Enzo Borsellino: Roma, il museo, i musei
Autore : Redazione
Proponiamo una riflessione dello Storico dell’Arte prof. Enzo Borsellino sul dibattito aperto in campagna elettorale sulla gestione del sistema museale di Roma Capitale in seguito alle proposte avanzate dal Candidato Sindaco Carlo Calenda
(dal sito SISCA- Società Italiana di Storia della Critica d’Arte)
Roma, il museo, i musei
di Enzo Borsellino
Le argomentazioni di Tommaso Casini contrarie alla proposta di Carlo Calenda di trasformare anche il palazzo senatorio capitolino in museo trasferendovi materiali di proprietà comunale e statale, sono ineccepibili e pienamente condivisibili.
L’idea di ampliare i Musei Capitolini, per “gareggiare” con altri grandi musei europei o statunitensi, è propria di chi non conosce la storia dei musei romani o è probabilmente legato al concetto del museo “universale” di stampo ottocentesco che già Quatremère de Quincy aveva messo in discussione in Francia dopo la Rivoluzione con le note lettere a Miranda.
A Roma il corrispettivo del Louvre, del Prado, del British Museum o del Metropolitan Museum già esiste: è lo straordinario complesso dei Musei Vaticani che, soltanto per la sua specifica storia, è oggi giuridicamente appartenente ad un altro Stato, la Città del Vaticano.
Per entrare nel dibattito di questi giorni a proposito di uno degli obiettivi del progetto culturale della prossima giunta capitolina, va riaffermato che la fisionomia e la realtà dei numerosi musei romani di competenza comunale sono variegate e complesse e, proprio per la loro specificità e particolarità, vanno esaltate e difese da affrettate e scomposte idee di accorpamento, peraltro in ambienti che non avrebbero la capienza sufficiente. Il Museo del barone Giovanni Barracco (fig. 1*), ad esempio, pur non ospitato nella sua sede originaria che si trovava non distante, non avrebbe più la sua fisionomia di collezione di un nobile appassionato di archeologia e di storia antica.
La Casa-Atelier dello scultore Pietro Canonica (figg. 2-3*), con opere e modelli di uno degli ultimi scultori italiani di fine Ottocento legato al realismo e al classicismo, nonché abile ritrattista, non può che restare all’interno di Villa Borghese, nella piccola costruzione detta la “Fortezzuola”.
Anche il Museo Napoleonico, con sede nel palazzo del conte Giuseppe Primoli, lasciato per testamento al Comune di Roma con la sua ricca collezione di cimeli storici napoleonici e opere d’arte (fig. 4*), è giusto che rimanga dove si trova; spostarlo sul Campidoglio sarebbe una impropria e inconcepibile decontestualizzazione.
Si potrebbe continuare citando le altre collezioni museali comunali con le proprie specificità e che hanno una loro sede ormai consolidata.
Il nuovo sindaco di Roma, invece di pensare a maxi musei, dovrebbe prestare maggiore attenzione e cura ai piccoli e medi musei e siti archeologici di competenza comunale con investimenti e nuovi progetti di allestimento e di valorizzazione. Il leitmotiv della mancanza di fondi nel settore dei musei e delle altre istituzioni culturali della Capitale non convince più. I bilanci dei finanziamenti destinati ai musei comunali non sono esigui ma andrebbero spesi subito e meglio, possibilmente senza intermediari privati come è il caso della società partecipata Zètema, il cui valore della produzione operativa del 2019 ha superato i 53 milioni di euro.
Un caso emblematico della inefficiente gestione delle strutture museali comunali di Roma è quello del Museo della Civiltà Romana all’EUR (fig. 5*) che conserva una collezione museale di importanza spesso sottovalutata.
Si tratta, come è noto, di una ricca raccolta di riproduzioni in gesso dei principali monumenti e sculture di età romana, di rilievi, di iscrizioni esistenti in tutto l’impero romano; vi sono riprodotti anche oggetti di uso domestico e strumenti di lavoro; prevale su tutte per importanza il plastico di Roma al tempo di Costantino (figg. 6-9*).
Dal 1955, anno di inaugurazione, il museo “non ha mai avuto alcun intervento di manutenzione straordinaria” (dichiarazione del direttore dei Musei Capitolini del giugno 2021). Non ha mai avuto, si può aggiungere, un impianto di riscaldamento, così da far dissuadere per buona parte dell’anno i visitatori ad accedervi, comprese le scolaresche, le più motivate a visitarlo per le sue grandi potenzialità didattiche.
Una ventina di anni fa l’Amministrazione Capitolina invece di restaurare il vecchio museo decise di sottrargli alcune sale per ospitare il Planetario e il Museo Astronomico, prova della scarsa considerazione del museo esistente; il soprintendente capitolino dichiarò in una intervista del 2 aprile 2011 che “se in passato avessi avuto voce in capitolo avrei evitato che ciò accadesse”.
Dal 2014 esso è “chiuso temporaneamente per lavori di riqualificazione e messa in sicurezza” (così si legge sul sito web del museo) e le tre strutture non sono più visitabili. Negli ultimi 7 anni, con i bilanci non certo scarsi dell’amministrazione comunale, si è riusciti soltanto a rifare l’impermeabilizzazione delle coperture (perché pioveva nel museo) e a completare la messa a norma dell’ossatura principale dell’impianto elettrico.
A pochi giorni dalle elezioni amministrative di Roma nuovi comunicati e promesse vengono pubblicati sulla riapertura del Planetario e del Museo Astronomico senza una data precisa. E non si dice quando riaprirà tutto il resto del museo della Civiltà Romana; una recentissima delibera comunale permetterà di finanziare “i lavori per la riapertura della sala del plastico di Roma imperiale”, come parziale tentativo di risposta ai cittadini romani che vedono negata da anni la totale riapertura del Museo; tale progetto risale al 2016.
Nel settembre 2020 fu varato il DUP (Documento Unico di Programmazione) per il triennio 2021-2023: al Museo della Civiltà Romana furono destinati 40 milioni di euro nel bilancio di previsione quinquennale. Ma con l’avvicendamento dell’assessore alla Crescita Culturale di questo finanziamento non si è più parlato.
Per poter visitare di nuovo tutte le altre numerose sale dovremo attendere ancora alcuni anni e utilizzare un finanziamento straordinario del Recovery Fund (18 milioni di euro, se confermato) per una completa ristrutturazione del museo, il cui progetto scientifico è già pronto ma non è stato ancora reso pubblico.
Un altro caso emblematico della cattiva gestione dei beni culturali comunali romani è il mancato rispetto di una zona archeologica scoperta a via Giulia nel corso degli scavi per la realizzazione di un parcheggio “per eliminare le automobili nel centro storico” (progetto P.U.P. della giunta Veltroni del 2008). Ma al posto di box per residenti sorge oggi un parcheggio interrato (fig. 10) a ore di circa 300 posti auto che attira, invece di diminuire, le automobili nel centro storico. Per 99 anni un’area pubblica comunale sarà gestita da una ditta privata che ha investito soltanto il costo degli oneri concessori a costruire valutato dal Comune di Roma in un milione e 200.000 euro: il prezzo di un attico al centro storico.
Fig. 10 Accesso al parking di Via Giulia (dal Lungotevere (foto AMBM)
Il Comune di Roma (cioè i contribuenti romani) dovrà invece pagare 1 milione e 200.000 euro per le spese della copertura del parcheggio con un fantomatico giardino “barocco” delimitato da mura alte tra i 3 e i 4 metri (fig. 11), sebbene tale copertura nella prima delibera comunale doveva essere a “onere e spese” della ditta costruttrice. Sarà la stessa ditta a realizzare la copertura.
(fig. 11 Il progetto di Roger Diener presentato il 3 febbraio 2011 https://www.carteinregola.it/index.php/pup/via-giulia-largo-perosi/progetti-su-via-giulia-largo-perosi/)
Per fare ciò è stato sottratto un campo sportivo al liceo Virgilio confinante con il parcheggio e si è sacrificata un’area dove sono stati trovati, e resi noti nel 2013, significativi reperti dalla prima età imperiale al tardo antico/alto medioevo, tra cui vari assi stradali, un complesso termale e altri resti architettonici di epoca augustea identificati con uno stabulum degli aurighi che correvano al Circo Massimo (figg. 12-13). Era stata anche avanzata la proposta di far gestire l’area archeologica agli studenti e professori del liceo Virgilio con un esperimento di grande valenza didattica e culturale che purtroppo non è stato possibile attuare.
Fig. 12. L’area archeologica di via Giulia all’inizio degli scavi con resti medievali sopra lo strato di epoca romana.
Fig. 13. L’area archeologica di via Giulia ora ricoperta. In primo piano i resti dello stabulum. (cantiere nel 2013)
Le giunte capitoline che si sono susseguite dal 2006 ad oggi sono state tutte solidali nel consentire la realizzazione del parcheggio sacrificando l’area archeologica. Speriamo che la prossima giunta sia più sensibile ai temi della gestione e della tutela dei beni culturali di Roma.
5 ottobre 2021
Enzo Borsellino è professore di ruolo di “Museologia” presso la Scuola di Lettere, Filosofia e Lingue dell’Università degli Studi ‘Roma Tre’ e presso il Master in Esperti nelle attività di valutazione e di tutela del patrimonio culturale (II livello) dello stesso Ateneo. Ha svolto corsi istituzionali di “Storia Sociale dell’Arte”, “Storia dell’Arte Italiana” e “Storia dell’arte moderna” e “Museologia” negli atenei romani e presso l’Università dell’Aquila; l’Università Cattolica di Santiago del Cile; l’Università di Pittsburgh (PA- U.S.A). Socio fondatore e Membro del Direttivo della SISCA (Società Italiana di Storia della Critica d’Arte) e membro di ICOM Italia (International Council of Museums) con delega ai rapporti con il Comune di Roma Capitale; Membro della Consulta Nazionale Universitaria di Storia dell’Arte (CUNSTA); Membro del comitato scientifico della collana di Museologia “Le Voci del museo”.
Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com
(*) Vai all’articolo originale con le illustrazioni