giudizio, benché il suo fondamento costituzionale resti incerto (fra i costituzionalisti lo sosteneva però, già nel 1993, un saggio di Giovanni Serges). Ed è gravissima la discriminazione fra noi e loro, fra gli italiani e gli stranieri. Col risultato che su una causa di sfratto puoi proporre appello, sull’esercizio
d’un diritto fondamentale (l’asilo) invece no. Più che un decreto, questo di Minniti è un diktat.
23 aprile 2017
(1) IL DECRETO “MINNITI”sull’immigrazione è stato approvato dal Senato il 29 marzo con il maxi emendamento e la fiducia che ne blindava il testo. Ora il decreto passerà alla Camera, per l’ultimo voto, con un esito scontato, essendo lì i numeri ancor più certi di quelli del Senato. Il decreto è stato in parte modificato accogliendo alcune osservazioni contenute negli emendamenti dei senatori (> Vedi articolo Luca Sappino su Left)
(dal sito del Senato) Decreto-legge su contrasto all’immigrazione illegale L’Assemblea, nella seduta antimeridiana di mercoledì 29 marzo, con 145 voti favorevoli, 107 contrari e un astenuto, ha rinnovato la fiducia al Governo approvando l’emendamento interamente sostitutivo dell’articolo unico del ddl n. 2705, di conversione in legge del decreto-legge n. 13 (scade il 18 aprile), in materia di contrasto dell’immigrazione illegale. L’esame del provvedimento passa alla Camera dei deputati. Dossier di documentazione
vedi anche
(5) Art. 10 Costituzione Italiana:
(6)
Articolo 111 Costituzione Italiana
La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati [cfr. artt. 13 c.2 , 14 c.2 , 15 c.2 , 21 c.3].
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale [cfr. art. 13], pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge [cfr. art. 137 c.3]. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra [cfr. art. 103 c.3 , VI c.2].
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione [cfr. art. 103 c.1,2].
(7) Convenzione europea per i diritti dell’uomo
Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
Articolo 6 – Diritto ad un processo equo.
- Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala d’udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità può pregiudicare gli interessi della giustizia.
- Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.
- In particolare, ogni accusato ha diritto a:
- essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico;
- disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;
- difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;
- esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;
- farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata all’udienza.
(8) Articolo 24 Costituzione Italiana
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr. art. 113].
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari