Perchè NOAlfabeto dell’autonomia differenziata: Alberto Lucarelli, costituzionalista, autonomia differenziata e rapporti internazionali e con l’Unione Europea delle Regioni
Anna Maria Bianchi Questa sera parliamo di autonomia regionale differenziata e Rapporti internazionali e con l’Unione Europea delle Regioni, che è una materia oggi concorrente che potrebbe passare nell’esclusiva potestà delle regioni che ne faranno richiesta, ed è anche una materia non soggetta alla definizione dei famosi LEP, Livelli Essenziali di Prestazione, per cui c’è il rischio che sia una delle prime materie a poter passare direttamente alle regioni.
Ne parliamo con Alberto Lucarelli, costituzionalista, e con Pietro Spirito.
Pietro Spirito Noi ci troviamo di fronte a un ribaltamento sostanziale delle gerarchie delle fonti. Una delle 23 materie oggetto di autonomia differenziata riguarda il passaggio di responsabilità esclusiva nel rapporto tra le regioni che ne fanno richiesta e l’Unione Europea. Con questa riforma il governo come può dialogare, e con quale credibilità, con l’Unione Europea? Ai vertici del Consiglio Europeo dovranno essere invitati i presidenti di regione che ne fanno richiesta?
Alberto Lucarelli Il tema è in parte nuovo ma in parte anche antico, perché già con la Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 e quindi con il nuovo riassetto e il regime delle competenze tra Stato e Regioni, le autonomie territoriali, ai sensi dell’articolo 117 comma 3, erano diventate titolari della potestà legislativa concorrente in materia di rapporti internazionali, rapporti con l’Unione Europea e commercio con l’estero. Vale a dire che le Regioni, pur nell’ambito di principi uniformi dettati dallo Stato, già svolgono da anni un ruolo attivo sul piano internazionale e euro-unitario.
Le Regioni più attive, e anche più dotate dal punto di visto organizzativo ed economico, da tempo, hanno provato a porre in essere, in particolare nel settore dei rapporti commerciali, politiche regionali autonome, rispetto alle politiche dello Stato centrale.
Va detto che già dopo la riforma del Titolo V, la normativa statale che fissa principi di carattere generale e che dovrebbe “perimetrare” l’azione delle singole Regioni, era stata abbastanza tenue.
Quindi c’è stato già un protagonismo regionale: basti pensare a l’insorgere di sedi regionali, presso capitali estere o presso l’Unione Europea. A Bruxelles vi sono tante Regioni che hanno la propria sede, nella quale si rappresentano istanze regionali riconducibili al commercio internazionale, ma anche a questioni che attengono a materie più direttamente riconducibili all’Unione Europea, se non ai rapporti internazionali. Basti pensare che la stessa Regione Campania aveva una sede a New York.
Con l’attuazione del regionalismo differenziato, le suddette materie, ai sensi dell’art. 116, comma 3 Cost., diventerebbero di competenza esclusiva dello Stato. Verrebbe meno l’attività di cornice statuale, e le materie sfuggirebbero a qualsivoglia potestà uniformante.
Questa autonomia esclusiva in materie molto delicate, soprattutto sul piano delle responsabilità dello Stato di natura internazionale e euro-unitaria, pone altresì problemi sul piano sociale e economico.
Perché, a differenza di quanto sostiene il Comitato per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (CLEP), anche le materie di cui in oggetto possono avere un impatto sulle dinamiche sociali. Il CLEP sostiene che, per tali materie, il trasferimento in sede regionale esclusiva, sarebbero a costo zero, non imponendo alla Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m) Cost., di fissare i livelli essenziali di prestazione (LEP)
In sostanza, per usare una non gradevole espressione sarebbero materie non “leppabili”, quindi immediatamente trasferibili. Ma rispetto a questo orientamento del Governo e dei suoi tecnici, c’è una parte della dottrina (D. Mone) che invece sostiene che tali materie per un loro adeguato funzionamento abbiano bisogno di risorse e che vadano determinate attraverso la determinazione dei LEP. In caso contrario, il divario in queste attività, così delicate, aumenterebbe con un danno sociale ed economico per le Regioni più povere del Mezzogiorno.
Pietro Spirito Lo stato non ha messo un freno alle regioni, ed è vero. Ma secondo me le Regioni invece metteranno un freno allo Stato. Non so,, quando ci sarà questa competenza esclusiva, se lo Stato italiano sarà autorizzato a aprire una sede di rappresentanza a Bruxelles. Non credo. Perché a questo punto la responsabilità sarà esclusiva delle Regioni, e le Regioni faranno valere i loro diritti. Mentre lo Stato non ha fatto valere i suoi, credo che le Regioni saranno molto puntuali a far valere le proprie prerogative, basta vedere quello che è successo in Corte Costituzionale con le Regioni hanno forzato la mano per allargare il dettato della riforma costituzionale del 2001. La Corte ha resistito ed è stato il vero freno rispetto alla Riforma costituzionale.
Alberto Lucarelli Quello che dice è giustissimo, il grande timore lo ha ben colto, anche dal punto di vista giuridico e istituzionale sarà proprio questo il rischio che potrà determinare una emorragia di contenzioso dinnanzi alla Corte costituzionale.
Certo la politica estera e la politica euro-unitaria, in senso ampio, resterebbe di competenza esclusiva dello Stato (artt.10, 11, 80, 117, comma 1 e 2 Cost.), e la Regione, secondo una interpretazione restrittiva, e secondo me corretta del dettato costituzionale, potrebbe regolare unicamente aspetti, riconducibili esclusivamente alla Regione. Quindi non rapporti internazionali e euro-unitari, di portata nazionale, che riguardano l’intero Paese. Capisco, tuttavia, la difficolta pratica che a volte potrebbe porsi nel fare questo tipo di distinguo, soprattutto per evitare responsabilità e sanzioni a carico dello Stato. Va detto che il soggetto politico e giuridico responsabile nei confronti di Bruxelles non è la singola Regione, ma resta ovviamente lo Stato, quindi le procedure di infrazione sono aperte nei confronti dello Stato e le sanzioni adottate nei confronti dello Stato, non nei confronti delle Regioni. Poi, è evidente, che c’è la possibilità di rivalersi, si pensi ad esempio al caso della Campania in materia di rifiuti. La procedura di infrazione da parte della Commissione e la sanzione da parte la Corta di giustizia sono state adottate nei confronti dello Stato italiano, che successivamente ha potuto promuovere un’azione di rivalsa nei confronti della Regione Campania.
Pietro Spirito Io parto da un’altra matrice, mi metto nei panni della Commissione Europea: come potrà interagire la Commissione con l’Italia? Se c’è una questione che riguarda il Veneto, dovrà chiamare contestualmente il Presidente della Regione e il governo italiano? Dovrà parlare solo col governo italiano, dovrà parlare solo con il Veneto? Cioè io credo noi già abbiamo un problema di “pesare” – perché pesiamo poco l’Unione Europea – con questa riforma noi tiriamo su un velo drammatico che renderà ancora più complesso, per la struttura tecnica della Commissione dialogare con il nostro Paese. E diventerà una Babele.
Alberto Lucarelli C’è anche questa possibilità. Ripeto, questa è una riforma assolutamente antistorica, perché in un momento in cui si prova faticosamente a realizzare un progetto che dovrebbe essere quello degli “Stati Uniti d’Europa”, si vanno a creare delle “piccole patrie” sostanzialmente identitarie ed egoistiche, sul piano, non soltanto politico, ma soprattutto economico – finanziario.
Già, come è noto, in ambito euro-unitario vi è un problema di comprendere chi decide in Europa, tra la Presidente della Commissione, il Presidente del Consiglio europeo, il Presidente del Parlamento, in presenza di un’accentuata frammentazione del potere e delle autorità, il regionalismo differenziato, in ambito internazionale e europeo, oltre che nel settore del commercio, determinerebbe una ulteriore frammentazione, con ripercussioni negative sul piano non soltanto politico, giuridico e istituzionale ma anche economico sociale.
Il soggetto con cui interagisce l’Unione Europea è lo Stato italiano, i regolamenti, le direttive sono atti di portata generale, che hanno quale destinatario lo Stato italiano, l’adeguamento alle direttive europee – a parte quelle self executing, che non necessitano di provvedimenti di attuazione da parte dello Stato membro – che devono essere oggetto di un adeguamento, è a carico del parlamento, è a carico delle istituzioni nazionali.
Il sistema delle responsabilità, quindi, non dovrebbe subire scossoni, quanto meno sul piano formale, ma di certo questa riforma antistorica e assolutamente illogica, provocherà sicuramente confusione sul piano interpretativo, con un naturale sbocco in sede di risoluzione giurisdizionale davanti la Corte costituzionale.
Pietro Spirito Parliamo di una vicenda che mi sta molto a cuore.: i balneari e l’accesso ai al bene pubblico demaniale marittimo. Con la riforma inevitabilmente molte Regioni governeranno un demanio che a questo punto sarà in larghissima parte regionale, con una responsabilità esclusiva delle Regioni: ogni territorio avrà una sua normativa. Peraltro già oggi il demanio è molto regionale e lo Stato non riesce a prender palla. Com’è possibile che non ci sia un riflesso rilevantissimo verso l’Unione Europea, quando noi frammentiamo le responsabilità e le assegniamo alle Regioni. A quel punto inevitabilmente la Regione si sentirà responsabile: “Il demanio regionale marittimo è mio e me lo gestisco io”. Di cosa parliamo? Cos’è questo strano oggetto che si chiama Bruxelles che interviene con la sua direttiva Bolkestein che io contesto perché non la riconosco? Perché io sono il dominus di queste decisioni.
Alberto Lucarelli Sicuramente questo punto sollevato genererà forti conflitti, anche se va detto che i beni pubblici statali restano normati nella disciplina codicistica di competenza esclusiva dello Stato. Lo Stato resta in ogni caso responsabile in ordine alla non attuazione della Bolkestein. E’ evidente tuttavia, che le Regioni, titolari di competenza esclusiva in materia euro-unitaria, proveranno per gli ambiti di propria competenza a giocare un ruolo ben più ampio di quello attuale, con eventuali atti di resistenza, secondo me illegittimi, rispetto alle procedure concorsuali, nelle funzioni di loro competenza e nella predisposizione, ad esempio, dei Piani urbanistici delle aree demaniali (PUAD). Ma io vorrei anche porre l’attenzione su una questione, che riguarda le pre-intese. Il diabolico Calderoli, nel suo testo, farebbe salve le pre-intese, in particolare quella con il Veneto e con la Lombardia, stipulate nel 2018 durante il governo Gentiloni.
Fatte salve queste pre-intese, una volta approvata la legge quadro Calderoli, in fase di approvazione alla Camera, la materia del rapporti internazionali, con l’Unione Europea ed il commercio con l’estero, non essendo state ritenute materie leppabile, saranno trasferite immediatamente, a prescindere dai decreti delegati che dovranno determinare i livelli essenziali.
Il trasferimento di queste materie sarà immediatamente operativo. E chi ci dice che questo non abbia invece un impatto sulle prestazioni concernenti diritti civili e diritti sociali? Chi ci dice che la materia e le funzioni riconducibili ai rapporti internazionali, con l’Unione Europea e soprattutto il commercio con l’estero non abbiano invece ricadute in ordine alle prestazioni soprattutto di natura sociale e che quindi possano determinare un impatto sui diritti sociali?
Ho visto gli atti istruttori svolti all’interno del Comitato tecnico del gruppo di lavoro per la determinazione dei LEP: qualcuno l’ha posta questa questione, che secondo me è stata bypassata in maniera un po’ superficiale, perché io, come ho avuto modo di dire, non sono assolutamente sicuro che queste materie non abbiano un impatto sul piano sociale delle prestazioni e che questo passaggio senza LEP non accentui la diseguaglianza tra le Regioni.
Pietro Spirito Sta già accadendo, ancora prima dell’approvazione della legge quadro Calderoli, perché ad esempio nelle grandi infrastrutture autostradali sono state trasferite al Veneto e al Friuli Venezia Giulia, prima in proprietà dello Stato e ora trasferite alle Regioni con atti amministrativi già compiuti, prima ancora dell’approvazione della legge quadro. Siamo in una fase di iperaccelerazione e nessuno lo fa notare.
Alberto Lucarelli Siamo in una fase di iper-accelerazione e la legge quadro è una legge, ripeto, diabolica, perché non si è fatto il giusto approfondimento in merito al salvataggio delle pre-intese.
Siamo in presenza di un pacchetto chiuso, già pre-confezionato, e questo non lo si dice. Ora finalmente qualcuno comincia ad evidenziare che le materie non leppabili rappresentano un Cavallo di Troia per far partire nell’immediatezza il regionalismo differenziato. Infatti, una volta approvata la legge quadro, fatte salve le pre-intese e soprattutto individuate le materie non leppabili si troverà facilmente la maggioranza assoluta in Parlamento, per approvare le intese tra Stato e Regione, così come vuolo l’art. 116, comma 3 Cost.
Legge che poi sostanzialmente diventerà immodificabile, perché sappiamo che modificare una intesa ratificata con una legge del parlamento a maggioranza assoluta sarà molto complesso.
Pietro Spirito Il tuo scenario è purtroppo realistico. Aggiungo un’altra preoccupazione, wuella che le regioni del nord facciano accordi di tipo federativo tra di loro. Perché in Lombardia e Veneto sono già sulla pista di decollo. Si aggiunge il Piemonte e la Liguria e abbiamo fatto la Padania sostanzialmente. E a quel punto l’Italia non esiste più. Perché non siamo nemmeno in presenza di un regionalismo differenziato, siamo in presenza di una “secessione” perché il discrimine tra regionalismo differenziato e secessione è molto molto ristretto. Davvero molto.
Alberto Lucarelli Lo scenario che lei prospetti è uno scenario plausibile e verosimile e a questo punto allora potremmo dire che aveva ragione Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega Lombarda, perché il progetto della secessione, e poi quello più verosimile delle macro regioni del politologo lombardo, fu in realtà successivamente temperato dall’acume politico di Bossi, e trasfuso nella riforma del 2001. Lo scenario geo-politico delle Regioni unite del Settentrione è uno scenario che ben potrebbe essere nel prossimo futuro realizzato con l’attuazione della devolution.
Ma tutto questo, ripeto, è antistorico perché si svolge in un momento in cui il “progetto madre” dovrebbe essere quello, per i motivi che stiamo vedendo negli ultimi drammatici anni, di creare una Europa più solida dal punto di vista politico, con competenze più estese.
Nell’ambito degli Stati Uniti d’Europa, far sì che i singoli Stati – ma non le regioni – possano svolgere, in una logica federale, una funzione più o meno analoga a quella che svolgono gli Stati negli Stati Uniti d’America. Invece in Italia si sta procedendo ad uno spacchettamento che sembra seguire, più che il progetto dell’Europa delle Regioni, quello identitario e antistorico delle Piccole Patrie.
Le materie delle quali ci siamo occupati spingono proprio nella suddetta drammatica direzione.
Anna Maria Bianchi In questa prospettiva, una macro regione del Nord, che tipo di riconoscimento e di interlocuzione potrebbe avere con l’Unione Europea?
Alberto Lucarelli Questo è un ulteriore disastro, perché l’Italia conterà sempre meno. Nel momento in cui le istituzioni internazionali ed europee avranno difficoltà ad individuare l’interlocutore, è chiaro che si indebolirà il singolo Stato, ovvero lo Stato italiano che già versa in una situazione economica diciamo così molto complessa, soprattutto sul piano del debito pubblico.
Si parla sempre più, con insistenza in questi giorni, di una manovra correttiva per evitare un procedimento di infrazione dinanzi alla Commissione, il soggetto responsabile è lo Stato, e tale resterà anche dopo l’attuazione del regionalismo differenziato. Ma è evidente che la polverizzazione delle competenze, in ambito euro-unitario e sullo scenario internazionale, potranno avere una ricaduta in ordine alla fiducia dello Stato sui mercati internazionali con possibili ricadute negative sullo spread, e quindi sul debito pubblico. Chi pagherà in questo clima di incertezza e frammentazione? Sicuramente i cittadini e soprattutto i cittadini delle Regioni più povere e svantaggiate.
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