Autorizzazione paesaggistica nel centro storico di Roma: la – storica – sentenza del TAR
Autore : Redazione
Pubblichiamo la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Quater,n. 17967 del 30 novembre 2023, che ha sancito l’esistenza del vincolo paesaggistico del centro storico di Roma – area UNESCO, accogliendo la tesi del ricorso di V.A.S. – Associazione di Promozione Sociale – “Verdi, Ambiente e Società – Aps”.
Evidenziazioni e note di Carteinregola. La parte che riguarda l’autorizzazione paesaggistica è indicata con un titolo. (AMBM)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5031 del 2022, proposto da V.A.S. – Associazione di Promozione Sociale – “Verdi, Ambiente e Società – Aps”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [omissis VVV]
contro
Ministero della cultura – Soprintendenza Speciale Archeologica Bella Arti e Paesaggio di Roma, Regione Lazio, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato [omissis RRR],
[omissis F] Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati FFF; .
per l’annullamento
-della nota 0012967-P del 22.03.2022 della Soprintendenza Speciale Archeologica Bella Arti e Paesaggio di Roma; -della nota prot. SS-Colosseo 8395 del 27.4.2017 richiamata nel provvedimento; -della nota prot. SS Col n. 6657 del 28.11.2016 richiamata nel provvedimento;
-di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso allo stato non comunicato alla ricorrente; – per quanto occorra dell’art. 44 comma 19 del PTPR Lazio approvato che sostituisce la disposizione di cui all’art. 43 co.15 del PTPR adottato
Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di [omissis F] Spa; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 novembre 2023 la dott.ssa [omissis FSC] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO 1. La “Verdi, Ambiente e Società – APS” (di seguito anche “V.A.S.”) è un’associazione di protezione sociale avente sede in Roma, riconosciuta con Decreto del Ministero dell’Ambiente del 29 marzo 1994, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 23 settembre 1994 (cfr. doc. 5 allegato al ricorso). La medesima annovera, tra le sue finalità statutarie, la “tutela e valorizzazione (…) dei beni storico-culturali, tassativamente nell’ambito della previsione dell’art. 10, comma 1, lett. a), punto 7) del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460”, con lo scopo di “promuove(re) e favori(re) il recupero e la valorizzazione del patrimonio ambientale, naturalistico, paesistico, architettonico, monumentale, storico e culturale del paese, delle sue Regioni, delle sue autonomie e realtà locali e del suo mare” (cfr. lo statuto dell’associazione versato in atti al doc. 4).
2. Detta Associazione riferisce di essere venuta a conoscenza, nell’anno 2020, di alcuni interventi eseguiti dalla Società [omissis F] s.p.a. nel cortile interno dello stabile denominato “Palazzo Bracci”, ubicato nel Centro Storico di Roma, all’intersezione tra Via del Corso e Via della Fontanella e attualmente conosciuto come “Casa di Goethe” (sede dell’omonimo museo), in zona dichiarata dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Tali interventi erano stati oggetto di una serie di SCIA, presentate a Roma Capitale per opere ivi qualificate di “Restauro e Risanamento conservativo”, in assenza della preventiva autorizzazione paesaggistica della Soprintendenza Speciale Archeologica Bella Arti e Paesaggio di Roma.
Con istanza del 24 agosto 2020, prot. n. 55, la V.A.S. chiedeva pertanto alla suddetta Soprintendenza di verificare i vizi di legittimità degli interventi realizzati nel cortile di Palazzo Bracci e di esercitare in caso affermativo “il potere di autotutela adottando i dovuti provvedimenti del caso”, sulla scorta di una copiosa relazione contenente la ricostruzione della storia del Palazzo, corredata da documentazione fotografica dello stato dei luoghi (almeno fino al 2016), e l’illustrazione della normativa vigente, tra cui anche il P.T.P.R. adottato dalla Regione Lazio nel 2007, che, in applicazione del disposto dell’art. 136, co. 1, lett. c) d. lgs. n. 42/2004[1], individuerebbe e perimetrerebbe il vincolo paesaggistico insistente sul centro storico di Roma fra i “beni tipizzati” alla Tavola 24_374_B, con destinazione a “Paesaggio dei centri e nuclei storici con relativa fascia di rispetto”, includendovi anche la zona in cui sorge lo stabile.
Non avendo ricevuto riscontro alla propria istanza, l’associazione presentava un sollecito alla Soprintendenza con nota prot n. 9 dell’11 marzo 2022, inviata per conoscenza anche al Ministero della cultura – Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, con cui chiedeva l’adozione di un provvedimento espresso “anche al fine di conoscere se gli interventi edilizi effettuati nella zona individuata necessitino di NO [Nulla Osta NDR] da parte di codesta Amministrazione”.
3. La Soprintendenza forniva risposta espressa alla richiesta della VAS con nota prot. n. 12967 del 22 marzo 2022, ritenendo di non dover esercitare il potere di “annullamento in autotutela” per gli interventi edilizi realizzati nel cortile, in quanto l’edificio di cui trattasi (privo di “elementi architettonici di pregio”) non è sottoposto a tutela ai sensi del d. lgs. n. 42/2004 e i “progetti a rilevanza esterna” erano assistiti da alcuni “pareri consultivi” rilasciati dallo stesso organo ministeriale ai sensi dell’art. 24 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Roma[2] (v. nota prot. n. 8395 del 27 aprile 2017 per la tutela architettonica e nota prot. SS. Col. n. 6667 del 28 novembre 2016 per quella archeologica, con la quale ultima erano stati autorizzati lavori di scavo da eseguirsi con l’assistenza di un professionista archeologo incaricato dalla Committenza, evidenziando che dai suddetti scavi non era emersa alcuna evidenza archeologica). La nota richiama testualmente l’art. 43, comma 15 del P.T.P.R. del Lazio (adottato)[3], ai sensi del quale “le disposizioni del presente articolo non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti tra i beni paesaggistici di cui all’art 134 co 1 lettera a) del Codice[4], per i quali valgono le modalità di tutela dei “Paesaggi” e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (Roma-centro storico…)”, desumendone che “il Palazzo non è ricadente nell’art. 136 del Codice (1)”.
4. La VAS, con ricorso notificato in data 4 maggio 2022 e depositato il successivo 6 maggio, ha adito questo Tribunale per l’annullamento di tale nota, gravata unitamente ai pareri consultivi in essa menzionati, deducendo un unico motivo di censura, rubricato “Violazione degli artt. 3, 10 23 del DPR 380/2001[5]. Violazione degli artt. 136 (1)e 146[6] del DLgs.42/2004.Violazione degli artt. 24 (2) e 27[7] delle NTA del PRG di Roma. Violazione degli artt. 10[8] e 43 (3) del PTPR Lazio adottato. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti. Illogicità, irragionevolezza della motivazione”.
La ricorrente lamenta che i lavori eseguiti nel cortile interno del Palazzo Bracci dalla [omissis F] (proprietaria di detta area cortilizia), unitamente ad altri interessanti i civici nn. 20 e 21, avrebbero necessitato del permesso di costruire (ovvero di SCIA alternativa al permesso di costruire ex art. 23 d.P.R. n. 380/2001 (5), in quanto trattavasi di interventi di “nuova costruzione” e “ristrutturazione edilizia” e non già mere opere di “restauro e risanamento conservativo” o “manutenzione straordinaria” (avendo completamente stravolto l’architettura del “giardino” interno o comunque apportato modifiche di tipo strutturale).
La ricorrente lamenta, altresì, l’assenza del nulla osta paesaggistico della Soprintendenza ai sensi dell’art. 146 d. lgs. n. 42/2004 (6), da rendersi in ragione del disposto dell’art. 136, co. 1, lett. c) (1), che include tra i “beni tipizzati” i “centri storici”, ivi compreso anche quello del Comune di Roma, che oltretutto nel corso della 14° Sessione del Consiglio Esecutivo, sessione primaverile dal 15 al 23 maggio 1980, era stato iscritto dall’UNESCO nella Lista del Patrimonio Mondiale[9]. Anche il P.T.P.R. del Lazio, adottato nel 2007 e poi definitivamente approvato con delibera del Consiglio Regionale n. 5 del 21 aprile 2021, avrebbe sottoposto a vincolo paesaggistico il Centro Storico di Roma, individuato con i confini del Municipio I (includendolo fra i “beni tipizzati” di cui alla Tavola 24_374_B), dettando all’art. 10 delle N.T.A. una disposizione analoga a quella contemplata dal citato art. 146 (6). I lavori eseguiti su Palazzo Bracci, pertanto, avrebbero richiesto la preventiva autorizzazione paesaggistica, che nulla avrebbe a che vedere con i pareri “consultivi” non vincolanti resi dalla Soprintendenza ai sensi dell’art. 24, co. 19 delle N.T.A. del P.R.G. di Roma Capitale (2) in relazione varie SCIA presentate dalla [omissis F].
Nell’elencazione degli atti impugnati contenuta nell’epigrafe del ricorso è inserito anche, con la specifica “per quanto occorra”, l’art. 44, comma 19 del P.T.P.R. Lazio approvato, “che sostituisce la disposizione di cui all’art. 43 co.15 del PTPR adottato”[10].
5. Si è costituita in giudizio Roma Capitale con atto di mero stile (cfr. deposito del 16 maggio 2022). 6. Anche la controinteressata [omissis F] si è costituita con memoria del 21 giugno 2022, depositando documentazione ed eccependo, con la memoria illustrativa del 13 ottobre 2023, l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse, attesa l’esistenza di numerosi altri pareri infraprocedimentali rilasciati dalla Soprintendenza a suo favore e non gravati, nonostante la VAS ne avesse avuto conoscenza per essere intervenuta nel giudizio RG. n. 6065/2018, proposto dinanzi a questo T.A.R. dal Sig. [omissis AF] per opporsi ai medesimi interventi edilizi e medio tempore esitato dalla Sezione II stralcio con sentenza n. 8778/2023 del 28 maggio 2023[11]. Con specifico riferimento agli interventi ricadenti nel cortile interno, poi, rileva anche che la riedizione del potere da parte di Roma Capitale, in ottemperanza alla citata pronuncia, comporterà una parziale sopravvenuta carenza di interesse all’impugnativa di parte ricorrente. Nel merito insta per il rigetto del ricorso, atteso che tutti gli interventi effettuati sull’immobile non necessitavano di permesso di costruire, al più dovendosi qualificarli come opere di “ristrutturazione edilizia cd leggera”, sicché sarebbero stati soggetti in ogni caso a SCIA giusta il combinato disposto degli artt. 3, co. 1, lett. d) e 10, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 (5). Esclude altresì l’esistenza di un vincolo paesaggistico, anche perché all’epoca di effettuazione degli interventi il P.T.P.R. adottato nel 2007 non era stato ancora approvato, con la conseguenza che le sue misure di salvaguardia erano già scadute da anni, mentre il disposto di cui all’art. 44, co. 19 del P.T.P.R. approvato nel 2021 non sarebbe applicabile al caso di specie, ragion per cui la relativa impugnazione difetterebbe di interesse o comunque sarebbe inammissibile per tardività.
7. Con memoria illustrativa del 12 ottobre 2023 la ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame, richiamando la motivazione della citata sentenza n. 8778/23, e argomentando che “dalla copiosa documentazione depositata dalla [omissis F] emerge che tutti gli interventi edilizi nel giardino di Palazzo Bracci, ricadente all’interno della perimetrazione del Centro Storico di Roma, sono stati effettuati in assenza del preventivo parere vincolante della Soprintendenza, invece necessario (…)”.
8. Con ulteriore memoria del 23 ottobre 2023 la VAS ha poi replicato alle eccezioni, anche in rito, sollevate dalla controinteressata. 9. In data 3 novembre 2023 Roma Capitale ha depositato la nota del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Municipio I prot. CA/197157 del 30 ottobre 2023, con la quale l’amministrazione capitolina ha riesercitato il potere in esecuzione della sentenza n. 8778/2023.
10. Alla pubblica udienza del 14 novembre 2023 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.
DIRITTO 1. In limine litis si ritiene di non dover disporre lo stralcio della nota del Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Municipio I prot. CA/197157 del 30 ottobre 2023, nonostante non risulti rispettato il termine di 40 giorni liberi di cui all’art. 73, co. 1 cod. proc. amm. né presentata alcuna richiesta di autorizzazione al deposito tardivo: tale atto, infatti, non solo rappresenta un nuovo documento formatosi proprio a ridosso dell’udienza di discussione del ricorso (sicché non avrebbe potuto essere prodotta nei termini), ma assume comunque rilievo in questa sede, in quanto su di essa si fonda l’eccezione di sopravvenuta improcedibilità in parte qua del ricorso sollevata dalla controinteressata (come meglio si dirà), sicché se ne terrà conto unicamente a questi fini.
2. Il Collegio osserva, in via pregiudiziale e officiosa, che non vi sono motivi di dubbio in merito alla legittimazione attiva della ricorrente (peraltro mai contestata dalle controparti), in quanto trattasi di associazione riconosciuta a livello nazionale che persegue, come finalità statutaria, la tutela e valorizzazione del “patrimonio ambientale, naturalistico, paesistico, architettonico, monumentale, storico e culturale del paese” quale attività di interesse generale, e considerato che il thema decidendum dell’odierno giudizio verte (almeno in parte) proprio sulla protezione e salvaguardia di tali valori (dotati di copertura a livello costituzionale) in un ambito territoriale particolare, quale è il Centro Storico di Roma. Tale esigenza aveva per l’appunto indotto l’associazione a farsi parte attiva presso la competente Soprintendenza, avviando il procedimento poi esitato con il provvedimento oggetto dell’odierno gravame. 3. Sussistono, nondimeno, alcuni profili in rito che ostano all’esame, nel merito, di una parte delle censure dedotte con il ricorso, per la cui compiuta illustrazione appare doverosa una preliminare ricostruzione della vicenda, anche in ragione della circostanza che l’odierno giudizio “interseca” altra impugnativa, già definitiva da questo Tribunale con la sentenza n. 8778/2023, citata in narrativa.
4. La controinteressata [omissis F] s.p.a. è proprietaria dell’area cortilizia interna dello stabile denominato “Palazzo Bracci”, oltre che di un “negozio” ubicato al civico 20 di via del Corso e sito al piano terra dell’edificio. È pacifico tra le parti che il suddetto Palazzo non è un “bene culturale” soggetto a tutela cd “monumentale” ai sensi dell’art. 10 e ss. d. lgs. n. 42/2004[12], con conseguente inapplicabilità delle previsioni dettate dalla parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le quali impongono, tra l’altro, di sottoporre alla preventiva autorizzazione della competente Soprintendenza (nel caso di specie, l’attuale Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma del Ministero della cultura) le “opere e lavori di qualunque genere” da effettuarsi sui beni culturali (cfr. art. 21, co. 4).
È altresì incontestato che l’edificio è collocato in area “Centro storico” del Comune di Roma: dalla documentazione versata in atti si evince, infatti, che l’immobile ricade “nel sistema insediativo della città storica nel tessuto T2 – Tessuti di espansione rinascimentale e moderna pre-unitaria”, secondo le previsioni del vigente P.R.G. di Roma Capitale, approvato con delibera C.C. n. 18 del 12 febbraio 2008 (cfr. le relazioni tecniche allegate alle diverse SCIA presentate dalla [omissis F] e versate in atti in data 3 ottobre 2023), nell’area del cd “Tridente” (v. relazione allegata all’istanza presentata dalla VAS alla Soprintendenza, contenente una aerofotogrammetria del Centro Storico di Roma, in cui il Palazzo Bracci è cerchiato in rosso).
Nel 1980 il Centro Storico di Roma è stato iscritto dall’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, istituita a Parigi il 4 novembre 1946) nella lista del Patrimonio Mondiale (cd. “World Heritage List”) (9): il perimetro del Patrimonio UNESCO (al netto dell’estensione avvenuta nel 1990 su richiesta della Santa Sede) include l’area ricompresa entro le Mura Aureliane risalenti al III secolo, con la successiva estensione rappresentata dalle Mura Gianicolensi edificate sotto il pontificato di papa Urbano VIII nel corso del XVII secolo, e il Palazzo Bracci vi ricade interamente.
4.1. Nel lasso temporale a cavallo tra il 2016 e il 2017 la Società [omissis F] presentava diverse SCIA per la realizzazione di interventi edilizi interessanti sia il cortile interno dello stabile, sia il locale di cui al civico n. 20: in particolare, si trattava della SCIA prot. n. 198464 del 30 novembre 2016, cui facevano seguito le SCIA “in variante” prot. n. 3605 del 10 gennaio 2017, prot. n. 15480 del 30 gennaio 2017 e prot. n. 45127 del 15 marzo 2017, nonché ancora le SCIA prot. n. 53854 del 29 marzo 2017, n. 75274 del 4 maggio 2017 e n. 103157 del15 giugno 2017.
In sintesi, gli interventi consistevano in opere qualificate di “restauro” del cortile interno ai sensi dell’art. 22, co. 1 d.P.R. n. 380/2001(5) (dettagliatamente, “ripristino della quota originaria attraverso la rimozione delle pavimentazioni esistenti e dei relativi massetti; la rimozione della scala metallica che collegava il cortile interno al ballatoio del primo piano […]; il rifacimento della pavimentazione; la sistemazione del verde; l’inserimento nella pavimentazione di faretti incassati e il restauro della fontana”: cfr. prima SCIA del 30 novembre 2016, alla quale facevano seguito ulteriori opere di “finitura” del cortile), “accorpamento” delle unità immobiliari di cui ai civici 20 e 21 (attraverso il “ripristino delle aperture di collegamento già presenti al piano terra nella parete divisoria di essi”), oltre a lavori di “manutenzione” eseguiti all’interno di tali locali e ulteriori opere interessanti gli infissi (“trasformazione di finestra in porta finestra per accesso al cortile, sostituzione degli infissi prospicienti il cortile; sostituzione degli infissi e dell’insegna sul prospetto di via del Corso”). Tali interventi erano assistiti dai seguenti “pareri favorevoli” della Soprintendenza: prot. n. 977 del 24 agosto 2016, nonché parere prot. n. 6657 del 28 novembre 2016 con rilascio del nulla osta alla effettuazione di scavi, entrambi allegati alla prima SCIA (cfr. doc. 1 del deposito documentale effettuato dalla controinteressata); prot. n. 2373 dell’8 febbraio 2017 (cfr. doc. 16); prot. n. 16047 del 27 giugno 2017 (cfr. doc. 17).
Tali pareri erano stati rilasciati ai sensi dell’art. 24, co. 19 del vigente P.R.G. di Roma Capitale (2), ai sensi del quale “Nella parte di Città storica interna alle Mura Aureliane – dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità -, le competenze consultive assegnate al “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, ai sensi dei commi 9, lett. c), e 12, e dell’art. 25, comma 8, sono esercitate dalla Soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma, organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali; in tal caso, il parere consultivo di cui al comma 12 è esteso agli interventi di categoria MS e RC, nonché agli interventi da abilitare tramite DIA, ai sensi del comma 21”.
4.2. Le opere per le quali erano state presentate le sopra citate SCIA sono state poi oggetto di due contenziosi azionati dinanzi a questo Tribunale dal Sig. [omissis AF], condomino dello stabile Palazzo Bracci. Il medesimo, infatti, dopo aver inoltrato all’amministrazione capitolina diverse segnalazioni ed esposti, sollecitandola anche all’esercizio dei suoi poteri inibitori giusta il disposto dell’art. 19, comma 6-ter, della l. n. 241 del 1990[13], insorgeva avverso l’inerzia serbata sulla propria istanza ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., ottenendo sentenza di condanna di Roma Capitale a “provvedere (…) a svolgere le necessarie verifiche, concludendo tale attività con un provvedimento espresso” (cfr. sentenza n. 583 del 17 gennaio 2018).
In ottemperanza alla medesima pronuncia il Municipio I adottava la nota prot. n. 30984 del 16 febbraio 2018, con cui accertava la sostanziale legittimità degli interventi oggetto delle varie SCIA, in quanto da inquadrarsi nella “categoria di ripristino e risanamento conservativo, compatibili con i titoli edilizi sopra citati”, denegando conseguentemente la necessità di adottare qualsivoglia atto inibitorio/repressivo/conformativo.
Il Sig. [omissis AF], è insorto anche avverso tale nota con ricorso R.G. n. 6065/2008, chiedendone l’annullamento. Nel suddetto giudizio interveniva ad adiuvandum la V.A.S., che instava per l’annullamento degli stessi atti impugnati dal ricorrente. La Sezione II Stralcio di questo Tribunale ha definito detto secondo giudizio con la sentenza n. 8778/2023 del 23 maggio 2023, con cui sono state accolte le “censure rivolte verso la SCIA del 30 novembre 2016 avente ad oggetto i lavori del cortile”, una volta rilevata la “tempestività” del potere amministrativo sollecitato dal ricorrente nel termine di legge (30 giorni) dalla presentazione della predetta segnalazione, così giustificando “un accertamento di «mera» legittimità della SCIA”, ritenendo fondato “il profilo patologico del difetto di motivazione dell’atto impugnato”.
In parte motiva detta pronuncia ha così argomentato: “Roma Capitale si è limitata ad affermare che essi rientrerebbero nella “categoria di ripristino e risanamento conservativo” e che, quindi, ben potrebbero essere assentiti con SCIA in quanto “tutti gli interventi con rilevanza esterna e lo scavo per l’abbassamento della quota del cortile, già pavimentato nello stato ante operam, sono stati espressamente autorizzati dalla competente Soprintendenza di Stato”. (…) Nessun dubbio, quindi, circa il fatto che si tratti di una motivazione per relationem. (…) Il parere soprintendizio del 24 agosto 2016 oggetto di richiamo per relationem (…) si è limitato ad assentire gli interventi edilizi prospettati esclusivamente sotto il profilo della “valutazione a titolo consultivo della compatibilità dell’intervento con i caratteri storico-architettonici e tipologici dell’edificio in cui esso verrà effettuato e con il contesto della città storica, fatti salvi ed integri i diritti dei terzi, e ferma restando la competenza comunale in merito alla verifica della conformità dell’intervento medesimo alle vigenti normative urbanistico-edilizie” (…) La decisione amministrativa di cui ora si controverte (…) risulta: – da un latocompletamente sfornita della benché minima motivazione sulla conformità di detti interventi rispetto alla normativa urbanistico-edilizia, non essendo stato fornito alcun ragguaglio sulle ragioni per cui la prospettata modificazione del cortile esterno potrebbe realmente sussumersi nel paradigma degli interventi di restauro/risanamento conservativo (come tali assentibili con SCIA) e non invece in quello della ristrutturazione edilizia c.d. pesante (…);
– dall’altro lato sostenuta da una motivazione stereotipata e acritica in merito alla conformità degli interventi de quibus rispetto ai valori storico-architettonici”. Il T.A.R. ha concluso nel senso che “La mancanza di qualsiasi puntuale motivazione sulla conformità urbanistico-edilizia degli interventi realizzati sul cortile esterno – e più precisamente sulle ragioni per cui detti interventi vadano qualificati come di restauro/risanamento conservativo e non invece di ristrutturazione “pesante” – vizia all’origine l’atto impugnato, atto con cui Roma Capitale aveva validato la SCIA del 30 novembre 2016 (e quindi negato la necessità di eventuali misure inibitorie/repressive) proprio perché essa riguarderebbe un mero intervento di restauro/risanamento conservativo (…) Significativo, a tal riguardo, è il fatto che la SCIA del 30 novembre 2016 – pur rappresentando all’ufficio competente che l’intervento de quo avrebbe comportato il “ripristino della quota originaria” – omette però di indicare le variazioni di quota che sarebbero state effettivamente realizzate (non v’è quindi alcuna misurazione del differenziale di quota tra lo stato dei luoghi ante operam e lo stato dei luoghi post operam). Quanto precede avrebbe dovuto indurre Roma Capitale a verificare – prima di escludere la necessità di qualsiasi intervento inibitorio/repressivo – se (e in che misura) gli interventi ricadenti sul cortile esterno abbiano realmente ripristinato la quota originaria, oppure invece sopravanzato tale quota. Aspetto, questo, che non sembra certamente trascurabile al fine di stabilire se l’intervento edilizio de quo abbia effettivamente natura di restauro/risanamento conservativo (come tale assentibile con SCIA) oppure invece di ristrutturazione edilizia “pesante” (come tale abbisognevole di permesso di costruire). L’omessa valutazione di tale aspetto non fa che confermare, quindi, il difetto motivazionale che affligge il provvedimento impugnato nella parte in cui esso ha negato aprioristicamente la necessità di misure inibitorie/repressive della trasformazione del cortile esterno dell’edificio de quo”.
La sentenza n. 8778/2022, pertanto, in “accoglimento del primo motivo di gravame per difetto di motivazione”, ha annullato il provvedimento impugnato “nei limiti suesposti, con la conseguente precisazione che l’intervento edilizio indicato nella SCIA del 30 novembre 2016 – non essendo attualmente supportato da alcuna dimostrazione della sua natura di mero restauro/risanamento conservativo (e cioè del fatto che la quota del cortile post operam è concretamente misurabile come coincidente con la quota originaria) – non è allo stato assentibile con SCIA, salvo il potere di Roma Capitale di rideterminarsi nell’esercizio dei propri poteri repressivi/inibitori in ossequio al vincolo conformativo discendente dalla presente sentenza”.
Tale sentenza, inoltre, ha rilevato che “Dall’accoglimento parziale del ricorso discende anche l’accoglimento dell’atto di intervento adesivo dipendente dell’Associazione interveniente”, ritenendolo ammissibile, “senza omettere tuttavia di specificare che detto atto di intervento – oltre a riproporre le stesse censure già dispiegate con il ricorso introduttivo (da intendersi accolte nei limiti suesposti) – introduce nel giudizio anche un’ulteriore doglianza consistente nell’asserita mancanza dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, autorizzazione che in base alla prospettazione dell’associazione interveniente l’odierna controinteressata avrebbe dovuto conseguire al fine di realizzare i lavori oggetto di SCIA. Tale doglianza è inammissibile in quanto completamente nuova rispetto alle censure già articolate con il ricorso introduttivo, e dunque incompatibile con la natura propria dell’atto adesivo dipendente dispiegato dall’associazione interveniente”. 4.3. Da ultimo, con la nota prot. CA/197157 del 30 ottobre 2023, il Servizio Urbanistica ed Edilizia Privata del Municipio I, a seguito della citata sentenza n. 8778/2023 e all’esito di un sopralluogo del 19 luglio 2023, nonché di un riesame della documentazione in atti effettuato “per sopperire alla presunta carenza di motivazione”, ha appurato che “il ripristino della quota originaria è desumibile da elementi ancor oggi presenti in loco”, confermando quanto rappresentato nella precedente relazione tecnica prot. CA/30984/18 del 16 febbraio 2018(“Gli interventi eseguiti rientrano nel loro complesso nella categoria di ripristino e risanamento conservativo, compatibili con i titoli sopra citati”). 5. Tanto premesso, occorre scrutinare, prioritariamente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta dalla difesa della controinteressata, e fondata sul rilievo che i pareri infraprocedimentali resi nel tempo dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica centrale di Roma in relazione alle diverse SCIA presentate dalla [omissis F] non si limitavano a quelli oggetto dell’impugnazione proposta dalla VAS (segnatamente, nota prot. SS-Colosseo 8395 del 27.4.2017 e nota prot. SS Col n.6657 del 28.11.2016, entrambe richiamate nel provvedimento prot. n. 12967-P del 22 marzo 2022), esistendone molti altri, di cui l’Associazione era già a conoscenza per essere intervenuta nel giudizio RG. n. 6065/2018, in cui i medesimi “erano stati ritualmente depositati e richiamati nella citata decisione”. Sicchè, trattandosi di atti non specificamente impugnati e “immediatamente lesivi” della posizione dell’odierna ricorrente, l’eventuale accoglimento del presente ricorso non le arrecherebbe alcuna utilità. Tale eccezione è priva di pregio. La ricorrente, infatti, deduce quale specifico motivo di censura (anche) la circostanza che gli interventi eseguiti nello stabile non sarebbero assistiti dalla necessaria autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 lgs. n. 42/2004 (6), da rendersiall’esito del parere vincolante della Soprintendenza, non potendo supplirvi i pareri infraprocedimentali resi dall’organo ministeriale ai sensi del P.R.G. di Roma Capitale, in quanto espressione di un potere meramente consultivo e dunque sforniti di forza vincolante (come meglio si dirà). In altri termini, trattasi di pareri di per sé soli non sufficienti ai fini della legittimità degli interventi edilizi de quibus, con la conseguenza che la ricorrente non aveva l’onere di impugnarli.
6. Il gravame, purtuttavia, è comunque parzialmente inammissibile sotto altro profilo. Occorre precisare che, seppure nell’ambito di un motivo di ricorso formalmente unico, la ricorrente ha sviluppato un duplice ordine di censure, dolendosi, in primis, che gli interventi posti in essere dalla [omissis F] avrebbero dovuto essere assentiti mediante permesso di costruire, ovvero SCIA alternativa ex art. 23 Testo unico dell’edilizia, in quanto si tratterebbe di opere di “nuova costruzione” ovvero “ristrutturazione edilizia cd pesante” che non potevano essere assistite da una SCIA “semplice”.
Tale doglianza è inammissibile, atteso che la VAS avrebbe dovuto prioritariamente attivarsi ai sensi dell’art. 19, co. 6-ter l. n. 241/1990 (“Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”), per poi insorgere giudizialmente avverso le determinazioni e/o il contegno omissivo dell’amministrazione comunale: ebbene, dall’esame della documentazione in atti non consta che l’Associazione abbia mai sollecitato Roma Capitale ad attivare i poteri di vigilanza/repressione sulle SCIA edilizie presentate da [omissis F] (né quelli per così dire “ordinari” nel termine di cui al comma 3 del medesimo art. 19, di controllo “pieno” sulla legittimità della SCIA e conseguente adozione dei necessari atti inibitori/repressivi/conformativi, né, una volta decorso detto termine, quelli di vigilanza e/o repressione comunque spettanti all’amministrazione giusta il disposto del successivo comma 4, alle condizioni previste dall’art. 21-nonies).
Prova ne sia che l’odierno gravame, pur essendo stato notificato anche a Roma Capitale, non è stato esperito avverso l’inerzia serbata da quest’ultima su un’istanza sollecitatoria della VAS, ovvero avverso un eventuale provvedimento negativo che abbia escluso i presupposti per l’esercizio dei poteri inibitori e/o repressivo- sanzionatori, essendo stati impugnati unicamente atti della Soprintendenza, tanto che la medesima amministrazione capitolina nemmeno è stata indicata tra le parti “resistenti” menzionate nell’epigrafe del ricorso.
Ne consegue che non mette conto qui interrogarsi sull’originaria conformazione dell’area cortilizia (che la ricorrente descrive quale “giardino” dotato di alcune piante secolari, nonché di una Fontana centrale che figurerebbe nella mappa catastale di impianto risalente al 1939, elementi rimossi per effetto degli interventi di sbancamento, livellamento e pavimentazione eseguiti dalla [omissis F] a cavallo tra il 2016 e il 2017), al fine di stabilire se vi sia stato o meno un “restauro” di tale area esterna assentibile con SCIA ai sensi del Testo unico dell’edilizia [cfr. lett. a) della parte in “diritto” del ricorso], né sulla qualificazione, sempre sotto il profilo edilizio, delle opere interessanti i locali posti al piano terra del Palazzo ovvero sulla regolarità delle correlate SCIA, di cui la VAS lamenta l’incompletezza documentale per essere i progetti presentati “privi di prospetti, sezioni, quote, ed altro, come, invece, prevede il RE” [cfr. punto 2 e lett. b) sempre della parte in “diritto”].
6.1. Ad abundantiam si rileva che sussiste un ulteriore profilo in rito ostativo all’esame, nel merito, di tali censure (quantomeno di quelle che si appuntano sugli interventi che hanno interessato il cortile interno del Palazzo Bracci). Si osserva infatti che lo scrutinio in ordine all’aspetto urbanistico/edilizio di tali opere è già stato svolto nell’ambito del giudizio R.G. n. 6065/2018 (nel quale l’associazione odierna ricorrente è intervenuta ad adiuvandum), attivato dal terzo ([omissis AF]) che, invece, aveva appunto sollecitato l’esercizio dei poteri comunali sulle SCIA di cui trattasi (per poi specificamente denunciare, con il terzo mezzo, proprio la “violazione della normativa edilizia per avere Roma Capitale trascurato il fatto che tramite plurime SCIA in sequenza tra loro, la società controinteressata avrebbe finito per realizzare una trasformazione complessiva del cortile in questione, eseguendo quindi «interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente» (…) in sintesi, dietro le SCIA presentate dalla ricorrente – apparentemente dirette a realizzare interventi asseritamente di restauro e risanamento conservativo (in coerenza con le N.T.A. applicabili) – si sarebbe in realtà celato un insieme di interventi integranti una forma ristrutturazione edilizia “pesante”, interventi motivati soltanto dalle esigenze commerciali della società controinteressata e che dunque esigevano, in tesi, il rilascio del permesso di costruire”: cfr. parte in “fatto” della sent. n. 8778/2023).
Ne consegue che le censure oggi articolate dalla VAS e specificamente vertenti su tale aspetto (sub specie di “Violazione degli artt. 3, 10 23 del DPR 380/2001”, oltre ad “eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti”) palesano una violazione del principio del ne bis in idem[14]foriera di un possibile contrasto di giudicati, in quanto ineriscono al medesimo rapporto già dedotto nell’ambito del sopra citato giudizio, con la conseguenza che il presente gravame sarebbe comunque improcedibile in parte qua.
Si richiama sul punto l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la regola del “ne bis in idem” trova applicazione anche nel processo amministrativo sul presupposto dell’identità nei due giudizi delle parti in causa e degli elementi identificativi dell’azione proposta, e, quindi, sul presupposto che nei suddetti giudizi sia chiesto l’annullamento degli stessi provvedimenti, o al più di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione (cfr. Cons. St., sez. V, 17 settembre 2018, n. 5422; sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 12; sez. III, 19 settembre 2022, n. 8077, la quale poi ribadisce che se il giudice amministrativo non abbia disposto la riunione di due cause identiche, deve essere dichiarata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso proposto successivamente, onde prevenire la violazione del principio del ne bis in idem, puntualizzando anche che ai fini dell’operatività di detto principio, ciò che rileva, per la riunione ovvero l’improcedibilità del secondo ricorso, è la mera proposizione del ricorso giurisdizionale, non anche la definizione dello stesso con pronuncia passata in giudicato).
Tali argomentazioni consentono di ritenere assorbita l’eccezione di sopravvenuta improcedibilità in parte qua del ricorso sollevata a pag. 7 della memoria illustrativa della controinteressata e fondata su un eventuale rinnovato esercizio del potere di verifica da parte di Roma Capitale nelle more del presente giudizio, in conseguenza dell’annullamento della precedente nota prot. n. 30984 del 2018, eccezione divenuta attuale proprio in considerazione dell’avvenuta riedizione di detto potere con la nota prot. n. 197157 del 30 ottobre 2023, versata in atti da Roma Capitale in prossimità dell’udienza.
7. Da quanto sopra consegue che il ricorso della VAS è ammissibile e procedibile esclusivamente sotto il profilo della disciplina paesaggistica, ossia limitatamente al secondo ordine di censure, dirette specificamente a contestare l’assunto (fatto proprio dalla Soprintendenza nella nota gravata) secondo cui il Palazzo Bracci non sarebbe sottoposto a tutela ai sensi dell’art. 136 d. lgs. n. 42/2004 (1) (cfr. segnatamente pag. 9 e ss. del ricorso).
A tal proposito soccorrono due precisazioni. In punto di ammissibilità, è possibile riconoscere alla nota prot. n. 12967 del 22 marzo 2022 valore provvedimentale, per avere questa negato l’attivazione dei poteri “di autotutela” e l’adozione dei richiesti “dovuti provvedimenti del caso”, in ragione della rilevata inesistenza di un vincolo di tutela paesaggistica insistente nella zona in cui sorge l’immobile (Centro Storico di Roma): la ricorrente, dunque, anche tenuto conto delle proprie finalità statutarie, ha interesse ad insorgere avverso tale determinazione, precipuamente al fine di far accertare l’illegittimità dell’impianto motivazionale su cui essa fonda l’esclusione dall’ambito di operatività del vincolo e sollecitare l’esercizio dei poteri repressivo-sanzionatori (sul punto si rammenta che, ai sensi degli artt. 167, commi 1 e 2 d. lgs. n. 42/2004[15] e 27, comma 2 d.P.R. n. 380/2001 (5), la demolizione delle opere realizzate in assenza di autorizzazione in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, con conseguente rimessione in pristino, è un atto dovuto e vincolato, quale conseguenza necessitata dell’accertata violazione delle disposizioni di cui alla parte III del Codice del 2004). In punto di procedibilità, poi, va precisato che, seppure tali doglianze siano state introdotte nell’ambito del giudizio R.G. n. 6065/2018con l’atto di intervento dell’Associazione, in quella sede il giudice ha ritenuto di non poterle scrutinare nel merito in quanto “nuove” rispetto alle censure già articolate con il ricorso introduttivo, dichiarandole non ammissibili (cfr. supra, punto 4.2), sicché non si profila la violazione del principio del ne bis in idem sopra invocato.
8. Purtuttavia sussiste un pregiudiziale profilo in rito, rappresentato dalla parziale irricevibilità del gravame nella parte in cui esso è stato esperito anche avverso l’art. 44, comma 19, del P.T.P.R. del Lazio “approvato” (10), gravato nella misura in cui esso “sostituisce la disposizione di cui all’art. 43 co.15 del PTPR adottato” (cfr. epigrafe del ricorso), trattandosi di impugnazione tardiva.
Come noto, il P.T.P.R. è stato approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 5 del 21 aprile 2021, pubblicata sul B.U.R.L. n. 56 del 10 giugno 2021, Supplemento n. 2, sicché, conformemente a quanto eccepito dalla parte controinteressata, la disposizione sopra citata avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnata nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della suddetta delibera.
9. Tanto precisato in via pregiudiziale, per il resto il gravame è meritevole di accoglimento.
LA PARTE DELLA SENTENZA CHE RIGUARDA LA TUTELA PAESAGGISTICA DEL CENTRO STORICO – AREA UNESCO
10. La questione che resta da scrutinare nel merito attiene all’esistenza o meno di un vincolo di tutela paesaggistica interessante il Centro Storico di Roma, ai sensi della Parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel cui perimetro ricade il “Palazzo Bracci”, con la conseguente obbligatorietà (o meno) di subordinare gli interventi edilizi da realizzarsi alla preventiva autorizzazione paesaggistica giusta il disposto dell’art. 146 del Codice.
10.1 Ebbene, tale vincolo deve ritenersi esistente. Come noto, la “tutela del paesaggio” rappresenta un valore presidiato a livello costituzionale (cfr. art. 9 Cost.[16]), quale interesse pubblico dotato di primario rilievo, e trova la propria regolamentazione, a livello legislativo, nella parte III del d. lsg. n. 42/2004 (cd “Codice dei beni culturali e del paesaggio). L’art. 134, co. 1, lett. c) (4)del citato d. lgs. n. 42/2004, nella formulazione in vigore a seguito delle modifiche introdotte per effetto del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63[17], stabilisce che “Sono beni paesaggistici (…) c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143[18] e 156[19]”. Il prefato art. 136 a sua volta prevede, al co. 1, lett. c) (1), che sono sottoposti alle disposizioni del Titolo I della Parte III del Codice (rubricato “Tutela e valorizzazione”, artt. da 131 a 159) “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici”, in ragione del “loro notevole interesse pubblico”. Si precisa che la locuzione “inclusi i centri ed i nuclei storici” è stata introdotta ad opera del menzionato d. lgs. n. 63 del 20087, con cui il legislatore ha recepito la prassi di porre il vincolo di tutela su interi centri storici, quali “complessi monumentali che vengono tutelati in quanto in essi si fondono mirabilmente l’espressione della natura e quella del lavoro umano, frutto della creatività artistica”, basata su un’ipotesi peculiare “che ha fatto parlare di «beni ambientali urbanistici» come categoria a sé stante, e che, nel tempo , ha portato all’imposizione di centinaia di vincoli aventi ad oggetto interi centri storici” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 giugno 2006, n. 3733[20], che cita in tal senso la Relazione al Codice dei beni culturali e del paesaggio sub art. 136[21]).
Ai sensi dell’art. 143, co. 1, lett. d) d. lgs. n. 42/2004 (18), è demandata al piano paesaggistico territoriale (P.T.P.R.) la “individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c), loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1[22]”.
Tanto precisato, dalle relazioni tecniche allegate alle varie SCIA presentate dalla [omissis F] emerge che, in base al P.T.P.R. adottato dalla Giunta Regionale del Lazio con deliberazioni n. 556 del 25 luglio 2007 e n. 1025 del 21 settembre 2007, il Palazzo Bracci ricade: nelle tav. A, sistema “Paesaggio Insediativo”, all’interno dei “Paesaggi dei Centri e Nuclei Storici con relativa fascia di rispetto di 150 metri”; in base alle Tav. B, individuazione di immobili e aree tipizzati, negli “insediamenti urbani storici e territori contermini compresi in una fascia della profondità di 150 metri”, art. 43 delle N.T.A.; in base alle Tav. C, nei “beni del patrimonio naturale e culturale: beni della Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO: siti culturali”[23].
(Particolare della tavola 24_374_B del PTPR adottato di Roma 10 11 2007)
La graficizzazione all’interno delle Tavole del P.T.P.R., e segnatamente nella “Tavola 24_374_B”, emerge anche dalla relazione acclusa all’istanza presentata dalla VAS alla Soprintendenza, dove l’area del Centro Storico di Roma appare campita in rosso.
In altri termini, il P.T.P.R. adottato, nel dare attuazione alla disposizione di cui al citato l’art. 143, co. 1, lettera d) (18), ha individuato i beni del “patrimonio identitario regionale”, tra cui gli “Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto”, includendovi anche il Centro Storico della Capitale.
Quanto sin qui rappresentato sembrerebbe già per sé tranchant al fine di ritenere sussistente un vincolo di tutela paesaggistica sull’intera area de qua, trattandosi di un bene tipizzato ai sensi dell’art. 136, co. 1, lett. c) d. lgs. n. 42/2004 (1) e graficizzato come tale nelle tavole del P.T.P.R. adottato, e dunque centro storico di “notevole interesse pubblico”. L’argomentazione su cui la Soprintendenza fa leva, nella gravata nota, per negare tale assunto si fonda sul disposto dell’art. 43 delle N.T.A. del medesimo P.T.P.R., dedicato agli “Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto”: tale disposizione, dopo aver espressamente sancito l’obbligo di conseguire l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi edilizi da effettuarsi, al comma 15 testualmente prevede(va) che “Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti fra i beni paesaggistici di cui all’art.134 comma 1 lettera a) del Codice, per i quali valgono le modalità di tutela dei “Paesaggi” e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (Roma – centro storico, Tivoli – Villa d’Este e Villa Adriana, Necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale” firmata a Parigi il 10 novembre 1972 ratificata con legge 6 aprile 1977 n. 184 e successive modifiche ed integrazioni”.(3) L’organo ministeriale ne fa derivare la conclusione che “il Palazzo non è ricadente nell’art. 136 del Codice”(1),disconoscendo, in sostanza, l’esistenza di un vincolo paesaggistico. Senonché, la disposizione del P.T.P.R. qui in esame tutt’al più va interpretata nel senso di escludere soltanto l’applicabilità, nei confronti dei siti storici urbani UNESCO, tra cui espressamente va annoverato quello di “Roma – centro storico”, delle prescrizioni di tutela dalla medesima contemplate per la generalità dei “centri storici” del Lazio, demandando la relativa regolamentazione ad un atto ad hoc (Piano di gestione). L’art. 43, comma 15, invece, non può essere inteso nel senso fatto proprio dalla Soprintendenza, ossia quale previsione atta, di per sé, ad escludere in radice l’area di cui trattasi dal vincolo di tutela paesaggistica ai sensi del d. lgs. n. 42/2004. Trattasi, infatti, di un’interpretazione che, in primo luogo, si pone in contrasto con il quadro legislativo di cui si è sopra dato conto, che esprime una chiara scelta di campo nel senso della salvaguardia dei centri storici che presentino un interesse pubblico “notevole”, da leggersi in combinazione con la graficizzazione contenuta nelle Tavole del P.T.P.R., in cui figura anche il Centro Storico della Capitale (cfr. Tavola 24_374_B), con la conseguenza che negare l’esistenza di un vincolo paesaggistico gravante su tale area significherebbe, di fatto, disapplicare tali previsioni e disconoscere un interesse siffatto, laddove, viceversa, questo è stato chiaramente riconosciuto.
In secondo luogo, tale lettura si appalesa illogica, abnorme e irragionevole, nella misura in cui esclude dall’operatività del vincolo beni che necessitano di una protezione addirittura rafforzata, quali sono i siti storici inclusi nella Lista UNESCO: trattasi, infatti, di realtà dotate di un pregio culturale, storico e paesaggistico rilevantissimo, tale da travalicare la dimensione “nazionale” per assurgere addirittura a Patrimonio Mondiale, e dunque valore condiviso dall’intera umanità.
Del resto, la ratio dell’esclusione di cui al citato comma 15 va individuata proprio nell’esigenza di approntare specifiche prescrizioni di tutela, diversificate rispetto a quelle “generalizzate” valevoli per la restante parte dei centri storici della Regione, proprio al fine di tener conto della rilevante peculiarità (meglio sarebbe a dire “unicità”) dei siti UNESCO.
A tal proposito soccorre, ancora una volta, la disciplina di fonte primaria contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, come novellata per effetto del sopra citato d. lgs. n. 63/20087: con tale decreto è stato, tra l’altro, modificato l’art. 135 in materia di “Pianificazione paesaggistica”, con l’espressa previsione secondo cui “Per ciascun ambito i piani paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: (…) d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO”. Emerge in maniera inequivocabile la volontà, da parte del legislatore, di tutelare al massimo grado proprio i beni inclusi nella Lista UNESCO, demandando ai piani territoriali regionali il compito di dettare specifiche prescrizioni d’uso, semmai ancora più stringenti di quelle adottate con riferimento agli ulteriori beni paesaggistici: in tal senso deve essere inteso il riferimento alla “particolare attenzione” da prestarsi in tali ipotesi, e ciò al fine di orientare adeguatamente lo sviluppo del tessuto urbanistico ed edilizio in cui i medesimi si innestano, in maniera tale da evitare il rischio di compromissione di aree che sono dotate di un altissimo pregio paesistico-storico-culturale per il loro eccezionale e straordinario valore identitario, tale da rappresentare un unicum a livello addirittura planetario (l’inclusione della Lista, infatti, costituisce riconoscimento ufficiale di un “Valore Eccezionale Universale” o “Outstanding Universal Value – OUV”) (9).
Tali previsioni derivano da un preciso obbligo internazionale, cogente ai sensi dell’art. 117 Cost.[24], atteso che la “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale”, firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata dall’Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184[25], obbliga lo Stato di appartenenza ad assicurarne la salvaguardia avvalendosi anche dei contributi economici e tecnici messi a disposizione dall’Unesco (oltretutto, sul piano internazionale è meritevole di menzione anche la Convenzione europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 Ottobre 2000, ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14[26], che fa del paesaggio il prodotto della interrelazione tra fattori naturali e umani, qualificandolo come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, quale “elemento importante della qualità della vita delle popolazioni: nelle aree urbane e nelle campagne, nei territori degradati, come in quelli di grande qualità, nelle zone considerate eccezionali, come in quelle della vita quotidiana”).
Del resto, il menzionato d. lgs. n. 63/20087 è stato emanato in attuazione dell’art. 10 della legge delega 6 luglio 2002, n. 167 [27](come modificato ad opera dell’art. 1 della legge 23 febbraio 2006, n. 51[28]), il quale annovera tra i principi e criteri direttivi proprio l’”adeguamento alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali” [cfr. comma 2, lett. b)].
Non può fondatamente ritenersi, dunque, che il Centro Storico di Roma, iscritto nella Lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, non sia qualificabile quale “bene paesaggistico” ai sensi e per gli effetti della parte III del Codice del 2004, a meno di non voler “sposare” interpretazioni assolutamente devianti rispetto alle coordinate chiaramente tracciate a livello sovranazionale, costituzionale e legislativo.
Alla luce di tutto quanto sopra rilevato il Collegio non può che dare continuità all’indirizzo già espresso da questa Sezione con le sentenze n. 5757 del 29 maggio 2020[29] e n. 9688 del 22 settembre 2020[30], che sottolineano anch’esse l’esigenza di una protezione “rafforzata”, sotto il profilo paesaggistico, dei siti UNESCO, con particolare riferimento proprio al Centro Storico di Roma, in considerazione del significato che assume l’inclusione nella Lista del Patrimonio Mondiale.
In particolare, la sentenza n. 9688/2020, nel riproporre lo sviluppo argomentativo di cui al primo dei menzionati pronunciamenti, precisa che “l’inserimento di un bene nella «lista del patrimonio mondiale» non viene operata d’ufficio dall’UNESCO, ma avviene sulla base della richiesta dello Stato interessato, che, a mezzo del Ministero competente alla tutela dei beni culturali e paesaggistici, sottopone ad un apposito Comitato intergovernativo la richiesta di includere un bene presente nel suo territorio nella predetta lista in considerazione del suo valore «assolutamente eccezionale per l’Umanità intera»”.
Né mai il piano paesaggistico territoriale potrebbe comunque derogare ad una ben precisa scelta legislativa (che si è visto essere peraltro attuativa di obblighi internazionali), quale è quella di salvaguardare i siti rientranti nel Patrimonio Mondiale con imposizione di un vincolo paesaggistico, in ragione della sua collocazione gerarchicamente subordinata nonché della circostanza che tale atto è tenuto a “fotografare” i beni paesaggistici esistenti a livello regionale, ivi compresi quelli “ex lege”, e dunque ha valenza meramente “ricognitiva”.
In tal senso vedasi anche l’obbligo, gravante sulla Regione, di adeguare le perimetrazioni e i contenuti del P.T.P.R. alle previsioni di cui all’art. 143 del Codice (18), che impongono la “ricognizione” dei beni paesaggistici, come variamente individuati, e la disciplina delle specifiche prescrizioni d’uso (cfr. art. 156 d. lgs. n. 42/2004[31], nonché art. 26 L.R. n. 24/1998[32], secondo cui “In caso di contrasto delle perimetrazioni dei PTP o del PTPR (…) con l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’articolo 134, comma 1, lettera c) del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, come risultano definiti e accertati dal PTPR, la Regione, nel rispetto degli articoli 143, comma 2 e 156, comma 3 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR secondo le procedure previste dalla presente legge per l’approvazione del PTPR, con i termini ridotti alla metà”): ciò a riprova del fatto che il P.T.P.R. non potrebbe comunque discostarsi dalla fonte normativa.
In conclusione, l’art. 43, comma 18 del P.T.P.R. Lazio adottato nel 2007 non può interpretarsi nel senso di escludere dal vincolo paesaggistico ex art. 136, co. 1, lett. c) d. lgs. n. 42/2004 il Centro Storico di Roma.
10.2. Da quanto sopra emerge, conseguentemente, che gli interventi edilizi che si intendano intraprendere su immobili ricompresi in luoghi o siti iscritti nella menzionata Lista UNESCO, tra cui quelli oggetto dell’istanza inoltrata dalla VAS (interessanti l’area cortilizia interna di Palazzo Bracci), devono necessariamente essere subordinati alla preventiva autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 d. lgs. n. 42/2004 (6), quale “atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio” (cfr. comma 4).
Tale provvedimento, come noto, è reso dall’autorità competente dopo avere acquisito il “parere vincolante” della Soprintendenza, ai sensi del comma 5: il disposto normativo, dunque, subordina chiaramente il titolo autorizzatorio all’espressione di un parere preventivo, da rendersi nel termine di legge di 45 giorni, non limitato ad una verifica di mera legittimità ma contenente anche una valutazione di merito in ordine alla compatibilità paesaggistica delle opere progettate,frutto di una “cogestione” del vincolo paesaggistico da parte dell’organo ministeriale e dotato di portata cogente e insuperabile (non mette conto qui interrogarsi sulla questione della natura del parere emesso tardivamente, esulando essa dall’ambito del presente giudizio).
Soccorre, ancora una volta, quanto chiarito dalla Sezione con la menzionata sent. n. 9688/2020, in cui è stato precisato che la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Roma è l’organo periferico dell’Amministrazione statale dei beni culturali “competente a rilasciare l’autorizzazione di cui all’art. 146 del d.lgs. 42/2004” per gli interventi edilizi da effettuarsi nel Centro Storico di Roma, autorizzazione necessaria per qualunque opera che interessi beni culturali o paesaggistici o ambientali, e puntualizzando che “il Ministero dei Beni Culturali ha un ruolo decisivo non solo nella fase di «imposizione del vincolo» – formulando la relativa proposta al Comitato UNESCO – ma anche nella fase successiva di «gestione del vincolo», (…) in sede di rilascio dell’autorizzazione di cui agli art. 21[33] e 146 (6) del d.lgs. 42/2004 (Codice Beni Culturali) e di cui all’art. 25 della LR 24/1998 [34], necessaria per effettuare interventi edilizi rispettivamente sui beni culturali e paesaggisti. Ciò vale sia se tali beni siano di interesse meramente «nazionale», siano essi di rilevanza «mondiale» in quanto iscritti nella lista dell’UNESCO ai sensi della «Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale», firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184 (25). Si tratta di un complesso combinato di norme poste da fonti di livello internazionale, nazionale e regionale, che sanciscono un ordine di competenze e di valori che non possono essere modificati né dall’art. 24 co. 19 delle NTA del nuovo PRG del Comune, né dalle Intese siglate dall’Ente Locale e dal Ministero il 8. 9. 2009” (20). Ne consegue che non può in alcun modo equipararsi a detto parere vincolante quello, meramente “consultivo”, previsto dall’art. 24, co. 19 delle N.T.A. del P.R.G. di Roma Capitale (2): quest’ultimo, seppure obbligatorio (così espressamente lo qualifica il comma 12 della medesima disposizione, cui rinvia il citato comma 19, con la precisazione che, per la parte di Città storica interna alle Mura Aureliane dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità, la competenza a pronunciarsi non è del “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, bensì della Soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma), è sguarnito di forza cogente, potendo essere “disatteso” dall’amministrazione capitolina.
Del resto, che il parere di cui trattasi è privo di tale natura lo testimonia chiaramente il tenore letterale delle note con cui la Soprintendenza, ai sensi della sopra citata previsione urbanistica, si è espressa favorevolmente sugli interventi oggetto delle SCIA presentate dalla controinteressata, evidenziando come “Il presente parere discende esclusivamente dalla valutazione a titolo consultivo della compatibilità dell’intervento con i caratteri storico-architettonici e tipologici dell’edificio in cui esso verrà effettuato e con il contesto della città storica” (cfr. docc. nn. 16 e 17, depositati in data 3 ottobre 2023).
Ne consegue che i suddetti pareri, tra cui i due espressamente richiamati nel gravato provvedimento, non suppliscono al doveroso e vincolante accertamento di compatibilità paesaggistica che la Soprintendenza è tenuta ad effettuare ai sensi della disciplina di tutela dettata dalla Parte III del Codice del 2004.
Peraltro, il gravato provvedimento nemmeno considera il disposto dell’art. 10, comma 2 N.T.A. del P.T.P.R. adottato (8), che pure era stato espressamente citato nella corposa relazione acclusa all’istanza della VAS, secondo cui “l’autorizzazione paesistica è obbligatoria per i progetti delle trasformazioni dei luoghi ricadenti nei beni paesaggistici tipizzati e individuati dal PTPR e nelle relative fasce di rispetto a decorrere dalla data di pubblicazione sul BURL del PTPR adottato”.
10.3. Né potrebbe convenirsi con la difesa della controinteressata nel ritenere che, all’epoca della presentazione delle SCIA e dell’emanazione dei relativi pareri (2016-2017), il P.T.P.R. del 2007 non era stato ancora approvato e “le sue misure di salvaguardia erano già scadute da anni”, sicché la “specifica normativa regionale richiamata” (i.e., inclusione tra i “beni tipizzati” di cui alla Tavola 24_374_B) non era applicabile agli interventi realizzati da [omissis F] in quanto non più vigente (cfr. pag. 13 della memoria illustrativa). Le previsioni dettate dal P.T.P.R. adottato erano sicuramente in vigore in ragione del disposto dell’art. 23-bis della L.R. n. 24/1998 (“Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione del PTPR”[35]), secondo cui “Dalla data di pubblicazione del PTPR ai sensi dell’articolo 23, comma 2, non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, interventi che siano in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel PTPR adottato”, e tenuto conto che l’art. 21, comma 1 ha ancorato l’efficacia delle misure di salvaguardia dettate dal P.T.P.R. adottato ad un termine preciso, all’epoca non ancora scaduto (tale termine è stato postergato con diversi interventi legislativi succedutisi negli anni, sino a portarlo alla data del 14 febbraio 2020). Sotto questo aspetto, del resto, la fonte regionale si pone perfettamente in linea con la disciplina nazionale, che all’art. 143, co. 9, primo periodo d. lgs. n. 42/2004 prevede che “A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso”. 11. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile e in parte irricevibile, ai sensi di quanto sopra precisato, mentre per il resto va accolto, con conseguente annullamento della nota prot. n. 12967-P del 22.03.2022 della Soprintendenza Speciale Archeologica Bella Arti e Paesaggio di Roma. Va precisato che non è necessario annullare anche le note SS-Colosseo 8395 del 27.4.2017 e SS Col n. 6657 del 28.11.2016, richiamate nel suddetto provvedimento, trattandosi (come sopra argomentato) di pareri meramente consultivi che non possono tener luogo del necessario parere vincolante da rendersi nell’ambito del procedimento volto al conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 lgs. n. 42/2004.
11.1 Appare doveroso altresì puntualizzare, in un’ottica conformativa, che ai sensi dei sopra richiamati artt. 27, co. 2 d.P.R. n. 380/2001 (5) e art. 167, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004 (15), l’autorità competente provvede alla rimessione in pristino delle opere prive di titolo, “fatto salvo quanto previsto al comma 4” del citato art. 167.
12. Le spese di lite possono essere compensate nei confronti di tutte le parti in ragione della reciproca soccombenza.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile, in parte irricevibile, e per il resto lo accoglie, ai sensi, nei termini e con gli effetti precisati in parte motiva. Compensa le spese nei confronti di tutte le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
DS, Presidente FSC, Referendario, Estensore VSReferendario
L’ESTENSORE omissis FSC
IL PRESIDENTE omissis DS
N. 05031/2022 REG.RIC.
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
Capo II – Individuazione dei beni paesaggisticiArt. 136. Immobili ed aree di notevole interesse pubblico
1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008*)
a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici* d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.
*La modifica apportata dal decreto Legislativo 26 marzo 2008, n. 63 “Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 9 aprile 2008 : le parole: «ivi comprese le zone di interesse archeologico» sono sostituite dalle seguenti: «inclusi i centri ed i nuclei storici»; https://www.parlamento.it/parlam/leggi/deleghe/08063dl.htm
19. Nella parte di Città storica interna alle Mura Aureliane – dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità -, le competenze consultive assegnate al “Comitato per la qualità urbana e edilizia”, ai sensi dei commi 9, lett. c), e 12, e dell’art. 25, comma 8, sono esercitate dalla Soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma, organo periferico del Ministero per i beni e le attività culturali; in tal caso, il parere consultivo di cui al comma 12 è esteso agli interventi di categoria MS e RC, nonché agli interventi da abilitare tramite DIA, ai sensi del comma 21.
20. Le disposizioni del comma 19 si applicano dall’entrata in vigore del presente PRG. Con la formalizzazione di apposita intesa tra Comune e Ministero per i Beni e le Attività culturali – Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Lazio, saranno individuate le modalità di collaborazione tra le due amministrazioni e definiti i criteri di valutazione di immobili e progetti, sulla base di quanto indicato nella “Guida per la qualità degli interventi”.
Protocollo successivamente sottoscritto nel 2009: PROTOCOLLO DI INTESA MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI Soprintendenza per I Beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma e COMUNE DIROMA Dipartimento XI – I UO Ufficio Permessi di costruire Per La definizione delle modalità di collaborazione relative àll’acquisizione del parere consultivo di cui all’art.24 comma 19 delle Norme Tecniche di Attuazione del P R G di Roma ai sensi dell’art.24 comma 20 delle stesse Norme Tecniche di Attuazione del NPRG di Roma SCARICA IL PROTOCOLLO del 2009 tra MiBAC-Comune di Roma
Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli insediamenti urbani storici ricadenti fra i beni paesaggistici di cui all’art.134 comma 1 lettera a) del Codice, per i quali valgono le modalità di tutela dei “Paesaggi” e alle parti ricadenti negli insediamenti storici iscritti nella lista del Patrimonio dell’Unesco (Roma – centro storico, Tivoli – Villa d’Este e Villa Adriana, Necropoli etrusche di Tarquinia e Cerveteri) per i quali è prescritta la redazione del Piano generale di gestione per la tutela e la valorizzazione previsto dalla “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale” firmata a Parigi il 10 novembre 1972 ratificata con legge 6 aprile 1977 n. 184 e successive modifiche ed integrazioni.
Si veda il confronto tra l’art. 43 (PTPR adottato) e le successive versioni del 2019 e del 2021 (art. 44)
[4] Articolo 10 Beni paesaggistici, articolo 134, comma 1, lettera c), del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
1. Gli ulteriori immobili ed aree del patrimonio identitario regionale, individuati nelle Tavole B e sottoposti a tutela dal PTPR ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera d), del Codice, sono: a) le aree agricole identitarie della campagna romana e delle bonifiche agrarie; b) gli insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto;
c) i borghi dell’architettura rurale, i beni singoli dell’architettura rurale e relativa fascia di rispetto; d) i beni puntuali e lineari testimonianza dei caratteri identitari archeologici e storici e relativa fascia di rispetto; e) i canali delle bonifiche agrarie e relative fasce di rispetto; f) i beni testimonianza dei caratteri identitari vegetazionali, geomorfologici e carsicoipogei e relativa fascia di rispetto. 2. Ai beni paesaggistici di cui al comma 1, si applicano le modalità di tutela di cui al Capo IV delle presenti norme.
[5]DPR 380/2001 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001)(le modifiche introdotte da più di 5 anni sono consolidate nel testo senza l’annotazione del provvedimento di modifica) https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2001_0380.htm
[7] NTA del PRG di Roma Art.27. Tessuti di espansione rinascimentale e moderna pre- unitaria (T2)
1. Sono Tessuti di espansione rinascimentale e moderna pre-unitaria i tessuti e complessi di edifici in tutto o in parte pianificati, ori- ginariamente costituiti da aggregazioni di case a schiera unifa- miliari, che hanno interessato l’espansione di Roma a partire dalla fine del XV secolo scarica NTA Prg di Roma >>>
[8] il 2° comma dell’art. 10 delle Norme del P.T.P.R. adottato disponeva che “l’autorizzazione paesistica è obbligatoria per i progetti delle trasformazioni dei luoghi ricadenti nei beni paesaggistici tipizzati e individuati dal PTPR e nelle relative fasce di rispetto a decorrere dalla data di pubblicazione sul BURL del PTPR adottato.”
Il Centro Storico di Roma è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale nel 1980, durante i lavori della IV sessione della Commissione tenuti a Parigi (1-5 settembre). Il territorio iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale comprende l’intero Centro Storico della città compreso all’interno della cerchia delle Mura cittadine, nella loro estensione nel diciassettesimo secolo, nonché il complesso della Basilica di San Paolo fuori le Mura. L’area include specificatamente tutti i rioni storici con la sola esclusione di una parte dei rioni Borgo e Prati. La superficie totale del sito iscritto è di 1.469,17 ettari dei quali 1.430,8 relativi alla parte italiana (Centro Storico di Roma) e 38,9 di competenza della Santa Sede. La mappa del perimetro è disponibile al seguente indirizzo web: http://whc.unesco.org/en/list/91/multiple=1&unique_number=2114
Dichiarazione di Valore Universale Eccezionale (Outstanding Universal Value) La Commissione Tecnico Scientifica, istituita a seguito protocollo d’intesa sottoscritto in data 29 settembre 2009 dal Comune di Roma, dalla Regione Lazio, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dal Vicariato, congiuntamente con rappresentanti della Santa Sede, data la natura transnazionale del Sito, ha provveduto alla stesura di una proposta di dichiarazione retrospettiva, Retrospective Statement of Outstanding Universal Value, approvata nella trentottesima sessione del Comitato Patrimonio Mondiale, svoltasi a Doha in Qatar dal 15 al 25 giugno 2014. http://whc.unesco.org/archive/2014/whc14-38com-16en.pdf La dichiarazione retrospettiva di V.U.E. ha lo scopo di fornire una visione chiara e condivisa delle motivazioni alla base dell’iscrizione del sito e di ciò che è necessario per mantenere il Valore Universale Eccezionale a lungo termine. Il testo del documento approvato è disponibile a questo indirizzo web alla pagina 85/86http://whc.unesco.org/archive/2014/whc14-38com-8E-en.pdf
Articolo 44 Insediamenti urbani storici e relativa fascia di rispetto comma 19. Non si applicano le disposizioni di cui al presente articolo all’insediamento urbano storico sito Unesco – centro storico di Roma. L’applicazione di specifiche prescrizioni di tutela da definirsi, in relazione alla particolarità del sito, congiuntamente da Regione e Ministero, decorre dalla loro individuazione con le relative forme di pubblicità. Nelle more della definizione di tali specifiche prescrizioni, il controllo degli interventi è comunque garantito dalla Soprintendenza competente nel rispetto di quanto stabilito dal Protocollo d’Intesa tra Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Comune di Roma (QI/57701 dell’8 settembre 2009)
[11] La precedente sentenza faceva seguito a un ricorso che riguardava la natura dell0intervento edilizio e di conseguenza l’autorizzazione ai lavori, se SCIA o permesdo di Costruire, con la conclusione che la fattispecie avrebbe richeisto un Pdc, mentre l’attuale ricorso riguarda l’obbligo o meno di chiedere l’autorizzazione paesaggistica, indipententemente dallo strumento utilizzato
1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 62 del 2008) (…) qA
[14] Il ne bis in idem processuale è il principio che si desume dal disposto dell’art. 649 Cod. proc. pen., che sancisce il divieto di nuovo giudizio per l’imputato assolto o condannato in via definitiva per lo stesso fatto, anche se considerato diversamente per titolo, grado o circostanze.
1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.
2. Con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [cfr. artt. 33, 34].
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
1. L’elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno: (…)d) eventuale individuazione di ulteriori immobili od aree, di notevole interesse pubblico a termini dell’articolo 134, comma 1, lettera c)*, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso, a termini dell’articolo 138, comma 1**;
1. Sono beni paesaggistici: (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008)
a) gli immobili e le aree di cui all’articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141; b) le aree di cui all’articolo 142; c) gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.
1. Le commissioni di cui all’articolo 137, su iniziativa dei componenti di parte ministeriale o regionale, ovvero su iniziativa di altri enti pubblici territoriali interessati, acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati nonché, ove opportuno, esperti della materia, valutano la sussistenza del notevole interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 136, degli immobili e delle aree per i quali è stata avviata l’iniziativa e propongono alla regione l’adozione della relativa dichiarazione. La proposta è formulata con riferimento ai valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici espressi dagli aspetti e caratteri peculiari degli immobili o delle aree considerati ed alla loro valenza identitaria in rapporto al territorio in cui ricadono, e contiene proposte per le prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei valori espressi.
[22]art. 138. Avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico (articolo così sostituito dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008)
1. Le commissioni di cui all’articolo 137, su iniziativa dei componenti di parte ministeriale o regionale, ovvero su iniziativa di altri enti pubblici territoriali interessati, acquisite le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e i competenti uffici regionali e provinciali e consultati i comuni interessati nonché, ove opportuno, esperti della materia, valutano la sussistenza del notevole interesse pubblico, ai sensi dell’articolo 136, degli immobili e delle aree per i quali è stata avviata l’iniziativa e propongono alla regione l’adozione della relativa dichiarazione. La proposta è formulata con riferimento ai valori storici, culturali, naturali, morfologici, estetici espressi dagli aspetti e caratteri peculiari degli immobili o delle aree considerati ed alla loro valenza identitaria in rapporto al territorio in cui ricadono, e contiene proposte per le prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione dei valori espressi.
[23] In calce le tavole tratte dal PTPR APPROVATOnel 2021
TAVOLE A (N. 1- 42) – SISTEMI ED AMBITI DI PAESAGGIO Rappresentano la classificazione tipologica degli ambiti di paesaggio ordinati per rilevanza e integrita’ dei valori paesaggistici. Contengono l’individuazione territoriale degli ambiti di paesaggio, denominati Paesaggi, e le fasce di rispetto dei Beni paesaggistici, i percorsi panoramici ed i punti di vista. I Paesaggi sono classificati secondo specifiche categorie tipologiche denominate Sistemi
TAVOLA 24_374_B
TAVOLE B (N. 1- 42) – BENI PAESAGGISTICI Rappresentano le aree e gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico.
Contengono la delimitazione e rappresentazione di quei beni del patrimonio naturale, culturale e del paesaggio del Lazio che sono sottoposti a vincolo paesaggistico per i quali le norme del Piano hanno un carattere prescrittivo.
Alle tavole B sono allegati i corrispondenti repertori dei Beni paesaggistici.
Tale rappresentazione costituisce la parte fondamentale del Quadro conoscitivo dei beni del patrimonio naturale, culturale e del paesaggio del Lazio.
TAVOLA C
T A VOLE C (N.1- 42) – BENI DEL P A TRIMONIO NA TURALE E CUL TURALE Rappresentano le aree e gli immobili non interessati dal vincolo paesaggistico.
Contengono l’individuazione territoriale dei beni del patrimonio naturale e culturale del Lazio che costituisce l’organica e sostanziale integrazione a quelli paesaggistici.
Alle tavole C sono allegati i repertori corrispondenti ai beni del patrimonio naturale e culturale.
Tale individuazione costituisce la parte complementare del Quadro conoscitivo dei beni del patrimonio naturale, culturale e del paesaggio del Lazio.
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato [70 e segg.] e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea; b) immigrazione; c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie; f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull’istruzione; o) previdenza sociale; p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno; s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive [3].
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonchè conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all’esercizio di deleghe legislative. note: Entrata in vigore del provvedimento: 1/3/2006 (Ultimo aggiornamento all’atto pubblicato il 08/05/2010)
[30] La sentenza TAR Lazio n°9688/2020 sez. 2 quater, non appellata, riguarda le canne fumarie in centro storico e conferma che in centro storico zona UNESCO la realizzazione di nuove canne fumarie anche in cortili non visibili da spazio pubblico richiedono autorizzazioni paesaggistiche
[31]Art. 156. Verifica e adeguamento dei piani paesaggistici (articolo così sostituito dall’art. 24 del d.lgs. n. 157 del 2006)
1. Entro il 31 dicembre 2009, le regioni che hanno redatto piani paesaggistici verificano la conformità tra le disposizioni dei predetti piani e le previsioni dell’articolo 143 e provvedono ai necessari adeguamenti. Decorso inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 5, comma 7. (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008)
2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, il Ministero, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, predispone uno schema generale di convenzione con le regioni in cui vengono stabilite le metodologie e le procedure di ricognizione, analisi, censimento e catalogazione degli immobili e delle aree oggetto di tutela, ivi comprese le tecniche per la loro rappresentazione cartografica e le caratteristiche atte ad assicurare la interoperabilità dei sistemi informativi.
3. Le regioni e il Ministero, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 135, possono stipulare intese, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, per disciplinare lo svolgimento congiunto della verifica e dell’adeguamento dei piani paesaggistici. Nell’intesa è stabilito il termine entro il quale devono essere completati la verifica e l’adeguamento, nonché il termine entro il quale la regione approva il piano adeguato. Il piano adeguato è oggetto di accordo fra il Ministero e la regione, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dalla data della sua adozione vigono le misure di salvaguardia di cui all’articolo 143, comma 9. Qualora all’adozione del piano non consegua la sua approvazione da parte della regione, entro i termini stabiliti dall’accordo, il piano medesimo è approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro. (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 63 del 2008)
4. Qualora l’intesa di cui al comma 3 non venga stipulata, ovvero ad essa non segua l’accordo procedimentale sul contenuto del piano adeguato, non trova applicazione quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’articolo 143.
Art. 26 (65) (Errata o incerta perimetrazione dei vincoli)
1. In caso di contrasto delle perimetrazioni dei PTP o del PTPR con la declaratoria delle aree di notevole interesse pubblico ai sensi dell’articolo 136 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, contenuta nei relativi provvedimenti di apposizione del vincolo, o con l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’articolo 142 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, come risultano definiti e accertati dalle disposizioni contenute negli articoli 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13 o con l’effettiva esistenza dei beni sottoposti a vincolo ai sensi dell’articolo 134, comma 1, lettera c) del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, come risultano definiti e accertati dal PTPR, la Regione, nel rispetto degli articoli 143, comma 2 e 156, comma 3 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR secondo le procedure previste dalla presente legge per l’approvazione del PTPR, con i termini ridotti alla metà.
1. Sono subordinati ad autorizzazione del Ministero:
a) la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali; (lettera così sostituita dall’art. 2 del d.lgs. n. 156 del 2006) (…)
4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. Il mutamento di destinazione d’uso dei beni medesimi è comunicato al soprintendente per le finalità di cui all’articolo 20, comma 1. (comma così modificato dall’articolo 2 del d.lgs. n. 156 del 2006)
5. L’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell’autorizzazione, il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione. (comma così modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 156 del 2006)
[34] all’art. 25 della LR 24/1998 Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico
Art. 25 (Autorizzazioni e pareri paesistici nelle zone vincolate)
1. Ogni modificazione allo stato dei luoghi nell’ambito delle zone sottoposte ai vincoli di cui all’articolo 19, comprese quelle non individuate nelle tavole indicate all’articolo 20, comma 1, lettera b), è subordinata all’autorizzazione di cui all’articolo 7 della l. 1497/1939 ed ai pareri paesistici relativi agli strumenti urbanistici espressi ai sensi della stessa legge.
1bis. Non è richiesta l’autorizzazione di cui al comma 1: a) per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici; b) per gli interventi inerenti all’esercizio dell’attività agro-silvo pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio; c) per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste di cui all’articolo 10, purchè previsti ed autorizzati ai sensi della normativa vigente. (62)
2. Le autorizzazioni e i pareri di cui al comma 1, nelle zone classificate ai fini della tutela, sono espressi in coerenza con le norme dei PTP o del PTPR e delle relative cartografie.
3. Nell’ambito delle zone vincolate ma non classificate dai PTP o dal PTPR ai fini della tutela si applicano le norme di salvaguardia di cui all’articolo 31.
4. Nelle zone sottoposte a vincolo paesistico ricadenti in ambiti territoriali sprovvisti di PTP si applicano le misure di salvaguardia previste dall’articolo 31, commi 3 e 4.
5. Nelle aree interessate da una sovrapposizione di vincoli relativi ai beni diffusi di cui alla l. 431/1985 e alle aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi della l. 1497/1939 si applicano entrambe le norme, se compatibili; in caso di contrasto, prevale la più restrittiva.
6. Le autorizzazioni di cui all’articolo 7 della l. 1497/1939 per le opere per le quali è prevista la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) in attuazione delle direttive comunitarie sono rilasciate dall’ente competente all’interno del procedimento di VIA. (63)
7. Le autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 7 della l. 1497/1939, prima dell’entrata in vigore della presente legge e relative ad interventi per i quali non si sia ancora proceduto all’inizio dei lavori e nei casi di demolizione e ricostruzione non si sia proceduto alla ricostruzione, debbono ritenersi sospese sino alla verifica della loro conformità alle norme della presente legge, cui provvede l’organo preposto alla tutela del vincolo entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa; decorso inutilmente tale termine, le medesime autorizzazioni si intendono assentite (64).
[35] 23-bis della L.R. n. 24/1998 Art. 23 bis (60) (Misure di salvaguardia in pendenza dell’approvazione del PTPR)
1. Dalla data di pubblicazione del PTPR ai sensi dell’articolo 23, comma 2, non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all’articolo 134 del d.lgs. 42/2004 e successive modifiche, interventi che siano in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel PTPR adottato.(60a)
(60a) Articolo modificato dall’articolo 1, comma 2 della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 16
1 Responses to Autorizzazione paesaggistica nel centro storico di Roma: la – storica – sentenza del TAR
Pingback: Modifiche al PRG di Roma |