Food for profit, film documentario di Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi
Autore : Redazione
Ha fatto scalpore il film documentariodi Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi che dimostra il forte legame tra politica, industria della carne e allevamenti intensivi, settore che, grazie alla Politica Agricola Comune (PAC), riceverà 387 miliardi di euro di soldi pubblici in 7 anni, fino al 2027.
Riportiamo due commenti, uno di LAV, che ha collaborato alle inchieste in alcuni allevamenti in Italia, Germania, Polonia e Spagna, e uno di The Good Lobby Italia, sull’ intreccio di conflitti d’interessi, lobbying opaco (soprattutto in contesti nazionali come l’Italia, che non hanno una regolamentazione), crudeltà verso gli animali e gravi danni ambientali e climatici.
Food for Profitcontinua la sua corsa, il docufilm di Giulia Innocenzi e Pablo d’Ambrosi, al quale abbiamo collaborato coordinando le indagini e contribuendo alla produzione, da oltre due mesi sta facendo il giro dell’Italia e non solo, domenica 5 è stato trasmesso in anteprima sulla TV nazionale da Report. Food for Profit è un documentario necessario, che mostra chiaramente come gli interessi portati avanti dalle grandi lobby dell’industria zootecnica prevalgono su tutti gli altri, a scapito in primis della trasparenza che istituzioni democratiche come quelle europee devono garantire, e delle strategie volute proprio dalla Commissione e dal Parlamento UE che fanno parte del Green Deal, il patto verde approvato nel 2019 e fondamentale per affrontare le emergenze che ci troviamo davanti – cambiamento climatico, perdita di biodiversità, emergenza di malattie con forte potenziale pandemico, come l’antimicrobico resistenza e l’influenza aviaria – strettamente collegate al modo in cui questo sistema di produzione sfrutta e maltratta miliardi di animali.
LAV è stata fortemente coinvolta in questo progetto, durato 5 anni, supportandone la realizzazione, coordinando le attività d’inchiesta negli allevamenti che si vedono nel film, infine contribuendo alla sua diffusione, a partire dal lancio a Bruxelles proprio dentro al Parlamento Europeo, dove vengono prese le decisioni che riguardano i quasi 400 miliardi in 5 anni della Politica Agricola Comune.
La PAC è un imponente strumento di politica che delinea a chi vanno i fondi in tema di agricoltura, sostenibilità, tutela degli animali – circa 40% del budget comunitario finisce infatti nella PAC.
Da decenni portiamo avanti campagne e azioni legali per cambiare le condizioni degli animali sfruttati dall’industria zootecnica, 630 milioni gli animali terrestri macellati solo in Italia ogni anno: 5 sono le settimane di vita media dei polli broiler, 99% dei polli (“spacchettati in” petto, cosce, o altro) che si trovano al supermercato. Sono dati impressionanti e strettamente connessi alla distruzione ambientale e all’emergenza climatica, ma anche alle condizioni di sfruttamento di chi lavora in allevamenti e macelli e alla salute di tutti noi.
La politica ha la responsabilità di farsi carico di questa emergenza e invertire la rotta.
Il problema dell’agricoltura europea, infatti, non sono le politiche di “greening”, ovvero volte a ridurre i devastanti impatti ambientali e sul clima di questa attività, bensì le concentrazioni di potere in questo mercato e lo strapotere dell’agri-industria, come è corretto chiamarla.
In vista delle elezioni europee che si terranno l’8 e il 9 giugno, abbiamo lanciato la campagna Vote for animals – Anche gli animali votano insieme ad altre organizzazioni italiane ed europee, per presentare un manifesto di 10 punti programmatici e chiedere ai candidati eurodeputati di sottoscrivere questi impegni.
I risultati degli incontri in corso saranno pubblicati sul sito e riporteranno i nomi di chi avrà sottoscritto gli impegni, e chi no. Cinque di questi impegni riguardano la tutela degli animali allevati, il trasporto di animali vivi, la necessità di favorire la transizione alimentare con politiche adeguate, a partire da una Politica agricola comune diversa.
Sono recenti le notizie che due degli eurodeputati protagonisti del docufilm, l’italiano Paolo De Castro e la spagnola Clara Aguilera, non verranno ricandidati per queste elezioni, mentre l’italiana Isabella Tovaglieri si ripresenterà.
Food for Profit impone una riflessione sul futuro che vogliamo in Europa e ci impone di decidere da che parte schierarci.
Food for Profit: quali legami tra politica, industria della carne e allevamenti intensivi?
“Food for Profit” è il film documentario di Giulia Innocenzi e Paolo D’Ambrosi che dimostra il forte legame tra politica, industria della carne e allevamenti intensivi, settore che, grazie alla Politica Agricola Comune (PAC), riceverà 387 miliardi di euro di soldi pubblici in 7 anni, fino al 2027.
di Fabio Rotondo
Il documentario rivela come il settore degli allevamenti intensivi e della produzione industriale di carne sia un intreccio di conflitti d’interessi, lobbying opaco (soprattutto in contesti nazionali come l’Italia, che non hanno una regolamentazione), crudeltà verso gli animali e gravi danni ambientali e climatici.
Uno dei casi più eclatanti di conflitto d’interessi è quello dell’eurodeputata spagnola Clara Aguilera, figura chiave della Commissione Agricoltura, che è proprietaria di allevamenti e membro di associazioni di allevatori. Dopo l’uscita del documentario, ha dichiarato che non si ricandiderà più e ha accettato un’offerta nel settore privato dell’agroalimentare, dove inizierà a lavorare dopo i 6 mesi diperiodo di raffreddamento (secondo la nuova, seppur insufficiente, norma europea sulle porte girevoli, rivista dopo lo scandalo Qatargate, che invece manca totalmente in Italia).
Un altro noto caso di conflitto d’interessi riguarda l’eurodeputato italiano Paolo De Castro, che in Commissione Agricoltura difende apertamente gli allevamenti intensivi e, contemporaneamente, è presidente della fondazione Filiera Italia (che include grandi realtà dell’industria come Cremonini, Amadori, McDonald’s), da cui percepisce 25.000 euro all’anno, come dichiarato nel documento sui conflitti d’interessi. Come può scegliere per il bene comune durante le votazioni in Commissione Agricoltura se è presidente di una fondazione del genere?
Il documentario mostra anche come il lobbying sia uno strumento ampiamente utilizzato dal settore della carne. Un lobbista infiltrato, Lorenzo Mineo, incontra altri lobbisti dell’agribusiness durante i congressi del settore a Bruxelles, dove viene indirizzato verso alcuni politici chiave per proporre progetti terribili, e per fortuna finti, per aumentare la produzione di carne. I lobbisti lavorano sodo anche per ritardare leggi sul benessere animale e assicurare che i finanziamenti europei vadano all’agribusiness. Come dice Aneta Goliat, sindaca polacca di Zuromin, città devastata dagli allevamenti intensivi: “I politici locali vengono finanziati dalle grandi aziende di carne, sono una lobby potentissima e il lobbying deve essere regolamentato”.
Mentre in Unione Europea, dopo lo scandalo Qatargate, sono state introdotte alcune riforme per rendere più trasparente il lobbying e regolare meglio i conflitti d’interessi, in Italia si attende una legge da oltre 50 anni. A inizio legislatura, le minoranze hanno presentato delle proposte di legge, rendendo l’Italia il Paese con più proposte di legge sul lobbying mai presentate al mondo (108). Il Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Nazario Pagano di Forza Italia, aveva annunciato un testo base entro maggio, ma non si hanno notizie da mesi.