Una riflessione sulla incoerente – e autolesionistica – posizione di Fratelli d’Italia sull’Autonomia Regionale Differenziata
Il 23 gennaio 2024 è stato approvato in Senato il Disegno di Legge Calderoli che attribuisce alle Regioni la facoltà di chiedere la cosiddetta “Autonomia Regionale Differenziata”, cioè assumere la potestà legislativa e tutte le competenze gestionali di fino a 23 materie, 20 ora concorrenti Stato/Regioni (tra le quali sicurezza del lavoro, protezione civile, governo del territorio, porti e aeroporti civili, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e molte altre), 3 ora di esclusiva competenza dello Stato (tra le quali norme generali sull’istruzione e tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali).
In pratica l’Italia potrebbe essere smembrata in tante repubblichette, ognuna con le sue leggi e con una diversa offerta di servizi ai cittadini, finanziati da una grossa fetta del gettito fiscale della Regione stessa, senza alcuna certezza che lo Stato possa garantire i cosiddetti “LEP” (Livelli Essenziali delle Prestazioni), compensando i minori introiti delle Regioni più povere, dato che la legge stessa prevede che “Dall’applicazione della presente legge e di ciascuna Intesa [stipulata con le singole Regioni] non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“.
Nel momento della votazione, dalle fila dei senatori leghisti è stato sventolato il Gonfalone della Serenissima con il Leone di Venezia (1), da sempre utilizzato dalla Lega per rivendicare l’appartenenza veneta in concorrenza con quella italiana. Nel 2018 il Presidente Zaia aveva addirittura inserito in una legge regionale l’obbligo ad esporre il Gonfalone in tutti gli edifici pubblici della Regione (Prefetture, Tribunali, Comuni, caserme e comandi delle forze dell’ordine) (2), iniziativa poi impugnata dal Governo e bocciata dalla Corte Costituzionale (3).
Una vittoria, l’approvazione dell’AD, in continuità con il progetto secessionista della Lega Nord, che, lo ricordiamo, è nata alla fine degli anni ’80 con il nome ufficiale e completo Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Un progetto da sempre agli antipodi della visione “patriottica” della destra.
Poco prima della votazione in Senato, nel suo intervento il Senatore di Fratelli d’Italia Andrea De Priamo aveva ricordato che l’Autonomia differenziata era nel programma elettorale di Giorgia Meloni per le elezioni politiche del 2022 (4). Però se riprendiamo il programma del settembre 2022 di FdI, quanto annunciato non era proprio identico a quanto poi approvato.
Al punto 24, “Presidenzialismo, stabilità di governo e Stato efficiente” si legge: “…Attuazione virtuosa di federalismo fiscale e autonomie, con completa definizione dei livelli essenziali delle prestazioni [LEP ndr] e corretto funzionamento del fondo di perequazione, per assicurare coesione e unità nazionale...” (5)
E, si suppone in questo senso, lo stesso De Priamo aveva presentato un emendamento in Commissione che modificava l’Art. 4 comma 1 del DDL Calderoli inserendo “con il medesimo provvedimento legislativo di stanziamento delle risorse finanziarie a copertura degli eventuali maggiori oneri per l’esercizio delle funzioni riferibili ai LEP oggetto di trasferimento alle Regioni, sono contestualmente incrementate le risorse volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni” (6). Tale emendamento però è stato bocciato – come analoghi emendamenti delle opposizioni – a detta dello stesso De Priamo (7) dal MEF (8) – , ed è poi stata approvata dal Senato una sua versione riformulata, che praticamente annulla la proposta precedente (9), dato che – sempre riferisce De Priamo – ” [il MEF] ha giustamente inserito la contestualità del bilancio“. Cioè, leggendo le modifiche rispetto all’emendamento presentato in Commissione, ha subordinato ancora una volta l’incremento delle risorse agli “obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio” e aggiunto il rispetto, appunto, del comma che specifica che “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (10).
Ma l’aspetto più paradossale è il drastico abbandono, da parte di un partito che ha ancora nel simbolo la Fiamma tricolore, della difesa dell’unità della Nazione contrapposta al regionalismo, contro il quale si era pronunciato il fondatore del Movimento Sociale Italiano – stessa Fiamma tricolore nel simbolo – Giorgio Almirante, in un lungo discorso del 26 gennaio 1970 a proposito di una legge che prevedeva l’attribuzione alle Regioni delle materie indicate nell’art. 117 della Costituzione. Lo riporta il sito della Fondazione Giorgio Almirante, che premette che “si tratta di una norma fondamentale, il Msi-Dn intravede in essa un primo passaggio verso lo Stato federale a cui si oppone con decisione“(11).
Ma molto più recentemente, siamo nel 2014, l’allora deputata Giorgia Meloni aveva presentato insieme a Cirielli una proposta di Legge costituzionale per l’abolizione delle Regioni, prevedendo al contempo la nascita di “36 centri propulsori della gestione amministrativa della cosa pubblica”. Nella premessa all’articolato si legge che “nonostante una riscrittura complessiva del sistema delle autonomie (e forse proprio a causa di tale riforma di rango costituzionale, risalente al 2001 [la riforma che ha creato le premesse dell’autonomia differenziata NDR] e i cui esiti di segno negativo appaiono ormai in tutta la loro evidenza), emerge con drammaticità la mancanza di un disegno sistemico su cui fondare una progettualità territoriale (e amministrativa) capace di esprimere una visione coerente per il futuro, efficacemente capace di cogliere i bisogni del corpo sociale”. Poco oltre si parla di “aprire la strada per un rinnovamento generale che passi attraverso un’ampia discussione parlamentare, un proficuo dibattito con il mondo accademico e produttivo del nostro Paese e, ovviamente, un confronto aperto con tutti gli enti locali”(12).
Dopo 10 anni,è proprio la Presidente Meloni a mettere in atto la riforma che attribuisce enormi autonomie alle Regioni, e all’insaputa della stragrande maggioranza degli italiani.
E ci ricorda Vincenzo Bisbiglia su Il Fatto Quotidiano” che il 5 ottobre 2017 sempre l’attuale presidente del Consiglio affidava a una lettera aperta pubblicata sul quotidiano Libero con il titolo: “No all’autonomia, porta alla secessione“ le seguenti parole: “Non credo nelle ‘piccole Patrie’: nessuna concessione da parte mia a spinte indipendentiste“(13).
Cosa può spingere un partito da sempre fondato sull’unità e sull’identità nazionale, ad archiviare così facilmente la propria storia? Lo scambio con l’introduzione del premierato, che procede in parallelo al percorso per l’autonomia differenziata, sembra, anche da un punto di vista opportunistico, un ben magro bottino, dato che, con il passaggio dei poteri, delle risorse, del personale, delle strutture collegate alla gestione di tante fondamentali materie alle Regioni che ne faranno richiesta, il potere dello Stato centrale diventerà ben poca cosa.
Per non parlare della prospettiva, tutt’altro che fantascientifica (14), che le neo Regioni autonome del ricco Nord decidano di dare luogo a una qualche forma di federazione, portando finalmente a compimento il sogno di Bossi e della Lega Nord. Una “neo Padania” (15).
Anna Maria Bianchi Missaglia
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(2) LEGGE REGIONALE n. 28 del 05 settembre 2017 Nuove disposizioni in materia di uso dei simboli ufficiali della Regione del Veneto modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 maggio 1975, n. 56 “Gonfalone e stemma della Regione”.> vai alla legge pubblicata sul BUR
(4) ( da Resoconto seduta n. 148 pag. 30 ) “...voglio anche ricordare alla senatrice Ca-stellone, tramite lei, signor Presidente, che il programma di Giorgia Meloni è stato presentato prima delle elezioni agli italiani, che poi l’hanno votato, e comprendeva anche l’autonomia differenziata. (Applausi)“.(scarica il resoconto della seduta)
(6) Fascicolo emendamenti N. 1 – A.S. 615 emendamento 4.203 – De Priamo, Lisei, Spinelli Al comma 1, in fine, sostituire le parole: «e con riferimento all’intero territorio nazionale al fine di evitare disparità di trattamento tra Regioni» con le seguenti:«. In quest’ultimo caso con il medesimo provvedimento legislativo di stanziamento delle risorse finanziarie a copertura degli eventuali maggiori oneri per l’esercizio delle funzioni riferibili ai LEP oggetto di trasferimento alle Regioni, sono contestualmente incrementate le risorse volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni.»
(8) dall'” ’intervista al senatore Andrea De Priamo di Radio Radicale: “…questo emendamento noi l’avevamo presentato come tutti gli altri anche in Commissione, poi in Commissione aveva avuto una lettura che non ci soddisfaceva perché non esplicitava il fatto delle regioni che non chiedessero autonomia… l’abbiamo quindi ripresentato in aula, poi la Commissione V Bilancio ci aveva proposto una riformulazione, che comunque c’ è andata bene perché esprimeva quel concetto che ho appena detto, quindi la Lega, il ministro Calderoli, aveva dato parere favorevole fin dall’ inizio, il problema è stato solo con il MEF, che concretamente ha giustamente inserito la contestualità del bilancio...”
Art. 4. (Trasferimento delle funzioni) comma 1. Il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, concernenti materie o ambiti di materie riferibili ai LEP di cui all’articolo 3, può essere effettuato, secondo le modalità e le procedure di quantificazione individuate dalle singole intese, soltanto dopo la determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard, nei limiti delle risorse rese disponibili nella legge di bilancio. Qualora dalla determinazione dei LEP di cui al primo periodo derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si può procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio e con riferimento all’intero territorio nazionale al fine di evitare disparità di trattamento tra Regioni. volte ad assicurare i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale, ivi comprese le Regioni che non hanno sottoscritto le intese, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni, cooerentemente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica e con gli equilibri di bilancio, nel rispetto dell’art. 9 della presente legge (*) e della lettera d) del comma 793 dell’art. 1 della legge n.197/2022 (**)
(*) DDL 615 Art. 9. (Clausole finanziarie)
1. Dall’applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 4, comma 1, il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto dell’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e degli equilibri di bilancio.
3. Per le singole Regioni che non siano parte delle intese approvate con legge in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione,è garantita l’invarianza finanziaria nonché il finanziamento delle iniziative finalizzate ad attuare le previsioni di cui all’articolo 119, terzo, quinto e sesto comma, della Costituzione. Le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l’entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all’attuazione dei LEP di cui all’articolo 3. È comunque garantita la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
4. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, resta ferma la possibilità di prevedere anche per le Regioni che hanno sottoscritto le intese, ai sensi dell’articolo 2, il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, tenendo conto delle vigenti regole di bilancio e delle relative procedure, nonché di quelle conseguenti al processo di riforma del quadro della governance economica avviato dalle istituzioni dell’Unione europea.
La Cabina di regia, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e in coerenza con i relativi obiettivi programmati, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) effettua, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, una ricognizione della normativa statale e delle funzioni esercitate dallo Stato e dalle regioni a statuto ordinario in ognuna delle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
b) effettua, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, una ricognizione della spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio, sostenuta dallo Stato in ciascuna regione perl’insieme delle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per ciascuna materia e per ciascuna funzione esercitata dallo Stato;
c) individua, con il supporto delle amministrazioni competentiper materia, le materie o gli ambiti di materie che sono riferibiliai LEP, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissionetecnica per i fabbisogni standard;
d) determina, nel rispetto dell’articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e, comunque, nell’ambito degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente, i LEP, sulla base delle ipotesi tecniche formulate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard, ai sensi dell’articolo 1, comma 29-bis, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, predisposte secondo il procedimento e le metodologie di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b), c), e) e f), del decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, ed elaborate con l’ausilio della societa’ Soluzioni per il sistema economico – SOSE Spa, in collaborazione con l’Istituto nazionale di statistica e con la struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle regioni e delle province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO) delle regioni. (10) insieme a un comma della legge di bilancio 2022 che riguarda la Cabina di regia per la determinazione dei LEP (vedi sopra **).
(10) insieme a un comma della legge di bilancio 2022 che riguarda la Cabina di regia per la determinazione dei LEP (vedi sopra **).
(12) il 15 gennaio 2014 veniva presentata a firma Edmondo Cirielli e Giorgia Meloni una proposta di legge costituzionale per abolire le Regioni che “mirava a creare – secondo le indicazioni fornite dalla Società geografica italiana – una riarticolazione territoriale politico- amministrativa che preveda, in sostitu- zione delle attuali province e degli attuali confini regionali, 36 nuove regioni, nell’ot- tica di farle divenire – secondo canoni di adeguatezza e di proporzionalità – i centri propulsori della gestione amministrativa della cosa pubblica” scarica La proposta Meloni Cirielli
(…)Un secondo fatto nuovo è dato dalla piena emersione del disegno politico che, abbandonando l’obiettivo di superare il divario Nord-Sud, assume il separatismo nordista come necessario a consentire alla parte più forte ed efficiente del paese di agganciarsi all’Europa. Era già vero – ma a futura memoria – con i pre-accordi Gentiloni-Bressa. Ora, la partita è concreta ed attuale. A quanto già scritto su queste pagine, possiamo aggiungere il richiamo a un intervista di Cirio, neo-governatore del Piemonte, sul Tempo del 24 giugno. «Noi siamo vicini a regioni come Lombardia e Liguria … e penso sia utile muoverci in maniera sinergica anche nella gestione delle competenze. Farci sentire come macroregione unita sarà importante per aumentare la nostra massa critica, non soltanto verso Roma, ma anche nei confronti di Bruxelles». Per questo, il neo governatore intende ampliare la richiesta piemontese di autonomia, allineandosi a quella lombarda. Il tutto condito dalle solite banalità: «L’autonomia è responsabilità. Avremo un’Italia migliore». Alla Padania di un tempo si è sostituito il grande Nord, che vede unite da un patto sinergico le regioni dell’arco alpino più l’Emilia-Romagna. Tutte mirano ad acquisire le competenze necessarie non ad «efficientare» il paese, ma a farsi Stato. (…)
Il 15 settembre 1996 a Venezia, nel corso di una manifestazione della Lega Nord, Umberto Bossi proclamò la Dichiarazione di indipendenza della Padania, come inizio di un processo di nation-building teso alla realizzazione ufficiale della Repubblica Federale Padana.
Il 25 maggio 1997 il partito organizzò il Referendum per l’Indipendenza della Padania, con il quesito: “Volete Voi che la Padania diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?”. Votarono 4.833.863 persone e il risultato fu del 97% di consenso.Il 26 ottobre 1997 la Lega Nord organizzò le prime elezioni per i 210 seggi di un parlamento ombra.
Le rivendicazioni politiche padane ricomprendono un territorio maggiore di quello riconducibile al significato geografico del termine Padania, che è geograficamente riferito alla sola Pianura Padana, sebbene in origine la Lega includesse unicamente le otto regioni settentrionali. La Lega Nord affermò dunque che il progetto della Padania comprendesse sia tutte le otto regioni dell’Italia settentrionale più le regioni dell’Italia centrale Toscana, Umbria e Marche mentre al 2011 la sua attività si è estesa anche in Abruzzo e Sardegna.. Secondo l’art. 2 dello Statuto 2012, la Lega Nord considera il Movimento come una Confederazione delle Sezioni delle seguenti Nazioni:[Friuli Venezia Giulia, Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Trentino, Alto Adige, Veneto, Emilia, Romagna,Toscana, Umbria, Marche e Abruzzo.
(…)
Negli anni successivi, e in particolare dopo il Congresso di Varese, il tentativo di secessione fu parzialmente abbandonato a favore di un progetto di devoluzione, ovverosia del trasferimento di una parte significativa delle competenze legislative e amministrative dallo Stato centrale alle regioni, e del federalismo fiscale. Una prima riforma della costituzione verso una maggiore autonomia delle regioni è stata approvata nel 2001. Una seconda riforma parzialmente in questo senso del 2005 è stata invece bocciata dal referendum costituzionale del 2006.
Con la segreteria di Matteo Salvini, l’indipendentismo padano è stato accantonato; comunque le velleità secessionistiche non sono scomparse, essendo state bensì indirizzate verso piccoli movimenti politici soprattutto veneti, lombardi e friulani.