Il punto di vista dei costruttori
Autore : Redazione
Carteinregola rilancia le proposte dell’ ANCE del Veneto sperando che siano di “ispirazione” ai costruttori del Lazio (e a un bel pezzo della politica, capitolina e non solo)
Sul Sole 24 ore del 5 maggio (scarica l’articolo So_5_5_14_edilizia) è uscito un articolo dal titolo: “Edilizia, una terapia shock per invertire la tendenza” . Abbiamo quindi cominciato a leggerlo aspettandoci il solito mantra della richiesta di misure eccezionali, di piani casa geneticamente modificati (che effettivamente stanno prendendo piede in molte regioni d’Italia) e di nuove colate di cemento sul territorio, per salvare le aziende e i lavoratori del settore edile. Invece proprio dall’ANCE del Veneto arriva un’analisi di inaspettata saggezza. Infatti il Presidente Luigi Schiavo afferma che la crisi economica non basta a spiegare l’allarmante quadro del settore della sua regione, e attacca tra il resto le “scelte di politica economica miopi, che hanno sostenuto sprechi e cattiva gestione della pubblica amministrazione”, con la conseguenza di scarse risorse per nuove infrastrutture, mentre la spesa per la gestione degli enti locali è aumentata di oltre il 30% [NDR: aggiungiamo, non certo per aumentare l’assistenza agli anziani e ai disabili…]. L’ANCE del Veneto conclude invocando una “terapia shock” piuttosto condivisibile: “investimenti sulla salvaguardia del territorio, sull’edilizia scolastica, sulla riqualificazione delle città e dei centri storici oltre che sulle manutenzioni”. Obiettivi in realtà molto di moda, che restano praticamente sempre mere dichiarazioni d’intenti. Ma che almeno testimoniano una riflessione sul fatto che esistano modi alternativi di salvare e rilanciare il comparto edilizio senza utilizzare la formula “cemento libero”. E comunque un discorso che brilla per buon senso rispetto ai ricorrenti attacchi di una consistente parte del mondo edilizio romano, che continua ad attribuire all’attuale amministrazione il mancato salvataggio delle imprese falcidiate dalla crisi. Un salvataggio che dovrebbe essere portato avanti con le solite misure, come lo sciagurato Piano casa Polverini, che purtroppo neanche il centrosinistra di Zingaretti sembra voler riportare in una logica sostenibile per la città.
E alle pressioni del mondo economico fa da apripista (o da fanalino di coda) il solito fronte bipartisan in Aula Capitolina, che qualche settimana fa ha ritirato in extremis un emendamento (1) con cui voleva impegnare il Sindaco (e soprattutto il suo assessore alla Trasformazione Urbana) ad accelerare tutta una serie di provvedimenti, per “snellire e velocizzare le procedure di attuazione del Piano Casa”, ma anche per “un piano di valorizzazione del Tevere per la bonifica, la navigabilità e l’utilizzazione delle sponde” (e quest’ultima frase, dopo le recenti e recentissime sciagure, risulta particolarmente sinistra), e per la “prosecuzione delle Conferenze di Servizi delle proposte relative ai bandi per cambio di destinazione d’uso di fabbricati ed aree di cui alle deliberazioni di Giunta Comunale etc” , deliberazioni, si badi, in cui si prevede anche la possibilità di “monetizzare” la mancata realizzazione dell’housing sociale nei Piani di Zona, cioè esattamente il contrario di quello che viene sbandierato a gogo usando l’edilizia sociale come foglia di fico per giustificare qualunque progetto speculativo.
Infine, l’articolo dà alcuni dati nazionali: il calo degli investimenti in costruzioni ha subito una riduzione del 30% dal 2008 al 2013, e per la nuova edilizia abitativa il calo è stato del 53,9%. Di fronte a questi dati, qualunque provvedimento sarebbe comunque solo un palliativo. E bisognerebbe che anche la classe imprenditoriale romana avesse il coraggio voltare pagina e approfittare della crisi per avviare un cambiamento culturale basato su un’idea di città diversa e condivisa dai cittadini. E bisognerebbe anche che l’amministrazione facesse finalmente un salto di qualità nell’organizzazione degli uffici, garantendo a tutti, cittadini, professionisti e imprenditori, la certezza delle regole, la trasparenza delle procedure e soprattutto un’efficienza che non dilati inutilmente i tempi di quei progetti che coniughino equamente la pubblica utilità e il corretto profitto privato.
AMBM
L’ESPANSIONE DELLE CITTÀ COSÌ COME L’ABBIAMO CONOSCIUTA FINORA NON CONVIENE PIÙ A NESSUNO
di Paolo Gelsomini
Il compito del Governo centrale e delle Amministrazioni locali è quello di creare le condizioni per orientare gli investimenti in edilizia (e non solo). Finora i costruttori hanno trovato più remunerativa l’attività di nuove costruzioni per ragioni legate al profitto ed alla rendita fondiaria e finanziaria. Se vengono meno queste condizioni gli investimenti si spostano verso altre tipologie di intervento legate alle rigenerazioni urbane, alle manutenzioni, agli adeguamenti energetici, anti-sismici ecc. I costruttori del Veneto hanno capito questo e si stanno orientando verso altre forme, anche perchè il territorio di quella Regione è oramai cementificato a tal punto da costituire un unicum costruito lineare ed indefinito che unisce le città senza soluzioni di continuità, mentre le ville venete e tutta la valle del Brenta languono in uno stato di umiliante abbandono. Un governo delle aree metropolitane dovrebbe puntare su altre strategie di crescita economica in edilizia, sfruttando anche momenti congiunturali (s)favorevoli che non inducono più a crescite edilizie incontrollate e ad espansioni urbane non supportate da verifiche di sostenibilità trasportistica e finanziaria per i Comuni che non potranno ancora a lungo favorire l’edificabilità dei suoli per incamerare oneri concessori e tasse sulle abitazioni a fronte delle maggiori spese per trasporti, reti tecnologiche, servizi che dovrebbero sostenere per una crescita dissennata e non programmata. Insomma, l’espansione delle città così come l’abbiamo conosciuta finora non dovrebbe convenire più a nessuno, nè ai costruttori nè ai Comuni. Solo allora si potrà voltare pagina e percorrere nuove strade per uno sviluppo urbano sostenibile capace di coniugare pubblica utilità, esigenze dei cittadini ed equo profitto d’impresa.
Certo è che in questo nuovo quadro strategico che si potrebbe profilare all’orizzonte in un mutato scenario economico, la politica sembra impreparata o comunque in ritardo. Ostinarsi ancora a portare avanti Piani casa, deroghe al PRG, cambi di destinazioni d’uso, compensazioni, sembra impresa miope e perdente sotto ogni punto di vista. Che i costruttori del Veneto abbiano capito queste verità prima degli altri?
Impegnare tutte quelle risorse, tecniche, umaneed economiche, capaci di permettere un adeguamento alle nuove esigenze di un mercato che è cambiato.
di Giorgio Mirabelli
La crescita non solo “culturale”, ma anche e soprattutto quella più attinente alle capacità di tipo imprenditoriale dei “Costruttori romani”, a mio parere, ha subito una forte battuta d’arresto già da un bel po’di tempo. Dove per “crescita imprenditoriale” si deve intendere una disponibilità ad impegnare tutte quelle risorse tecniche ed umane, nonché economiche, capaci di permettere un adeguamento alle nuove esigenze di un mercato che è cambiato. Le imprese di costruzioni hanno bisogno di rinnovarsi, non solo per la crisi, ma perché oggi più che mai è necessario diversificare le “tipologie lavorative” per adattarsi ad uno sviluppo del territorio come quello italiano che non regge più a trasformazioni che hanno come priorità solo Nuove Residenze e/o Nuove Attività Commerciali. Bisogna che i costruttori, specialmente quelli abituati ad un bacino di carattere regionale, mettano in atto una politica di cambiamento tecnico-costruttivo e adeguino le loro imprese anche alle capacità di interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione urbana e recupero di strutture e di quartieri periferici che hanno sempre ritenuto a torto, secondo il mio modo di vedere, poco remunerativi e/o poco rappresentativi. Ma piaccia o no, specialmente a Roma, credo che questo sarà per un po’ di tempo il futuro delle costruzioni. Il tempo delle Lottizzazioni residenziali in cui bastava vendere il 50% sulla carta per stare tranquilli ed impegnare il restante 50% per richiedere finanziamenti per una nuova Lottizzazione, penso che per il momento sia finito. C’è una vasta area di lavori nuovi ed innovativi dove rivolgere impegno ed attenzione e che riguarda le nuove tecnologie per il risparmio energetico e le energie rinnovabili e tutto quello che fa capo ad una ormai irrinunciabile sostenibilità ambientale e che non vuol dire, come purtroppo alcuni pensano, mettere un pannello solare sopra il tetto degli edifici. Per non parlare infine di tutto quello che riguarda la messa in sicurezza e la riqualificazione costruttiva ed energetica del patrimonio scolastico che è in condizioni indecenti.
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(1) Vedi il nostro post Mozione “bipartisan” sull’urbanistica del 10 aprile 2014