Intervento di Maurizio Geusa al convegno “Roma Interrotta- ripartire dai contenuti per disegnare il futuro della città”
In principio era solo una questione di regolazione del Traffico.
Poi si iniziarono a fare i progetti di strade e di reti di trasporto per rispondere alla domanda di spostamento in quanto con i modelli di simulazione si era in grado di misurarne quantità e direzione dei flussi di traffico.
Dall’altro lato, l’approccio urbanistico si concentrava sempre più sugli aspetti quantitativi rendendo il disegno della rete una variabile indipendente perché determinata dalla domanda di spostamento. Di conseguenza, la localizzazione degli insediamenti “avrebbe” dovuto seguire il disegno della rete. Avrebbe dovuto perché poi la storia non è stata esattamente questa.
Ora per ricomporre urbanistica e trasporti è necessaria una ridefinizione di campo disciplinare che non sia solo soddisfare una domanda di spostamento o soddisfare una domanda d’insediamento.
La domanda da soddisfare ha caratteristiche più complesse, è una domanda di benessere “equo e solidale”, pertanto investe la qualità dell’abitare e le opportunità di lavorare. Non è una domanda territoriale, ma anche una domanda che investe l’intera città, l’intero sistema di residenza e di lavoro.
Le grafiche di MappaRoma* hanno evidenziato, seppure ce ne fosse stato bisogno, la frammentazione, la separazione e, in un solo termine, le disuguaglianze della città, che finiscono per penalizzare anche i più fortunati. In una città che non funziona non ci si salva all’interno di residenze dorate. Dunque il primo obiettivo, la prima Visione è quella di ricondurre ad unità le costellazioni di case che costituiscono la galassia romana. Fin troppo si è detto della sua estensione anomala e di densità ai limiti del concetto stesso di urbano.
Sul tema della densità la recente Delibera di Giunta capitolina n.86/2020** ha “evidenziato che valori troppo alti di densità abitativa potrebbero comportare inconvenienti sociali, mentre valori troppo bassi rendono oneroso il costo delle costruzioni, delle opere di urbanizzazione e dei relativi servizi. In tal senso la Circolare del Ministero dei lavori pubblici 15 luglio 1962, n.2611, raccomanda che le densità territoriali dei Piani di zona siano comprese tra un massimo di 250-300 e un minimo di 100-150 abitanti per ettaro.” Tutto il II PEEP ( Piano di edilizia economica e popolare) è su densità in gran parte inferiore ai 100 Ab/ha come pure le Zone “O” sono su densità di 50 Ab/ha.
Non solo una galassia rarefatta nell’agro romano, ma per di più con una morfologia articolata su dislivelli nell’ordine del centinaio di metri a cui si aggiungono il Tevere, l’Aniene e il Parco dell’Appia Antica, vere barriere naturali che aumentano i gradi di separazione fra le porzioni della città.
Questo è il vero oggetto della ricomposizione urbana e sociale della città. Togliere interi settori urbani dall’isolamento. Non è più ammissibile che un settore urbano esteso dalla Tiburtina all’Appia Nuova non abbia altri collegamenti con il resto della Città che non siano il nodo di Porta Maggiore, le altre strade storiche , l’anello del GRA oppure, in alternativa, lo scambio in metro negli unici nodi di Termini e Colosseo.
L’arteria tangenziale intermedia della Palmiro Togliatti, che nel disegno originale avrebbe innervato l’intero settore, termina a nord di fronte all’Aniene, come pure a sud di fronte al Parco degli Acquedotti. Queste due connessioni essenziali sembrano scomparse da diversi anni dai schermi radar, eppure condizionano la vita di gran parte dei romani. Forse ci sta bene così ?
Altrettanto si può dire per l’attraversamento del Tevere a sud, in attesa del nuovo Ponte dei Congressi e di un improbabile Ponte a Santa Passera. Ugualmente a Nord, fra Tor di Quinto e il GRA. Nulla in avvicinamento sugli schermi radar.
Altra incompiuta, scomparsa dagli schermi radar, lo “scolmatore esterno del GRA” finisce miseramente davanti alla Centralità di Romanina senza speranza di riconnettersi con il GRA.
Solo per mantenere la memoria, lo stesso GRA fra Anagnina e Appia è ancora, da oltre 20 anni, in situazione temporanea a causa di costruzioni abusive non sanate e non sanabili. Altra sconfitta della legalità e della città tutta di cui si preferisce non parlare.
A questo telaio disconnesso si appendono i nuovi quartieri come grappoli di case penzolanti dai rami delle vecchie strade storiche nella campagna romana. Si badi bene, non perché i collegamenti non siano stati previsti, ma perché deliberatamente per incuria o per inerzia non sono stati realizzati. Citiamo alcuni casi esemplari per pronto riscontro.
Centro Commerciale Maximo e collegamento pedonale con il PdZ Laurentino
Centro Commerciale Casetta Mattei e collegamento pedonale con il PdZ Corviale
Centro Commerciale Euroma2 e PdZ Castellaccio
Centro Commerciale Roma Est e PdZ Ponte di Nona, Lunghezza e Castelverde
Centro commerciale Porta di Roma e PdZ Vigne Nuove e Casale Nei
Sarà un caso che sono tutti Piani di Zona ad essere disconnessi ?
Fin qui il telaio essenziale per riconnettere la città, poi in modo analogo si tratta di affrontare le infinite riammagliature locali. Tronchi di strada che completano le reti locali offrono alternative di percorso e trasformano i grappoli in tessuti continui assicurando la fruizione e lo scambio dei servizi. Si apre la strada verso una città forse anche a 1/4 d’ora di spostamenti pedonali e ciclabili, con ambiti di quartiere in cui si ritrovano identità e comunità.
Questa Visione di superamento delle barriere fisiche sostiene anche la riunificazione delle opportunità e il superamento delle diseguaglianze di posizione. Pertanto è necessario ripartire dalla struttura della città, saldare le interruzioni da grappoli di case appese alle strade storiche a reti interconnesse. Su questa Visione poi si proiettano innovazioni che di qui a breve faranno irruzione sulle nostre abitudini.
L’attuale galassia rarefatta rende il trasporto pubblico costoso per le troppe linee e inefficiente per la frequenza troppo bassa, per essere attrattivo. Quelle periferiche sono linee di rappresentanza, servono a dire che il servizio c’è, ma non a svolgere un servizio reale nei confronti dell’utenza generalizzata.
Quindi è questo il primo intervento. Trasformare il servizio di linea in servizio a chiamata con itinerari flessibili in funzione della domanda. Le attuali tecnologie consentono di avere in tempo reale sul proprio smartphone la posizione e la destinazione del mezzo pubblico in modo da poter scegliere a quale rivolgersi per assicurarsi il servizio migliore e pertanto più efficiente. Il vantaggio di un sistema simile si realizza in presenza di reti omogenee di strade: se rimangono gli attuali rami si azzera ogni vantaggio e perdura l’inefficienza del servizio.
In secondo luogo la tecnologia 5G, ormai in fase di avvio, consentirà il dialogo fra autoveicoli e con i sistemi di regolazione del traffico. Lo scambio di dati finalizzato alla conoscenza reciproca degli itinerari consente l’indirizzamento dei navigatori verso i rami meno carichi, sgravando i nodi cruciali della rete. Per ottenere questi vantaggi la rete deve essere una rete reale, non una ramificazione ad albero per cui è impossibile muoversi da un ramo all’altro, a meno di non essere scimmie.
Infine, dal 2024 Apple commercializzerà il suo veicolo a guida autonoma (altrettanto sembra farà Huawei): se consideriamo che il primo iPhone è stato commercializzato nel 2007, nel giro di altri 13 anni (= 2037) ovvero nei tempi di sola progettazione di un qualunque treno/metro, avremo modalità di spostamento incommensurabili rispetto a qualunque sistema collettivo. Il veicolo sarà sempre in movimento abbattendo la flotta totale di almeno il 50%, arriverà a chiamata, lungo il percorso potrà caricare altri passeggeri e una volta a destinazione proseguire per una nuova chiama.
Non è più fantascienza, è il domani che si abbatterà sulle città scuotendole dalle fondamenta. Avere lo spinnaker issato consentirà di prendere abbrivio prima degli altri.
Maurizio Geusa
7 gennaio 2020
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
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