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al MacroAsilo un tavolo sul Diritto alla Città

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Foto Paolo Gelsomini

Una giornata particolare al MacroAsilo intorno ad un tavolo sul Diritto alla Città

di Paolo Gelsomini

Dentro il suggestivo spazio spaesante del MacroAsilo di via Nizza, nell’ambito della giornata di studio sul diritto alla Città, mercoledi 17 ottobre ho partecipato ad un tavolo di discussione che aveva come tema la “Fruibilità” del Bene Comuna Città.

In altri tavoli di lavoro contigui disseminati nell’enorme salone dei Forum si discuteva dell’abitare, di sicurezza, del decoro, dei movimenti, del reddito, della valorizzazione, del turismo.

Il nostro tavolo, che aveva al centro il tema della fruibilità con il coordinamento di Carlo Infante di Urban Experience, ha visto un progressivo inanellarsi di concetti, definizioni, metafore che venivano fuori dalle libere riflessioni ed espressioni dei partecipanti, per arrivare a ricomporre un mosaico capace di restituire un’immagine urbana presente e futura.

Condizioni prioritarie per una fruibilità della Città sono quelle della possibilità di muoversi, di comunicare, di accedere ai beni sociali e agli spazi pubblici, di sentirsi sicuri, di ricomporre forme sociali di comunità di territorio.

Muoversi liberamente per accedere ai luoghi in rapporti spazio-temporali scelti e non imposti; muoversi per conoscere e per conoscersi, per comunicare, per scambi interpersonali all’interno di un contesto pubblico sempre più spesso negato.

Una parola chiave importante è “Agibilità”, per cui un Diritto alla Città è certamente quello correlato alla libertà di muoversi e alla sicurezza reale e percepita, che può sicuramente essere aumentata dalla presenza sociale e dalla coesione delle comunità territoriali.

“Comunicare con”, più che “comunicare a”, pensando alle modalità della comunicazione orizzontale dell’oralità e della presenza fisica supportata ma non sostituita da strumenti informatici. Comunicazione all’interno di uno Spazio Pubblico concettuale prima che urbanistico.

Una riflessione parallela a quella sulla Comunicazione verte sulla necessità di creare linee operative ed aggreganti per dare forma alla Partecipazione, concetto fortemente indebolito che ha necessità di essere rilanciato e qualificato insieme all’accensione dell’energia partecipativa dei cittadini. Si fa riferimento a come nelle banlieu parigine negli anni Novanta si propagò il fenomeno del “teatro-circo” che sollecitò moltissimi giovani ai margini del sistema a inventarsi un’attività creativa professionalizzata, performativa e partecipativa.

Poter accedere ai Beni Sociali e agli Spazi Pubblici. Accesso inteso come inclusione, come abbassamento di tutte le barriere per favorire l’ingresso dei più poveri, dei più marginali.
Un bel concetto affiora: quello di “Città porosa”, capace di assorbire, accogliere e rispondere plasticamente alle interazioni. Una città intesa come Organismo vivente, da vivere come risorsa
vitale, capace di liberare opportunità, soluzioni creative, relazioni sodali.
Ci si interroga sul binomio Pubblico-Privato diventato antinomia e si fa riferimento al modello urbanistico delle Corti,  come quelle di Altamura in Puglia, sorte sull’impianto Federiciano e poi diffuse in tutto il Salento, dove il cortile privato si rivela anche piazza interna.
Qui si fa riferimento a quanto sia importante ritrovare inedite forme d’interazione tra comunità-istituzioni-imprese individuando nei territori i contesti possibili come quelli dei mercati rionali e non solo, che possono rivelarsi dei luoghi che riqualifichino le relazioni sociali di prossimità.
Si parla poi di “Gentrificazione” e di alcune situazioni dove la Città Ludica (Movida, Hipster,…) e turisticizzata all’inverosimile tende a creare “Vuoti di senso”, svuotando anche le case per farle diventare B&B e svuotando la città dal suo interno.

Ciò produce Economie al servizio dei nuovi grandi investitori che usano la Città avvalendosi strumentalmente di piattaforme come AirBNB, Booking, etc.

Di conseguenza si ragiona su quanto sia strategico progettare piattaforme che possano autogestire i dati dei cittadini: Open Data per piattaforme di auto-organizzazione sociale.

E’ strategico intervenire per evitare la deriva di una condizione eterodiretta nella quale il Digitale possa depotenziare le proprietà di auto-organizzazione delle comunità, cercando di sottrarsi gradualmente dai social per ripristinare l’autonomia del web. E a  proposito di auto-organizzazione si fa riferimento alle pratiche di Sussidarietà cresciute a Bologna, dove qualche anno fa nacque un protocollo comunale noto come Città Bene Comune.

In conclusione, giudico tempo speso bene quelle tre ore intorno a quel tavolo. Reputo un arricchimento quel tipo di comunicazione e di scambio orizzontale fra persone che in gran parte si sono conosciute proprio intorno a quel tavolo, dove ognuno ha portato competenze, conoscenze, esperienze.

Esco sempre più convinto che oramai questa Città sia  un crogiolo di linguaggi, di esperimenti, di storie personali, di culture che hanno come oggetto l’organismo urbano nel suo complesso e nelle sue molteplici relazioni tra le parti. Il centro “periferizzato” dovrà essere visto e trattato come una parte in relazione con il tutto e non come la cittadella fortificata, colonizzata, comperata, finanziarizzata, omologata, economicamente monoculturale. Il Centro non deve essere  abbandonato, ma deve sviluppare al suo interno quegli anticorpi che in grado di rompere  l’asfissiante assalto dei nuovi conquistadores.

Nelle periferie quegli anticorpi si stanno consolidando nel campo sociale e nella cultura, ma ancora non si vedono politiche capaci di orientare il fenomeno della gentrificazione, che rischia di diventare una nuova operazione urbanistico-finanziaria in mano ad operatori internazionali. E queste politiche alternative non possono essere affidate all’occupazione delle case. Fenomeno ben diverso è invece quello dell’occupazione dei luoghi e delle vecchie fabbriche, che da rifiuti urbani stanno diventando centri di produzione culturale e di aggregazione sociale, spezzando spesso i meccanismi della speculazione e della rendita immobiliare e finanziaria. Insomma, la battaglia delle periferie è la battaglia per il centro storico. Cambiano gli attori sociali, ma il fine è comune. Intorno a quel tavolo sono emerse esperienze interessanti anche  maturate in città diverse. Il dibattito è più che mai aperto e questa Città può ancora sperare.

 Paolo Gelsomini

 

 

 

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