La riforma sulla autonomia regionale differenziata è stata costruita, dal Ministro Calderoli, con una considerevole astuzia normativa, dal momento che dovevano essere superati una serie di ostacoli apparentemente insolubili, in particolare la mancanza di risorse finanziarie per garantire adeguati servizi a tutti i cittadini italiani e la carente definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP).
Vediamo come sono stati aggirati gli ostacoli. Nel primo caso è stata utilizzata la formula della negazione. La legge Calderoli, all’ultimo articolo, si chiude con la formula che “la presente norma non presenta oneri a carico dello Stato“. Non esistono dunque le condizioni per mettere le Regioni svantaggiate nella condizione di recuperare il gap rispetto al resto del Paese.
Viene sostanzialmente fotografata la condizione di divario che caratterizza l’articolazione geografica dei nostri territori, e si sancisce la possibilità che possa essere concessa autonomia alle Regioni a statuto ordinario che ne faranno richiesta. Saranno inevitabilmente le aree avvantaggiate del Paese, che già oggi ricevono risorse adeguate per assicurare servizi collettivi di qualità, ed anzi vorranno ottenerne in più mediante il trattenimento sul territorio di almeno una parte delle risorse finanziarie destinate alla tassazione.
In mancanza di una definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni il Ministro Calderoli ha operato un gioco di prestigio particolarmente ammirevole. Prima ha nominato per tale finalità una commissione affidata alla guida autorevole di Sabino Cassese, poi ha gettato la palla in tribuna, mediante una norma che stabilisce il termine di due anni dalla approvazione della legge per completare il percorso di definizione dei Lep.
E’ lo Stato, in base all’articolo 117, che deve determinare i Livelli Essenziali delle Prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Considerata l’assenza di disciplina su questa delicata tematica, necessaria per assicurare pari condizioni di diritti ai cittadini nei diversi territori, c’è da chiedersi come sia stato possibile varare una legge per l’ autonomia differenziata senza tale architrave, indispensabile per assicurare eguali diritti in territori diversi.
La Matrioska costruita da Calderoli parte dai lavori della Commissione Cassese, approda ai due anni di rinvio per la definizione dei Lep, per planare alla soluzione che, anche in assenza della fissazione dei Livelli Essenziali della Prestazioni, si procederà egualmente alla assegnazione delle materie e delle funzioni alle Regioni a statuto ordinario che ne faranno richiesta. Si utilizzeranno gli attuali criteri di spesa storica, che sono esattamente i metodi attraverso i quali è stato costruito il divario territoriale profondo nel nostro Paese.
Una corretta determinazione dei Livelli Essenziali della Prestazioni parte invece dall’individuazione dei diritti civili e sociali che si intendono garantire su tutto il territorio nazionale. Sono almeno quattro i grandi ambiti su cui bisognerebbe lavorare: diritti connessi all’istruzione e alla formazione, alla salute, all’assistenza sociale, alla mobilità e al trasporto.
Un altro anello mancante nella costruzione della riforma della autonomia differenziata è stato la fissazione del criterio di perequazione fiscale per le regioni con minore capacità di produzione di reddito e di ricchezza. All’articolo 119 la Costituzione recita che “La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante”. Non c’è nella legge Calderoli alcuna traccia di questo passaggio costituzionalmente necessario per l’assegnazione di materie e funzioni alle Regioni.
Dal cappello magico di Calderoli è contenuta nella legge sulla autonomia regionale differenziata anche un’altra trovata geniale, quella delle materie non Lep. Non bisognerà mica aspettare almeno due anni per fissare i livelli essenziali di prestazioni.
Delle ventitrè materie che la riforma Calderoli affida alla possibile competenza esclusiva delle Regioni che ne faranno richiesta, nove potranno essere immediatamente affidate dalle Regioni dopo l’entrata in vigore della legge sull’autonomia differenziata. Non si tratta affatto di materie secondarie: il primo modulo del missile della autonomia differenziata è ormai sulla rampa di lancio.
Si tratta in particolare di: organizzazione della giustizia di pace; rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; disciplina delle professioni; protezione civile; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Complessivamente sono 184 le funzioni statali che vengono assegnate alle Regioni attraverso le nove materie che possono essere immediatamente operative, senza dover attendere il percorso previsto dalla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LeP).
Un pacchetto molto robusto delle funzioni complessive che sono destinate a transitare dallo Stato alle Regioni vengono rese immediatamente disponibili dalla riforma Calderoli. Ma va considerato che anche all’interno delle restanti 14 materie-LEP vi sono funzioni non-LEP di importanza tutt’altro che secondaria, quali la contrattazione integrativa e la retribuzione in ambiti come la scuola e la sanità, che egualmente possono far parte della fase iniziale di attuazione della riforma.
Non esiste ancora una chiara contabilità delle funzioni che saranno considerate non LeP nell’ambito delle materie LeP: anche questo aspetto andrà chiarito nella fase di esecuzione, in una terra di mezzo che tenderà a riempire il piatto delle attività che il governo vorrà assegnare alla competenza esclusiva delle Regioni che intenderanno avviarsi su questo percorso.
La palla passa ora ai Presidenti di Regione, che hanno il potere di adire alla Corte Costituzionale entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge, se ritengono di rilevare principi non coerenti con la tutela dei diritti costituzionali ai cittadini. Va segnalato anche che i Presidenti di Calabria, Sicilia e Basilicata – tutti di Forza Italia – hanno, proprio nel giorno approvazione della legge, manifestato forti perplessità sulle conseguenze di questo provvedimento.