Il decreto semplificazioni del 2020 e l’ennesima mancata tutela della Città storica
Autore : Redazione
Una disamina delle modifiche introdotte dal Decreto semplificazioni del 2020 rispetto alle tutele per i tessuti storici in caso di interventi di sostituzione edilizia – demolizione e ricostruzione- ulteriormente incentivati dal decreto.
Era troppo bello per essere vero.
Il pandemonio scatenato da due modifiche al testo unico dell’edilizia nell’estate 2020 contenute nel cosiddetto “Decreto Semplificazioni” ci aveva indotto a pensare che fosse la volta buona, che dopo une lunga serie di leggi che in nome della “semplificazione” regalavano sempre più margini di manovra agli operatori privati del settore immobiliare, togliendone sempre più al governo pubblico del territorio, finalmente arrivasse un provvedimento che, sì ampliava ancora di più le possibilità di intervento di sostituzione edilizia, però questa volta almeno mettendo qualche paletto a difesa dei tessuti storici delle città. Per l’esattezza a difesa delle “zone omogenee “A”[i], che non sono un insieme di singoli edifici, ma tessuti urbanistici, i più centrali e i più esposti alle speculazioni, quelli che costituiscono il prezioso paesaggio urbano, la memoria e l’identità di una città.
Invece non è stato così, anche questa volta.
Ecco com’è andata.
Il 16 luglio 2020 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il testo del decreto che contiene l’art. 10 Semplificazioni e altre misure in materia edilizia, che introduce varie modifiche al testo unico dell’Edilizia[ii].
In particolare l’articolo introduce modifiche che riguardano le demolizioni e ricostruzioni di edifici, con cambiamenti importanti rispetto alla sagoma, le altezze e le caratteristiche, modifiche che prevedono, ragionevolmente, per le zone omogenee “A”[i], delle esclusioni negli articoli che “allentano le regole”.
Il decreto[iii] passa all’esame delle Commissioni del Senato, e, in sede parlamentare, vengono introdotti ulteriori emendamenti, in particolare dalla senatrice De Petris (gruppo misto – Sinistra italiana), che apportano altre modifiche sempre nella direzione della tutela dei tessuti storici a fronte di un allargamento degli interventi assai impattanti che il decreto ha introdotto [iv].
In pochi giorni si scatena la bagarre: in particolare un durissimo comunicato stampa di Ance e ACER, Federlazio e Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma del 4 agosto, attacca alzo zero il provvedimento, in particolare per le ricadute sulla Capitale. Le categorie dei costruttori e l’ordine chiedono alla politica un rapido intervento emendativo perché, secondo loro, il testo, “ove non modificatocomporterebbe gravissime conseguenze con un salto indietro normativo di oltre 15 anni”,“questa formulazione legislativa inasprita nei confronti degli immobili situati nelle aree con vincolo paesistico e di quelli in zona omogenea “A” finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana, dal momento che costringerebbe in caso di demolizione e ricostruzione, a rispettare tutte le caratteristiche dell’edificio preesistente (sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetrica e tipologiche) senza consentire alcun tipo di variazione”[v].
In realtà rispetto a una delle due modifiche “incriminate”, Art. 2-bis. (L) – Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati [vi],quella che sembra più stringente, anche i professionisti – ma anche noi – non si accorgono che la vaghezza del testo cela in realtà una fattispecie molto più ristretta: infatti l’obbligo di “piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati di competenza comunale” – che sembrava riferito a tutti gli interventi di demolizione e ricostruzione nelle zone omogenee A – si riferisce solo a interventi in deroga alla distanza tra i fabbricati, come da titolo dell’articolo (e come illustra la Nota di lettura del Senato[vii] che accompagna il testo, e come spiegherà la successiva Circolare congiunta del Ministero[viii]). Una tutela troppo limitata, ma comunque necessaria, se si pensa ai tantissimi interventi già realizzati con il “Piano casa” della Regione Lazio e altrove, che consentiva di tirar su palazzi dentro i cortili, aumentando le cubature di capannoni al piano terra per ricostruirne le cubature in verticale, a pochi metri dalle finestre delle case affacciate ai cortili.
Molto più ambigua la modifica dell’Art. 3 (L) – Definizioni degli interventi ediliziche riguarda gli interventi di “ristrutturazione edilizia[ix], dove in ballo c’è la possibilità o meno di dover ottenere il Permesso di Costruire (PdC) per le operazioni edilizie più impattanti.
Il Decreto semplificazioni introduce nella categoria “ristrutturazione edilizia”, che non comporta la richiesta del PdC, nuove fattispecie di interventi che riguardanola “demolizione e ricostruzione di edifici esistenti”, anche “con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico”. Inoltre specifica che “L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”. Il decreto stesso però, originariamente, faceva eccezione per gli interventi sugli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice del Paesaggio e su quelli ubicati nelle zone omogenee A, che si dovevano considerare “interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”. Senza ulteriori distinguo e specificazioni.
Gli emendamenti successivi poi avevano aggiunto alle “Zone omogenee A” l’inciso “o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico”, ma anche la precisazione “fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici”. Unafrase, quest’ultima, assai sibillina, che, come vedremo, ha esposto la norma a interpretazioni che ne hanno completamente vanificato la sua funzione originaria di strumento di tutela: infatti due mesi dopo l’approvazione definitiva della legge, nella Circolare congiunta Mit-Funzione Pubblica su edilizia [vii] pubblicata sul sito del Ministero il 21 dicembre 2020, anche grazie a quel provvidenziale inciso, la prescrizione normativa diventa tutt’altro che perentoria[x].
La Circolare, pur annunciando nelle premesse che le due modifiche al Testo Unico di cui parliamo sono state introdotte per rispondere a “due esigenze concorrenti: da un lato, la volontà di introdurre previsioni volte a rendere in via generale più semplice e rapido l’avvio dell’attività edilizia; dall’altro, l’esigenza di assicurare in ogni caso la salvaguardia e il rispetto di valori considerati preminenti dall’ordinamento, segnatamente la tutela dei beni culturali e del paesaggio latamente inteso”[xi], mentre da un lato liquida la tutela introdotta nell’articolo Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati,alla mera restrizione in caso di deroga delle distanze, per l’articolo che interviene sulla definizione di “ristrutturazione edilizia”, opera un distinguo tra “il regime degli edifici sottoposti a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42/2004” e quello degli edifici “ubicati in zona A e assimilate” che di fatto annulla le restrizioni introdotte dalla norma per questi ultimi.
Per i primi la Circolare scrive: “Quanto al regime degli edifici vincolati ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, si è già sottolineato che la soluzione adottata dal decreto-legge n. 76/2020 per assicurare la loro tutela è stata quella di escludere che possano qualificarsi come ristrutturazione edilizia gli interventi comportanti una loro demolizione e ricostruzione non solo nei casi in cui ne sia modificata la sagoma (come previsto nella disciplina previgente), ma anche nei casi di mutamenti del sedime, dei prospetti e delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”.
Per i secondi la Circolare relativizza notevolmente la portata della modifica legislativa, precisando che “per gli edifici ubicati nelle zone omogenee A ecc., atteso che in questi casi l’equiparazione voluta dal legislatore al regime degli edifici vincolati è solo tendenziale, essendo espressamente fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici”,e aggiungendo che la modifica fa “salva la validità di eventuali disposizioni di leggi regionali, che consentano, anche per le aree in questione, interventi di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione anche con limiti meno stringentidi quelli individuati dall’art. 3 del testo unico per gli edifici vincolati ex d.lgs. n. 42/2004. E aggiunge che “la clausola di “salvezza” in discorso consente di ritenere ammissibili anche per gli edifici ubicati in dette zone le variazioni imposte dalla normativa antisismica, energetica, sull’accessibilità etc., ferme restando, come è ovvio, le valutazioni delle Amministrazioni competenti in ordine alla compatibilità degli interventi con il regime eventualmente previsto per i medesimi edifici”. Inoltre, secondo la Circolare “La clausola conferma, altresì, la legittimità delle eventuali previsioni degli strumenti urbanistici (sia generali che attuativi) con cui si consentano, anche per le zone A e assimilate e per i centri storici, interventi di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione entro limiti meno stringenti di quelli ordinariamente stabiliti dalla norma primaria in esame.
A questo punto la Capitale, dove è vigente la legge regionale della rigenerazione urbana 7/2017, che all’art. 6 comma 2 dispone che “sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente …”[xii], sfugge alla normativa introdotta dal Decreto semplificazioni per le zone omogenee A, che corrispondono ai tessuti della Città storica come classificata dal PRG di Roma[xiii].
Occorre comunque tenere presente che le modifiche apportate all’art. 3 del Dpr 380 (Definizione degli interventi edilizi) sono inerenti alla definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia e quindirisulta sempre possibile operare con modalità più invasive con il permesso di costruire. Non è un caso che l’incipit dell’art. 6 della legge regionale (per togliere qualsiasi dubbio interpretativo e favorire quindi questa tipologia di interventi) specifichi: “previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo” [xii].
Resta la domanda, che da tempo ci poniamo, se una legge regionale che stabilisce che certi interventi impattanti nei tessuti storici sono sottratti alla pianificazione e alla decisione pubblica sia uno strumento di pianificazione.
Anche se appare un ossimoro, evidentemente è così, come confermato da vari pareri forniti nel tempo dalla Direzione Regionale per le Politiche Abitative e la Pianificazione Territoriale, Paesistica e Urbanistica Servizio “Ufficio Speciale Per La Rigenerazione Urbana” della Regione Lazio, ripresi ancora recentemente nel parere del 24 ottobre 2022 inviato dal Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale alle direzioni dei Dipartimenti, ai Municipi, alla Soprintendenza capitolina, all’Assessore all’urbanistica e al Direttore generale[xiv], dove si legge che nei tessuti della Città Storica gli interventi di demolizione ricostruzione con modifica di sedime, sagoma, prospetto e tipologia, se proposti ai sensi del citato articolo della legge regionale – Art. 6 Interventi diretti – sono realizzabili in attuazione diretta.
Anna Maria Bianchi Missaglia
16 gennaio 2023 (ultima modifica 17 gennaio 2023)
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
[i] Vedi Decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967.
A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi; B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq; C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l’edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B); D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati; E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui – fermo restando il carattere agricolo delle stesse – il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C); F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.
Semplificazioni e altre misure in materia edilizia
1. Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonche’ di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2-bis, il comma 1-ter, e’ sostituito dal seguente:
“1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione e’ comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentite esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.”;
b) all’articolo 3, comma 1:
1) alla lettera b), primo periodo, le parole “e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” sono sostituite dalle seguenti: “e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico” e, dopo il secondo periodo, e’ aggiunto il seguente: “Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilita’ dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purche’ l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”
2) alla lettera d), il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: “Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresi’ gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilita’, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento puo’ prevedere altresi’, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purche’ sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonche’ a quelli ubicati nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.”;
[iv]In rosso grassetto le modifiche apportate dall’emendamento al testo del decreto riguardo l’art. 2 bis del 380/2001:
a) all’articolo 2-bis, il comma 1-ter, e’ sostituito dal seguente:
“1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione e’ comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A, di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico,gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentite esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela”;
in rosso le modifiche apportate dal decreto al testo dell’art 2 bis comma 2 lett. d) in grassetto emendamento De Petris
d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo decreto legislativo, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al DCPM 1444/68, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico,gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria;(lettera modificata dall’art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2020, poi dall’art. 28, comma 5-bis, lettera a), legge n. 34 del 2022, poi dall’art. 14, comma 1-ter, legge n. 91 del 2022)
COMUNICATO STAMPA L’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma insieme a Federlazio e Ance Roma – ACER chiedono alla politica un rapido intervento emendativo circa l’articolato Dl “Semplificazione e altre misure in materia di edilizia per la ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici” contenuto nel Decreto “Semplificazioni”, dal momento che il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 16 luglio 2020, ove non modificato, comporterebbe gravissime conseguenze con un salto indietro normativo di oltre 15 anni.
“Un decreto nato per semplificare non può bloccare ulteriormente il paese”, afferma Carla Cappiello, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Roma. “Sarebbe assurdo porre nuovi vincoli ai professionisti nello svolgimento del loro lavoro così come in questo momento drammatico dell’economia mondiale, condannare la collettività a non poter usufruire degli effetti di innovazione e sostenibilità legati alla rigenerazione urbana”.
Anche il presidenti di Ance Roma – ACER, Nicolò Rebecchini, sottolinea come oggi, sia importante far ripartire gli interventi per ridare slancio all’economia del settore il più velocemente possibile, riqualificando il patrimonio edilizio esistente, per renderlo adeguato sotto il profilo sismico ed energetico.
“Rendere quasi impossibile la ristrutturazione nelle zone omogenee “A” – che a Roma comprendono un territorio ben più grande del centro storico – sarebbe inverosimile” afferma Rebecchini, aggiungendo che si tratterebbe di “un’ulteriore dimostrazione che a Roma la sostituzione edilizia, la rigenerazione urbana continua ad essere un tabù facile preda della teoria del Nimby”.
Per Alessandro Sbordoni, presidente di Federlazio: “L’aver inserito un ulteriore passaggio procedurale in un Decreto che dovrebbe semplificare le procedure è una discrasia, così come avere equiparato i perimetri delle zone omogenee “A” a quelli dei centri storici”. In aperto contrasto con le direttive europee sul tema della sostenibilità tutti gli edifici obsoleti rimarrebbero tali dal momento che nessuno avrebbe interesse ad intervenire, con riflessi gravissimi sul piano economico ed occupazionale.
Nell’attuale stesura l’art. 3 del D.P.R. 380 alla lettera d), recita: “Rimane fermo che, con rifermento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché a quelli ubicati in zona omogenea A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
È evidente che questa formulazione legislativa inasprita nei confronti degli immobili situati nelle aree con vincolo paesistico e di quelli in zona omogenea “A” finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana, dal momento che costringerebbe in caso di demolizione e ricostruzione, a rispettare tutte le caratteristiche dell’edificio preesistente (sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetrica e tipologiche) senza consentire alcun tipo di variazione.
In più, per complicare la situazione, il legislatore ha erroneamente equiparato gli edifici di zona A, cioè i centri storici e le zone connotate di propria identità caratterizzate da una prevalente funzione abitativa, con i nuclei storici, che possono essere sparsi su tutto il territorio nazionale, al di là delle città (campagne, aree marittime o montuose).
La disciplina della tutela affidata a Soprintendenze, Regioni, piani paesistici, piani regolatori, fissa da tempo le regole per la trasformazione e continuerà a farlo per centri storici, beni culturali ed aree protette senza che lo Stato debba fissare ulteriori paletti. È in gioco il futuro economico ed occupazionale del paese ma soprattutto la possibilità di sopravvivere a questa crisi migliorando la qualità urbana e di vita dei cittadini. Per un Paese dai mille vincoli non si avverte il bisogno di ulteriori aggravi procedurali e per questo si aspica, come richiesto, un intervento determinato da parte delle forse politiche.
[vi] Articolo 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 – “Legge semplificazioni” – modifica dell’articolo 2-bis, comma 1-ter, Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, del testo unico dell’edilizia – decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380[vi], in tema di rispetto della disciplina delle distanze tra edifici in caso di interventi di demolizione e ricostruzione di edifici già esistenti
Art. 10 comma 1 lett. a) all’articolo 2-bis, il comma 1-ter, è sostituito dal seguente: «1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela»;
[vii] (Dossier senato – Nota di lettura 162 luglio 2020 ) CAPO II SEMPLIFICAZIONE E ALTRE MISURE IN MATERIA EDILIZIA E PER LA RICOSTRUZIONE PUBBLICA NELLE AREE COLPITE DA EVENTI SISMICI
Nota di lettura – n. 162 (PDF)– riguardo le modifiche all’articolo 2-bis, comma 1-ter: … Il terzo periodo del nuovo comma 1-ter stabilisce, infine, che nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentiti esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti. fermo restando (come già previsto dalla norma previgente) che la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti.
[ix] Articolo 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 – “Legge semplificazioni” – modifica dell’articolo 3, Definizioni degli interventi edilizi, comma 1, lettera d), del testo unico dell’edilizia – decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380[ix]:
il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: «Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria»; (…)
[xi] Dalla Circolare congiunta Mit-Funzione Pubblica su edilizia 2 12 2020
Le modifiche apportare all’articolo 2-bis, comma 1-ter, e all’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001 rispondono a due esigenze concorrenti, che hanno inciso profondamente anche sull’iter di formazione delle norme medesime: da un lato, la volontà di introdurre previsioni volte a rendere in via generale più semplice e rapido l’avvio dell’attività edilizia; dall’altro, l’esigenza di assicurare in ogni caso la salvaguardia e il rispetto di valori considerati preminenti dall’ordinamento, segnatamente la tutela dei beni culturali e del paesaggio latamente inteso
Comma 1 Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta. (2a)
Comma 2 Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 sono consentiti i cambi di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti, indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche. (8)
(…)
Comma 6 Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR.
[xiii]il comma 6 pone limitazioni per gli edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR, che però individua in tale definizione solo la porzione di Città Storica interna alla Mura Aureliane, escludendo i tanti tessuni storici delle zone omogenee A come Trieste, Città Giardino, Prati, Parioli, Garbatella, EUR ecc
[xiv]il documento (Prot. QI/2022/0177981) che risponde a vari quesiti, con oggetto la “condivisione di pareri relativa a quesiti inerenti gli artt. 6 7 e 8 della Legge 7/2017 è stato messo on line dal sito dell’Ordine degli ingegneri, ma non l’abbiamo trovato nell’elenco dei pareri pubblicati sul del Dipartimento Urbanistica di Roma Capitale https://www.ording.roma.it/images/Pdf/Parere-Dipartimento-su-rig-Urbana-del-24-10-2022.pdf
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